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Corte di Cassazione 23/04/2003

Giurisprudenza di legittimità - Velocità - Limiti fissi - Accertamento - Mezzi - Modalità alternative a quelle di cui all’art. 142, comma sesto, nuovo c.s. - Legittimità

Corte di Cassazione Civile Sez. III, 18 maggio 2000, n. 6457
Corte di Cassazione Civile
Sez. III, 18 maggio 2000, n. 6457

Velocità - Limiti fissi - Accertamento - Mezzi - Modalità alternative a quelle di cui all’art. 142, comma sesto, nuovo c.s. - Legittimità
Il disposto dell’art. 142 comma sesto del codice della strada (a mente del quale, per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità, sono considerate fonti di prova "le risultanze di apparecchiature debitamente omologate, nonché le registrazione del cronotachigrafo ed i documenti relativi ai percorsi autostradali) va interpretato nel senso che l’inosservanza dei detti limiti può legittimamente essere acclarata aliunde, dovendosi ritenere del pari attendibili modalità di accertamento anche meramente deduttive, affidate al prudente apprezzamento del giudice. (Nuovo c.s., art. 142).

Svolgimento del processo. - Con ricorso in data 8 luglio 1994 Ottaviano Lamarra propose opposizione avverso ordinanza n. 2984 del prefetto di Brindisi in data 10 maggio 1994 con la quale gli era stata irrogata la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per tre mesi in relazione alla violazione dell’art. 142, comma 9, del codice della strada, consistita nell’avere, viaggiando alla velocità di 160 km/h, superato di oltre 40 km/h il limite consentito.

Con due distinti ricorsi, entrambi del 24 dicembre 1994, si oppose inoltre alle ordinanze n. 5018 e n. 5020 del prefetto di Bari in data 30 ottobre 1994, che gli avevano rispettivamente inflitto le sanzioni amministrative pecuniarie di lire 1.000.000 per non avere, in violazione dell’art. 180 dello stesso codice, ottemperato all’invito a presentarsi per esibire il documento di abilitazione alla guida e la carta di circolazione del veicolo col quale era stata commessa la prima violazione; di lire 200.000 per violazione dell’art. 192 c.s., consista nel non avere ottemperato all’invito dei vigili a fermarsi.

Con sentenza n. 710/97 il pretore di Bari ha accolto l’opposizione avverso ordinanza n. 5020 (mancato arresto del veicolo) sul rilievo che non v’era la prova che il Lamarra si fosse accorto, mentre superava l’autovettura dei vigili urbani (dalla quale si era poi allontanato rapidamente in relazione all’alta velocità alla quale viaggiava) che quello occupante il posto a destra del conducente aveva esposto la paletta regolarmente. E ha rigettato le opposizioni avverso le altre due ordinanze ritenendo che la prova della velocità eccedente di 40 km/h il limite consentito risultava dalle disposizioni dei verbalizzanti e dalle circostanze del fatto (esito negativo dell’inseguimento attuato dai vigili, superamento a zig-zag dei veicoli in marcia, riconoscimento della fretta che assillava il conducente, segnalazioni per indurre l’auto dei vigili che procedeva sulla corsia di sorpasso a spostarsi), oltre che dalla mancata opposizione all’ordinanza-ingiunzione n. 5019/93 emessa dal prefetto di Bari per la violazione di cui all’art. 142, comma 9, del codice della strada; e che la prova della mancata ottemperanza all’invito a presentarsi era documentale, mentre non era stato in alcun modo dimostrato l’impedimento a comparire dell’interessato. Avverso detta sentenza ricorre per cassazione il Lamarra sulla base di tre motivi, cui resistono con controricorso i prefetti di Brindisi e di Bari, rappresentati dall’Avvocatura generale dello Stato.

Motivi della decisione. - 1.1 Col primo motivo, deducendosi violazione e falsa applicazione dell’art. 142, comma 6, del codice della strada, nonché insufficiente e contraddittoria la motivazione, la sentenza è censurata per avere il pretore fondato il proprio convincimento sulla sussistenza della violazione non già sulle fonti di prova menzionate dalla norma in questione, ma sul rilevamento da parte dei vigili della velocità segnalata dal tachimetro della loro stessa autovettura, il cui esatto funzionamento non era stato in alcun modo accertato.

Si assume, insomma, che l’inosservanza dei limiti di velocità non potrebbe effettuarsi con modalità diverse da quelle specificamente contemplate dalla disposizione richiamata. E, inoltre, che il pretore avrebbe erroneamente ritenuto che il verbale costituisse prova dell’illegittimo accertamento effettuato dai vigili, mentre invece esso non fa fede fino a querela di falso degli apprezzamenti, delle interpretazioni e delle elaborazioni personali degli accertatori.

1.2 La censura è infondata.

Va anzitutto chiarito che il pretore, come si legge a pagina 3 della gravata sentenza, ha tratto il proprio convincimento dalla sussistenza dell’illecito non solo dal verbale, ma anche "dalla circostanziata deposizione resa dal cap. Ianni Giovanni e dal vigile Damato Nicola, in ordine sia al luogo della vicenda e alla esistenza del segnale di limite di velocità, sia alla constatazione direttamente eseguita, dall’interno dell’auto di servizio, della velocità osservata dal Lamarra".

Il verbale (di accertamento) è risultato dunque integrato dalla deposizione dei verbalizzanti, le cui affermazioni sono apparse al pretore non immotivatamente convincenti, al di là di ogni questione sulla valenza probatoria del verbale in sé, che risulta evidentemente superata da quella della deposizione.

Deve poi osservarsi che il rilevamento, da parte dei vigili, della velocità tenuta dalla autovettura di servizio mediante l’osservazione del tachimetro e l’obiettiva circostanza che essa era stata superata da quella del Lamarra, che non erano poi riusciti a raggiungere benché avessero spinto alla massima velocità la propria Fiat Tipo, non costituiscono "apprezzamenti, interpretazioni o elaborazioni personali", ma fatti direttamente percepiti ed inequivocabilmente attestanti che la vettura del Lamarra procedeva più velocemente di quella sulla quale gli stessi viaggiavano.

Va, da ultimo, negato che il disposto dell’art. 142, comma 6, del codice della strada approvato con D.L.vo 30 aprile 1992, n. 285 ("per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate, nonché le registrazioni del cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali, come precisato dal regolamento") debba interpretarsi nel senso che l’inosservanza dei limiti non possa essere altrimenti accertata, restando l’inattendibilità di alternative modalità di accertamento, anche meramente deduttive, affidata al prudente apprezzamento del giudice. Il quale ha, nella specie, non illogicamente ritenuto che la segnalazione sul tachimetro della Fiat Tipo (che non era inizialmente riuscita a raggiungere la Lancia Thema del Lamarra e che ad essa aveva potuto avvicinarsi solo a seguito di un rallentamento provocato dal traffico) di una velocità superiore ai 160 km/h, valesse a provare che l’autovettura del Lamarra aveva superato di oltre 40 km/h il limite di velocità consentito (che fosse esso di 50, 80 o 90 km/h, come dedotto dal ricorrente).

2.1. Col secondo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché omessa motivazione su punto decisivo della controversia per avere il pretore immotivatamente negato ingresso alla prova testimoniale articolata dall’opponente, la quale mirava a dimostrare la regolarità dell’andatura del medesimo tenuta, l’assenza di ogni inseguimento ed il difetto, sul tratto di strada in questione, di alcun particolare limite di velocità.

Sostiene in particolare, che nel giudizio pretorile relativo alla contestata violazione del limite di velocità era stato documentalmente accertato che il limite di velocità era di 90 km/h e non già di 50 km/h, come inveridicamente affermato dai vigili urbani.

2.2. Premesso che la dichiarata risultanza documentale circa la sussistenza di un limite di velocità di 90 km/h (comunque superato di oltre 40 km/h da una velocità di 160 km/h) è logicamente in contrasto con quanto il ricorrente afferma di aver chiesto di provare a mezzo della prova testimoniale (assenza di alcun particolare limite di velocità), l’infondatezza della censura direttamente discende dal valore probatorio del verbale di accertamento quanto ai fatti che il verbalizzante afferma da lui compiuti o avvenuti in sua presenza senza alcun margine di apprezzamento, interpretazione o elaborazione soggettiva. Margine che, come si è sopra rilevato, va nella specie escluso in relazione ai fatti direttamente constatati e compiuti dai vigili urbani.

3.1. Col terzo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 315 c.p.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione là dove il pretore aveva fondato la propria decisione anche sulla mancata opposizione del Lamarra avverso l’ordinanza ingiunzione n. 5019/93 del prefetto di Bari, concernente il preteso eccesso di velocità (art. 142, comma 9, del codice della strada), che non era stata invece ancora emessa alla data della sentenza pretorile "tanto che il giudizio di opposizione è tuttora pendente innanzi al pretore di Bari". Sicché avrebbe, in definitiva, fondato la decisione su un presupposto inesistente.

3.2. Non può non rilevarsi preliminarmente come appaia assolutamente incomprensibile l’assunto del ricorrente che, alla data della sentenza pretorile, e dunque a circa cinque anni dal fatto, non fosse stata ancora emessa un’ordinanza ingiunzione della quale in sentenza è, invece, addirittura citato il numero: 5019/93.

E’, per contro, possibile che avverso detta ordinanza pendesse, alla data dell’emissione della sentenza pretorile qui impugnata, il giudizio di opposizione.

Ma tanto non vale ad infirmare la decisione sotto il dedotto profilo, giacché il riferimento del pretore alla mancata opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione n. 5019/93 non costituisce nè l’unico nè il determinante motivo della conclusione raggiunta dal giudicante circa la sussistenza dei presupposti legittimanti l’emissione da parte del prefetto dell’ordinanza di sospensione della patente di guida, sostanzialmente fondata sui fatti attestati dal verbale e sulla "circostanziata deposizione" resa da ognuno dei verbalizzanti.

4. Il ricorso va conclusivamente rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. [RV1200]

Mercoledì, 23 Aprile 2003
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