In
tema di applicazione delle sanzioni amministrative per la violazione
delle norme del codice della strada, il termine concesso al prefetto
per l’emissione dell’ordinanza-ingiunzione irrogativa di
una sanzione pecuniaria, ridotto a novanta giorni dall’art. 18,
comma terzo, della legge 24 novembre 2000, n. 340, in luogo dei centottanta
giorni fissati dall’art. 68 della legge 27 dicembre 1999, n.
488, rispetto ai sessanta giorni originariamente previsti dall’art.
204 del codice, trova applicazione alle fattispecie non ancora esaurite
al momento della legge, ancorché la violazione sia stata accertata
precedentemente, dovendosi far riferimento alla disciplina vigente
nel momento in cui l’atto viene compiuto, in forza del principio
generale, in tema di formazione degli atti amministrativi, secondo
cui la nuova normativa, portatrice di un’esigenza di pubblico
interesse, trova immediata applicazione allorché la fase in
cui si inserisce non sia ancora conclusa (nella specie è stato
altresì escluso che a detto termine potesse aggiungersi quello
di trenta giorni per l’istruzione della pratica previsto dall’art.
203 cod. strada, in quanto, facendo riferimento tanto la sentenza
impugnata che il ricorso per cassazione dell’amministrazione
alla data in cui il ricorso amministrativo era <>, non poteva ritenersi che ci si fosse riferiti in
realtà al giorno in cui esso era giunto presso l’organo
accertatore, dovendosi operare uno specifico riferimento a quest’ultimo,
qualora se ne vogliano trarre delle distinte conseguenze giuridiche).
(Nuovo c.s., art. 203; nuovo c.s., art. 204; L. 24 novembre 2000,
n. 340, art. 18; L. 23 dicembre 1999, n. 488, art. 68.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – Con ricorso depositato in data
18 giugno 2001 Ala Domenica Francesca Paola proponeva opposizione
avanti al Giudice di pace di Chiaromonte avverso l’ordinanza-ingiunzione
del 9 aprile 2001, notificata il 23 maggio 2001, con cui il Prefetto
di Potenza le aveva ingiunto il pagamento della somma di lire 400.400
per violazione dell’art. 142 comma 8 del c.d.s. (D.L.vo 285/92).
Ne chiedeva l’annullamento, deducendo la violazione del termine
concesso al prefetto dall’art. 204 c.d.s. per l’emissione
dell’ordinanza-ingiunzione, l’omessa contestazione immediata
della violazione e la mancata indicazione nel verbale delle ragioni
che non l’avevano resa possibile.
Si costituiva il prefetto, chiedendo il rigetto del ricorso.
All’estinto del giudizio il giudice di pace con sentenza del
24-28 novembre 2001 accoglieva l’opposizione, annullando l’ordinanza-ingiunzione
e condannando il prefetto al pagamento delle spese processuali.
Rilevava in primo luogo il giudice di pace la mancata osservanza da
parte del prefetto del termine di novanta giorni previsto dall’art.
204 c.d.s., essendo stato il ricorso ricevuto dal prefetto il 29 dicembre
2000 e l’ordinanza-ingiunzione notificata alla ricorrente soltanto
il 23 maggio 2001 e non potendosi condividere la tesi della Prefettura
secondo cui, ai fini della decorrenza del termine, devesi far riferimento
alla data di emissione e non già a quella della notifica del
provvedimento.
Riteneva del pari fondato l’ulteriore motivo relativo alla mancata
contestazione immediata, non potendo questa essere omessa, trattandosi
di una regola generale che trova applicazione ogni qual volta sia
possibile e non essendo convincente la giustificazione fornita a verbale
dai vigili accertatori i quali, richiamando l’art. 384 lett.
e) del Regol. al c.d.s., avevano dichiarato che non era stata possibile
la contestazione immediata in quanto l’apparecchio di rilevazione
consentiva l’accertamento dell’illecito solo dopo che il
veicolo era già a distanza dal posto di osservazione e comunque
nell’impossibilità di essere fermato.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la Prefettura
di Potenza, deducendo due motivi di censura.
MOTIVI
DELLA DECISIONE – Con il primo motivo di ricorso la Prefettura
di Potenza denuncia violazione dell’art. 204 c.d.s.. Sostiene
che, nel ritenere tardivamente emesso il provvedimento del prefetto,
il giudice di pace non ha considerato la necessità di computare,
oltre il termine di 90 giorni introdotto dall’art. 18 comma 3
della legge 24 novembre 2000 n. 340, l’ulteriore termine di trenta
giorni previsto dall’art. 203 comma 2 c.d.s. per l’istruzione
della pratica da parte dell’organo accertatore. Deduce inoltre
che devesi far riferimento alla data di emissione e non già
a quella della notifica del provvedimento del prefetto e che un tale
termine non può comunque considerarsi perentorio né
la sua inosservanza motivo di nullità del provvedimento.
La censura, così come prospettata, è infondata.
Risulta dall’impugnata sentenza che il ricorso è stato
ricevuto dal prefetto in data 29 dicembre 2000, quando cioè
era entrata già in vigore la legge 24 novembre 2000, n. 340,
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale lo stesso giorno, la quale all’art.
18 comma 3 ha ridotto in 90 giorni il termine concesso al prefetto
per l’emissione dell’ordinanza-ingiunzione dall’art.
204 c.d.s., termine che era stato aumentato in un primo tempo in 180
giorni dall’art. 68 della legge 27 dicembre 1999 n. 488 rispetto
agli originari 60 giorni.
Orbene, tale termine di 90 giorni trova certamente applicazione in
relazione a fattispecie, come quella in esame, non ancora esaurite
al momento di entrata in vigore della legge che lo ha previsto, ancorché
la violazione sia stata accertata precedentemente, dovendosi far riferimento
alla disciplina vigente nel momento in cui l’atto viene compiuto
(Cass. 1735/02).
Tale conclusione deve ritenersi espressione di un principio generale
in tema di formazione degli atti amministrativi in base al quale la
nuova normativa portatrice di un’esigenza di pubblico interesse,
trova immediata applicazione allorché la fase in cui si inserisce
non sia ancora conclusa.
Nell’ipotesi in esame, essendo il ricorso pervenuto al prefetto,
come già si è evidenziato, il 29 dicembre 2000, l’ordinanza-ingiunzione
deve ritenersi intempestiva anche se si tenga conto della data di
emissione (9 aprile 2001) e non di quella successiva della notifica
(23 maggio 2001), risultante anch’essa dalla sentenza impugnata.
E’ pur vero che a detto termine di 90 giorni debba aggiungersi
quello previsto dall’art. 203 c.d.s. per l’istruzione della
pratica, ma il ricorso non contiene alcuna precisazione in ordine
alla data in cui l’opposizione è pervenuta all’Ufficio
accertatore.
Né potrebbe ritenersi che sia la sentenza che il ricorrente,
nell’affermare che il ricorso era pervenuto al prefetto il 29
dicembre 2000, si siano riferiti in realtà al giorno in cui
era giunto presso l’Ufficio dell’organo accertatore, distinguendo
le due norme (artt. 203 e 204 c.d.s.) altrettante fasi del procedimento
amministrativo di opposizione e non potendosi quindi assimilare la
ricezione dell’atto di opposizione da parte del prefetto con
la presentazione a detto Ufficio, ma dovendosi eventualmente operare
uno specifico riferimento a quest’ultimo qualora se ne vogliano
trarre delle distinte conseguenze giuridiche.
L’infondatezza del presente motivo di ricorso comporta l’assorbimento
del secondo in quanto, pur riguardando l’ulteriore ed autonoma
ratio decidendi (la necessità della contestazione immediata
da parte dei verbalizzanti), il suo eventuale accoglimento sarebbe
privo di effetti pratici, dovendosi in ogni caso confermare la decisione
impugnata per effetto del rigetto del primo motivo.
Nulla va disposto in ordine alle spese, non essendosi la controparte
costituita. [RIV-1104].