Nullità
della notifica ex 140 c.p.c. per mancato deposito dell’avviso di ricevimento
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Qualora
il ricorso per Cassazione sia stato notificato ai sensi dell’art.
140 cod. proc. civ., al fine del rispetto del termine d’impugnazione
è sufficiente che il ricorso stesso sia stato consegnato all’ufficiale
giudiziario entro il predetto termine, fermo restando che il consolidamento
di tale effetto anticipato per il notificante dipende dal perfezionamento
del procedimento notificatorio) nei confronti del destinatario, procedimento
che, nei casi disciplinati dall’art. 140 cod. proc. civ., prevede
il compimento degli adempimenti da tale norma stabiliti (deposito
della copia dell’atto nella casa del comune dove la notificazione
deve eseguirsi, affissione dell’avviso del deposito in busta chiusa
e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda
del destinatario, notizia del deposito al destinatario mediante raccomandata
con avviso di ricevimento). Nei casi
suddetti la notificazione nei confronti del destinatario dell’atto
si ha per eseguita con il compimento dell’ultimo degli adempimenti
prescritti (spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento).
Tuttavia, poiché tale adempimento persegue lo scopo di consentire
la verifica che l’atto sia pervenuto nella sfera di conoscibilità
del destinatario, l’avviso di ricevimento deve essere allegato all’atto
notificato e la sua mancanza provoca la nullità della notificazione,
che resta sanata dalla costituzione dell’intimato o dalla rinnovazione
della notifica ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civile. SUPREMA
CORTE DI CASSAZIONE CONSIDERATO L’8 novembre 1994 il 1^ Ufficio delle imposte dirette di Roma notificò al signor Gianni C., quale erede del padre Benvenuto, un avviso di mora concernente redditi del de cuius prodotti negli anni 1978 - 1979 ed assoggettati ad IRPEF e ad ILOR. Il C. propose ricorso alla Commissione tributaria di primo grado di Roma, adducendo di non essere tenuto a rispondere dell’obbligazione perchè aveva accettato l’eredità con beneficio d’inventario. Il ricorso fu accolto dalla Commissione tributaria adita e l’ufficio finanziario propose appello, affermando: a) che, ai sensi dell’art. 16, 3 comma, del D.P.R. n. 636 del 1973, l’avviso di mora non può essere impugnato qualora sia stato preceduto dalla notifica della cartella esattoriale; b) che, ai sensi dell’art. 53 del D.P.R. n. 602 del 1973, contro l’avviso di mora è ammesso soltanto ricorso all’Intendente di finanza, ora Direzione regionale delle entrate; c) che, comunque, l’accettazione dell’eredità col beneficio d’inventario non annulla la figura dell’erede ma produce soltanto l’effetto di distinguere il patrimonio del defunto da quello dell’erede stesso, ai sensi dell’art. 490 del codice civile. La Commissione tributaria regionale di Roma, con sentenza depositatail 29 gennaio 1998, respinse l’impugnazione considerando: 1) che l’onere di provare l’avvenuta notifica della cartella incombeva all’ufficio, sicchè in difetto di tale prova il ricorso alla Commissione tributaria era legittimo, non ricorrendo gli estremi per l’applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973; 2) che, quanto al disposto dell’art. 490 cod. civ., l’effetto del beneficio d’inventario consiste proprio nel mantenere distinto il patrimonio del defunto da quello dell’erede, per cui quest’ultimo non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni pervenuti; 3) che, in ordine all’eventuale decadenza dal beneficio (peraltro non eccepita dall’ufficio), in applicazione del principio dettato dall’art. 2697 cod. civ. chi intende far valere un credito contro un chiamato all’eredità del debitore, affermandolo erede di quello ope legis. ai sensi dell’art. 485 cod. civ., ha l’onere di provare il possesso di quell’eredità da parte del detto chiamato, mentre nella specie l’ufficio nulla aveva dedotto, onde la pronunzia impugnata doveva trovare conferma. Avverso la suddetta sentenza il Ministero delle finanze (oggi Ministero dell’economia e delle finanze) ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del C. in proprio e per i coeredi di Benvenuto C.. L’intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede. La quinta sezione civile di questa Corte, con ordinanza depositata il 24 giugno 2003, ha rilevato che la notificazione del ricorso era stata eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c., che non risultava depositato l’avviso di ricevimento della raccomandata inviata al contribuente il 15 marzo 1999 e che l’intimato non aveva svolto difese. Ha osservato, quindi, che si doveva stabilire se, in difetto dell’avviso di ricevimento, la notifica fosse da considerare inesistente, con conseguente inammissibilità dell’impugnazione (come affermato in alcune sentenza di questa Corte), oppure se, in adesione ad un diverso orientamento, dovesse ritenersi che, ai fini del perfezionamento della notifica avvenuta ai sensi dell’art. 140 c.p.c., fosse sufficiente l’espletamento delle tre formalità prescritte dalla citata norma, essendo irrilevante il momento dell’effettiva ricezione del plico raccomandato contenente l’avviso dell’avvenuto deposito e non necessaria l’allegazione dell’avviso di ricevimento all’originale dell’atto. L’ordinanza ha proseguito rimarcando che detta problematica - sia pure sotto il diverso profilo della compatibilità, con gli artt. 3 e 24 Cost., degli artt. 149 c.p.c. e 4, comma 3, della legge 20 novembre 1982 n. 890 - ha formato oggetto della pronunzia della Corte costituzionale n. 477 del 26 novembre 2002, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 149 c.p.c. e dell’art. 4, comma 3, della legge n. 890 del 1982, nella parte in cui era stabilito che la notificazione si perfezionasse, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anzichè a quella (antecedente) di consegna dell’atto medesimo all’ufficiale giudiziario. Ed ha aggiunto che, alla luce dei principi costituzionali richiamati in tale pronunzia, dei quali è stata sottolineata la portata generale, deve essere risolto il contrasto interpretativo manifestatosi nella giurisprudenza di questa Corte in ordine agli effetti da collegare alla mancata produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario da notizia del compimento delle formalità(ex art. 140 c.p.c.) al destinatario dell’atto, ravvisando quindi una questione di massima di particolare importanza, la cui definizione è necessaria per decidere la controversia de qua. Pertanto il ricorso è stato rimesso al Primo Presidente per eventuale assegnazione alle Sezioni unite. A tanto si è provveduto e la causa è stata rimessa all’odierna udienza di discussione, all’esito della quale la Corte: OSSERVA 1. Come emerge dalla relazione in calce al ricorso per Cassazione proposto dal Ministero delle finanze, tale ricorso (diretto ad impugnare la decisione della Commissione tributaria regionale di Roma depositata il 29 gennaio 1998) fu notificato al destinatario ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civile. Il deposito della copia dell’atto nella casa comunale risulta effettuato il 13 febbraio 1999, ma si tratta di un evidente errore materiale in quanto l’atto reca la data dell’11 marzo 1999, onde è impossibile che il detto adempimento abbia avuto luogo quasi un mese prima della formazione del ricorso, sicchè nella relata, dove si legge "13/2/99", deve leggersi in realtà "13/3/99", come si desume anche dalle annotazioni esistenti sulla prima pagina del ricorso stesso. Sempre dalla relazione di notifica, poi, si trae l’eseguita affissione dell’avviso del deposito e la spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento prevista dall’ultima parte del citato art. 140 (spedizione avvenuta il 15 marzo 1999). Detto avviso, però, non si trova allegato al ricorso, nè risulta comunque prodotto, mentre l’intimato (come sopra si è detto) non ha svolto in questa sede attività difensiva. 2. Muovendo da tali rilievi (e richiamando la sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2002) l’ordinanza della quinta sezione civile di questa Corte ha ravvisato un contrasto di giurisprudenza, ecomunque una questione di massima di particolare importanza, in ordine agli effetti collegabili alla mancata produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario da notizia al destinatario della notificazione, eseguita con le modalità di cui al citato art. 140. Più esattamente, la questione rimessa all’esame delle sezioni unite può essere riassunta nei seguenti termini, se, in caso di notifica del ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ. eseguita con il compimento delle formalità prescritte (deposito della copia dell’atto nella casa comunale, affissione dell’avviso di deposito - ora in busta chiusa e sigillata: art. 174 d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196 - alla porta dell’abitazione o dell’ufficio odell’azienda del destinatario, spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento), la mancata allegazione di tale avviso determini l’inesistenza o la nullità della notificazione; e se sulla risposta a tale quesito influisca la sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2002, la quale ha anticipato per il notificante il perfezionamento della notificazione, eseguita col mezzo della posta, alla data di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, facendo salvo per il destinatario il perfezionamento della notifica alla data della ricezione dell’atto stesso. 3. Il contrasto di giurisprudenza segnalato dall’ordinanza di rimessione in effetti non è ravvisabile, perchè i due orientamenti ipotizzati in conflitto riguardano due modalità diverse di notificazione: il primo orientamento (cui si riferiscono le sentenze, richiamate nella suddetta ordinanza, n. 8403 del 1999, n. 965 del 1999, n. 6599 del 1995, n. 2419 del 1995, n. 338 del 1995) concernele notificazioni degli atti eseguite mediante il servizio postale ( art. 149 cod. proc. civ. e legge 20 novembre 1982, n. 890); il secondo (cui si riferiscono le sentenze n. 4307 del 1999, n. 6060 del 1997, n. 6187 del 1994, n. 5825/SU del 1981 e Corte cost. 28 novembre 1986, n. 250) attiene alle notificazioni effettuate ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civile. Il primo tipo di procedimento notificatorio vede come centrale, nella sua struttura complessiva, l’attività affidata all’agente postale, mentre nel secondo la notificazione è eseguita direttamente dall’ufficiale giudiziario e si perfeziona con la spedizione (ad opera dello stesso ufficiale giudiziario) della raccomandata con avviso di ricevimento. La diversità esistente tra i due procedimenti (e, in particolare, lacircostanza che, nella notifica a mezzo posta, l’avviso di ricevimento costituisce prova dell’eseguita notificazione) giustifica i differenti approdi ermeneutici cui la giurisprudenza era pervenuta (salvi gli effetti dei recenti interventi della Corte costituzionale), sicchè non può ravvisarsi in proposito alcun contrasto. Il caso in esame riguarda la notifica di un ricorso eseguita ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civile. In ordine a tale norma, ed all’interpretazione finora data ad essa dalla giurisprudenza, ad avviso del collegio una nuova riflessione si rende necessaria, nel quadro delle considerazioni che seguono. 4. Da lungo tempo nella giurisprudenza di questa Corte è stato affermato il principio secondo cui la notificazione, eseguita ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., si perfeziona - dopo il deposito dell’atto nella casa comunale (costituente il momento essenziale di o quello specifico procedimento notificatorio) e l’affissione dell’avviso del deposito alla porta dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda del destinatario - con la spedizione a quest’ultimo della raccomandata con avviso di ricevimento, senza che assumano rilevanza, ai fini del perfezionamento della notifica, nè la consegna della raccomandata al destinatario nè l’allegazione dell’avviso di ricevimento all’originale dell’atto notificato (ex multis e tra le più recenti: Cass., 20 febbraio 2004, n. 3389; 20 novembre 2000, n. 14986; 29 aprile 1999, n. 4307; 5 luglio 1997 n. 6060). Sul punto questa Corte ebbe a pronunziarsi anche a sezioni unite (sentenza 5 novembre 1981, n. 5825, seguita anche da altre pronunzie), ribadendo il principio che la notificazione effettuata aisensi dell’art. 140 cod. proc. civ. si perfeziona, dopo il deposito della copia dell’atto nella casa comunale e l’affissione dell’avviso alla porta dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda del destinatario, con la spedizione a quest’ultimo di raccomandata con avviso di ricevimento, contenente notizia del detto deposito, mentre resta a tal fine irrilevante l’effettiva consegna della raccomandata al destinatario, ovvero l’allegazione dell’avviso di ricevimento sottoscritto dallo stesso o da altra persona legittimata (principio ritenuto conforme agli artt. 3 e 24 della Costituzione, sul presupposto che le menzionate formalità fossero idonee a porre l’atto nella sfera di conoscibilità del destinatario, senza a alcun pregiudizio per il suo diritto di difesa e per il principio di uguaglianza). Anche la Corte delle leggi si è collocata nella stessa prospettiva (Corte cost., sentenza n. 213 del 1975, ordinanza n. 76 del 1976, sentenza n. 250 del 1986, e, sia pure incidenter tantum. ordinanza n. 97 del 2004, in motivazione). 5. Peraltro la stessa Corte costituzionale, con sentenza n. 477 del 26 novembre 2002, relativa alle notificazioni degli atti a mezzo posta e alle comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziali, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 149 cod. proc. civ. e dell’art. 4, comma terzo, della legge 20 novembre 1982, n. 90, nella parte in cui prevede che la notificazione si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anzichè a quella, antecedente, di consegna dell’attoall’ufficiale giudiziario. La Corte delle leggi, dopo aver posto in luce che, in forza degli artt. 3 e 24 Cost., le garanzie di conoscibilità dell’atto, da parte del destinatario, devono coordinarsi con l’interesse del notificante a non vedersi addebitato l’esito intempestivo di un procedimento notificatorio parzialmente sottratto ai suoi poteri d’impulso (principio di portata generale), ha affermato che gli effetti della notificazione a mezzo posta devono essere ricollegati - per quanto riguarda il notificante - al solo compimento delle formalità a lui direttamente imposte dalla legge, ossia alla consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario (essendo la successiva attività di quest’ultimo e dei suoi ausiliari, come l’agente postale, sottratta in toto al controllo e alla sfera di disponibilità del medesimo notificante), fermo restando per il destinatario il principio del perfezionamento della notificazione soltanto alla data di ricezione dell’atto, attestata dall’avviso di ricevimento, con la conseguente decorrenza da quella stessa data di qualsiasi termine imposto al destinatario medesimo. Con successiva pronuncia (n. 28 del 2004) la Corte costituzionale ha affermato che - per effetto della citata sentenza n. 477 del 2002 - "risulta ormai presente nell’ordinamento processuale civile, tra le norme generali sulle notificazioni degli atti, principio secondo il quale - relativamente alla funzione che sul piano processuale cioè come atto della sequenza del processo, la notificazione è destinata a svolgere per il notificante - il momento in cui la notifica si deve considerare perfezionata per il medesimo deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario". Per conseguenza, alla luce di tale principio le norme in tema di notificazioni di atti processuali - compreso l’art. 140 cod. proc. civ. (ord. n. 97 del 12 marzo 2004, cit.) - vanno interpretate, senza necessità di ulteriori interventi da parte del giudice delle leggi, nel senso che la notificazione si perfezione nei confronti del notificante, al momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario. 6. Ne deriva che l’orientamento di questa Corte, sopra richiamato, non può più trovare conferma nella parte in cui affermava che la notifica eseguita ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ. si perfezionava, dopo il deposito della copia dell’atto e l’affissione dell’avviso relativo al deposito stesso, con la spedizione ai destinatario della raccomandala con avviso di ricevimento. A seguito delle menzionate pronunzie della Corte costituzionale il principio è che, anche per le notificazioni eseguite ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., al fine del rispetto di un termine pendente a carico del notificante (nella specie, termine d’impugnazione con ricorso per Cassazione) è sufficiente che l’atto, notificato con il rito di cui alla citata norma, sia stato consegnato all’ufficiale giudiziario entro il predetto termine, mentre le formalità previste dal detto art. 140 possono essere eseguite anche in un momento successivo (in tali sensi, peraltro, questa Corte si è già espressa: Cass., 4 maggio 2004, n. 8447). Il consolidamento di tale effetto - che può definirsi provvisorio o anticipato - a vantaggio del notificante dipende comunque dal perfezionamento del procedimento notificatorio nei confronti del destinatario, perfezionamento che resta ancorato al momento in cui l’atto è ricevuto dal destinatario o perviene nella sua sfera di conoscibilità. In questo quadro si può aggiungere (per completezza d’indagine) che l’effetto anticipato a vantaggio del notificante riguarda il termine pendente al momento in cui l’atto è consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica. Tale effetto, invero, è correlato all’esigenza di tutelare, nell’ambito applicativo degli artt. 3 e 24 della Costituzione, il diritto di difesa del notificante, anche sotto il profilo del principio di ragionevolezza, nonchè l’interesse del medesimo notificante a non vedersi addebitato l’esito intempestivo di un procedimento notificatorio parzialmente sottratto ai suoi poteri d’impulso (v. Corte cost., sentenze n. 477 del 2002 e, prima ancora, n. 69 del 1994). Ragioni analoghe, invece, non sussistono quando il momento in cui la notifica si perfeziona sia rilevante non per l’osservanza di un termine pendente nei confronti del notificante, bensì per stabilire il dies a quo relativo alla decorrenza di un termine successivo del processo (o del grado o della fase processuale). In tali casi (e, più in generale, a fini diversi dall’osservanza di un termine pendente) il dies a quo prende a decorrere dal momento in cui il procedimento notificatorio si perfeziona anche per il destinatario dell’atto. Così sembra orientata anche la Corte delle leggi, secondo la quale, poichè la notificazione si perfeziona per il notificante con la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, da quel momento possono essere compiute dal medesimo notificante le attività che presuppongono la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, ferma restando, in ogni caso, la decorrenza del termine finale dalla consegna al destinatario (cfr. Corte cost., 2 aprile 2004, n. 107). In altre parole, dal momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario il notificante può compiere le attività che presuppongono la notificazione dell’atto stesso, ma la scadenza del termine finale per il compimento di queste attività si continua a calcolare a far tempo dal perfezionamento della notificazione nei confronti del destinatario. Ne segue che il termine di venti giorni per il deposito del ricorso per Cassazione (termine stabilito a pena d’improcedibilità e decorrente, ai sensi dell’art. 369, primo comma, cod. proc. civ., dall’ultima notificazione alle parti contro le quali il ricorso stesso è proposto) continua ad avere come dies a quo quello della notificazione perfezionata nei confronti del destinatario (o dei destinatari) dell’atto. 7. Si deve ora verificare se, ed eventualmente con quali integrazioni, l’orientamento seguito da questa Corte circa il momento perfezionativo del procedimento notificatorio disciplinato dall’art. 140 cod. proc. civ., nei confronti del destinatario della notificazione, debba trovare conferma. E tale indagine richiede alcune considerazioni preliminari. L’intero sistema delle notificazioni, nella diversità di procedimenti in cui si articola, si fonda su ragionevoli presunzioni di conoscenza dell’atto da parte del soggetto al quale la notifica è rivolta, non essendo esigibile che quest’ultimo ne abbia sempre una conoscenza concreta (realizzabile soltanto nell’ipotesi di notificazione in mani proprie: art. 138 cod. proc. civ.), perchè il perseguimento di un tale risultato finirebbe per rendere troppo difficile l’esercizio del diritto costituzionale di agire in giudizio e si porrebbe, quindi, incontrasto con l’art. 24, primo comma, della Costituzione. Ma anche il diritto di resistere ad una pretesa è espressione di una situazione giuridica costituzionalmente tutelata, in quanto costituente esercizio del diritto di difesa ( art. 24, comma secondo, Cost.), che postula un’effettiva instaurazione del contraddittorio, indispensabile per garantire il giusto processo (art. 111, primo e secondo comma, Cost.). Pertanto, in un equo bilanciamento delle posizioni del notificante e del destinatario della notificazione, un’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa al riguardo impone che le garanzie di conoscibilità dell’atto da parte del destinatario medesimo siano ispirate ad un criterio di effettività, come effettiva (e non soltanto formale) deve essere la tutela del contraddittorio. E ciò vuoi dire che devono essere valorizzati tutti gli elementi idonei a perseguire il detto criterio di effettività. Ciò posto, e venendo all’esame dell’art. 140 cod. proc. civ., si osserva che nel procedimento disciplinato da detta norma la consegna della copia conforme dell’atto - rivelatasi impossibile nella residenza, nella dimora o nel domicilio del destinatario (localizzati nella casa di abitazione di quest’ultimo, o nel luogo in cui egli ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio: così Cass., s. u., 5 novembre 1981, n. 5825), per irreperibilità, incapacità o rifiuto delle persone indicate nell’art. 139 - viene eseguita dall’ufficiale giudiziario mediante deposito nella casa del comune in cui la notificazione deve avere luogo. Tale deposito, pur costituendo formalità essenziale del procedimento de quo. non è idoneo da solo a porre la copia dell’atto nella sfera di conoscibilità del destinatario, che non ha modo di essere informato del detto adempimento. Perciò la norma stabilisce una prima formalità integrativa, costituita dall’affissione - alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario - ad opera dell’ufficiale giudiziario di un avviso dell’avvenuto deposito, contenente gli elementi di cui all’art. 48 disp. att. cod. proc. civile. Ma anche questo secondo adempimento non è ritenuto dalla legge sufficiente, stante la sua precarietà che può tradursi nella sottrazione o, comunque, nella dispersione dell’avviso. Pertanto la norma richiede una formalità ulteriore e cioè la "notizia" (dell’avvenuto deposito) che l’ufficiale giudiziario deve dare al destinatario mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Il dettato della norma realmente impone di ritenere che, con il compimento del terzo adempimento (e quindi con la spedizione della raccomandata), la notificazione debba considerarsi perfezionata nei confronti del destinatario dell’atto. E ciò non soltanto perchè in tal senso orientano il tenore testuale della disposizione e la struttura del procedimento in essa contemplato ma anche perchè, essendo essa diretta a disciplinare un effetto legale tipico (di conoscibilità), sul piano logico è ragionevole ritenere che il legislatore abbia inteso ancorare tale effetto ad una data certa qua è quella derivante dalla spedizione della raccomandata stessa. Da questo risultato ermeneutico, tuttavia, ad avviso del collegio non può desumersi - come, invece, l’orientamento fin qui seguito ha affermato - che l’allegazione dell’avviso di ricevimento all’originale dell’atto sia adempimento privo di rilevanza. In primo luogo, se il legislatore avesse considerato ravviso di ricevimento privo di rilevanza, non avrebbe richiesto che la raccomandata di cui all’art. 140 cod. proc. civ. ne fosse corredata. E non a caso, quando la legge, in base ad una scelta operata nell’ambito della discrezionalità legislativa, ha ritenuto sufficiente che la notizia di una avvenuta notificazione fosse data a mezzo di raccomandata semplice, ha disposto in tal senso (v. art. 139, comma terzo, cod. proc. civ., in caso di consegna della copia a mani del portiere o del vicino di casa, che è formalità ben più affidabile dell’affissione di un avviso alla porta, onde si spiega il minor rigore della modalità di trasmissione della "notizia"). Non giova addurre che, nel caso di notificazione a mezzo del servizio postale, l’allegazione all’originale dell’avviso di ricevimento è espressamente prevista(art. 149, comma secondo, ult. parte, cod. proc. civ. e art. 5, primo comma, legge n. 890 del 1982). In tali casi, invero, il detto avviso costituisce prova dell’eseguita notificazione (nei confronti del destinatario dell’atto, dopo Corte cost., n. 477 del 2002), dunque è parte integrante della relazione di notifica e perciò ben si spiega l’espressa previsione normativa. Nel procedimento disciplinato dall’art. 140, invece, la notificazione si compie con la spedizione della raccomandata, che come atto della sequenza del processo perfeziona l’effetto di conoscibilità legale nei confronti del destinatario. Tuttavia, non diversamente da quanto avviene per il perfezionamento della notificazione nei confronti del notificante, anche per il destinatario si tratta di un effetto provvisorio o anticipato, destinato a consolidarsi con l’allegazione,all’originale dell’atto, dell’avviso di ricevimento le cui risultanze possono confermare o smentire che la notifica abbia raggiunto lo scopo cui era destinata. Al riguardo occorre considerare che la notificazione eseguita ai sensi dell’art. 140 ora citato postula che sia stato esattamente individuato il luogo di residenza, dimora o domicilio del destinatario stesso e che la copia da notificare non sia stata consegnata per difficoltà di ordine materiale, quali la momentanea assenza, l’incapacità o il rifiuto delle persone indicate nell’art. 139 del codice di rito (così Cass., 16 luglio 2004, n. 13183). Dall’avviso di ricevimento, e dalle annotazioni che l’agente postale appone su di esso quando lo restituisce al mittente, può emergere che la raccomandata non è stata consegnata perchè il destinatario risulta trasferito (è il caso preso in esame dalla sentenza ora richiamata) oppure deceduto o, ancora, per altre ragioni le quali comunque rivelano che l’atto in realtà non è pervenutonella sfera di conoscibilità dell’interessato e che, dunque, l’effetto legale tipico, a tale evento ancorato, non si è prodotto. In tali ipotesi sembra palese che la notifica debba essere considerata nulla (non inesistente, a meno che l’atto non sia stato indirizzato verso un luogo privo di qualsiasi collegamento con il destinatario) e che, quindi, debba essere rinnovata ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civile. Infatti, le suddette risultanze rendono quanto meno incerto, e possono addirittura escludere, che il luogo in cui l’ufficiale giudiziario ha svolto l’attività prevista dall’art. 140 cod. proc. civ. sia quello di effettiva ed attuale residenza, dimora o domicilio del destinatario, con i conseguenti riflessi sulla validità della notifica effettuata. Si tratta,dunque, di una verifica necessaria, postulata del resto dalla stessa previsione normativa nel momento in cui richiede che la spedizione della raccomandata abbia luogo con avviso di ricevimento. Ne consegue che quest’ultimo deve essere allegato all’originale dell’atto e che la sua mancanza, rendendo impossibile il suddetto controllo, determina la nullità della notificazione, peraltro sanabile con la costituzione dell’intimato oppure con la rinnovazione della notifica stessa ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civile. 8. Conclusivamente, devono essere affermati i seguenti principi di diritto: "Qualora il ricorso per Cassazione sia stato notificato ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., al fine del rispetto del termine d’impugnazione è sufficiente che il ricorso stesso sia stato consegnato all’ufficiale giudiziario entro il predetto termine, fermo restando che il consolidamento di tale effetto anticipato per il notificante dipende dal perfezionamento del procedimento notificatorio) nei confronti del destinatario, procedimento che, nei casi disciplinati dall’art. 140 cod. proc. civ., prevede il compimento degli adempimenti da tale norma stabiliti (deposito della copia dell’atto nella casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi, affissione dell’avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario, notizia del deposito al destinatario mediante raccomandata con avviso di ricevimento). Nei casi di cui sopra, il termine per il deposito del ricorso, stabilito a pena d’improcedibilità dall’art. 369, primo comma, cod.proc. civ., decorre dal perfezionamento della notifica per il destinatario. Nei casi suddetti la notificazione nei confronti del destinatario dell’atto si ha per eseguita con il compimento dell’ultimo degli adempimenti prescritti (spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento). Tuttavia, poichè tale adempimento persegue lo scopo di consentire la verifica che l’atto sia pervenuto nella sfera di conoscibilità del destinatario, l’avviso di ricevimento deve essere allegato all’atto notificato e la sua mancanza provoca la nullità della notificazione, che resta sanata dalla costituzione dell’intimato o dalla rinnovazione della notifica ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civile". Nel caso in esame, pur risultando compiute le formalità di cui al citato art. 140, l’avviso di ricevimento del plico raccomandato (inviato al contribuente il 15 marzo 1999) non si trova allegato alricorso nè si rinviene negli atti, mentre l’intimato non ha svolto difese in questa sede. Pertanto deve essere disposta la nuova notifica del ricorso per Cassazione all’intimato, nei sensi di cui al dispositivo. P.Q.M. La Corte ordina la nuova notificazione del ricorso per Cassazione all’intimato, entro il termine di giorni sessanta dalla comunicazione della presente ordinanza, e rinvia la causa a nuovo ruolo. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 21 ottobre 2004. Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2005. |
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