(Giuseppe
Buffone) :
Con la pronuncia in esame, la Suprema Corte ritorna sul tema della responsabilità
civile della Pubblica Amministrazione ai sensi dell’art. 2051 c.c. ,
ovvero per danno cagionato da cose in custodia, vexata quaestio oggetto
di aperto contrasto giurisprudenziale.
L’applicazione dell’art. 2051 c.c. , sul piano pratico processuale,
ha il vantaggio per il danneggiato di far operare ex lege una presunzione
di colpa a carico del custode, esonerando l’attore dal dover provare
l’elemento soggettivo, (richiesto dall’art. 2043 c.c.), ed ammettendo,
quale prova liberatoria, solo la dimostrazione in giudizio del fortuito,
(art. 2051 c.c. , ipotesi di responsabilità indiretta oggettiva
per alcuni autori, di colpa presunta, per altro indirizzo).
In tema di responsabilità civile derivante da lamentata cattiva
manutenzione delle strade, l’inapplicabilità della presunzione
ex art. 2051 c.c. , comporta l’applicazione dell’art. 2043 c.c. cui
consegue l’onere di dover provare la presenza della cd. "insidia",
figura giurisprudenziale sintomatica della colpa dell’ente pubblico,
ed onere, spesso, eccessivo e sproporzionato sul piano processuale oltre
che non ispirato al cd. principio della "vicinanza della prova".
Nell’occasione, il Collegio aderisce all’indirizzo maggioritario, statuendo
che " la presunzione di responsabilità ex art. 2051 non
è applicabile nei confronti della P.A. per quelle categorie di
beni che sono oggetto di utilizzo generale e diretto da parte di terzi
perché in questi casi non è possibile un efficace controllo
ed una continua vigilanza da parte della P.A. tale da impedire l’insorgere
di cause di pericolo per i cittadini… deve essere (dunque) applicato
l’art. 2043 c.c., che impone l’osservanza della norma primaria del neminem
laedere.
Si tratta dell’indirizzo intermedio, (cd. ponderato), che non esclude
ab origine l’applicabilità della responsabilità ex art.
2051 c.c. ma suggerisce una valutazione delle condiciones rebus sic
stantibus, (Trib. Bologna, 06/10/2003 in Gius, 2004, 3, 421; Cass. civ.,
sez. III, 23/07/2003, n.11446 in Mass. Giur. It., 2003).
E’, peraltro, l’interpretazione data all’art. 2051 c.c. dalla Consulta,
(Corte cost., 10/05/1999, n.156 in Giust. Civ., 1999, I, 1927): "l’art.
2051 c.c., a norma del quale il proprietario di cose che abbiano cagionato
danni a terzi è responsabile solo in quanto ne sia custode, non
si applica alla p.a. nel caso in cui sul bene di sua proprietà,
indipendentemente dal carattere demaniale, non sia possibile - per la
notevole estensione e per le modalità di uso, diretto e generale,
da parte di terzi, sulla scorta di indagini concrete del giudice - un
continuo ed efficace controllo idoneo ad impedire l’insorgere di cause
di pericolo per gli utenti.
Su posizioni diverse, tuttavia, si è posto quell’orientamento
che ha optato per una applicazione incondizionata dell’art. 2051
c.c. , anche nei confronti della P.A. , specificamente in tema di circolazione
stradale, essendo, per espressa disposizione di legge, l’ente pubblico
proprietario delle strade e delle autostrade.
Consegue in diritto che "la regola posta dall’art. 2051 c.c., in
base alla quale il custode è responsabile del danno provocato
dalla cosa a meno che non provi il fortuito, trova applicazione nei
confronti della P.A. proprietaria dell’autostrada ovvero del concessionario".
La stessa pronuncia, tuttavia, sembra introdurre un correttivo in logica
precisando che "per le autostrade, contemplate dall’articolo 2
del vecchio e del nuovo codice della strada e per loro natura destinate
alla percorrenza veloce in condizioni di sicurezza, l’apprezzamento
relativo all’effettiva «possibilità» del controllo
alla stregua degli indicati parametri non può che indurre a conclusioni
in via generale affermative, e dunque a ravvisare la configurabilità
di un rapporto di custodia per gli effetti di cui all’articolo 2051
del codice civile", (Cass. civ., sez. III, 15/01/2003, n.488 in
Guida al Diritto, 2003, 9, 43; si veda, anche Cass. civ., sez. III,
04/11/2003, n.16527).
Superato, infine, può dirsi quell’indirizzo che riteneva
inapplicabile la presunzione di cui all’art. 2051 c.c. in termini
molto più rigorosi, lasciando poco respiro ad interpretazioni
diverse, ritenendo che non potesse configurarsi tra la Pubblica Amministrazione
ed il bene demaniale un rapporto di custodia, proprietà o signoria
nei termini di cui all’art. 2051 c.c., (cfr. Cass. Civ. 58/1982
e Cass. Civ. 5990/98).
Allo stato, in mancanza di una statuizioni delle Sezioni Unite, l’interprete
ha libertà di applicare l’art. 2051 c.c. nei confronti della
P.A. utilizzando il criterio giurisprudenziale della "possibilità"
del controllo alla stregua dei parametri di estensione e dimensione
del bene demaniale oggetto della controversia.
(Altalex, 9 marzo 2005. Nota
di Giuseppe Buffone)