Ai
sensi dell’art. 51, comma 1, D.L.vo n. 22 del 1997 è sanzionato
penalmente il trasporto di rifiuti senza autorizzazione e, pertanto, ai
fini della punibilità del fatto, non è richiesto lo scarico
degli stessi in qualche luogo.
Svolgimento
del processo e motivi della decisione.
- Con la decisione indicata in premessa, il Tribunale di Catania - sezione
distaccata di Giarre, in composizione monocratica, condannava Tosto
Giovanni e Leonardi Angelo alla pena, condizionalmente sospesa, rispettivamente
di € 4.000,00 ed € 2.000,00 di ammenda in ordine al reato
continuato di cui agli artt. 110 c.p. e 51, commi 1 e 2 lett. a), D.L.vo
n. 22/1997, accertato il 9 marzo 1998, per aver effettuato trasporto
di rifiuti, provenienti da demolizioni edili, senza essere in possesso
di autorizzazione.
Avverso detta decisione propongono ricorso gli imputati, con due distinti
atti di impugnazione.
Tosto ricorre sia contro la sentenza che contro l’ordinanza 9 aprile
2001, con la quale era stata disposta la prosecuzione del giudizio all’udienza
dell’8 giugno 2001.
A proposito dell’ordinanza, deduce la violazione dell’art.
606, comma 1, lett. a-b-c-e, in relazione agli artt. 507, 523, comma
6, 525 c.p.p., perché il giudice, dopo la discussione delle parti,
ritiratosi in camera di consiglio per deliberare, anziché pronunziare
la sentenza, aveva - con un’ordinanza adottata dopo qualche giorno
- sospeso il giudizio, rinviandolo ad altra udienza per nuova discussione,
al di fuori delle ipotesi normativamente previste. Dalla nullità
dell’ordinanza discenderebbe, dunque, anche quella della successiva
sentenza.
Nel merito, Tosto deduce: 1) la violazione dell’art. 606, comma
1, lett. a-b-c-e, in relazione all’art. 530, comma 1 e 2, c.p.p.,
non avendo egli bisogno di alcuna autorizzazione per trasportare col
proprio veicolo - come aveva fatto - terreno naturale e non materiale
proveniente da demolizioni edili, in mancanza assoluta peraltro di qualsiasi
prova in ordine alla destinazione del carico; 2) la violazione dell’art.
606, comma 1, lett. a-b-c-e, in relazione agli artt. 125, comma 3, c.p.p.,
163 e 175 c.p., non avendo tenuto conto il giudice che egli non intendeva
beneficiare della sospensione condizionale della pena, ma solo della
non menzione della condanna.
Leonardi lamenta, innanzi tutto, violazione dell’art. 525 c.p.p.,
per le stesse ragioni dedotte dal coimputato, precisando che la deliberazione
in camera di consiglio può essere sospesa solo in casi tassativamente
indicati dal codice processuale e sempre con provvedimento specificamente
motivato, a pena di nullità.
Con una seconda censura il Leonardi si duole dell’omessa motivazione
della gravata sentenza in ordine agli elementi costitutivi del reato
ascrittogli, in quanto il trasporto riguardava solo terra vegetale (e
non rifiuti), che peraltro il veicolo non aveva ancora scaricato, per
cui “il reato contestato non si è mai concretizzato”,
non potendosi configurare il tentativo nelle contravvenzioni.
All’odierna udienza dibattimentale, il P.G. conclude come riportato
in premessa.
I ricorsi sono infondati.
Per quanto concerne la doglianza processuale proposta da entrambi gli
imputati, ricorda - innanzi tutto - il Collegio che, secondo un consolidato
orientamento di questa Corte Suprema (sez. V, 18 novembre 1992, n. 1999,
Marani; sez. I, 14 gennaio 1993, n. 2548, Pereira), il principio di
immediatezza della deliberazione, fissato dall’art. 525, primo
comma, c.p.p., (come del resto anche dall’art. 448, primo comma,
c.p.p.), diversamente da quello dell’immutabilità del giudice,
stabilito dal secondo comma della stessa norma, non è sanzionato
da nullità, per cui la sua inosservanza è improduttiva
degli effetti previsti dagli artt. 178 e seguenti c.p.p., potendosi
detto comportamento del giudice solo qualificare come non formalmente
corretto.
Del resto lo stesso terzo comma dell’art. 525 dispone che la deliberazione
può essere sospesa nel caso previsto dall’art. 528 stesso
codice o in caso di assoluta impossibilità e, comunque, le citate
disposizioni non escludono che il giudice possa adottare una deliberazione
diversas dalla sentenza che definisce il giudizio.
Con un’altra censura comune, i ricorrenti sostanzialmente contestano
la materialità del reato rubricato, sia perché oggetto
del trasporto non sarebbero stati rifiuti, ma terreno vegetale, sia
perché l’autocarro non era stato ancora scaricato al momento
della rilevazione della contravvenzione.
Cominciando da quest’ultima eccezione, osserva il Collegio che
l’art. 51, comma 1, D.L.vo n. 22/1997 punisce autonomamente anche
il trasporto di rifiuti senza autorizzazione, non richiedendo necessariamente
che gli stessi siano scaricati in qualche luogo; pertanto è assolutamente
irrilevante, ai fini della sussistenza del reato rubricato, la dedotta
circostanza del mancato scaricamento del veicolo de quo.
Quanto alla natura del carico, trattasi, all’evidenza, di questione
di fatto, accertata dai giudici del merito e motivata in sentenza in
maniera adeguata e non manifestamente illogica, e quindi sottratta al
vaglio di legittimità.
Per quanto concerne, infine, l’ultima doglianza del Tosto, relativa
al beneficio della sospensione condizionale della pena, accordatogli
sebbene non richiesta, rileva il Collegio che - pur volendo considerare
sussistente l’interesse ad impugnare, ex art. 568, comma 4, c.p.p.,
carente invece perché la condanna alla sola pena pecuniaria,
nel caso di specie, andrebbe comunque iscritta nel casellario giudiziale,
ai sensi dell’art. 686, comma 1, lett. a) n. 1, c.p.p., trattandosi
di contravvenzione non oblazionabile ex art. 162 c.p. - in questa sede
non è censurabile sul punto la determinazione discrezionale del
giudice del merito, che può concedere il beneficio anche se non
richiesto. (Omissis).
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