L’assenza
del lavoratore alla visita di controllo, per non essere sanzionata dalla
perdita del trattamento economico di malattia ai sensi dell’art.
5, comma 14, del D.. n. 463 del 1983, convertito nella legge n. 638
del 1983, puo’ essere giustificata oltre che dal caso di forza
maggiore, da ogni situazione , la quale, ancorché non insuperabile
e nemmeno tale da determinare, ove non osservata, la lesione di beni
primari, abbia reso indifferibile altrove la presenza personale dell’assicurato,
come la concomitanza di visite mediche, prestazioni sanitarie o accertamenti
specialistici, purché il lavoratore dimostri l’impossibilità
di effettuare tali visite in orario diverso da quello corrispondente
alle fasce orarie di reperibilità.
Sulla base di questo principio la Sezione lavoro della Cassazione, con
la sentenza n. 22065 del 23 novembre 2004, ha ritenuto che costituisse
giustificato motivo di assenza del lavoratore dalla visita di controllo
l’essersi recato, nello stesso orario, ad una delicata visita presso
il proprio medico di fiducia.
(Altalex,
14 gennaio 2004. In tal senso anche Cass. n. 5150/1999, 8544/2001, 16996/2002)
SUPREMA
CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
SENTENZA n.22065/2004
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Pretore di Ascoli Piceno ha respinto la domanda della Sig.ra M. P.
C. volta ad ottenere l’indennità economica di malattia,
negata dall’INPS perché assente alla visita di controllo
del 7 dicembre 1995, ritenendo che non costituisse giustificato motivo
l’essersi recata a visita presso il proprio medico di fiducia.
Il Pretore ha ritenuto che l’assicurata, con l’approvare una
visita medica privata (alle ore 16) in prossimità dell’orario
di reperibilità (ore 17- 19) a distanza di circa una trentina
di chilometri dalla propria abitazione, ha in sostanza accettato il
rischio concreto ed agevolmente prevedibile di non essere presente,
per qualsiasi contrattempo, presso la propria abitazione al momento
della visita di controllo INPS.
Ciò tanto più ove si consideri appuntamenti forniti dal
D. S. erano senza alcuna precisione.
Il Pretore ha aggiunto che non vale a sottrarre l’assicurato dall’impedimento
colpevole la circostanza che sia stato il medico privato a fissare l’appuntamento
in dipendenza dei propri impegni, perché non consta che l’interessato
abbia richiesto la visita in altri orari compatibili con il suo obbligo
di reperibilità oppure si sia adoperato per ricercare altri medici
specialistici in grado di visitarla in tali ultimi orai , ancora, che
la necessità dela visita del 7 dicembre sia sorta improvvisamente
e l’abbia costretto ad accettare l’appuntamento in quel giorno
ed in quell’ora.
La Corte di Appello di Ancona, investita dell’appello della lavoratrice,
lo ha rigettato con sentenza 29 giugno/ 26 luglio 2001 n. 207.
Il giudice di appello ha ritenuto provato che la C. doveva presentarsi
alle ore 16 dello stesso giorno 7 dicembre 1995 presso l’ambulatorio
(sito a 30 Km dalla propria abitazione) del dr. S., dal quale era seguita
essendo stata operata il 24 ottobre 1995 di safenectomia, e che l’attesa
della visita si era protratta fino alla fascia oraria 17- 19, ma ha
ritenuto che la stessa non ha fornito la prova dell’impossibilità
di sottoporsi alla visita presso il proprio medico di fiducia in orario
diverso da quello previsto per il controllo.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la C., con
unico motivo, illustrato da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
L’intimato istituto si è costituito con controricorso, resistendo.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
Con unico motivo la ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione
dell’art. 5 d.l. 12 settembre 1983 n. 463, convertito, con modificazioni,
in legge 11 novembre 1983, n. 638; 2697 cod. civ.; 421 e 437 c.p.c.;
omesso esame di un punto decisivo della controversia, motivazione insufficiente
e contraddittoria (art. 360, n. 5 c.p.c.), censura la sentenza impugnata
sotto vari profili motivazionali, per avere omesso di valutare: la deposizione
del dr. D. S. nella parte in cui ha dichiarato che le visite erano da
lui stesso fissate secondo la propria disponibilità, e che le
stesse potevano essere ritardate anche di ore, per la propria mole di
lavoro; quella dei stesti A. e L. sulla necessità per l’assicurata
di un controllo continuo e periodico da parte dello specialista in chirurgia
vascolare; la circostanza che nella località in cui abitava la
C. non vi era uno specialista in chirurgia vascolare che potesse sostituire
il dr. D. S.
Il motivo è fondato.
In siffatte controversie è necessaria prima di tutto un’ottica
equilibrata tra i beni giuridici protetti dalle norme che vengono in
considerazione.
Il diritto alla salute è costituzionalmente protetto dall’art.
32 Cost., il cui contenuto normativo è stato definito da più
sentenze della Corte Costituzionale, nel senso che il bene della salute
è tutelato dall’art. 32 non solo come interesse della collettività,
ma anche e soprattutto come diritto fondamentale dell’individuo,
sicché si configura come diritto primario ed assoluto (ex plurimus
sent. 26 luglio 1979 n. 88).
L’ordinamento statuale garantisce la libertà di scelta del
medico (art. 25 Legge 23 dicembre 1978, n. 833, art. 88 DPR 30 giugno
1965, n. 1124).
Esso può prevedere controlli per verificare l’effettività
della malattia, in relazione alle provvidenze economiche dallo stesso,
o dai suoi enti strumentali, elargite.
A tal fine l’art. 5, comma 14, d.l. 12 settembre 1983 n. 463, convertito,
con modificazioni, in legge 11 novembre 1983, n. 638 dispone: qualora
il lavoratore, pubblico o privato, risulti assente alla visita di controllo
senza giustificato motivo, decade dal diritto a qualsiasi trattamento
economico per l’intero periodo sino a dieci giorni e nella misura
della metà per l’ulteriore periodo, esclusi quelli di ricovero
ospedaliero o già accertati da precedente visita di controllo.
La nozione di giustificato motivo costituisce una clausola elastica
che dottrina e giurisprudenza concorrono a definire.
La Corte costituzionale, con sentenza n. 78 del 26 gennaio 1988, ha
dichiarato l’illegittimità della disposizione riportata
nella parte in cui non prevede una seconda visita medica di controllo
prima della decadenza del diritto a qualsiasi trattamento economico
di malattia nella misura della metà per l’ulteriore periodo
successivo ai primi dieci giorni.
Questa Corte si è occupata numerose volte del problema di quando
l’assenza dal proprio domicilio durante le fasce orarie possa essere
considerata giustificata da motivi attinenti alla malattia stessa, sia
sotto il profilo di controllo diagnostici, in specie del proprio medico
curante, sia di terapie da effettuare.
Il pensiero della Corte può essere riassunto nei seguenti termini:
l’assenza alla visita di controllo, per non essere sanzionata dalla
perdita del trattamento economico di malattia ai sensi dell’art.
5, comma 14, del D.. n. 463 del 1983, convertito nella legge n. 638
del 1983, po’ essere giustificata oltre che dal caso di forza maggiore,
da ogni situazione , la quale, ancorché non insuperabile e nemmeno
tale da determinare, ove non osservata, la lesione di beni primari,
abbia reso indifferibile altrove la presenza personale dell’assicurato,
come la concomitanza di visite mediche, prestazioni sanitarie o accertamenti
specialistici, purché il lavoratore dimostri l’impossibilità
di effettuare tali visite in orario diverso da quello corrispondente
alle fasce orarie di reperibilità (Cass. 26 maggio 1999 n. 5150,
Cass. 22 giugno 2001 n. 8544; Cass. 29 novembre 2002 n. 16996).
Trattasi, con ogni evidenza, di accertamenti di fatto, rimesso al giudice
del merito, sindacabile dalla Corte di legittimità solo per violazione
di legge o per illogicità e contraddittorietà della motivazione.
Tali vizi ricorrono nella sentenza impugnata.
Risulta gravemente erronea, in quanto costituisce capovolgimento della
gerarchia dei valori protetti sopra cennati, l’affermazione del
primo giudice, la cui motivazione il giudice d’appello condivide,
secondo cui la lavoratrice avrebbe dovuto farsi seguire non dal medico
specialista prescelto, ma da uno qualsiasi prossimo alla propria abitazione,
in modo da poter essere reperibile nelle fasce orarie, così attribuendo
a tale funzione una posizione prioritaria rispetto alla cura della salute.
La sentenza impugnata è afflitta poi da varie contraddizioni
ed illogicità: omette di considerare che la visita dal medico
di fiducia era stata fissata fuori dalle fasce orarie, ed addebita illogicamente
all’assistita il ritardo dovuto agli impegni del medico; cade poi
in contraddizione, quando ripete, con il primo giudice, che la C., scegliendo
un medico lontano 30 Km dalla propria abitazione, aveva assunto il rischio
del ritardo o dell’assenza alla visita fiscale, in quanto la stessa
sentenza riferisce che la XXXX si era premurata di far presente ad una
precedente visita di controllo (positiva) la sua esigenza di continui
controllo presso il proprio medico, ricevendone risposta rassicurante.
Non considera poi la sentenza impugnata se, date le fasce orarie (10-
12 e 17- 19), dati i tempi di percorrenza e di attesa nell’ambulatorio
privato, dati gli orari consueti dei medici privati e quelli specifici
del dott. D. S., dati i possibili contrattempi evocati dallo stesso
giudice del merito, fosse stato possibile fissare siffatta visita privata
in modo da non interferire con le fasce.
Infine posto che la visita fiscale può essere effettuata in qualsiasi
giorno del periodo di assenza per malattia, se corrisponde a un criterio
logico l’affermazione che il lavoratore avrebbe potuto differire
la visita dal medico di fiducia ad altro giorno dello stesso periodo
di malattia.
Esula dalla presente causa la tematica dell’eventuale onere di
preavviso da parte dell’ammalato all’ente previdenziale per
assenze di breve momento (per una fattispecie di trasferimento dell’abitazione
vedi Cass. 9 novembre 2002 n. 15776), e dei correlativi oneri di organizzazione
allo scopo dell’ente ed informativa ai lavoratori.
Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata cassata, e gli
atti trasmessi alla Corte di Appello di Bologna, la quale provvederà
altresì alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, casa la sentenza impugnata e rinvia, anche per
le spese, alla Corte di Appello di Bologna.
Roma, 29
settembre 2004.
Depositata
in Cancelleria il 23 novembre 2004