Il
posteggiatore non regolarmente autorizzato che chiede soldi affermando
di custodire l’auto commette reato ed è punibile anche
se abbia chiesto soltanto pochi euro.
E’ la decisione cui è pervenuta la Prima Sezione Penale
della Corte di Cassazione, ritenendo "penalmente rilevante"
il comportamento di chi, fingendosi autorizzato, rilascia ricevute
finte a tutti gli automobilisti che parcheggiano l’autovettura
negli spazi da lui indebitamente gestiti.
Suprema Corte di Cassazione, Sezione Seconda Penale, sentenza
n. 41462/2004
LA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE II PENALE
SENTENZA
Motivi della decisione. Con sentenza del 10/7/2003 il tribunale
di Bologna dichiarava C. C. non punibile in ordine all’imputazione
di truffa, contestata per avere egli, con artifici e raggiri consistiti
nel presentarsi come parcheggiatore autorizzato e nel rilasciare
ricevuta di avvenuto pagamento, indotto in errore la persona offesa
che si determinava a corrispondergli il compenso di £ diecimila.
Osservava il Tribunale che, sulla base della giurisprudenza costituzionale,
il principio di non offensività deve ispirare l’interpretazione
della norma incriminatrice, sicché il giudice di merito
ha il dovere di apprezzare se la condotta dell’agente sia
priva di qualsiasi idoneità lesiva dei beni giuridici tutelati;
rilevava, quindi, che la condotta contestata appariva, nel concreto,
di modesta entità, tale da indurre a ritenerla, secondo
il precetto dell’art. 49, secondo comma, c.p. [1], fuori
dall’area del penalmente rilevante.
Avverso detta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il
procuratore generale il quale denuncia violazione dell’art.
49 c.p.
Il ricorso è fondato.
Rileva il collegio, innanzi tutto, come erri il giudice di merito
a richiamare il principio di non offensività, potendosi
eventualmente argomentare, nel caso di specie, solo intorno a
quello, diverso, di irrilevanza del fatto; ed invero, come ha
esattamente sottolineato il procuratore impugnante, è lo
stesso giudicante ad ammettere che, nella vicenda in esame, una
lesione del bene giuridico tutelato dalla norma si sia verificata,
ancorché di modesta entità.
A prescindere dunque dalla considerazione, peraltro dirimente,
che nel nostro ordinamento il principio della necessaria offensività
del fatto, cui il tribunale si è ispirato, non è
ancora vigente (tanto che la relativa introduzione è stata
prevista nello schema di legge- delega Magliaro, nel progetto
di riforma del codice penale redatto dalla Commissione Grosso
e nel progetto di revisione della seconda parte della Costituzione
licenziato il 4/1/1997 dalla Commissione bicamerale), si deve
osservare come del tutto infondato si mostri comunque il richiamo
effettuato in sentenza all’art. 49, secondo comma, c.p.,
atteso che l’evento dannoso del reato (la deminutio patrimoni)
si è nella specie pacificamente verificato.
Solo di particolare tenuità del fatto dunque si ha da parlare,
senza che tuttavia se ne possa trarre conseguenza giuridica diversa
dalla valutazione della circostanza attenuante di cui all’art.
62 n. 4 c.p.; ed invero la possibilità di dichiarare improcedibili
o non punibili situazioni in cui elementi di marginalità
potrebbero indurre a non considerare una condotta penalmente rilevante
nonostante la sua corrispondenza al modello tipico di reato appartiene,
allo stato della legislazione (ma si veda in proposito de iure
condendo l’art. 107 del citato progetto Grosso, nel teso
finale come licenziato dalla Commissione redigente il 26/5/2001),
esclusivamente al processo minorile (art. 27/1/2001), esclusivamente
al processo minorile (art. 27.1 d.p.r. n. 448 del 1988) ed a quello
dinanzi al giudice di pace (art. 34 D. Lgs. n. 274 del 2000),
senza alcuna possibilità di estensione analogica della
norma eccezionale.
La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio,
secondo il precetto dell’art. 569.4 c.p.p., alla Corte di
appello di Bologna che si atterrà ai principi suesposti.
PQM
Annulla la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti
alla Corte di appello di Bologna per nuovo giudizio.
Roma, 6/10/2004.
Depositata in Cancelleria il 25 ottobre 2004.
[1] Art.49 codice
penale (Reato supposto erroneamente e reato impossibile): Non è
punibile chi commette un fatto non costituente reato, nella supposizione
erronea che esso costituisca reato.
La punibilità è altresì esclusa quando, per la
inidoneità dell’azione o per l’inesistenza dell’oggetto di essa,
è impossibile l’evento dannoso o pericoloso.
Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, se concorrono nel
fatto gli elementi costitutivi di un reato diverso, si applica la pena
stabilita per il reato effettivamente commesso.
Nel caso indicato nel primo capoverso, il giudice può ordinare
che l’imputato prosciolto sia sottoposto a misura di sicurezza.