Il
danneggiato ha un diritto costituzionalmente garantito di farsi assistere
da un legale di fiducia per ottenere il risarcimento, l’onorario
di quest’ultimo è dovuto dall’assicuratore indipendentemente
dalla proposizione di una domanda giudiziale, e indipendentemente
dall’inutile decorso del termine di sessanta giorni; la negazione
di un tale diritto equivarrebbe a violazione del diritto di difesa
della parte lesa, e la regolarità del contraddittorio deve
essere osservata anche nella fase stragiudiziale, visto che il danneggiato
assume l’indiscussa veste di parte debole, mentre le società
assicuratrici, oltre che economicamente più forti, sono tecnicamente
organizzate ed attrezzate.
Lo ha stabilito la terza sezione civile della Cassazione con Sentenza
n. 11606 del 31 maggio 2005, rigettando il ricorso proposto da un
istituto assicuratore il quale non riteneva di dover pagare gli onorari
stragiudiziali di un professionista intervenuto per conto di un danneggiato
da sinistro stradale. La società assicuratrice sosteneva che
le spese di assistenza stragiudiziale erano dovute solo dopo il decorso
di sessanta giorni dall’invio di una raccomandata con la quale
l’avvocato aveva richiesto il risarcimento a nome della vittima.
La sentenza, senza dubbio, costituisce una questione di grande interesse
per le compagnie di assicurazioni e per gli assicurati (danneggiati),
anche se fino ad oggi la giurisprudenza ha taciuto sull’argomento
e solo presagente ed illuminata dottrina ne ha considerato l’importanza
sociale ed economica.
(Altalex, 22 giugno 2005. Nota a cura della Dott.ssa Angela Incagnoli)
SUPREMA
CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
SENTENZA 31 maggio 2005 n. 11606
(Pres. Giuliano - Rel. Malzone)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con
citazione 17.07.01 XX, deducendo che, a seguito del sinistro stradale
verificatosi tra l’auto di sua proprietà e quella di XX,
assicurata con la XX, avvenuto in Roma in data 02.03.01 e consistito
nel tamponamento a tergo della sua autovettura ad opera di quella
del XX la XX gli aveva erogato, a titolo risarcitorio, la somma di
£. 1.736.000, non comprensiva degli interessi e della svalutazione,
omettendo di corrispondergli gli onorari stabiliti per legge all’avvocato
cui aveva affidato la relativa pratica, conveniva in giudizio costoro,
avanti il giudice di pace di Roma, per ivi sentirli condannare al
pagamento delle residue spettanze.
I convenuti, costituitisi, contestavano l’avversa pretesa, eccependo,
con esclusione della questione relativa alle spese legali, l’intervenuta
transazione sulle ulteriori avverse pretese.
In particolare contestavano che fosse dovuto il pagamento delle spese
legali extraprocessuali, sostenendo che la fattispecie originaria
della procedura per il risarcimento del danno prevista dall’art.
22 legge 990/69 aveva subito modificazioni con l’introduzione
della disposizione di cui all’art. 5 della legge 5 marzo 2001
n. 57, che, spostando la decorrenza del termine dilatorio dei 60 giorni
dalla richiesta generica di risarcimento a quello della comunicazione
all’assicuratore del giorno, dell’ora e del luogo disponibili
per l’ispezione del veicolo danneggiato, mirava a concedere all’assicuratore
uno spatium deliberandi, per procedere al bonario ristoro del danno,
al precipuo fine evitargli ulteriori costi, quali, appunto, derivanti
dall’esercizio dell’azione giudiziaria per il risarcimento
del danno.
Il giudice adito, con sentenza n. 11596/02, depositata il 05.04.02,
in parziale accoglimento della domanda, condannava i convenuti a corrispondere
all’attore la somma di euro 300,00 quale rimborso delle spese
legali extragiudiziali con interessi legali dalla sentenza al soddisfo,
ritenendo le altre pretese coperte dall’accordo transattivo;
compensava tra le parti le spese del giudizio.
Per la cassazione della decisione ricorre la XX esponendo due motivi,
cui resiste con controricorso il XX.
Entrambe le parti costituite hanno presentato memoria.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
Con il
primo motivo di ricorso, deducendo violazione e falsa applicazione
della legge processuale di cui al disposto dell’art. 22 legge
990/69 e degli artt. 90 e 91 Cod. proc. civ., nonché omessa
motivazione su un punto decisivo della controversia, si contesta la
legittimità dell’avvenuta liquidazione delle spese sostenute
dalla parte per l’assistenza legale nella fase stragiudiziale
e si sostiene che le indicate norme limitano la ripetibilità
a carico della parte soccombente alle sole spese determinate dal processo:
Dal tenore delle menzionate norme doveva discendere il principio della
non risarcibilità automatica delle anzidette spese stragiudiziali,
e ciò perché essendo l’intervento di un legale
necessario per legge solo nella fase processuale, giusto quanto disposto
dagli artt. 83 e segg. Cod. proc. civ., solo per tale fase il legislatore
aveva individuato una giustificazione al rimborso della relativa spesa
in favore della parte vittoriosa, essendo stata la stessa determinata
da un obbligo di legge e non da una mera facoltà come quella
del soggetto che scelga di rivolgersi ad un legale per una qualsiasi
assistenza stragiudiziale.
Tale principio trova anche esplicita conferma del comma 2 dell’art.
1227 Cod. civ. (come richiamato dal1’art. 2056 Cod. civ.) che,
nel disciplinare in via generale il concorso causale del creditore
nella determinazione del danno, testualmente dispone che il risarcimento
non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare
usando l’ordinaria diligenza.
Per tutti i ricordati risvolti tale aspetto della vertenza, ad avviso
del ricorrente, sarebbe stato del tutto ignorato dal giudice di pace,
che, nell’accogliere l’avversa pretesa, sia pure limitatamente
alle spese legali, non avrebbe minimamente motivato in ordine alla
questione se e per quale ragione le spese legali dovevano essere riconosciute
al danneggiato.
Il motivo è infondato.
Ed invero, la critica a tale punto della decisione poggia sul convincimento
che il cittadino possa conseguire la tutela giurisdizionale sempre
nello stesso modo e con i medesimi effetti, e non considera che nulla
vieta che il legislatore, per varie ragioni di ordine pubblico, possa
subordinare l’esercizio dei diritti a controlli o condizioni,
che non sono affatto estranei al processo, ma mirano a delimitarne
il thema decidendum in contraddittorio fra le parti (Corte cost. 20.04.77
n. 63).
Tuttavia, nel prevedere le eccezioni alla regola generale, il legislatore
deve rispettare il fondamentale principio di uguaglianza delle parti
e il correlativo diritto di difesa, garantito dall’art. 24, comma
secondo, della Costituzione, rispetto al quale il contraddittorio
fra le parti si pone quale suo indispensabile presupposto.
È ciò che accade nel procedimento per il risarcimento
del danno dovuto alla circolazione stradale.
Esso inizia con la spedizione della lettera raccomandata inviata dal
danneggiato all’assicuratore dell’auto del presunto danneggiante,
al fine di consentire ,fra le parti una, prima verifica delle rispettive
pretese e, quindi, di conseguire 1’eventuale composizione bonaria
della vertenza.
Non è dubbio che l’attuale sistema legislativo in materia
di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile
da circolazione stradale,composto di vari interventi legislativi susseguitisi
nel tempo, non è di agevole conoscenza da parte degli utenti
e che non tutti hanno il tempo disponibile per l’adempimento
delle relative formalità.
Tale rilievo, evidenziato dalla difesa del controricorrente, vale,
però, a far riconoscere le spese stragiudiziali come conseguenza
del fatto lesivo, ma non sposta il tema della decisione, che è
quello di stabilire se il danneggiato ha diritto di farsi assistere
da un legale anche nella fase pregiudiziale e di ottenere, quindi,
il rimborso del relativo compenso ovvero, nel caso contrario, se la
negazione di tale diritto venga a costituire una violazione del diritto
di difesa del danneggiato.
Vale allora considerare che l’intervento di un professionista,
sia esso un legale o un perito di fiducia, così come previsto
dall’art. 5 ultimo comma legge 5 marzo 2001 n. 57 e come affermato
nel regime precedente dalla Corte di cassazione (Cass. civ. 12.10.98
n. 11090, in Giust. civ., 1999, I, 422) è necessario non solo
per dirimere eventuali divergenze su punti della controversia,quanto
per garantire già in questa prima fase la ove si osservi che
l’istituto assicuratore non solo è economicamente più
forte,ma anche tecnicamente organizzato e professionalmente attrezzato
per affrontare tutte le problematiche in materia di risarcimento del
danno da circolazione stradale,, attesa la complessità e molteplicità
dei principi regolatori della materia.
Va, quindi, affermato il principio che nella speciale procedura per
il risarcimento del danno da circolazione stradale, introdotta con
legge n. 990 del 1969 e sue successive modificazioni, il danneggiato
ha diritto, in ragione del suo diritto di difesa, costituzionalmente
garantito di farsi assistere da un legale di fiducia e, in ipotesi
di composizione bonaria della vertenza, ad ottenere il rimborso delle
relative spese legali.
Inammissibile è il secondo motivo di ricorso con cui si contesta
sotto il profilo motivazionale e la violazione di legge l’eccessività
della somma liquidata per le spese legali del procedimento ex art.
22 della menzionata legge, in quanto risulta dalla sentenza impugnata
che il giudice di pace ha dato contezza della sua decisione e, a un
tempo, la contestazione del quantum debeatur, a tale titolo, non è
suscettibile di esame in sede di legittimità della decisione
presa nel giudizio di equità necessario, in quanto le asserite
violazioni delle tariffe professionali degli avvocati costituiscono
norme di carattere sostanziale (Cass. civ. n. 1185/2003; n. 10363/2000).
Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente
alla rifusione delle spese del presente giudizio.