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Corte di Cassazione 08/06/2005

Giurisprudenza di legittimità - Patente – Revoca e sospensione – Sospensione – Natura di sanzione amministrativa accessoria – Sospensione conseguente a reato di guida in stato di ebbrezza – Conseguenze – Irrogazione a conducente di ciclomotore – Legittimità – Esclusione.

Cassazione Civile, Sez. I, 14 maggio 2004, n. 9182

Cassazione Civile,
Sez. I, 14 maggio 2004, n. 9182
Patente – Revoca e sospensione – Sospensione – Natura di sanzione amministrativa accessoria – Sospensione conseguente a reato di guida in stato di ebbrezza – Conseguenze – Irrogazione a conducente di ciclomotore – Legittimità – Esclusione.

La sospensione della patente conseguente al reato di guida in stato di ebbrezza è espressamente qualificata dal legislatore come sanzione amministrativa accessoria (art. 186 c.s.) e non può, conseguentemente, essere legittimamente irrogata al conducente (pur sorpreso in stato di ebbrezza) di un ciclomotore per la guida del quale non sia necessaria la patente (Nuovo c.s., art. 205; nuovo c.s., art. 223; L. 24 novembre 1981, n. 689)


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. – Con provvedimento del 4 luglio 1999 il Commissario del Governo per la Provincia di Trento procedeva, ai sensi dell’art. 186 c.d.s. approv. Con D.L.vo 285/92, a sospendere la patente di guida a C.G. che era stato colto a guidare il suo ciclomotore in stato di ebbrezza alcolica.
L’adito Tribunale di Rovereto accoglieva il ricorso del C. ed annullava la sanzione accessoria adottata sull’assunto, confortato da pronunzia del S.C. per il quale la sanzione de qua discendeva dall’abuso – per assunzione di alcool – nell’esercizio dell’autorizzazione amministrativa alla guida e non poteva accedere all’ipotesi in cui per la guida (del ciclomotore) non fosse stata richiesta dalla norma alcuna autorizzazione.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il Commissariato del Governo notificando l’atto il 21 novembre 2000. L’intimato non ha svolto difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE. – Ad avviso del ricorrente Commissario, poiché gli artt. 97 e 115 del c.d.s. impongono svariate prescrizioni per il legittimo esercizio della guida del ciclomotore (la detenzione del certificato di idoneità tecnica rilasciato dalla D.G. della M.C.T.C., l’età minima di anni quattordici, l’uso obbligatorio del casco di protezione), non avrebbe dovuto il tribunale richiamare, a sostegno della sua errata decisione, il precedente di legittimità afferente un caso di guida di bicicletta, nel mentre avrebbe dovuto rilevare come la norma aveva di mira la tutela della sicurezza degli utenti della strada, sicuramente pregiudicata dalla guida, nella condizione di ebbrezza alcolica, di un ciclomotore. La prospettazione del ricorrente – certamente dettata da condivisibili esigenze sostanziali - va respinta perché priva di alcuna base normativa. Come esattamente affermato dal Giudice del merito, sulla scorta della pronunzia 202/97 della 4 sezione penale di questa Corte, l’art. 186 c.d.s. espressamente qualifica la sanzione de qua come sanzione accessoria (cfr. Cass. 1 sez. civ. n. 5036/99), una misura, cioè, che accede ad altra sanzione (nella specie quella penale prevista nello stesso comma per la guida di veicolo "in stato di ebbrezza") incidendo sull’utilizzazione del titolo abilitativo del quale l’autore del reato (o dell’infrazione) abbia con il suo contegno abusato. E se la ratio della norma , e correlativamente la condizione per affermare la sua ragionevolezza, sta proprio nell’intento di colpire siffatto abuso (con una sanzione che è affittiva ed "educativa" allo stesso tempo), non si vede come potrebbesi scorgere il predetto nesso le volte in cui il veicolo guidato in stato di ebbrezza non richieda alcuna patente di guida (a ben diverse esigenze rispondendo le prescrizioni sul certificato di conformità o sul casco da indossare obbligatoriamente) e ben possa essere condotto da persona, anche maggiorenne, che di quel titolo sia affatto privo (e che, pertanto, se colto in stato di ebbrezza alla guida di quel ciclomotore non sarebbe certamente, quanto irragionevolmente, sottoposto alla sanzione de qua). Ma poiché a siffatta interpretazione irrazionale nulla obbliga a pervenire (e spettando al legislatore adottare, per l’ipotesi in discorso, altre, diverse e pertinenti sanzioni accessorie), non resta che respingere il ricorso (non provvedendo sulle spese in assenza di difese dell’intimato). [RIV-1104].



Mercoledì, 08 Giugno 2005
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