RC
auto e cartello anticoncorrenziale: aumenti delle polizze e
risarcimento danno
(Giudice
di Pace di Civitanova Marche, 05.12.2003 n° 293)
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Rg 70/2003 Sent. N° 293/2003 Cron. N.° 2173 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL GIUDICE DI PACE Di civitanova marche In persona del dott. Franco R. Calabrese ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile iscritta al n° 70 Ruolo Gen. dellíanno 2003 promossa DA ▪ Nnnnnnn Giuseppe residente in Civitanova Marche via Sabotino n.30. Rappresentato e difeso dallíavv. Susanna Santini, e presso di lui domiciliato in Civitanova Marche Via Montenero n. 9, come da mandato a margine allíatto di citazione Attore CONTRO ▪ XXXX Ass.-spa in persona del legale rappresentante, con sede in Torino Via Mazzini n. 53,. Rappresentato e difeso dallíavv. Eugenio Barcellona e Carlo Magnalbò e presso quest’ultimo domiciliato in Macerata C.so Matteotti n. 56, come da mandato in calce dellíatto di citazione notificato. Convenuto OGGETTO: rimborso premio assicurativo. Conclusioni delle parti ▪ Per L’attore. In rito: dichiarare la propria competenza sia per materia sia per territorio con conseguente rigetto di tutte le eccezioni di parte convenuta. Nel merito: condannare la XXXX Ass.-spa alla restituzione in favore di Nnnnnnn Giuseppe delle somme indebitamente percepite di Euro 605,97 pari al 20 % dei premi versati dal 1995 al 2000, con polizza n 209.00703171 più Euro 205,41 pari al 20% dei premi versati per gli anni dal 1998 al 2000 con polizza n. 200.13.00705625, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria. Con vittoria di spese. ▪ Per la Convenuta. In rito: dato atto che, sull’imprescindibile questione pregiudiziale dell’inesistenza di un accordo, tra la XXXX Ass.-spa e le altre compagnie assicuratrici di cui al provvedimento della AUTORITA’ Garante della Concorrenza e del Mercato (in seguito sarà chiamata "AUTORITA’ ") n° 28546 del 28/7/2000, volto a far aumentare il prezzo della polizza, vi sia una pronuncia con efficacia di giudicato, dichiarare la propria incompetenza assoluta ai sensi del combinato disposto di cui agli art. 33 L 287/90 e 34 cpc rimettendo la causa alla corte di appello competente per territorio; in subordine e nel merito: - accertare con efficacia di giudicato l’inesistenza di un accordo tra la XXXX Ass.-spa e le altre compagnie assicuratrici di cui al provvedimento della AUTORITA’ del 28/7/2000 a far aumentare il prezzo della polizza, - accertare l’intervenuta prescrizione del diritto di ripetizione dell’indebito ai sensi dell’art. 2952 cc e se del caso al diritto di risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2947 cc e respingere le domande avversarie, - accertare la manifesta infondatezza e respingere la domanda avversaria quanto ai premi corrisposti successivamente all’anno 1999. Con Vittoria di spese. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Fatto 1) Líattore, con atto di citazione notificato il 11/2/2003 ha esposto, come segue, le ragioni della sua domanda. Il sig. Nnnnnnn Giuseppe ha sottoscritto due contratti di assicurazione per RCA ai sensi della Legge 990/1969 con le polizze n. 209.13.007055625 per una autovettura Ford Ka tgAV442VG e n. 209.12.0073171 per una autovettura Ford Mondeo tg MC 388873, presso la XXXX Ass.-spa -Agenzia di Civitanova Marche (documenti allegati). La AUTORITA’, a seguito di istruttoria nei confronti di 39 imprese assicuratrici, con suo provvedimento n. 8546 del 28/7/2000, ha sanzionato la XXXX Ass.-spa per violazione all’art 2 comma 2° L. 289/1990 per aver posto in essere una articolata intesa orizzontale consistente nello scambio sistematico di informazioni commerciali sensibili tra imprese concorrenti. - Il provvedimento della AUTORITA’ veniva confermato dal TAR Lazio con sua sentenza n. 6139 del 5/7/2001del 22/3/2001, e poi dal Consiglio di Stato con sentenza resa il 26/2/2002. Il Cartello ha determinato un costo di polizza superiore alla media europea di circa il 20% dei premi erogati dal 1995 al 2000. - L’attore chiede la restituzione dell’indebito pagato corrispondente al 20% del totale dei premi pagati per gli anni 1995/2000, e liquidabile complessivamente in Euro 810,98 oltre ad interessi legali e rivalutazione monetaria. 2) La convenuta XXXX Ass. si costituiva con comparsa depositata il 4/4/2003, e proponeva le seguenti eccezioni I°)In rito. Incertezza sul titolo giuridico della domanda. L’attore dopo aver sostenuto di aver diritto alla ripetizione dell’indebito (art. 2033 cc) ha poi concluso che sia accertata la responsabilità (art. 2045 cc) della convenuta per la restituzione delle somme indebitamente percepite. II°) In rito. Controparte ha svolto le proprie difese facendo riferimento alla ripetizione dell’indebito oggettivo di cui all’art. 2033 cc; La Cassazione (n.1745/2002), invece, ha ritenuto tutt’al più ammissibile una domanda di risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 2043 cc. III°) In rito. Assoluta necessità del previo accertamento dell’invalidità totale o parziale del titolo contrattuale, ove si faccia valere l’azione di ripetizione dell’indebito ai sensi dell’art.2033 cc; e remissione della causa alla Corte d’Appello ai sensi dell’art. 33 L. 287/90. L’art. 33 della L. 287/90 ha rimesso alla competenza esclusiva della Corte di Appello non solo le azioni di risarcimento del danno per violazioni della normativa antitrust ma anche le azioni di nullità per le stesse violazioni. Poiché la nullità del contratto e l’asserito indebito pagamento derivano -secondo controparte- dalla violazione dell’art. 2 della L. 287/1990 per esistenza di cartello vietato, la XXXX Ass.-spa, come è suo diritto ai sensi dell’art. 34 cpc, chiede che sull’imprescindibile questione pregiudiziale, relativa alla (in)esistenza di un’intesa vietata, vi sia una pronuncia con efficacia di giudicato. Di conseguenza l’intera causa va rimessa alla Corte di Appello ai sensi dell’art. 34 cpc, per incompetenza del G.d.P. IV°) In rito. Imprescindibile necessità del previo accertamento pregiudiziale, con efficacia di giudicato, della esistenza dell’<intesa vietata>, ove si faccia valere la domanda per risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2043 cc, e conseguente remissione della causa alla Corte d’Appello ai sensi ai sensi dell’art. 34 cpc. L’accertamento del diritto al risarcimento del danno postula sempre il previo accertamento pregiudiziale di una intesa vietata. Se non c’è intesa vietata, non c’è, per definizione, l’illecito aquiliano in danno del consumatore. L’accertamento dell’intesa vietata è un requisito certamente necessario ma non sufficiente; una volta accertata l’intesa vietata, bisognerà ancora dimostrare che essa ha in concreto arrecato pregiudizio al consumatore. Nella denegata ipotesi in cui il G.d.P. ritenesse ammissibile la mutatio libelli, la convenuta, come è suo diritto, chiede che, ai sensi dell’art. 34 cpc, venga compiuto l’accertamento pregiudiziale, circa la ricorrenza della <intesa vietata>, non incidenter tantum, ma con efficacia di giudicato. Di conseguenza, il G.d.P. dovrà rimettere l’intera causa al giudice superiore competente che è la Corte di Appello. V°) Nel merito. Infondatezza della pretesa attrice, per prescrizione dei premi pagati dal 1995 al 2000, ai sensi dell’art. 2952 ovvero 2947 cc, VI°) Nel merito. Infondatezza della domanda perché l’attore non ha dimostrato che gli aumenti delle polizze sono stati conseguenza immediata e diretta del comportamento anticoncorrenziale della XXXX Ass.-spa, e non ha dimostrato che la misura degli aumenti è pari al 20% del premio totale corrisposto. VII°) Nel merito. Incongruità della domanda dal momento che il provvedimento della AUTORITA’ del 27/7/2000 faceva riferimento al periodo fino al 1999 e che il provvedimento governativo del marzo 2000 ha bloccato gli aumenti delle polizze fino al marzo 2001.- 3) In corso di causa. Il G.d.P. ha convocato le parti personalmente per tentativo di conciliazione, che ha avuto esito negativo perché le stesse non hanno aderito all’invito. Parte attrice, nella memoria allegata alla conclusionale, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, contestando l’art. 1 della legge n. 63 del 7/4/2003 di conversione del D.L. n. 18 del 8/2/2003, per violazione agli art. 3, 24, 25, 41, 77, 101, 102, e 104 della Costituzione. Diritto 4) Questioni preliminari 4.1) Sul titolo giuridico della domanda In un primo gruppo di eccezioni la convenuta ha contestato: a) l’incertezza del titolo giuridico della domanda, e cioè se l’attore chiede una restituzione dell’indebito ex art. 2033 cc, oppure un risarcimento del danno ex art. 2045 cc; b) la mutatio libelli in corso di causa, nella denegata ipotesi in cui il G.d.P. ritenga che la domanda si sposti dalla restituzione dell’indebito dell’atto introduttivo al risarcimento del danno della comparsa conclusionale. Questo G.d.P. ritiene che: a) In effetti, la domanda dall’attore non è precisa, ed è esposta in forma contraddittoria. L’attore, in atto di citazione (pag 2 e 6), chiede la "restituzione" dell’indebito corrispondente al 20% dei premi; facendo intendere di voler azionare l’art. 2033 cc. Di contro in conclusionale (pag.5) dapprima dice: "l’azione ... ha per oggetto l’equilibrio delle posizioni lese dalla accertata violazione delle regole imposte a favore del consumatore dalla legge 281/98," e, continuando dice che "l’attore non ha mai fatto riferimento all’azione di ripetizione dell’indebito ... le richieste di parte attrice non si fondano sull’art. 2033 cc;" facendo intendere di voler azionare l’art. 2043 cc; poi si contraddice affermando che: "l’attore non pone in discussione la validità del contratto ma della sola clausola relativa alla entità del premio", quindi riprende la tesi della restituzione dell’indebito ex art. 2033 cc riproponendo la nullità parziale del contratto (adr: causa illecita ex Art. 1343 cc) per l’aumento di parte del premio, viziato dall’illecito accordo anticoncorrenziale. Sul punto questo G.d.P. ritiene di doversi attenere all’insegnamento di Cass. S.U. n° 9385/2001 per cui: "assume valore determinante la natura giuridica dell’azione di responsabilità in concreto proposta, e precisamente, se essa sia contrattuale o extra contrattuale, dovendosi ritenere proposta la seconda tutte le volte che non emerga una precisa scelta del danneggiato in favore dell’azione contrattuale, e quindi allorché, per esempio, il danneggiato invochi la responsabilità aquiliana ovvero chieda genericamente il risarcimento del danno senza dedurre una specifica obbligazione contrattuale; e dovendosi, invece, ritenere proposta l’azione di responsabilità contrattuale sol quando la domanda di risarcimento sia espressamente fondata sull’inosservanza di una precisa obbligazione". Nelle pur confuse espressioni dell’attore, ed in considerazione che egli non ha chiesto esplicitamente l’annullamento parziale del contratto di assicurazione (ex art. 1441 cc), ma la restituzione del 20 % dei premi pagati, pari (a suo dire) alla levitazione dei prezzi seguita alla turbativa della concorrenza per effetto dell’intesa vietata tra le società assicuratrici; ed anche ed in considerazione che la Cassazione (sent. n°17475/2002), in similare fattispecie, ha ritenuto ammissibile soltanto l’azione di risarcimento, questo G.d.P. interpreta la causa petendi dell’attore nel senso di una azione risarcitoria, ex art. 2043 cc, del danno sofferto per effetto del fatto illecito della XXXX Ass.-spa. Peraltro in base al principio "Da mihi factum dabo tibi jus", ovvero "Curia novit Jura", rimane alla competenza del giudice dare la qualificazione giuridica del fatto portato a sua conoscenza. Perciò l’eccezione di parte convenuta è irrilevante e comunque inammissibile e va respinta. b) Parte convenuta ha ancora rilevato la mutatio libelli in corso di causa. Questo G.d.P. ritiene che líoggetto della domanda giudiziale è definito dal bene della vita (petitum) di cui si chiede il soddisfacimento, e dai fatti che ne sono posti a fondamento (causa petendi). La domanda giudiziale, così caratterizzata, è cristallizzata dall’attore nell’atto di citazione. In corso di causa è consentita una emendatio libelli, che si ha quando la modifica si limita a precisare la causa petendi nel senso di una diversa qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, ovvero delimita il petitum per renderlo, in concreto, più idoneo alla pretesa fatta valere. La norma (art. 320 cpc) non ammette la mutatio libelli che si ha quando si introduce nel processo un tema di indagine completamente diverso, in modo da determinare uno spostamento dei termini della contestazione con la conseguenza di disorientare la difesa della controparte e quindi alterare l’originario tema decidendum (conf. Cass. n.9239/2000) Nel caso in esame, parte attrice ha definitivamente fissato, nell’atto di citazione, la causa petendi lamentando il fatto di aumento del 20 % dei prezzi della polizza a seguito di "intesa vietata" tra società assicuratrici; in corso di causa -sebbene confusamente- ha cercato di chiarire la causa petendi, però non ha alterato l’originario tema decidendum. Perciò l’eccezione di mutatio libelli rassegnata dalla convenuta XXXX Ass.-spa deve essere respinta perché infondata. 4.2) Sull’eccepita incompetenza funzionale del G.d.P. ex art. 33 L.287/90, e domanda di rimessione alla Corte di Appello La convenuta XXXX Ass.-spa ha eccepito l’incompetenza funzionale di questo G.d.P. ai sensi dell’art. 33 comma 2 della L. 287/1990 in relazione agli art. 5, 7, e 38 cpc, tanto nel caso che il G.d.P. qualifichi l’azione proposta come ripetizione dell’indebito ex art. 2033 cc (che presuppone la nullità almeno parziale del contratto di assicurazione), quanto se la qualifichi come domanda risarcitoria ex art. 2043 cc. Ed ha postulato, ai sensi dell’art. 34 cpc, la remissione della causa alla Corte di Appello di Ancona per l’accertamento pregiudiziale, con efficacia di giudicato, della inesistenza di una intesa vietata con effetti anticoncorrenziali tra essa convenuta e le altre compagnie assicuratrici elencate nel provvedimento della AUTORITA’ del 28/7/2000 Questo G.d.P. ritiene quanto appresso. Lo strumento processuale, invocato dalla convenuta, e cioè l’art. 33 L. 287/90, deve essere collegato ed interpretato sistematicamente con tutto il corpus sulla tutela della concorrenza, come emerge dalla L.287/1990, ed in particolare deve essere collegato con gli artt. 1 e 2 della legge citata. La normativa invocata ha come destinatarie le imprese che operano in concorrenza sul mercato e non i consumatori finali. Nello specifico, è posta a tutela delle imprese di assicurazione osservanti delle norme comunitarie sulla concorrenza (recepite nel mercato nazionale con la L.287/90) a fronte di altri produttori assicuratori non osservanti, quando pongono in essere intese, accordi o cartelli vietati, potenzialmente o effettivamente idonei a distorcere, in violazione di legge, le condizioni della domanda e dell’offerta di mercato. Perciò i soggetti processuali legittimati alle azioni di nullità o risarcitorie di cui all’art. 33 L. 287/90 debbono necessariamente essere caratterizzati dalla qualità e funzione imprenditoriale. Di conseguenza, l’azione risarcitoria o di nullità delle intese vietate, di cui all’art. 33 L.287/90, può essere azionata soltanto da una o da un gruppo di imprese che hanno interesse a proteggersi dagli abusi, o "intese vietate" (di cui facciano carico ad una od a più altre imprese), che abbiano la potenzialità o l’effetto, di alterare, in un mercato rilevante, il libero gioco della domanda e dell’offerta nel mercato. I soggetti danneggiati in via immediata dai cartelli vietati sono le imprese che non hanno partecipato al cartello. I consumatori sono danneggiati solo in via mediata per gli effetti perversi degli illeciti aumenti dei prezzi di mercato, che in definitiva su di essi si ripercuotono. Perciò, si deve escludere che lo strumento dell’art. 33 L. 287/90 possa essere azionato dai singoli consumatori. Questi non sono parti nel rapporto giuridico sostanziale che ha portato all’accordo vietato, ed è difficilmente configurabile un loro diretto interesse al suo annullamento e conseguente risarcimento. E’ conforme l’insegnamento della Cassazione SU, che, con sent. n. 17475/2002, esplicitamente, ha statuito che: lo strumento risarcitorio, connesso alla violazione dei divieti di intese restrittive della libertà della concorrenza fissati dalla normativa dell’art. 2 e 3 della L. 287/90, contemplato nell’art. 33, e rimesso alla competenza esclusiva della corte di appello, non è aperto alla legittimazione attiva dei consumatori finali. In sintesi: l’eccezione sollevata, sul punto, da parte convenuta deve essere respinta perché infondata. 4.3) Sulla domanda di accertamento con efficacia di giudicato di "inesistenza dell’intesa vietata" e rimessione alla Corte di Appello. La XXXX Ass.-spa in via principale ha chiesto che venga accertato, con efficacia di giudicato, l’inesistenza dell’intesa vietata tra essa esponente le altre compagnie di assicurazione di cui al provvedimento della AUTORITA’ dato il 28/7/2000, e perciò, avvalendosi dell’art. 34 cpc, chiede esplicitamente che la causa venga rimessa alla corte di appello competente. In subordine ha chiesto che lo stesso accertamento, con efficacia di giudicato, venga pronunciato da questo G.d.P. Questo G.d.P. osserva quanto appresso. L’accertamento negativo con efficacia di giudicato, davanti al giudice ordinario, dell’intesa vietata dalla legge, (tendente a negare il fatto doloso o colposo che possa aver cagionato il danno ingiusto ex art. 2043 cc) qui postulato dalla XXXX Ass.-spa, presuppone la citazione in giudizio (quanto meno) di tutti i soggetti (39 compagnie di assicurazione nonché l’AUTORITà’) che sono stati parti in causa davanti al giudice amministrativo. Il quale, peraltro, ha conosciuto il fatto con la definitiva sentenza del Consiglio di Stato n. 2129 del 26/2/2002.- La XXXX Ass.-spa non ha offerto un qualunque atto processuale donde risulti di aver contestato l’esistenza di una intesa vietata ad un qualche soggetto nei cui confronti la decisione debba assumere efficacia di giudicato. Non risulta che la XXXX Ass.-spa ha incardinato un tale processo davanti alla Corte di Appello; né ha chiesto la sospensione di questo processo fino all’accertamento, con efficacia di giudicato, della "pregiudiziale" che ritiene "imprescindibile" e che dovrà essere pronunciato dal giudice superiore competente. La XXXX Ass.-spa neanche ha chiesto la chiamata in causa, davanti a questo G.d.P., di tutti i litisconsorti legittimati a stare in giudizio, e nei cui confronti la sentenza di accertamento della intesa vietata dovrebbe fare stato. In sintesi difettano i presupposti processuali (inesistenza degli atti di chiamata in giudizio dei legittimi contraddittori) perché questo G.d.P. (od altro giudice superiore) possa pronunciare (sentenza), con efficacia di giudicato. Perciò anche siffatta domanda della XXXX Ass.-spa deve essere respinta perché inammissibile per difetto dei presupposti processuali. 4.4) La competenza del G.d.P. adito La limitazione di operatività alle sole imprese dell’art. 33 L 287/90 non può postulare l’irrisarcibilità dei danni derivanti ai consumatori finali, per la ricaduta esterna degli effetti dannosi sul mercato conseguenti all’intesa vietata. Il consumatore è l’ultimo anello della catena, il più debole, su cui, in definitiva, si ripercuotono ed incidono gli effetti dannosi della turbativa del mercato. Nel caso che ne occupa, questo G.d.P. ha già ritenuto (Vd. sub par. 4.1) che l’azione risarcitoria riveste i caratteri di una ordinaria azione di responsabilità (art. 2043 cc) con i criteri di competenza ordinari previsti dal Codice civile e non dalla legge 287/1990. (Vd. conf. Cass. SU n. 17475/2002). Di conseguenza: - la competenza per materia a conoscere sul merito nel presente giudizio spetta al G.d.P. adito ai sensi dell’art. 7 cpc in relazione all’art. 3 comma 7° della L. 281/1998; - la competenza per territorio a conoscere nel presente giudizio spetta al G.d.P. adito, ai sensi dell’art. 20 cpc, perché l’obbligazione è sorta in Civitanova Marche in cui ha sede l’Agenzia con la quale sono state stipulate le polizze di assicurazione portate in giudizio. 4.5) La novella all’art. 113 cpc. (D.L. n.18/2003) 4.5.1.) Lo strumento dell’art. 2697 cc per la pronuncia, secondo diritto, sull’ an debeatur. La domanda attorea di cui al presente procedimento deve essere giudicata ai sensi del riformato 2° comma dell’art. 113 cpc, come risulta novellato dopo la conversione in Legge n. 63/2003 del D.L. n.18/2003, e che così recita: " Il giudice di pace decide secondo equità le cause il cui valore non eccede i millecento euro, salvo quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all’art. 1342 cc". E’ ormai consolidata giurisprudenza (Vd. ex plurimis Cass. S.U. n. 716/1999) che il Giudice di Pace quando pronuncia, ai sensi dell’art. 113 2°comma cpc, <in controversie di valore non superiore ai due milioni non deve procedere alla individuazione della norma di diritto sostanziale astrattamente applicabile alla fattispecie, né è tenuto al rispetto dei principi regolatori della materia e dei principi generali dell’Ordinamento, essendo tenuto soltanto all’osservanza delle norme costituzionali e di quelle comunitarie nonché a ... quelle processuali... In tali controversie egli deve giudicare facendo immediata applicazione di una equità così detta formativa o sostitutiva... (e non correttiva o integrativa) e deve perciò fondarsi su un giudizio di tipo intuitivo e non sillogistico> Secondo l’insegnamento della massima suddetta, la pronuncia secondo equità ai sensi dell’art. 113 cpc, è vincolata al rispetto della Costituzione ma non è soggetta all’osservanza delle norme e dei principi regolatori della materia oggetto del giudizio, cioè quelli regolanti gli istituti giuridici relativi al rapporto controverso. Con la conseguenza che il giudizio di equità formulato ai sensi dell’art. 113 cpc esprime una nuova regola formativa di diritto sostanziale, basata sull’intuito di ciò che il G.d.P. ritiene sostanzialmente giusto, svincolato dal sillogismo giudiziale, ma vincolato da idonea motivazione. Secondo il novellato art. 113 cpc, siffatta potestà formativa del diritto sostanziale, nelle cause di valore inferiore a 1.110,00 euro, non è più concessa al Giudice di Pace limitatamente ai rapporti giuridici regolati dall’art. 1342 cc. Non v’è dubbio che il contratto di assicurazione per RCA e CVT è tra quelli indicati nell’art. 1342 cc, stipulati a mezzo di formulari predisposti dall’assicuratore, e deve essere giudicato secondo diritto. Giudicare secondo diritto significa mettere in atto il sillogismo giudiziale (di aristotelica memoria). Il giudice deve: -a) (premessa maggiore) individuare la norma giuridica da applicare al fatto portato a sua conoscenza, qui focalizzata nell’art. 2043 cc, -b) (premessa minore) accertare il fatto del caso concreto, nel rispetto dell’onere probatorio (art. 2697 cc), -c) (conclusione) ed infine pronunciare il giudizio dando adeguata motivazione. 4.5.2.) Lo strumento dell’art. 1226 cc per la valutazione equitativa del quantum debeatur. Il giudizio secondo diritto nell’accertamento del danno non impedisce di quantificare il danno medesimo ai sensi dell’art. 1226 cc.- L’art. 2056 cc consente al giudice di valutare il danno, derivante da fatto illecito (ex art. 2043 cc), come nel caso che ne occupa, utilizzando lo strumento di cui all’art. 1226 cc. La novella che ha modificato l’art. 113 cpc (D.L. 18/2003) non ha abrogato l’art. 1226 cc che mantiene la sua valenza. Questo G.d.P. concorda con costante giurisprudenza per cui (Vd. Cass. n. 16202/2002, ed altre conformi) "L’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli art. 1226 e 2056 cc dà luogo non già ad un giudizio di equità ma ad un giudizio caratterizzato dalla così detta equità giudiziale correttiva od integrativa (non formativa o sostitutiva), che, pertanto, da un lato è subordinato alla condizione che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare, dall’altro non ricomprende anche l’accertamento del pregiudizio, della cui liquidazione si tratta, presumendo già assolto l’onere della parte di dimostrare sia la sussistenza sia l’entità materiale del danno ... affinché l’apprezzamento equitativo sia, per quanto possibile, ricondotto alla sua funzione di colmare le lacune insuperabili nell’iter della determinazione dell’equivalente pecuniario del danno stesso." (Vd. Cass. n. 6414/2000). " La liquidazione equitativa dei danni, ex art. 1226 cc, è rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, non soltanto quando la determinazione del relativo ammontare sia impossibile, ma anche quando la stessa, in relazione alla peculiarità del caso concreto, si presenti particolarmente difficoltosa. Il giudizio concernente sia l’ammissibilità della liquidazione equitativa ex art. 1226 cc sia l’ammontare del danno equitativo liquidato, essendo di puro fatto, si sottrae al controllo di legittimità, sempre che non sia infirmato da errori logici o giuridici" (Vd. conformi Cass. n.10271/2002 -1427/2000 -1382/1998 ... ed altre). Nello specifico il Tribunale di Cagliari con sent. del 21/9/1998 ha deciso che: "Quando non è possibile provare l’esatto ammontare dei danni subiti a seguito di atti di concorrenza sleale, la valutazione deve essere fatta in via equitativa dal giudice ..." 4.5.3.) Il combinato disposto dell’art. 133 cpc ed art. 2697 e 1226 cc Dall’insegnamento della cassazione deriva un rilevante corollario che è bene tener presente quando il Giudice di Pace pronuncia con equità, dopo il novellato (ex D.L. 18/2003) art. 113 cpc. E cioè che: Nelle cause relative a rapporti giuridici derivanti da contratti conclusi a norma dell’art. 1342 cc, il giudice deve accertare ex art. 2697 cc (iuxta alligata ac probata) l’an debeatur; dopo aver così accertato l’an debeatur, può raggiungere il quantum debeatur con valutazione equitativa utilizzando lo strumento di cui all’art. 1226 cc. La modifica introdotta nell’ordinamento processuale dalla "novella" portata all’art. 113 cpc può essere così riassunta: il giudizio di equità, sul quantum debeatur, nelle cause di valore inferiore a 1.1100,00 euro su rapporti giuridici relativi contratti conclusi a norma dell’art. 1342 cc, non è più legittimato semplicemente dal valore della causa, ma è legittimato dalla doppia condizione: 1) che sia accertato ex art. 2697 cc -stricto jure- l’an debeatur, 2) che sia impossibile o particolarmente difficile od oneroso accertare il quantum della sorte portata in giudizio; in tal caso la sorte potrà essere quantificata con valutazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 cc. 5) Questioni di merito 5.1) L’acquisizione delle prove Sulla base della causa petendi narrata dall’attore in citazione, questo Giudice di Pace ha assegnato, ai fatti e rapporti dedotti in lite, ("Curia novit Jura" - art. 113 1° comma cpc) la qualificazione giuridica di azione risarcitoria ai sensi dell’art. 2043 cc., (Vd. supra par. 4.1). E’ questa la premessa maggiore del sillogismo giudiziale Il giudizio secondo diritto per l’accertamento del danno ingiusto (ex art. 2043 cc) impone che si passi attraverso l’onere probatorio dell’art. 2697 (premessa minore del sillogismo giudiziale) che richiede la dimostrazione: a) della esistenza ed illiceità del fatto dannoso (= intesa vietata), b) della esistenza del danno ingiusto (=levitazione dei prezzi di polizza sull’intero mercato), c) del nesso causale tra il fatto e danno; senza possibilità di integrare le carenze probatorie con il ricorso all’equità. Questo G.d.P. acquisisce come elementi di prova le quietanze dei pagamenti delle polizze di assicurazione per la Ford Ka tg AV442VG dal 1998 al 2000, e per la Ford Mondeo tgMC 388873 dal 1995 al 2000 offerti da parte attrice. Inoltre acquisisce come documenti probatori: il provvedimento n°8546 del 20/7/2000 della AUTORITA’ (Vd. internet:-www.agcm.it), la sentenza del TAR Lazio n. 6139 del 5/7/2001 e la sentenza del Consiglio di Stato n. 2199 del 23/4/2002 (Vd. internet:-www.giustizia-amministrativa.it), sia perché sono state offerte dalle parti a corredo delle loro argomentazioni, sia perché sono state più volte richiamate negli scritti difensivi e le stesse parti dimostrano di averne approfondita conoscenza, sia perché sono fatti notori ed ampiamente pubblicati. 5.2) Gli esiti degli accertamenti della AUTORITA’ e delle sentenze del TAR di Roma, e del Consiglio di Stato. L’AUTORITà a seguito di sue delibere del 8/9/1999, del 10/11/1999, e del 3/2/2000, ha avviato una istruttoria ai sensi dell’art. 14, 2°co, L 287/90 nei confronti di 15 + 26 imprese di assicurazione nel ramo di RCA (Responsabilità Civile Automobilistica) e CVT (Corpi Veicoli Terrestri = assicurazioni per incendio e furto). L’indagine si è conclusa con il suo provvedimento n. 8546 del 27/7/2000 con il quale -per quanto qui interessa- ha accertato che la XXXX Ass.-spa, unitamente alle compagnie di assicurazione ivi citate nel capo b), in violazione dell’art. 2 comma 2 della L. 287/90, ha posto in essere una complessa ed articolata intesa orizzontale nella forma di una pratica concordata, consistente nello scambio sistematico di informazioni commerciali sensibili tra imprese concorrenti. Il Consiglio di Stato con sua sentenza n.2199 del 23/4/2002, giudicando in appello alla sentenza n. 6139/2001 del TAR di Roma, ha confermato - per quanto qui interessa - il fatto sopra indicato nei confronti delle imprese di cui al capo b) del citato provvedimento sanzionatorio della AUTORITA’, tra le quali è compresa la convenuta XXXX Ass.-spa 5.3) Accertamento in via incidentale dei fatti, posti a base della domanda dell’attore La XXXX Ass.-spa ha chiesto, in via subordinata, che questo G.d.P. si pronunci con "effetto di giudicato", sull’inesistenza dell’intesa vietata. Essendo stata ritenuta inammissibile siffatta domanda (Vd. sopra par 4.3) questo G.d.P. procede all’accertamento in via incidentale. Bisogna prendere le mosse dall’accertamento dei fatti, contestati dalla AUTORITA’ alla convenuta XXXX Ass.-spa (quale litisconsorte, con tutte le altre Compagnie di Assicurazione) e verificati nella vicenda giudiziaria avanti il Tar di Roma conclusa con sentenza n, 6139/2002, ed in appello con la sentenza del Consiglio di Stato n. 2199 del 23/4/2002. Preliminarmente all’acquisizione dei fatti accertati dalle suddette AUTORITA’ amministrative e giurisdizionali, questo G.d.P. fa proprie le argomentazioni del Consiglio di Stato, come esposte nel paragrafo n° 1.3.1 della suddetta sentenza, e che qui appresso riassume brevemente, rinviando, per quant’altro, a quel documento per più approfondita lettura. "Alcune appellanti (av il CdS) hanno rilevato che la limitazione del sindacato giurisdizionale ... del Tar avrebbe precluso l’effettivo controllo sull’operato della AUTORITA’... Il giudice (amministrativo) di primo grado, nel limitare il proprio sindacato alla verifica della legittimità del provvedimento impugnato non avrebbe proceduto alla verifica della verità del fatto assunto dalla AUTORITA’ a fondamento della propria decisione. Tale affermazione ... non trova riscontro nei principi affermati dal TAR, che ha SI’ inteso limitare il proprio sindacato alla verifica della legittimità, ma NON ha in alcun modo escluso l’accertamento del fatto, sottolineando solo l’impossibilità di sostituire le proprie valutazioni di merito a quelle effettuate dalla AUTORITA’, ed a questa riservate. ... i provvedimenti della AUTORITA’ sono sindacabili in giudizio per vizi di legittimità, e non di merito. Purché si rimanga nell’ambito dei vizi di legittimità il sindacato giudiziale non incontra limiti, potendo essere esercitato, oltre che in relazione ai vizi di incompetenza e violazione di legge, anche in relazione al (vizio) di eccesso di potere in tutte le sue forme. Allorché, peraltro, viene dedotto, avverso i provvedimenti della AUTORITA’, il vizio di eccesso di potere il giudice, nell’ambito del suo sindacato, circoscritto alla sola legittimità dell’atto, e non esteso al merito delle scelte amministrative, può solo verificare se il provvedimento impugnato appaia logico, congruo, ragionevole, correttamente motivato e istruito, ma non può anche sostituire proprie valutazioni di merito a quelle della AUTORITA’ ed a questa riservate ... I provvedimenti della AUTORITA’ hanno natura atipica e sono articolati in più parti, che corrispondono alle fasi di controllo svolto dalla AUTORITA’: a) una prima fase di accertamento dei fatti; b) una seconda di "contestualizzazione" della norma posta a tutela della concorrenza, che facendo riferimento a "concetti giuridici indeterminati" (quali, il mercato rilevante, l’abuso di posizione dominante, le intese restrittive della concorrenza) necessita di una esatta individuazione degli elementi costitutivi dell’illecito contestato ...; c) una terza fase in cui i fatti accertati vengono confrontati col parametro come sopra "contestualizzato"; d) un’ultima fase di applicazione delle sanzioni ...; E’ errata l’ipotesi sostenuta dalle appellanti secondo cui la legittimità precluderebbe al giudice amministrativo la verifica della verità del fatto posto a fondamento dei provvedimenti della AUTORITA’. ... deve ormai ritenersi superato quell’orientamento che negava al giudice amministrativo l’accesso diretto al fatto, ... ... anche nei giudizi di legittimità, l’ammissibilità dei c.d. vizi sintomatici estrinseci all’atto ha condotto a ritenere che, il giudice amministrativo abbia il potere di conoscere le questioni di fatto, la cui risoluzione è necessaria per verificare l’esistenza dei vizi dell’atto impugnato. ...In definitiva, i fatti posti a fondamento dei provvedimenti della AUTORITA’ possono, senza dubbio, essere pienamente verificati dal giudice amministrativo sotto il profilo della verità degli stessi; ciò presuppone la valutazione degli elementi di prova raccolti dalla AUTORITA’ e delle prove a difesa offerte dalle imprese senza che l’accesso al fatto, del giudice, possa subire alcuna limitazione.... Il giudice (amministrativo) deve verificare direttamente i fatti posti a fondamento dei ... provvedimenti ed esercita un sindacato di legittimità sull’individuazione del parametro normativo da parte della AUTORITA’ e sul raffronto dei fatti accertati.... La descritta natura del sindacato del G.A. ... si limita alla verifica dell’osservanza delle norme di procedura e di motivazione, nonché alla sussistenza materiale dei fatti, dell’insussistenza d’errore manifesto di valutazione e di sviamento di potere, ... si tratta quindi di un sindacato di legittimità che non preclude né l’accertamento pieno del fatto né il controllo sull’attendibilità delle valutazioni tecniche ... " Alla luce delle suddette argomentazioni bisogna convenire che i giudici amministrativi, nei due gradi di giudizio, ai quali ha ricorso la convenuta XXXX Ass.-spa hanno pienamente verificato, sotto il profilo della verità, i fatti posti a fondamento del provvedimento della AUTORITA’, e che ciò presuppone la valutazione degli elementi di prova raccolti dalla AUTORITA’, nonché delle prove a difesa offerte dalla XXXX Ass.-spa (e dalle altre imprese 39 di assicurazione + Rc Log.) senza che l’accesso ai fatti abbia potuto subire alcuna limitazione. Di conseguenza bisogna convenire che i giudici amministrativi, respingendo i ricorsi della XXXX Ass.-spa (unitamente a quelli delle altre 39 imprese di assicurazione con essa litisconsorti) hanno accertato la verità dei fatti, rapportati dalla AUTORITA’ (Vd. suo provvedimento n. 8546/2000), come indispensabile presupposto della conferma delle sanzioni amministrative statuita nelle sentenze in due gradi di giudizio. L’accertamento dei fatti, operato dai giudici amministrativi, entra in via incidentale in questo processo. 5.4) Il provvedimento n. 8546/200 della AUTORITA’. Qui di seguito, sono riportati in sintesi (rinviando per più approfondita lettura all’intero documento -noto alle parti-) i paragrafi del provvedimento n, 8546/2000, ritenuti più rilevanti per la prova del fatto in esame accertato dalla AUTORITA’. I IL FATTO a) Attività istruttoria della AUTORITA’, e quadro normativo: - 46.L ... La selezione ha coinvolto imprese che rappresentano il 60% del mercato RCA ed il 58 % del CVT. - 50. Nel corso dell’istruttoria è emerso che ... le imprese ... hanno partecipato allo scambio di informazioni realizzato attraverso la RC Log. "-57. Per effetto della Direttiva 92/49 CEE recepita in Italia con il D.Lgs. n°175/1995 le tariffe della RCA, precedentemente sottoposte ... al regime dei prezzi amministrati, sono state liberalizzate... - 61. Il settore assicurativo è sottoposto all’applicazione delle regole di concorrenza stabilite dal Trattato CEE. ... nell’applicazione delle regole occorre tener conto delle specificità del settore (assicurativo) con particolare riferimento alla liceità degli scambi di informazioni. ... per il calcolo del (rischio assicurato) occorre disporre di un numero elevato di osservazioni statistiche. - 62. In considerazione di tali elementi è stato adottato dalla Commissione CEE il Regolamento n. 3932/92 ... che prevede l’esenzione dall’applicazione delle regole di concorrenza per quegli accordi tra imprese di assicurazione, altrimenti vietati, finalizzati alla sola raccolta in comune di statistiche in forma aggregata necessarie per la corretta stima del rischio da assicurare, ovvero per il calcolo del premio puro. ... Al riguardo ... il Regolamento afferma che ... le pratiche concordate sui premi commerciali, vale a dire i prezzi effettivamente applicati ai contraenti, e comprensivi del caricamento delle spese amministrative, commerciali ed altri costi,.. e degli utili ... non sono esentate,... - 63. L’esenzione, prevista dal Regolamento, si applica sempre che la collaborazione riguardi la sola raccolta di ... informazioni statistiche per il calcolo del premio puro ... non comprensivo di voci di caricamento estranee al rischio da assicurare ... b) Il mercato delle assicurazioni auto L&r Lunedì, 22 Marzo 2004
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E’ questa la soluzione prospettata dal Giudice di Pace di Civitanova Marche nella sentenza 293/2003.
Secondo la decisione in esame deve essere ritenuto provato del danno ingiusto, dal momento che l’assicurazione ha in concreto utilizzato i dati scambiati, per gli aumenti dei premi assicurativi, come dimostrato dall’Antitrust con il provvedimento 8546/2000.
(Altalex, 22 marzo 2004. Per approfondimenti si rimanda alla nota del dott.Franco Calabrese)