La annosa
e sempre controversa questione della responsabilità della Pubblica
Amministrazione, per i danni provocati da buche presenti sul manto stradale,
sembra conoscere un momento di revisione ed evoluzione, che presenta
spunti di interesse.
Si dibatte se l’ipotesi di una responsabilità della PA possa
essere invocata soltanto in forza dell’art. 2043 C.C. o se sia
proponibile la responsabilità per le cose in custodia ex art.
2051 C.C. La differenza più evidente e più significativa
risiede nel diverso regime dell’onere della prova.
l’orientamento più tradizionale della giurisprudenza teneva
conto del fatto che il danneggiato ha comunque l’onere di fare
tutto il possibile per evitare il danno e, pertanto, ove l’ostacolo
fosse visibile ed evitabile, non si potesse addebitare automaticamente
una responsabilità all’ente pubblico. Detta responsabilità
poteva essere invocata solo nell’ipotesi che la buca o avvallamento
costituisse nel caso concreto "insidia o trabocchetto", non
prevedibile e non evitabile con la normale diligenza. (In tal senso,
fra le più recenti e significative, Trib. Milano 27.1.2003, Cass.
3.12.2002 n. 17152 in Foro it. 2003, I, 1802 con nota di dottrina e
specifici richiami riepilogativi).
La giurisprudenza menzionata ha altresì ammesso di recente la
possibilità di un concorso di colpa fra privato e PA nella produzione
dell’evento dannoso, prima esclusa. l’originaria interpretazione, infatti,
poneva l’alternativa assoluta ed invincibile fra colpa del danneggiato
e responsabilità della PA, dimodochè ove fosse in concreto
dimostrato che l’insidia era visibile ed evitabile, tutto il danno restava
a carico dell’infortunato. Al contrario, ove il caso concreto avesse
posto in evidenza l’insidia o trabocchetto, per ciò stesso tale
elemento avrebbe concretizzato, in modo sintomatico, la colpa della
PA, escludendo ex se la colpa del danneggiato (si vedano Cass. 8.11.2002
n.15710; Cass. 30.7.2002 n.11250 ; Cass. 19.7.2002 n.10577; Cass. 13.2.2002
n.2067).
Una più attenta e sistematica analisi del principio contenuto
nell’art. 1227 1° comma C.C., relativo al concorso di colpa
del danneggiato, ha condotto Cass. 17152/02 a collocare detta ipotesi
nella operazione di valutazione del nesso causale fra fatto e danno:
la fattispecie prevista dal 1° comma dell’art. 1227 C.C. concerne
il rapporto tra causa ed evento e regola il concorso di colpa del danneggiato
nella produzione dell’evento. Ciò ha effetti diretti sulla
riduzione proporzionale del risarcimento (Cass. 20.7.2002 n. 10641)
e richiede l’accertamento di tutti i fattori causali e l’incidenza
di essi, ivi compreso il fatto del danneggiato, sulla genesi del danno.
Spetterà al Giudice del caso concreto stabilire se e quanto il
comportamento del danneggiato abbia influito sulla produzione del danno
e sulla sua misura (Cass. 9.1.2001 n.240; Cass.9.1.2002 n. 200).
Con sentenza 23.7.2003 n. 11446 la Cassazione ridà corpo ad un
orientamento già affermato ma fino ad ora quasi minoritario (v.
Cass. 15.1.2003 n. 488, Cass. 13.1.2003 n. 289, Cass. 31.7.2002 n.11366).
Il regime di responsabilità ex art. 2051 C.C. è applicabile
al caso di danno prodotto da manchevolezze della manutenzione del manto
stradale: per l’esclusione dell’applicazione di tale regime
occorre la dimostrazione dell’impossibilità oggettiva per
l’ente pubblico di esercitare un controllo continuo e completo
sullo stato delle strade. Si ritiene che tale impossibilità,
si ripete "oggettiva", dipenda dalla duplice condizione di
un uso generalizzato del bene (da parte di una massa cospicua di utenti)
e della notevole estensione del bene stesso.
La valutazione della ricorrenza nel caso concreto di dette condizioni
non può che essere rimessa al prudente apprezzamento del Giudice.
Resta il fatto che l’ente pubblico potrà essere esonerato
dalla responsabilità soltanto fornendo elementi di giudizio utili
a provare che il danno è frutto del caso fortuito o del fatto,
esclusivo o concorrente, del danneggiato o di un terzo (Cass. 17.5.2001
n. 6767, Cass. 10.5.1999 n. 4616, Cass. 13.5.1999 n.4757). l’eventuale
prova del fatto del danneggiato vale ad esimere l’ente da responsabilità
al pari della prova del fatto fortuito (Cass. 26.3.2002 n.4308, Cass.
20.7.2002 n.10641).
Il criterio di valutazione promosso dalle più recenti pronunce
della Corte di legittimità sembra caratterizzato da una certa
severità di giudizio, ponendo in evidenza che, con particolare
riguardo al caso delle autostrade, proprio la caratteristica di strada
a scorrimento veloce richiede che il gestore provveda con particolare
cura al costante controllo ed alla più opportuna vigilanza.
Si profila, pertanto, l’ipotesi di responsabilità ex art.
2051 C.C. come caso di responsabilità oggettiva, per la sussistenza
della quale è sufficiente la prova del nesso materiale fra la
cosa in custodia (nel caso de quo, la strada) e il danno da questa prodotto.
Detto nesso causale potrà essere escluso dalla prova del fatto
fortuito, nei sensi sopra esposti (Cass. 9.4.2003 n. 5578, Cass. 15.1.2003
n.472, Cass. 13.2.2002 n.2075).
Una volta ammessa la applicabilità della norma di cui all’art.
2051 C.C. si legge nella motivazione delle sentenze n.12219/03 e 11446/03
che si tratterà, caso per caso, di riscontrare nelle specifiche
situazioni delle strade la ricorrenza dei principi affermati "·
in relazione alla loro estensione, alle dotazioni, ai sistemi di assistenza
che le connotano, agli strumenti che il progresso tecnologico volta
a volta appresta e che, in larga misura, condizionano anche le aspettative
della generalità degli utenti, oltre che · distinguere
le situazioni di pericolo immanentemente connesse alla struttura ed
alle pertinenze dell’autostrada" per le quali "·l’uso
generalizzato e l’estensione della stessa costituiscono dati in
via generale irrilevanti in ordine al concreto atteggiarsi della responsabilità
del custode", da quelle "·provocate dagli stessi utenti
ovvero da una repentina e non specificamente prevedibile alterazione
dello stato della cosa, che pongano a repentaglio l’incolumità
degli utenti e l’integrità del loro patrimonio", per
le quali "·dovrà configurarsi il caso fortuito tutte
le volte che l’evento dannoso presenti i caratteri dell’imprevedibilità
e della inevitabilità".
Si profila un compito non facile per la valutazione in concreto delle
singole fattispecie.