Limiti
alla circolazione – Ordinanza ex art. 5 c.s. – Provvedimento
limitativo della circolazione – Predisposizione di apposita segnaletica
per il pubblico – Necessità – Finalità di contrasto
della prostituzione – Irrilevanza
L’ordinanza sindacale che, emanata ex art. 5 c.s. impartisca
prescrizioni volte ad evitare “turbativa alla circolazione stradale
mediante fermata o arresto anche temporaneo del veicolo”, tenuto
conto dell’afflusso di alcune zone della città di conducenti
di veicoli richiamati dalla presenza di prostitute, deve essere resa
nota al pubblico mediante i prescritti segnali, a nulla rilevando
che la reale finalità sottesa all’emissione del provvedimento
sia propriamente quella di creare difficoltà all’esercizio
del meretricio.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – C.A. propose opposizione al
Giudice di pace di Alessandria avverso l’ordinanza-ingiunzione
della Polizia municipale di Alessandria emessa a seguito di processo
verbale per violazione di ordinanza sindacale, in quanto aveva, alla
guida di autoveicolo nel centro cittadino di Alessandria, causato
intralcio alla circolazione, essendosi fermato per contrattare prestazioni
sessuali mercenarie con persona di sesso femminile dedita al meretricio.
L’opponente negò la violazione contestata, dichiarando
di avere fermato il proprio autoveicolo, a causa della condotta di
guida di chi lo aveva preceduto, e dedusse di essere stato nell’impossibilità
di conoscere le disposizioni contenute nella ordinanza sindacale.
Il giudice di pace ha accolto la opposizione, annullato la ordinanza
opposta e compensato le spese.
Ha ritenuto che la tesi degli agenti accertatori non avesse trovato
riscontri, da un lato per il fatto che alle ore 0,20 era difficile
ipotizzare intralci alla circolazione in un tratto di carreggiata
a tre corsie a senso unico; e dall’altro perché la trattativa
per prestazioni sessuali era stata solo supposta, ma non provata.
Ha comunque rilevato che l’ordinanza sindacale, per il suo tenore,
fosse da connettere con le norme sulla circolazione stradale e che
nei luoghi in cui il fatto si era verificato mancava qualunque segnale
che avesse indicato il divieto di interruzione o sospensione della
marcia dei veicoli, sicché, in difetto della predetta pubblicità,
prevista come necessaria dall’articolo 5 comma 3 c.s., il divieto
non potesse trovare applicazione.
Propone ricorso per cassazione con due motivi illustrati da memoria
il Comune di Alessandria; resiste con controricorso C.A.
MOTIVI
DELLA DECISIONE - Con
il primo motivo il ricorrente denunzia la violazione degli articoli
5 comma 3 c.s., 9 e 36 legge 142/90; 13, 50 e 54 D.L.vo 267/00; 106
ss. T.U.L.C.P. 383/34; 1 legge 59/1997; D.L.vo 112/98.
Assume che il potere del Sindaco, espresso con la ordinanza posta
a base del provvedimento di ingiunzione, sia estraneo alla disciplina
del codice della strada e trovi fondamento negli articoli 14 e 36
legge 142/90 e negli articoli 14 e 36 legge 142/90 e negli articoli
13, 50 e 54 D.L.vo 267/00, in correlazione con l’articolo 106
T.U.L.C.P. vigente all’epoca della ordinanza sindacale e di quella
di ingiunzione, che riconoscono al Sindaco poteri di sanzione; norme
tutte che contemplano la sanzionabilità dei comportamenti di
turbativa della circolazione e della sicurezza dei cittadini, al di
là di quanto previsto dal codice della strada e del fatto che
i comportamenti predetti siano posti in essere con la utilizzazione
i veicoli a motore su strada.
Ciò posto, nessuna particolare pubblicità era prevista,
del tenore considerato dal codice della strada, oltre la pubblicazione
dell’albo pretorio, per il tempo di legge.
Con il secondo motivo si denunzia la violazione degli articoli 2700
e 2697 c.c.; 13 ss. Legge 689/81.
Rileva il ricorrente che la verbalizzazione degli agenti accertatori,
in quanto pubblici ufficiali, fa prova sino a querela di falso; e
poiché i verbali in questione evidenziavano l’intralcio
e la turbativa, nessun dubbio era consentito a riguardo al giudice
di pace, nemmeno con riferimento alla contrattazione avente ad oggetto
prestazioni sessuali, accertata da essi agenti e non abbisognevole
di ulteriori riscontri.
Il ricorso è infondato.
Rileva la sentenza impugnata che l’ordinanza sindacale, della
cui violazione si tratta, aveva posto a base delle prescrizioni impartite
la esigenza di evitare “turbativa alla circolazione stradale
mediante fermata o arresto anche temporaneo del veicolo”, tenuto
conto dell’afflusso in alcune zone della città di veicoli
i cui conducenti erano richiamati dalla presenza di prostitute, sicché
la turbativa alla circolazione era causata dalle fermate dei veicoli
per la trattativa relativa alle prestazioni sessuali.
Ha conseguentemente considerato che quel provvedimento fosse correlato
con le norme che regolano la circolazione stradale e in particolare
con l’articolo 5 del c.s. all’epoca vigente, D.L.vo 285/92,
secondo cui i provvedimenti per la regolamentazione della circolazione
sono emanati dagli enti proprietari – nella specie il Comune
e per esso il Sindaco – con ordinanze motivate e rese note al
pubblico mediante i prescritti segnali.
E la circostanza che mancasse una segnaletica sul luogo della contestazione,
che avesse evidenziato la esistenza di divieti di arresto o per fermata
dei veicoli, ha indotto il giudice di pace a ritenere insussistente
l’illecito contestato.
La decisione non merita le censure proposte.
L’assunto del ricorrente, secondo cui i fatti per cui è
causa debbono essere disciplinati da norme estranee al codice della
strada, non ha alcun pregio, a nulla giovando il riferimento contenuto
nella ordinanza sindacale al T.U. delle leggi comunali e provinciali
all’epoca in vigore e in considerazione che la competenza del
Sindaco, in forza della quale l’ordinanza era stata emessa, fosse
riferita da un lato alla orale e al pubblico decoro e dall’altro
alla sicurezza e all’ordine pubblico.
Il comune, pur non contestando ed anzi espressamente riconoscendo
che il fondamento della ordinanza fosse quello di sanzionare i comportamenti
di turbativa alla circolazione e alla sicurezza dei cittadini, afferma
che le finalità sottese alla ordinanza 232/98 sono estranee
a quelle specificamente contemplate dal codice della strada, giacché
erano state “l’attività di meretricio e di spaccio
di stupefacenti poste in essere lungo le strade del Comune, unitamente
al comportamento dei fruitori che si arrestino o si fermino per contrattare
e/o concludere accordi con i soggetti svolgenti le predette attività”
ad indurre l’autorità comunale ad intervenire nell’ambito
delle proprie competenze a tutela della sicurezza e della incolumità
dei cittadini.
L’argomento è però del tutto in conferente.
Quand’anche si ammettesse, infatti, che la reale finalità
fosse stata quella prospettata, ciò che rileva è lo
strumento adottato, che fu mutato dal codice della strada, non solo
perché a quelle disposizioni l’ordinanza fece espresso
riferimento, ma perché fu concepito per evitare “turbative
alla circolazione stradale mediante fermata o arresto anche temporaneo
del veicolo”; sicché, al di là del fine remoto
di creare difficoltà all’esercizio della prostituzione,
l’obiettivo formale del provvedimento fu di impedire, ai sensi
dell’articolo 158 c.s., soste e anche brevi fermate, che si fossero
rese necessarie per la trattativa del meretricio, tant’è
che la condotta posta a base della contestazione, ritenuta illecita
e portata a fondamento della ordinanza-ingiunzione fu di avere alla
guida del vicolo causato intralcio alla circolazione per concordare
le prestazioni sessuali e non invece quella di avere contrattato quelle
prestazioni, che avrebbe dovuto essere l’unica attività
censurata, una volta che ne fosse stata riconosciuta la sanzionabilità,
se scopo della ordinanza fosse stato, come il ricorrente assume, la
tutela della morale e del pubblico decoro.
Ciò posto, non rileva minimamente che la conoscenza di quel
provvedimento sia avvenuta con la pubblicazione nell’albo pretorio.
Se, infatti, il provvedimento era, come correttamente ha ritenuto
la sentenza impugnata, diretto a regolamentare la circolazione –
al di là delle finalità indirette di costituire in tal
modo un ostacolo all’esercizio della prostituzione – l’articolo
5 comma 3 c.s. imponeva che l’ente proprietario della strada,
cioè il Comune, quel divieto di sosta o fermata avesse reso
noto al pubblico “mediante i prescritti segnali”, che sono
quelli considerati da tale normativa (articoli 38 ss. C.s.) utili
ad assicurare una conoscenza effettiva e non meramente virtuale.
Né è dato comprendere quale rilievo possa avere il fatto
che non sia rinvenibile “un segnale tipicizzato nel codice della
strada che sia posto a tutela delle finalità sottese ed espresse
dai contenuti di cui all’ordinanza 232/98”; se, infatti,
non è alle finalità ulteriori ed estranee al divieto
di sosta che deve aversi riguardo, la segnaletica da impiegarsi era
semplicemente quella predetta e mancano ragioni perché il Sindaco
“inventasse segnali non tipicizzati”, come il ricorrente
deduce.
Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano in euro
250 di cui 50 per esborsi e 200 per onorari. [RIV-0105]