Violazione
al Codice della Strada: efficacia probatoria del verbale di accertamento
(Cassazione
, sez. II civile, sentenza 01.07.2005 n° 14038)
Vittorio Mirra |
PLa
Suprema Corte affronta la problematica dell’efficacia probatoria
ai sensi dell’articolo 2700 c.c. del verbale di accertamento di
una violazione del codice della strada, statuendo che la piena efficacia
fino a querela di falso non può rigare i giudizi valutativi
propri del verbalizzante, né le circostanze che non possono
avere un riscontro obiettivo e che quindi posare dei margini di
apprezzamento (soprattutto riguardo un aspetto cinetico della realtà:
nel caso di specie si fa riferimento non ad un oggetto statico,
bensì l’avvenuto transito di un’autovettura ad un semaforo).
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE
SENTENZA 01-07-2005, n. 14038
Svolgimento del processo L. Antonio proponeva opposizione avverso il verbale di contestazione, contenente irrogazione di sanzione pecuniaria, per violazione degli articoli 41 e 145 codice della strada per aver, alla guida di un veicolo, proseguito la marcia con semaforo rosso. L’opponente sosteneva di aver attraversato un incrocio con il semaforo che indicava la luce verde e dopo gialla. Il Comune di Castelnuovo Scrivia faceva pervenire controdeduzioni scritte Con sentenza 25/7/2002 l’adito giudice di pace di Tortona accoglieva l’opposizione osservando; che il passaggio del ricorrente con il "rosso" non era stato percepito direttamente dagli agenti accertatori, bensì era stato desunto attraverso valutazioni soggettive che non potevano essere assunte come valido elemento probatorio: che gli agenti rilevatori, stante la loro posizione, non potevano avere una chiara percezione del susseguirsi del passaggio di veicoli in rapporto all’avvicendarsi delle luci semaforiche: che dopo il passaggio di un autocarro con il "giallo" era possibile desumere il passaggio con il rosso dei veicoli circolanti dietro il detto autocarro: che tuttavia era altrettanto ragionevole la presunzione, in base a quanto emerso in fatto, dell’impegno dell’incrocio da parte del ricorrente quando il semaforo era ancora sulla luce arancione con conseguente impossibilità di arrestare la marcia per evitare di occupare l’incrocio e di determinare una situazione di pericolo: che pertanto non sussistevano elementi tali da permettere di accertare con sicurezza la responsabilità dell’opponente. La cassazione della sentenza del giudice di pace di Tortona è stata chiesta dal Comune di Castelnuovo Scrivia con ricorso affidato a tre motivi. Antonio L. non ha svolto attività difensiva in sede di legittimità. Motivi della decisione Con il primo motivo di ricorso il Comune di Castelnuovo Scrivia denuncia contraddittorierà della motivazione per aver il giudice di pace prima rilevato che dopo il passaggio dell’autocarro i veicoli che lo seguivano sono passati con il rosso" e poi affermato illogicamente che l’autovettura del L. aveva impegnato l’incrocio quando "trovandosi essa in coda all’autocarro il semaforo era ancora sulla luce arancione". Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 2700 c.c. e nullità del procedimento per violazione dell’articolo 112 c.p.c.. Il Comune sostiene che il giudice di pace: a) ha omesso di considerare che gli agenti di Polizia Municipale avevano affermato di aver visto con i proprio occhi la luce semaforica rossa: b) ha negato valore al verbale redatto dagli agenti di Polizia Municipale con riferimento a fatti avvenuti in loro presenza. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’articolo 2697 c.c. e nullità del procedimento per violazione dell’articolo 112 c.p.c. deducendo che il giudice di pace ha di ufficio mosso doglianze "per conto" del L. il quale ha sempre e solo sostenuto di essere passato con il verde "mutante in giallo" senza offrire argomenti e prove in sua favore. La Corte e rileva l’infondatezza e, sotto alcuni aspetti, l’inammissibilità delle dei te censure che, per evidenti ragioni di ordine logico, possono essere esaminate congiuntamente per la loro stretta connessione ed interdipendenza e che, pur se titolate come violazione di legge ( art. 2700, 2697 c.c. e 112 c.p.c.) e come vizi di motivazione, si risolvono tutte essenzialmente in una diversa valutazione del merito della causa e in un difforme apprezzamento delle risultanze istruttorie - con riferimento specificamente al contenuto del verbale di accertamento della violazione contestata al L. da agenti della polizia municipale del comune ricorrente come tali inammissibili in questa sede di legittimità. Trattasi infatti di compiti e di attività che sono prerogativa del giudice del merito o del potere discrezionale di quest’ultimo di apprezzamento dei fatti e delle risultanze processuali e la cui motivazione al riguardo e insindacabile in sede di legittimità se come nella specie sufficiente ed esente da vizi logici o da errori di diritto. Il giudice di pace, con motivato apprezzamento di merito in relazione ai vari elementi probatori acquisiti (verbale di contestazione, dichiarazioni dell’opponente, controdeduzioni del Comune) considerati nel loro complesso, ha ritenuto non sorretta da prove sicure la fondatezza della pretesa sanzionatoria ossia la sussistenza dell’infrazione addebitata al L. - ed è pervenuto a detta conclusione attraverso argomentazioni complete ed appaganti, improntate a retti criteri logici e giuridici, nonchè frutto di un’indagine accurata e puntuale delle risultanze processuali. Il giudice di pace ha dato conto delle proprie valutazioni, circa gli operati accertamenti in fatto, con sufficiente motivazione esaminando compiutamente le risultanze di causa ed esponendo adeguatamente le ragioni del suo convincimento. Alle dette valutazioni il comune ricorrente contrappone le proprie, ma della maggiore o minore attendibilità di queste rispetto a quelle compiute dal giudice di merito non è certo consentito discutere in questa sede dilegittimità, ciò comportando un nuovo autonomo esame del materiale delibato che non può avere ingresso nel giudizio di Cassazione. Peraltro dalla motivazione dell’impugnata sentenza risulta chiaro come il giudice del merito, nel porre in evidenza gli elementi favorevoli alla tesi del L., abbia implicitamente espresso una valutazione negativa per quelli prospettati nella contraria tesi del comune opposto. Per quanto concerne poi la questione relativa alla fede privilegiata che, conformemente al disposto dell’art. 2700 c.c. deve riconoscersi ai verbali redatti da pubblici ufficiali, e appena il caso di richiamare il principio ormai pacifico nella giurisprudenza di legittimità secondo cui, con riferimento al verbale di accertamento di una violazione del c.s. l’efficacia di piena prova fino a querela di falso che ad esso deve riconoscersi in dipendenza della sua natura di atto pubblico - oltre che quanto alla provenienza dell’atto ed alle dichiarazioni rese dalle parti, anche relativamente "agli altri fatti che il pubblico ufficiale che lo redige attesta essere avvenuti in sua presenza (conosciuti e descritti senza margini di apprezzamento) o da lui compiuti" - non sussiste nè con riguardo ai giudizi valutativi che esprima il pubblico ufficiale, nè con riguardo alla menzione di quelle circostanze relative a fatti, i quali, in ragione delle loro modalità di accadimento repentino, non si siano potuti verificare e controllare secondo un metro sufficientemente obbiettivo e pertanto, abbiano potuto dare luogo ad una percezione sensoriale implicante margini di apprezzamento, come nell’ipotesi che quanto attestato dal pubblico ufficiale concerna non la percezione di una realtà statica (come la descrizione dello stato dei luoghi senza oggetti in movimento), bensì l’indicazione di uncorpo o di un oggetto in movimento, con riguardo allo spazio che cade sotto la percezione visiva del verbalizzante (nei sensi suddetti, tra le tante, sentenze 3/12/2002 n. 17106: 8/3/2000 n. 3350: 10/4/1999 n. 3522). Nella specie la sentenza impugnata è conforme al detto principio atteso che il giudice di pace dopo aver posto in evidenza che nel verbale di accertamento si faceva riferimento al transito del veicolo del L. mentre attraversava un crocevia con il semaforo che proiettava luce rossa ha valutato tutte le circostanze di fatto emergenti dalle risultanze processuali ed ha tratto la conseguenza che sul punto il verbale opposto rappresentava solo un elemento probatorio liberamente apprezzabile non coperto dalla fede privilegiata dell’atto pubblico. Quindi il Giudice del merito ha ritenuto confrontando le opposte tesi difensive delle parti insufficientemente provata la commissione della violazione convalutazione ineccepibile e non censurabile. Sotto altro aspetto le censure concernenti gli asseriti errori che sarebbero stati commessi dal giudice di pace nel ricostruire i fatti di causa sono inammissibili risolvendosi nella tesi secondo cui l’impugnata sentenza sarebbe basata su affermazioni contrastanti con gli atti del processo e frutto di errore di percezione o di una svista materiale degli atti di causa. Trattasi all’evidenza della denuncia di travisamento dei fatti contro cui è esperibile il rimedio della revocazione. Secondo quanto più volte affermato da questa Corte, la denuncia di un travisamento di fatto, quando attiene al fatto che sarebbe stato affermato in contrasto con la prova acquisita, costituisce motivo di rievocazione e non di ricorso per Cassazione importando essa un accertamento di merito non consentito in sede di legittimità (sentenze 9/8/2002 n. 12807, 162002 n. 7965; 1.3.2002 n. 3024; 3/2/2000 n. 1195). In definitiva sono insussistenti gli asseriti vizi di motivazione e le dedotte violazioni di legge che presuppongono una ricostruzione dei fatti diversa da quella ineccepibilmente effettuata dal giudice del merito. Va solo aggiunto, con riferimento all’asserita violazione dell’articolo 112 c.p.c. che, come risulta precisato nella parte narrativa della sentenza impugnata il L., con l’atto di opposizione al verbale di contestazione sostenne espressamente di aver attraversato l’incrocio in questione con il semaforo che proiettava luce verde e subito dopo gialla. Nel corso del giudizio l’opponente ribadì la propria tesi difensiva peraltro esposta nell’immediatezza del fatto agli agenti accertatori e fatta inserire nel verbale impugnato precisando le circostanze di fatto e di luogo poste a base di detta tesi. Quindi il Giudice di pace al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente era tenuto a valutare il materiale probatorio acquisito per verificare la fondatezza o meno dei motivi di opposizione e così operando non si è "sostituito" al L. e non ha posto a fondamento della decisione impugnata elementi di fatto e di diritto non prospettati dalla parte o una "causa petendi" non fatta valere con l’opposizione, nè ha rilevato di ufficio ragioni di nullità del provvedimento. Peraltro, come questa Corte ha avuto modo di precisare, nel procedimento di opposizione a sanzione amministrativa pecuniaria, il sindacato del giudice si estende alla validità sostanziale del provvedimento impugnato attraverso un autonomo esame della ricorrenza dei presupposti di fatto e di diritto dell’infrazione contestata (sentenza 29/3/2001 n. 4588). Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Non si deve provvedere sulle spese del giudizio di Cassazione nel quale l’intimato Antonio L. non ha svolto attività difensiva. P.Q.M. La corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, il 21 aprile 2005. Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2005. |
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