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Corte di Cassazione 07/11/2005

da Altalex - Danno biologico: per il calcolo il giudice può utilizzare le tabelle di altri tribunali

Cassazione , sez. III civile, sentenza 20.10.2005 n° 20323
da Altalex
Danno biologico: per il calcolo il giudice può utilizzare le tabelle di altri tribunali
Cassazione , sez. III civile, sentenza 20.10.2005 n° 20323

L’adozione da parte del Tribunale delle cosiddette “tabelle” di liquidazione del danno biologico costituisce di per sé espressione del potere equitativo del giudice, per cui questi non è vincolato all’adozione della tabella adottata presso il proprio ufficio giudiziario e ben può adottare “tabelle” in uso presso altri uffici. Peraltro, poiché il fondamento della “tabella” è la media dei precedenti giudiziari in un dato ambito territoriale e la finalità è quella di uniformare i criteri di liquidazione del danno, il giudice deve congruamente motivare le ragioni della sua scelta.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20323 del 20 ottobre 2005, ritenendo legittima nella specie la quantificazione del danno biologico effettuato dalla Corte di appello di Ancona in base alle tabelle predisposte dal Tribunale di Milano.
I giudici di Piazza Cavour ricordano inoltre che la liquidazione del danno biologico può essere effettuata dal giudice con ricorso al metodo equitativo tenendo conto delle circostanze del caso concreto e specificamente, quali elementi di riferimento della gravità delle lesioni, degli eventuali postumi permanenti, dell’età, dell’attività espletata, delle condizioni sociali e familiari del danneggiato.
(Altalex, 3 novembre 2005
)



SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

SENTENZA 20 ottobre 2005, n. 20323

(Presidente Vittoria – Relatore Segreto)


Svolgimento del processo

 

Il Tribunale di Pesaro, con sentenza depositata il 16 ottobre 1998, condannava M.O., L.D., B.R. e la Spa Aurora Assicurazioni al pagamento della somma di £. 264.065.306, oltre interessi dalla data di pubblicazione della sentenza al saldo, in favore di T. M. (minore rappresentato dai genitori) a titolo di risarcimento dei danni da questi subiti a seguito di incidente stradale.

Avverso questa sentenza proponeva appello il T. M., assumendo che, avendo riportato un’invalidità permanente del 22% doveva essergli riconosciuto anche il risarcimento del danno patrimoniale.

I convenuti proponevano a loro volta appello incidentale.

La Corte di appello di Ancona, con sentenza del 4 dicembre 2001, condannava i convenuti al pagamento della somma di £. 172.149.125, oltre rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat dall’evento al saldo per £. 132 milioni e dal 18° anno di età del T. al saldo per la restante somma, oltre agli interessi legali, calcolati annualmente, detratti gli acconti corrisposti.

Riteneva la Corte di merito che il fatto che il minore all’epoca dei fatti non prestasse ancora attività lavorativa non escludeva che lo stesso potesse subire un danno patrimoniale dall’invalidità permanente del 22% al momento del raggiungimento dell’età lavorativa; che, in presenza di tale rilevante lesione della salute, come accertato dal Ctu, si doveva presumere l’esistenza di una lesione alla futura capacità di guadagno del minore; che, in mancanza di altri elementi, detto danno andava calcolato sulla base dell’applicazione delle tabelle di cui al Rd 1403/22, e del triplo della pensione sociale, giungendosi alla somma di £. 40.149.125.

Quindi la Corte, applicando il valore del punto di invalidità di £. 4.500.000, di cui alle “tabelle del Tribunale di Milano” liquidava, per 22% punti di invalidità, la somma di £. 99 milioni e, tenuto conto dell’accertamento in concreto della colpa dei convenuti, liquidava il risarcimento per danno morale in £. 33 milioni.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Spa Meie Aurora.

Non hanno svolto attività difensiva gli intimati.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione degli articoli 1223, 1226, 2056 e 2043 Cc e dei criteri relativi al risarcimento del danno da colpa aquiliana, in relazione all’articolo 360 n. 3 Cpc.
Assume la ricorrente che avendo la Corte di merito applicato il valore del punto tabellare all’attualità, non poteva disporsi la rivalutazione della somma liquidata a titolo di danno biologico dalla data dell’evento; che eguale censura andava effettuata per la liquidazione del danno patrimoniale, avendo la Corte posto a base del calcolo la pensione sociale in vigore alla data della decisione.

2. Ritiene questa Corte che il motivo è infondato e che lo stesso va rigettato.
Quanto alla censura, secondo cui la Corte di merito avrebbe valutato all’attualità il danno biologico, va osservato che tanto non risulta dall’impugnata sentenza, la quale si limita a far riferimento alle tabelle del Tribunale di Milano, senza specificazione dell’anno, né la ricorrente assume che risultasse agli atti che tali valori si riferissero alla data della decisione.
Quanto alla liquidazione del danno patrimoniale, va osservato che la sentenza impugnata ha disposto la rivalutazione di tale somma non dalla data dell’evento, ma da quella corrispondente al diciottesimo anno del danneggiato.

3. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 2059 Cc e dell’articolo 185 Cp, in relazione all’articolo 360 n. 3 Cpc.
Lamenta la ricorrente che la sentenza impugnata abbia riconosciuto un danno morale in favore dell’attore, pur non essendo stato accertata l’esistenza di un reato colposo, ma essendo stato ritenuto il pari concorso di colpa.

4. Ritiene questa Corte che il motivo è infondato e che lo stesso va rigettato.
Infatti a parte la considerazione che il giudice ha accertato il concorso di colpa in concreto di entrambi i conducenti dei veicoli, va osservato che, a seguito delle sentenze di questa Corte 8827 e 8828/03, il risarcimento del danno morale, in favore del soggetto danneggiato per lesione di valore della persona umana costituzionalmente garantito, prescinde dall’accertamento di un reato in suo danno.
Ciò comporta che a seguito della suddetta lettura, costituzionalmente orientata, dell’articolo 2059 Cc, il risarcimento del danno morale subiettivo conseguente alla lesione del bene salute, tutelato dall’articolo 32 Costituzione,non è limitato ai soli casi in cui sussista un’ipotesi di reato.

5. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione degli articoli 1223, 2043, 2056 Cc, in relazione all’articolo 360 n. 3 Cpc, nonché il difetto assoluto di motivazione.
Lamenta la ricorrente che sia stato riconosciuto un danno patrimoniale in favore del T., a partire dal 18° anno di età, nella misura di £. 40.129.125, sulla base di un’asserita invalidità specifica del 22%, mentre il Ctu aveva parlato solo di diminuzione “della capacità lavorativa”, che andava configurata come capacità lavorativa generica.

5.1. Ritiene questa Corte che il motivo è infondato e che lo stesso va rigettato.
Va, anzitutto, osservato che la Corte di merito ha ritenuto che dagli accertamenti del Ctu la riduzione della capacità lavorativa da questo individuata si riferisse alla capacità lavorativa specifica.
La diversa valutazione effettuata sul punto dalla ricorrente è inammissibile per difetto di specificità sotto il profilo dell’autosufficienza del ricorso.
Infatti, qualora, con il ricorso per Cassazione, venga dedotta l’omessa od insufficiente motivazione della sentenza impugnata per l’asserita mancata o errata valutazione di risultanze processuali (un documento, deposizioni testimoniali, dichiarazioni di parti, accertamenti del Ct, ecc.), è necessario, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività della risultanza non valutata (o insufficientemente valutata), che il ricorrente precisi ove occorra, mediante integrale trascrizione della medesima nel ricorso la risultanza che egli asserisce decisiva e non valutata o erratamente valutata, dato che, per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, il controllo deve essere consentito alla Corte di cassazione sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative (Cassazione 3158/03; 12444/03; 1161/95).
Nella fattispecie la ricorrente non riporta nella sentenza quelle parti della consulenza tecnica d’ufficio da cui emergerebbe che la riduzione accertata dal Ctu attenesse solo alla capacità generica lavorativa e non a quella specifica.

6. Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione delle norme disciplinanti il risarcimento dei danni extracontrattuali e la mancanza di motivazione in relazione all’articolo 360 n. 3 e 5 Cpc.
Assume la ricorrente che la sentenza impugnata, nel liquidare il risarcimento per il danno biologico, ha adottato le tabelle del Tribunale di Milano, senza alcuna motivazione in merito e che, inoltre, ha disposto la rivalutazione della somma, pur essendo state adottate all’attualità.

7. Quanto alla seconda censura, essa è infondata per i motivi già detti per il rigetto del primo motivo di ricorso.
Quanto alla censura relativa all’adozione delle tabelle di liquidazione del danno biologico predisposte dal Tribunale di Milano, va osservato preliminarmente che la liquidazione del danno biologico può essere effettuata dal giudice con ricorso al metodo equitativo tenendo conto delle circostanze del caso concreto e specificamente, quali elementi di riferimento della gravità delle lesioni, degli eventuali postumi permanenti, dell’età, dell’attività espletata, delle condizioni sociali e familiari del danneggiato; nel procedere alla liquidazione il giudice può ricorrere anche a criteri predeterminati e standardizzati, come quello che assume a parametro il valore medio del punto di invalidità calcolato sulla media dei precedenti giudiziari (cosiddette “tabelle”), purché ciò, attui in modo flessibile, definendo una regola ponderale su misura per il caso specifico e motivando congruamente in ordine all’adeguamento del valore medio del punto alle peculiarità del caso anche quando adotti una “tabella” costruita con riferimento ai parametri dell’età e del grado di invalidità del soggetto leso. Poiché l’adozione delle cosiddette “tabelle” costituisce di per sé espressione del potere equitativo del giudice, questi non è vincolato all’adozione della tabella adottata presso il proprio ufficio giudiziario e ben può adottare “tabelle” in uso presso altri uffici. Peraltro, poiché il fondamento della “tabella” è la media dei precedenti giudiziari in un dato ambito territoriale e la finalità è quella di uniformare i criteri di liquidazione del danno, il giudice deve congruamente motivare le ragioni della sua scelta (Cassazione 4852/99).

9. Sennonché nella fattispecie la ricorrente non assume che presso il Tribunale di Ancona esistessero e fossero adottate delle tabelle proprie di quel Tribunale, in luogo di quelle del Tribunale Milano.
Inoltre da una parte la sentenza impugnata fa riferimento genericamente, quanto agli importi monetari posti a base della liquidazione, a quelli adottati dai giudice di merito e dall’altra, in ogni caso, fa riferimento nella fattispecie ad una congruità della somma di £. 4.500.000 a punto, con chiara adozione del suo potere di liquidazione equitativa.

10. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Nulla per le spese del giudizio di Cassazione, non avendo svolto attività difensiva gli intimati.

 

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma il 27 settembre 2005.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 20 ottobre 2005



Lunedì, 07 Novembre 2005
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