Intercettazioni:
sui limiti all’utilizzazione delle prove nei processi legati (Cassazione , sez. Vi penale, sentenza 16.03.2004 n° 30372) | |
In materia di prove, il concetto di diverso procedimento nel quale, ai sensi dell’art. 270, primo comma, c.p.p., è vietata la utilizzazione dei risultati di intercettazioni o comunicazioni non si estende fino ad escludere la possibilità di utilizzazione delle intercettazioni in procedimenti concernenti indagini strettamente connesse e collegate, sotto il profilo oggettivo, probatorio e finalistico al reato in ordine al quale il mezzo di ricerca della prova è stato disposto. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30372 del 16 marzo 2004, precisando che la diversità del procedimento deve assumere rilievo dicarattere sostanziale e non può essere ricollegata a dati meramente formali, quale la materiale distinzione degli incartamenti relativi a due procedimenti o il loro diverso numero di iscrizione nel registro delle notizie di reato. (Altalex, 6 ottobre 2004) SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE VI PENALE SENTENZA
16 marzo 2004, n. 30372
G.M. propone ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro con la quale l’organo collegiale respingeva la richiesta di riesame del decreto di perquisizione e sequestro emesso dal P.M. della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro in data 8 maggio 2003 con il quale veniva disposta la misura cautelare del sequestro dell’autovettura Mercedes ML 400 targata XXXXXX corpo si reato in relazione alla ipotesi delittuosa di cui all’art. 640 c. 2 c.p. di truffa aggravata in danno della società assicuratrice del rischio di furto dell’autoveicolo in questione, deducendo, quale primo motivo diricorso, la violazione dell’art. 324, comma quinto, c.p.p. e dell’art. 25 cost., l’incompetenza dell’organo distrettuale del P.M. - procedente ex art. 416 bis c.p. - e conseguentemente dell’organo del riesame, non avendo il P.M Direzione distrettuale antimafia competenza in ordine al reato ex art. 640 c.p.p., non essendo stata dimostrata alcuna ipotesi di connessione col reato di cui all’art. 416 bis c.p. Quale secondo motivo, deduce la violazione degli artt. 270 e 191 c.p.p. perchè per la pronuncia del decreto di sequestro sono state arbitrariamente utilizzate le intercettazioni ambientali all’interno della stessa autovettura, per il reato di cui all’art.416 bis c.p. e le intercettazioni stesse sono state utilizzate in un procedimento diverso per il reato di cui 640 c.p. (rectius 642 c.p.). Con un terzo motivo deduce la violazione degli artt. 253 e 262 c.p.p., non recando il provvedimento ablatorio alcuna motivazione sulle esigenze probatorie e sul loro permanere, facendo riferimento il provvedimento di riesame alla sola esigenza di "accertare se se vi sia stata o meno sostituzione di pezzi dell’automobile ovvero smontaggio e rimontaggio degli stessi", dando ulteriore dimostrazione della insussistenza di qualsiasi necessità di un sequestro probatorio. Il ricorrente ha depositato due memorie. Il ricorso non merita accoglimento. Nei confronti dell’attività investigativa del P.M. della Direzione distrettuale antimafia inrelazione a reati che rientrino nelle sue attribuzioni (e quindi nella competenza giurisdizionale del giudice del capoluogo del distretto), non si pongono problemi di connessione nel caso della scoperta di reati che esulino da quelli previsti dall’art. 51, comma 3 bis, ma semplicemente problemi di mantenimento della unitarietà delle indagini. A detto magistrato inquirente è attribuita certamente la potestà investigativa in relazione ai reati di cui alla norma anzidetta, ma se, nel corso delle indagini su detti reati, si profili la necessità di perseguire un reato diverso da quelli previsti da detta norma, non v’è disposizione che escluda il delitto dai poteri di indagine dell’organo inquirente del capoluogo del distretto. In tal caso, se si tratti di provvedimento di indagine soggetto a riesame, lo stesso va correttamente proposto al giudice del capoluogo del distretto, esattamente come nel caso si è verificato. Neppure può sostenersi, con riguardo al secondo motivo di ricorso che non potrebbero essere utilizzate le intercettazioni in procedimenti diversi da quello per il quale sono state predisposte. Il principio, in modo del tutto condivisibile, è stato interpretato da questa Corte nel senso che: "In materia di prove, il concetto di diverso procedimento nel quale, ai sensi dell’art. 270, primo comma, c.p.p., è vietata la utilizzazione dei risultati di intercettazioni o comunicazioni non si estende fino ad escludere la possibilità di utilizzazione delle intercettazioni in procedimenti concernenti indagini strettamente connesse e collegate, sotto il profilo oggettivo, probatorio e finalistico al reato in ordine al quale il mezzo di ricerca della prova è stato disposto. Inoltre, la diversità del procedimento di cui si paria deve assumere rilievo dicarattere sostanziale e non può essere ricollegata a dati meramente formali, quale la materiale distinzione degli incartamenti relativi a due procedimenti o il loro diverso numero di iscrizione nel registro delle notizie di reato". SEZ. 6^, SENT. 04007 DEL 11/03/1999 (CC. 14/08/1998) Venturini, RV. 213587. Infine, per quel che riguarda il terzo motivo, è vero che anche nel caso di sequestro probatorio del corpo di reato la res deve essere restituita all’avente diritto quando siano cessate le necessità di prova alla quale il sequestro è finalizzato. Nel caso, tuttavia, il Giudice del riesame ha motivato sul mantenimento del sequestro. Ove gli accertamenti compiuti siano terminati il ricorrente avrà modo di proporre istanza al giudice competente per il dissequestro dell’autovettura. In conclusione il ricorso va rigettato e al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Così deciso in Roma, il 16 marzo 2004. Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2004 |