In
caso di ricorso al Prefetto avverso ad una sanzione amministrativa ex
articoli 203 e 204 del Cds, l’ordinanza ingiunzione di rigetto
deve essere, a pena di illegittimità, motivata, sia pure succintamente,
sia in relazione alla sussistenza della violazione, sia in relazione
alla infondatezza dei motivi allegati con il ricorso.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 519 del 13
gennaio 2005, confermando la decisione del Giudice di Pace di Casamassima,
che aveva accolto il ricorso di una società avverso il provvedimento
prefettizio, in quanto privo di riferimenti alle doglianze prospettate
nel ricorso amministrativo, adottato con modulo prestampato uniforme
e senza alcun riferimento al caso esaminato.
La Suprema Corte ha sottolineato che la ratio della normativa in esame
è quella di risolvere, per quanto possibile, le controversie
di tale natura in sede amministrativa, deflazionando l’accesso
alla giurisdizione, scopo che resterebbe frustrato ove si negasse ogni
rilievo alla mancata motivazione sulle doglianze fatte valere in tale
sede, in difformità dall’esplicito dettato normativo e,
comunque, dal principio generale secondo il quale la violazione delle
norme procedimentali attinenti alla formazione degli atti amministrativi
ne determina la illegittimità.
(Altalex,
24 gennaio 2005)
Cassazione
Sezione prima civile
Sentenza 13 gennaio 2005, n. 519
(Presidente Saggio – Relatore Genovese - Pm Martone – conforme
– ricorrente Prefetto della Provincia di Bari- controricorrente
Eurojapan Srl)
Svolgimento del processo
1. La società
Eurojapan Srl proponeva opposizione all’ordinanza ingiunzione con
la quale il Prefetto di Bari aveva respinto il suo ricorso (relativo
a contestazione della Polizia Municipale di Adelfia con la quale si
accertava la violazione dell’articolo 146, comma 3, del codice
della strada).
Il Giudice di Pace di Casamassima, con la sentenza impugnata in questa
sede, accoglieva il ricorso, sostenendo che il provvedimento prefettizio,
privo di riferimenti alle doglianze prospettate nel ricorso amministrativo,
adottato con modulo prestampato uniforme e senza alcun riferimento al
caso esaminato, sarebbe viziato per violazione di legge (articoli 204
Cds E 18, comma 2, legge 689/81).
2. Contro la detta sentenza la Prefettura di Bari ha proposto ricorso
per Cassazione, affidato ad un unico motivo. La società Eurojapan
Srl non ha presentato difese.
Motivi della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso (con il quale lamenta la violazione
e falsa applicazione degli articoli 204 e 205 Cds, 18 legge 689/1981,
241/90, 285/92, in relazione all’articolo 360, comma1, nn. 3 e
5 Cpc) la Prefettura di Bari deduce che erroneamente il Giudice avrebbe
accolto l’opposizione, in base alla mancata motivazione dell’ordinanza-ingiunzione.
Infatti, secondo il pacifico orientamento della Corte di cassazione,
sarebbe pienamente legittima l’ordinanza motivata per relationen
a quegli atti del procedimento che, sebbene non notificati unitamente
all’ordinanza stessa, l’interessato avrebbe potuto richiedere
in copia.
2, Il motivo, che è infondato, comporta la reiezione del ricorso.
2.1. Il tema posto all’attenzione della Corte riguarda l’estensione
dei doveri dell’autorità amministrativa che sia stata chiamata
a decidere il ricorso avverso il verbale di violazione stradale e, in
particolare, i contenuti che deve avere l’ordinanza-ingiunzione
con la quale s’intenda respingere il ricorso proposto in via amministrativa
per la violazione delle norme del codice stradale.
La sentenza del giudice di pace, oggetto di impugnazione in questa sede,
ha accolto il ricorso proposto in prime cure, sia perché il provvedimento
prefettizio sarebbe stato privo di riferimenti alle doglianze prospettate
nel ricorso amministrativo, sia perché sarebbe stato adottato
con un modulo prestampato uniforme, privo di un qualunque riferimento
al caso esaminato (fatto integrante il vizio di violazione di legge).
2.2. La decisione del GdP non è condivisibile (e la motivazione
che essa contiene va, pertanto, corretta in parte qua) là dove
censura l’ordinanza-ingiunzione mancante della risposta alle doglianze
del contravventore ricorrente. Questa Corte, infatti, ha più
volte affermato (Cassazione, sentenze nn. 5884 del 1997 e 8520 del 2001)
il principio, dal quale questo Collegio non intende discostarsi, in
base al quale, «nel procedimento di opposizione a sanzione amministrativa
pecuniaria, nel quale il sindacato del giudice si estende alla validità
sostanziale del provvedimento, attraverso un autonomo esame della ricorrenza
dei presupposti di fatto e di diritto dell’infrazione, non hanno
rilievo i vizi di motivazione dell’ordinanza - ingiunzione».
La sentenza di merito è, invece, corretta nella parte residua
della motivazione, là dove ha annullato, per violazione di legge,
l’ordinanza-ingiunzione che ha respinto il ricorso senza una neanche
minima, motivazione riguardante la concreta esistenza dei presupposti
della violazione amministrativa, ossia dei fondamenti del rapporto punitivo
amministrativo.
A tal proposito questa Corte ha avuto modo di affermare (nella sentenza
391/99) che «ove l’interessato si sia avvalso della facoltà
di proporre il ricorso al Prefetto ex articoli 203 e 204 del Cds, l’ordinanza
ingiunzione, implicandone il rigetto, deve essere a pena di illegittimità,
motivata, sia pure succintamente, sia in relazione alla sussistenza
della violazione, sia in relazione alla infondatezza dei motivi allegati
con il ricorso». ciò, in quanto, con riferimento alle violazioni
attinenti alla circolazione stradale, gli articoli 203 e 204 del Cds
attribuiscono, a colui a cui sia stata contestata la trasgressione,
la facoltà di proporre ricorso al Prefetto, imponendo a tale
organo della PA l’emissione, entro un termine predeterminato, dell’ordinanza
«motivata» relativa alla eventuale ingiunzione dì
pagamento della sanzione irrogata. La ratio di tale normativa, secondo
la cennata sentenza è «quella di risolvere, per quanto
possibile, dette controversie in sede amministrativa, deflazionando
l’accesso alla giurisdizione, scopo che resterebbe frustrato ove
si negasse ogni rilievo alla mancata motivazione sulle doglianze fatte
valere in tale sede, in difformità dall’esplicito dettato
normativo e, comunque, dal principio generale secondo il quale la violazione
delle norme procedimentali attinenti alla formazione degli atti amministrativi
ne determina la illegittimità».
Tale finalità deflattiva, indubbiamente presente nel corpo normativo
sulle sanzioni amministrative (per violazioni stradali e non), dev’essere
intesa cum grano salis, e cioè in riferimento alla complessità
dei compiti propri dell’ organizzazione pubblica ed alla mole,
davvero notevole, dì tale precontenzioso.
La ratio di tale normativa è, infatti, quella di risolvere, per
quanto possibile, dette controversie in sede amministrativa, evitando
– nell’interesse pubblico e dei soggetti direttamente interessati
l’instaurazione di processi di opposizione, lunghi e costosi, secondo
quanto - e nei limiti in cui - è consentito dalla Costituzione.
Ma tale scopo resterebbe del tutto frustrato ove, negandosi ogni rilievo
alla mancata motivazione sulla sussistenza della violazione, sostanzialmente
si esonerasse da tale impegno - in difformità dell’esplicito
dettato normativo - l’organo che ha l’obbligo di compiere
tale verifica, anche servendosi (a mò di ausilio e di sollecitazione
dei suoi poteri ufficiosi) delle doglianze svolte nel ricorso amministrativo.
Queste hanno anche il compito di rappresentare all’Amministrazione
le difese che l’interessato potrà svolgere in sede giurisdizionale
e a valutarle, in sede amministrativa, per evitare liti lunghe e rischiose
per gli stessi interessi pubblici (una probabile soccombenza giudiziale,
alla luce degli orientamenti della giurisprudenza).
L’esame demandato all’Autorità pubblica non impone,
in tale ambito, una risposta analitica e diffusa alle doglianze del
ricorrente, né una loro confutazione puntuale, ma solo una loro
effettiva considerazione, da compiere soprattutto nell’interesse
della PA, eventualmente (ma non necessariamente) esplicitata nella motivazione
del provvedimento che respinge il ricorso.
Proprio perché il sindacato dei giudice si estende alla validità
sostanziale del provvedimento. attraverso un autonomo esame della ricorrenza
dei presupposti di fatto e di diritto dell’infrazione, la motivazione
dell’ordinanza-ingiunzione costituisce la prova dell’avvenuta
considerazione in ordine alla sussistenza dei presupposti della singola
violazione amministrativa, altrimenti mancante ove l’ordinanza
si limitasse a richiamare (come nella specie), con l’uso di un
modulo “standard”, solo gli estremi del verbale o, peggio,
mancante anche di quelli.
In tal caso, infatti la motivazione sarebbe meramente fittizia e nasconderebbe
solo un apparente esame del caso controverso, equivalente al suo mancato
compimento nei termini previsti dalla legge.
Insomma, il principio secondo il quale nel procedimento di opposizione
a sanzione amministrativa il sindacato del giudice si estende alla validità
sostanziale del provvedimento irrogativo dì essa, attraverso
un autonomo esame della ricorrenza dei presupposti di fatto e di diritto
dell’infrazione, non esclude affatto che in tale procedimento possano
farsi valere anche i vizi del procedimento irrogativo della sanzione.
Tra essi, ove sia stato proposto il ricorso previsto dall’articolo
203 del Cds, deve annoverarsi anche quello relativo alla carenza assoluta
di motivazione, in quanto dimostrativa del mancato esame del caso controverso
sottoposto all’autorità pubblica, poiché - entro
questi limiti - l’obbligo dì motivazione è previsto
dalla legge come condizione di legittimità dell’atto irrogativo
della sanzione amministrativa. Di conseguenza, in mancanza di tale dimostrazione
scritta, il giudice dell’opposizione, che non trovi il riscontro
dell’esame (obbligatorio) dei presupposti del rapporto sanzionatorio,
da parte dell’autorità amministrativa preposta a tale controllo,
deve annullare detto provvedimento per violazione di legge.
Nella specie, avendo il GdP, con accertamento di fatto incensurabile
in questa sede, rilevato la sostanziale mancanza di motivazione dell’ordinanza
impugnata, in relazione all’uso di un modulo prestampato e privo
di riferimenti sostanziali al caso esaminato, deve ritenersi che egli
ha fatto esatta applicazione dei principi sopra enunciati, con la conseguenza
che il ricorso, per tale assorbente ragione, va rigettato.
3. Nei fatti sopra narrati si ravvisano ragioni sufficienti per compensare
le spese giudiziali di questa fase.
PQM
rigetta
il ricorso e compensa le spese del giudizio.
Così deciso in Roma il 7 dicembre 2004.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 13 gennaio 2005.