Il
reato di violenza privata, di cui all’art. 610 c.p., resta integrato
ogni volta che la condotta dell’agente sia idonea a produrre una coazione
personale del soggetto passivo, privandolo della libertà di
determinarsi e di agire in piena autonomia.
Sulla base del suddetto principio di diritto la Corte di Cassazione,
con la sentenza n. 24614 depositata il 4 luglio 2005, ha confermato
la condanna di un soggetto che aveva parcheggiato la propria autovettura
dietro quella della persona offesa bloccandola e, avendo opposto un
rifiuto all’invito di quest’ultimo di spostarla per potersi allontanare,
aveva perciò costretto la parte offesa ad un comportamento
non liberamente voluto.
(Altalex, 13 luglio 2005)
LA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE PENALE
SENTENZA
n.24614/2005
(Presidente: T. Gemelli; Relatore: G. Fabbri)
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Con sentenza
del 9-2-2004 la Corte di Appello di Roma, giudicando in sede di rinvio
dopo l’annullamento, da parte della Core di Cassazione, di una precedente
sentenza di assoluzione, condannava C.L. alla pena di giorni quindici
di reclusione per il reato di cui all’art.610 c.p.
La corte distrettuale, premesso che la Corte di Cassazione aveva stabilito
che il reato di cui all’art.610 c.p. resta integrato ogni volta che
la condotta dell’agente sia idonea a produrre una coazione personale
del soggetto passivo, privandolo della libertà di determinarsi
e di agire in piena autonomia, osservava che la condotta del C., consistita
nell’avere parcheggiato la propria autovettura dietro quella di C.M.
e nell’avere posto un rifiuto all’invito di quest’ultimo di spostarla
per potersi allontanare, aveva imposto una cauzione ad un comportamento
non liberamente voluto.
Avverso la predetta sentenza ricorre il C., tramite il suo difensore,
deducendo con il primo motivo il vizio di motivazione e con il secondo
la violazione di legge per l’incompleta applicazione del principio
di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione, sull’assunto che il
giudice del rinvio non ha rivalutato il merito e non ha spiegato perché
la condotta dell’agente ha integrato una coazione personale né
quale è stata la condotta alla quale la parte offesa è
stata costretta.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
Il ricorso
è manifestamente infondato e pertanto deve essere dichiarato
inammissibile, con le conseguenze indicate nel dispositivo non risultando
l’assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
Invero il provvedimento impugnato ha correttamente applicato il principio
di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione - in forza del quale
il reato ascritto doveva ritenersi integrato in base ad ogni condotta
idonea a costituire una coazione della parte offesa - ed ha scrupolosamente
individuato sia la condotta attiva, costituita dall’avere parcheggiato
la propria autovettura in modo da bloccare quella della parte offesa
e nel rifiuto dell’invito a spostarla, sia la coazione subita dal
C., costretto ad un comportamento non liberamente voluto (cioè
a restare fermo, come risulta dal capo di imputazione).
P.Q.M.
Dichiara
inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 500,00 alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 maggio 2005.
Depositata
in Cancelleria il 4 luglio 2005.