In tema di guida in stato di ebbrezza, il cosiddetto alcooltest costituisce
atto di polizia giudiziaria urgente ed è indifferibile ex art.
354, comma terzo, c.p.p., cui il difensore può assistere ai
sensi del successivo art. 356 senza però il diritto ad essere
previamente avvisato. Ne consegue che, qualora non si provveda al
tempestivo deposito di tale atto ex art. 366 c.p.p. nella segreteria
del P.M., non può comunque configurarsi alcuna nullità.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – Con sentenza in data 20 giugno
2003 il Giudice di Pace di Cesena ha assolto S.F. del reato di guida
in stato di ebbrezza (art. 186, secondo comma, c.d.s.), commesso il
23 febbraio 2002, perché il fatto non sussiste.
Il suddetto Giudice ha ritenuto non provato il fatto ascritto al S.,
in quanto il verbale relativo ai rilievi sul tasso alcolemico, come
pure il verbale contenente l’indicazione dei risultati del test,
non erano stati acquisiti, essendo inutilizzabili “per deposito
tardivo presso il P.M.”. L’unico elemento a carico, e cioè
il constatato “alito vinoso” dell’imputato, è
stato ritenuto compatibile con la dichiarazione del S. di avere sorbito
una “birra media” pochi minuti prima del controllo.
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Forlì
ha proposto ricorso per cassazione, chiedendo l’annullamento
con rinvio della suindicata sentenza per carenza di motivazione ed
erronea applicazione di legge.
Il ricorrente ha rilevato, il primo luogo, che l’eccezione era
stata proposta in modo del tutto generico dalla difesa dell’imputato,
ed accolta con motivazione altrettanto generica dal Giudice di pace.
Il P.M. ha poi rilevato che nella fattispecie non si era attuata alcuna
deminutio della possibilità di difesa dell’imputato, rimasta
integra.
MOTIVI
DELLA DECISIONE - Il
ricorso è fondato e va accolto. Si premette che il ricorso
del P.M. va qualificato come ricorso per saltum in Cassazione, a norma
dell’art. 36, secondo comma, D.L.vo 28 agosto 2000 n. 274, non
avendo inteso il P.M. proporre appello ai sensi del primo comma della
stessa norma. La questione posta all’attenzione di questo Collegio
riguarda la desunta nullità e conseguente inutilizzabilità
dei risultati ottenuti dall’alcool-test in caso di mancato deposito
del relativo verbale nei tre giorni successivi al compimento dell’atto.
(art. 366 c.p.p.).
Va preliminarmente rilevato che l’atto in questione è
sussumibile alla previsione dell’art. 354 c.p.p., concernente
l’accertamento urgente e la conservazione delle tracce del reato,
e che, ai sensi dell’art. 356 c.p.p. il difensore dell’indagato
"ha facoltà di assistere, senza diritto di essere preventivamente
avvisato"; ai sensi, poi, dell’art. 114 disp. Att. C.p.p.,
la polizia giudiziaria, nel compimento degli atti di cui all’art.
356 c.p.p., "avverte la persona sottoposta alle indagini, se
presente, che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di
fiducia"; in mancanza dell’esercizio di tale facoltà,
non è prevista per il compimento di tali atti la nomina di
un difensore di ufficio, come in altre ipotesi disposto per altri
(artt. 350, 364, 365 c.p.p.).
Ne consegue che si possono verificare due diverse situazioni.
La prima è la mancanza di un difensore di fiducia, ed in questo
caso, non essendo previsto l’obbligo di nomina di un difensore
di ufficio, ne deriva la mancanza del soggetto al quale depositare
l’atto, con conseguente insussistenza di ogni nullità
ex art. 366 c.p.p. (Cass. N. 4816/2004).
L’altra ipotesi è quella in cui un difensore di fiducia
sia stato nominato. In questo caso deve trovare attuazione il disposto
dell’art. 366, primo comma, c.p.p. che, facendo riferimento agli
“atti compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria”,
dispone il deposito degli stessi nella segreteria del pubblico ministero
entro il terzo giorno successivo al compimento degli atti medesimi;
il riferimento a tale obbligo, nella norma, è riferito a (tutti)
gli “atti ai quali il difensore ha diritto di assistere”,
non solo agli atti ai quali il difensore abbia diritto di assistere
previo diritto ad essere avvisato del compimento dell’atto.
Quella del deposito ex art. 366 c.p.p. è, però, una
formalità che attiene ad un momento successivo al compimento
dell’atto; il suo ritardo non attiene, ai sensi dell’art.
178 lett. c) c.p.p., all’assistenza e alla rappresentanza dell’imputato
nel compimento di un atto di P.G., dovendosi ritenere queste riferite
all’assunzione ed al compimento dell’atto da parte della
P.G., ove per lo stesso sia richiesta l’assistenza e la rappresentanza
dell’imputato per mezzo del suo difensore; per il resto, e quindi
anche in riferimento al disposto degli artt. 179, 181 c.p.p., manca
ogni espressa previsione di nullità, in relazione al principio
di tassatività delle stesse.
Il ritardato deposito può semmai procrastinare solo il termine
per il compimento di ulteriori attività defensionali ed eventuali
atti di impugnazione previsti dalla legge (Cass. n. 43376/2003), in
un contesto in cui – giova rimarcare – l’indagato è
necessariamente presente all’assunzione dell’atto e può
chiedere di essere assistito dal difensore.
Nella specie, non è definibile con certezza se il S. abbia
o meno nominato un difensore di fiducia al momento dell’assunzione
dell’alcool-test, ma comunque non sussiste alcuna nullità,
risultando poi che nella citazione a giudizio è contenuto l’avviso
di deposito del fascicolo delle indagini preliminari, ai sensi dell’art.
20, comma 2, lett. f), D.L.vo n. 274/2000, con indicazione specifica
dell’alcool-test come fonte di prova.
A norma dell’art. 569, quarto comma, c.p.p., trattandosi di ricorso
per saltum in Cassazione, ed essendo la sentenza impugnata da annullare
con rinvio, gli atti vanno trasmessi al giudice competente per l’appello,
che, a norma dell’art. 39 D.L.vo n. 274/2000, è il Tribunale
di Forlì in composizione monoctratica. Il giudice di rinvio
procederà a nuovo giudizio, tenendo conto per la decisione
dei risultati dell’alcool-test.