L’esposizione
di un contrassegno non leggibile dell’assicurazione equivale indubbiamente alla
ipotesi della sua mancata esposizione di cui all’art. 181 del Codice
della Strada, non potendosi ritenere che tale previsione sia stata
rispettata in mancanza delle necessarie indicazioni riguardanti l’identificazione
del veicolo ed il giorno di scadenza.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18109 del
12 settembre 2005. La Cassazione ha precisato anche che
nell’ipotesi della non leggibilità del contrassegno viene disattesa
la finalità della norma (art. 181 c.d.s.), costituita dall’esigenza
di porre gli organi accertatori nelle condizioni di verificare immediatamente
la regolarità del contrassegno esposto e, di conseguenza, della
regolarità della posizione assicurativa del proprietario. Né
rileva, ai fini della configurabilità della violazione in esame,
che il giorno successivo la ricorrente avesse mostrato ai vigili la
documentazione comprovante l’esistenza di una valida assicurazione,
non essendo in discussione la mancata copertura assicurativa ma la
distinta ipotesi della mancata esposizione del relativo contrassegno
(cui è assimilabile l’esposizione di un contrassegno illeggibile).
SUPREMA
CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE I CIVILE
SENTENZA 12 SETTEMBRE 2005, n. 18109
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato in data 12 novembre 1999 A.G. proponeva opposizione
avanti al tribunale di Roma avverso il verbale n. 524558 della Polizia
municipale di Roma notificato il 18 ottobre 1999 con cui le era stata
contestata la violazione dell’art. 181 c.d.s. in quanto, quale comproprietaria
dell’auto tg. [omissis], il giorno 17 ottobre 1999 aveva esposto il
tagliando assicurativo Assitalia non leggibile.
Il Comune non si costituiva.
All’esito del giudizio il giudice unico con sentenza del 21 maggio-23
giugno 2001 rigettava la opposizione, compensando le spese. Osservava
che l’art. 181 c.d.s., imponendo l’obbligo di esporre sugli autoveicoli
il contrassegno attestante il pagamento relativo all’assicurazione
obbligatoria e dovendo la "ratio" individuarsi nell’esigenza
di consentire ai vigili accertatori di verificare la regolarità
del contrassegno, trovava applicazione anche nell’ipotesi, come quella
in esame, di illeggibilità del contrassegno. Rilevava inoltre
che non assumeva rilievo la circostanza che l’autovettura si trovasse
in una strada privata e non poteva ritenersi quindi in circolazione
ai sensi dell’art. 122 c.d.s., attesa la genericità della deduzione
e considerato che la norma non autorizza una tale interpretazione.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione A.G., deducendo
un unico motivo di censura.
La controparte non ha svolto alcuna attività difensiva.
Motivi
della decisione
Con l’unico
motivo di ricorso A.G. denuncia violazione e falsa applicazione dell’art.
181 c.d.s. nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.
Sostiene che il giudice non ha considerato adeguatamente che il contrassegno
era regolarmente esposto sul parabrezza e che l’accertamento era avvenuto
nella oscurità della sera (17 ottobre alle ore 20.40) ed inoltre
che erroneamente ha ritenuto applicabile la norma contestata (art.
181 c.d.s.) anche in una ipotesi come quella in esame di scarsa leggibilità
per l’esposizione del contrassegno ai raggi solari.
Lamenta altresì che non abbia considerato che il giorno successivo
aveva fornito la prova della validità dell’assicurazione.
La censura è infondata.
L’esposizione di un contrassegno non leggibile dell’assicurazione
equivale indubbiamente alla ipotesi della sua mancata esposizione,
non potendosi ritenere che tale previsione sia stata rispettata in
mancanza delle necessarie indicazioni riguardanti l’identificazione
del veicolo ed il giorno di scadenza.
Correttamente pertanto il giudice di merito ha rigettato l’opposizione
sul rilievo che anche in tale ipotesi, al pari di quella della mancata
esposizione, viene disattesa la finalità della norma (art.
181 c.d.s.), costituita dall’esigenza di porre gli organi accertatori
nelle condizioni di verificare immediatamente la regolarità
del contrassegno esposto e, di conseguenza, della posizione assicurativa
del proprietario.
Del pari infondata è l’ulteriore deduzione, espressa sotto
il profilo del difetto di motivazione, con cui viene lamentata la
mancata valutazione da parte del tribunale della circostanza, evidenziata
in quella sede, relativa alla scarsa visibilità esistente all’atto
dell’accertamento in considerazione dell’ora in cui esso è
avvenuto (alle 20,40 del 17 ottobre).
L’omesso esame di un fatto è riconducibile nell’ambito del
difetto di motivazione di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. e comporta
la cassazione della sentenza solo allorché tale omissione possa
essere decisiva e cioè tale da determinare con certezza, e
non già solo in termini di probabilità, una diversa
decisione.
Ma la censura, così come esposta, è a tal fine tutt’altro
che puntuale, non essendo stato precisato se avanti al tribunale fosse
stato dedotto e richiesto di provare che la zona non fosse artificialmente
illuminata in modo sufficiente. Precisazione questa certamente necessaria
per valutare la decisività della circostanza relativa all’ora
dell’accertamento che da sola, vale a dire senza gli ulteriori elementi
idonei a chiarire l’effettiva situazione di fatto, non può
ritenersi esaustiva per pervenire ad una decisione diversa da quella
adottata.
Né rileva, ai fini della configurabilità della violazione
in esame, che il giorno successivo la ricorrente avesse mostrato ai
vigili la documentazione comprovante l’esistenza di una valida assicurazione,
non essendo in discussione la mancata copertura assicurativa ma la
distinta ipotesi della mancata esposizione del relativo contrassegno
(cui è assimilabile come si è già sottolineato
l’esposizione di un contrassegno illeggibile) che può ovviamente
ravvisarsi anche in presenza di una tale copertura.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Nulla è dovuto in ordine alle spese, non essendosi la controparte
costituita.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso.