La
custodia cautelare non può essere disposta quando la malattia è in fase
avanzata
Niente carcere per i malati gravi (Cassazione, 49442/2003)
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Non
può essere disposta né mantenuta la custodia in carcere quando l’imputato
è persona affetta da malattia particolarmente grave, per effetto della
quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato
di detenzione e comunque tali da non consentire adeguate cure in caso
di detenzione in carcere. Questo alla lettera il principio stabilito dalla
Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, che, richiamando le norme
del codice di procedura penale, ha affermato che, nell’ipotesi di condizioni
patologiche rilevanti, il giudice non può disporre immediatamente la custodia
in carcere, ma prima deve disporre la misura degli arresti domiciliari
presso un luogo di cura o di assistenza o di accoglienza, se la custodia
cautelare presso idonee strutture sanitarie penitenziarie non è possibile
senza pregiudizio per la salute dell’imputato o di quella degli altri
detenuti; solo in caso di trasgressione delle prescrizioni inerenti a
una diversa misura cautelare disposta per lo stesso reato, il giudice
può immediatamente disporne la custodia in carcere in un istituto dotato
di reparto attrezzato per la cura e l’assistenza necessarie. In ogni caso
però, ha ricordato la Suprema Corte, la custodia cautelare in carcere
non può essere disposta o mantenuta quando la malattia si trova in una
fase così avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del
servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili
e alle terapie curative; la valutazione della gravità delle condizioni
di salute dell’imputato spetta infine al giudice, il quale, se lo ritiene
necessario, può disporre la sostituzione della custodia con altra misura
cautelare. (4 febbraio 2004)
Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, sentenza n.49442/2003 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE V SEZIONE PENALE SENTENZA MOTIVI DELLA DECISIONE Con ordinanza in data 11 giugno 2003 la Corte d’appello di Firenze ha disposto che l’imputato F. M., sottoposto a misura cautelare carceraria, venisse trasferito dalla Casa circondariale di Solliciano in un Centro clinico penitenziario attrezzato per le emergenze cardiologiche, che il Ministero della giustizia ha indicato nella Cassa circondariale di Perugia. Il difensore dell’imputato, assunte informazioni sulle effettive attrezzature della Casa circondariale di Perugia, ha proposto appello contro l’ordinanza della corte toscana, lamentando che la situazione non è affatto mutata rispetto alla Casa circondariale di Sollicciano, perché anche la Casa circondariale di Perugia è dotata solo di un presidio infermieristico. Il Tribunale di Firenze ha respinto l’appello, ritenendo che la doglianza di F. M. non si riferisca in realtà al provvedimento impugnato, ma alla sua esecuzione, affidata al Ministero della giustizia. Ricorre per cassazione F. M. e deduce violazione dell’art. 275 comma 4 quater c.p.p. [1] e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, lamentando che il Tribunale abbia omesso di accertare la compatibilità delle sue condizioni di salute con il luogo di effettiva detenzione. Il ricorso è fondato. Il principio fondamentale in materia è dettato dall’art. 275 comma 4 bis c.p.p., laddove stabilisce che non può essere disposta ne mantenuta la custodia in carcere quando l’imputato è persona affetta da malattia particolarmente grave, per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da non consentire adeguate cure in caso di detenzione in carcere. Secondo quanto prevede l’art. 275 comma 4 ter c.p.p., vale a dire nell’ipotesi di condizioni patologiche rilevanti in bonam partem, non può disporre immediatamente la custodia in carcere, ma prima deve disporre la misura degli arresti domiciliari presso un luogo di cura o di assistenza o di accoglienza, se la custodia cautelare presso idonee strutture sanitarie penitenziarie non è possibile senza pregiudizio per la salute dell’imputato o di quella degli altri detenuti. Solo in caso di trasgressione delle prescrizioni inerenti a una diversa misura cautelare disposta per lo stesso reato, il giudice può immediatamente disporne la custodia in carcere in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l’assistenza necessarie (art. 275 comma 4 quater c.p.p.). In ogni caso la custodia cautelare in carcere non può comunque essere disposta o mantenuta quando la malattia si trova in una fase così avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative (art. 275 comma 5 ter c.p.p.). Ne segue che il sistema affida alla valutazione del giudice l’esigenza di gradualità nella ricerca di un soddisfacente equilibrio tra i valori della sicurezza e della salute, sia individuali sia collettive. Ed è il giudice che deve accertare quali siano le effettive condizioni di salute dell’imputato in custodia cautelare e quali le effettive possibilità di salvaguardarne la vita in un determinato ambiente carcerario, perché se una tale salvaguardia non è possibile, la custodia in carcere va comunque sostituita con altra misura. Nel caso in esame, dunque, indiscusso che si versi nell’ipotesi prevista dall’art. 275 comma 4 quater c.p.p., il giudice di appello de libertate deve accertare direttamente, eventualmente tramite un’ulteriore perizia (Cass., sez. I, 1 aprile 1996, Bruno, n. 204940), se le strutture della Casa circondariale di Perugia siano effettivamente tali da garantire le cure e l’assistenza necessarie alle già note condizioni di salute di F. M. ovvero si debba ricercare altra struttura eventualmente disponibile. Infatti non attiene all’esecuzione, bensì alle ragioni giustificative del provvedimento di mantenimento della custodia, l’effettiva compatibilità in concreto tra esigenze cautelari ed esigenze di sopravvivenza dell’imputato. PQM La Corte annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Firenze per nuovo esame. Manda la cancelleria per gli altri adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p. Roma, 9 dicembre 2003. Depositata in Cancelleria il 30 dicembre 2003. |