La
Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16073 del 18 agosto 2004, è
tornata sulla materia delle sanzioni amministrative per violazioni al
Codice della Strada ed ha stabilito che la condizione di validità
dell’ordinanza - ingiunzione è il rispotto del termine di 210 giorni
complessivamente previsto per l’emissione del provvedimento prefettizio
dal combinato disposto di cui agli artt. 203 e 204 c.d.s. (gg. 30+180).
La suprema Corte con la sentenza in parola ha precisato che ai fini del
rispetto del termine in esame rileva la data di adozione del provvedimento
e non già la data di notifica dello stesso.
Corte di cassazione
Sezione
I civile
Sentenza
18 agosto 2004, n. 16073
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Con ricorso
depositato il 22 maggio 2001, D.S. impugnava l’ordinanza-ingiunzione,
emessa dal Prefetto di Bari in data 20 marzo 2001 e notificata il 3
maggio 2001, e gli atti presupposti deducendo la mancata o insufficiente
motivazione del provvedimento impugnato, oltre al fatto che lo stesso
era stato notificato oltre il termine previsto dall’art. 204 c.d.s.
e lamentando altresì la mancata contestazione immediata della
violazione. L’amministrazione, cui il ricorso ed il pedissequo decreto
venivano ritualmente notificati, non si costituiva in giudizio pur trasmettendo
la documentazione di cui all’art. 23 l. 689/1981.
Il giudice di pace di Noci con sentenza 159/2001, rigettato il primo
motivo di ricorso, accoglieva gli altri due ritenendo che il prefetto
aveva emanato l’ordinanza-ingiunzione oltre il termine stabilito dall’art.
204 c.d.s. e che, inoltre, l’autorità amministrativa non aveva
proceduto alla contestazione immediata dell’opposizione.
Ricorre per cassazione il Prefetto di Bari sulla base di un unico motivo.
Il De Vita non si è costituito in giudizio.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
Con il
primo motivo di ricorso l’amministrazione statale deduce che erroneamente
il giudice di pace ha ritenuto che l’ordinanza-ingiunzione fosse stata
emessa oltre il termine di cui all’art. 204 c.d.s. risultando invece
la stessa emanata nei termini.
Con il secondo motivo di ricorso il prefetto di Bari deduce la violazione
e falsa applicazione dell’art. 385 del d.P.R. 495/1992 poiché
nel caso di specie non vi sarebbe stato obbligo di contestazione immediata
della infrazione al codice della strada.
Entrambi i motivi del ricorso sono fondati.
Quanto al primo, va osservato in via di fatto, che il ricorso in via
amministrativa è stato presentato al comando della polizia municipale
di Alberobello in data 15 settembre 2000 mentre l’ordinanza-ingiunzione
è stata emessa il 20 marzo 2001.
Questa Corte ha già avuto occasione di affermare che il rispetto
del termine concesso all’Ufficio cui appartiene l’organo accertatore
(giorni trenta ex art. 203 c.d.s.) ed al Prefetto per l’eventuale istruzione
integrativa e l’emissione del provvedimento (giorni 180 ex art. 204
c.d.s.) costituisce requisito di legittimità del provvedimento
medesimo, sia esso un’ordinanza-ingiunzione di pagamento della sanzione
amministrativa od un’archiviazione, con la conseguenza che la sua inosservanza
configura una violazione di legge (Cass., 468/1999).
Da ciò consegue che condizione di validità dell’ordinanza-ingiunzione
è il rispetto del termine di 210 giorni complessivamente previsto
per l’emissione del provvedimento prefettizio dal combinato disposto
di cui agli artt. 203 e 204 c.d.s. (gg. 30+180).
Nel caso di specie, avendo il ricorrente presentato ricorso in via amministrativa
al comando della P. M. di Alberobello in data 15 settembre 2000, e nulla
essendo stato dedotto in ordine al termine entro cui quest’ultima che
ha ricevuto l’atto di opposizione ai sensi dell’art. 203 c.d.s. ha trasmesso
la documentazione al prefetto, l’ordinanza-ingiunzione doveva essere
comunque emanata entro il 15 aprile 2001, termine quest’ultimo rispettato
dal prefetto.
Erronea è inoltre quella parte della motivazione secondo cui
entro il termine di cui all’art. 204 c.d.s. dovrebbe, ai fini del rispetto
del medesimo, procedersi alla notifica della ordinanza ingiunzione.
Ciò che infatti rileva ai fini del rispetto del termine in esame
è la data di adozione del provvedimento e non già - come
erroneamente ritenuto dal giudice di pace - la data di notifica dello
stesso.
Milita a sostegno della tesi qui accolta il chiaro disposto dell’art.
204 c.d.s. che dispone che «il prefetto... se ritiene fondato
l’accertamento emette, entro centottanta giorni, ordinanza motivata
con la quale ingiunge il pagamento di una somma predeterminata»
e che quindi chiaramente stabilisce che il termine fissato si riferisce
alla emanazione del provvedimento e non alla sua notificazione. Quest’ultima
può rilevare nel caso di specie ad altri fini ma non certo a
quelli dell’osservanza del termine di cui all’art. 204 c.d.s.
Anche il secondo motivo del ricorso è fondato.
Questa Corte ha già avuto occasione di affermare che, in materia
di accertamento di violazioni delle norme sui limiti di velocità
compiute a mezzo apparecchiature di controllo (autovelox), nell’ipotesi
in cui esse consentono la rilevazione dell’illecito solo in tempo successivo,
ovvero dopo che il veicolo sia già a distanza dal posto di accertamento,
l’indicazione a verbale dell’utilizzazione di apparecchi di tali caratteristiche
esenta dalla necessità di ulteriori precisazioni circa la contestazione
immediata.
Nell’ulteriore ipotesi, poi, prevista dall’art. 394 regolamento c.d.s.,
di impossibilità della contestazione immediata per essere stato
comunque il veicolo nell’impossibilità di essere fermato in tempo
utile o nei modi regolamentari, ovvero per l’impossibilità di
raggiungerlo per essere lanciato a eccessiva velocità, in cui
è inquadrabile l’accertamento della violazione a mezzo di apparecchiature
diverse dalle precedenti, la contestazione può pur sempre essere
effettuata successivamente pur essendo necessario in tal caso che siano
indicate a verbale le ragioni per le quali non sia stata possibile la
contestazione immediata (Cass., 3836/2001; 12330/1999).
Nel caso di specie, la stessa sentenza impugnata dà atto che
nel verbale di contestazione è riportato che non è stato
possibile procedere a contestazione immediata della violazione, in quanto
«la pattuglia a valle dell’apparecchio di rilevazione al momento
del passaggio dell’auto era impegnata con altro veicolo fermo».
In tal caso dunque l’organo accertatore ha fornito una adeguata motivazione
in ordine alla impossibilità della contestazione immediata fornendo
le ragioni per cui il veicolo non è stato fermato in tempo utile
e con ciò ottemperando al disposto dell’art. 384 regolamento
c.d.s.
Del tutto erronea è la motivazione fornita dal giudice di pace
per escludere l’idoneità della predetta verbalizzazione ai fini
della non contestazione immediata, laddove afferma che un minimo di
diligenza avrebbe potuto consentire agli agenti di posizionarsi in modo
tale da fermare il veicolo trasgressore anche se erano impegnati in
altra contestazione ben potendo uno dei due agenti intimare comunque
l’alt.
Questa Corte ha, a questo proposito, già avuto occasione di affermare
in analoga fattispecie che in tema di violazioni del codice della strada,
ove non si sia proceduto a contestazione immediata dell’illecito, il
giudice dell’opposizione ad ordinanza-ingiunzione legittimamente dispone
l’annullamento del provvedimento sanzionatorio emesso dal prefetto allorché
il verbale di accertamento notificato difetti della indicazione dei
motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata o sia corredato
da una motivazione meramente apparente, ma non può annullare
il provvedimento sanzionatorio in base ad una illegittimità non
desunta dall’atto, non essendo egli abilitato a censurare l’organizzazione
del servizio di vigilanza né a sindacare le modalità organizzative
del servizio di rilevamento delle infrazioni da parte della P.A. (Cass.,
7103/2001).
Nel caso di specie - come correttamente rilevato dall’amministrazione
ricorrente - il giudice di pace ha effettuato un sindacato non consentito
in ordine alle modalità organizzative del servizio di rilevamento
invadendo così una sfera di competenza esclusiva dell’amministrazione
non soggetta a sindacato giurisdizionale.
Il ricorso deve essere, pertanto, accolto con la conseguente cassazione
dell’impugnata sentenza.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, in quanto accolti
i due motivi di ricorso risulta incontestato che l’ordinanza-ingiunzione
del Prefetto è stata regolarmente emessa, è consentito
in questa sede pronunciare «nel merito» ai sensi dell’art.
384, comma 1, c.p.c. e rigettare, pertanto, l’opposizione proposta dal
De Vita.
Quest’ultimo va di conseguenza condannato al pagamento delle spese processuali
liquidate in euro 200 per onorari oltre spese prenotate a debito.
P.Q.M.
Accoglie
il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, pronunciando nel merito ai
sensi dell’art. 384, comma 1, c.p.c., rigetta l’opposizione proposta
dal De Vita avverso l’ordinanza-ingiunzione emessa nei suoi confronti
e lo condanna al pagamento delle spese di giudizio liquidate in euro
200 per onorari, oltre spese prenotate a debito.