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Corte di Cassazione 03/12/2002

è passibile di multa chi non si avvale dell’attraversamento pedonale entro 100 metri - Il pedone ha l’obbligo di attraversare sulle strisce (Cassazione 14101/2002)

 


è passibile di multa chi non si avvale dell’attraversamento pedonale entro 100 metri
Il pedone ha l’obbligo di attraversare sulle strisce
(Cassazione 14101/2002)

 

I pedoni hanno l’obbligo di attraversare la strada sulle strisce pedonali, salvo che queste ultime si trovino ad una distanza superiore di 100 metri dal punto di attraversamento. Il principio, sancito dal Codice della Strada, è stato ribadito dalla Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione che, accogliendo il ricorso di due pedoni, ha sottolineato da un lato che il pedone che non si avvale delle strisce è passibile di multa, dall’altro che, però, il giudice può basarsi su semplici presunzioni per ricostruire il punto esatto dell’attraversamento, ma deve compiere una analisi approfondita e dettagliata, motivando le proprie decisioni. (2 dicembre 2002) Ý

Suprema Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, sentenza n.14101/2002 Ý

LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE I CIVILE

SENTENZA

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con ricorso depositato il 7/11/1998, C. F. ed A. G. proponevano davanti al Pretore di Livorno opposizione avverso i verbali di contestazione n. 127451 e n. 127452 in data 26/9/1998, con i quali era stata accertata, a loro rispettivo carico, la violazione dell’art. 190, secondo comma, del codice stradale [1], per aver il 27/7/1998 attraversato la carreggiata del Viale Italia della medesima città, all’altezza dei Bagni Acquaviva, senza servirsi delle strisce pedonali poste a distanza di circa metri 60.

Deducevano gli opponenti che la contestazione, derivata dai rilievi effettuati dai vigili urbani intervenuti sul posto dopo che gli esponenti erano stati investiti da un’auto mentre stavano procedendo all’attraversamento sopra descritto, oltre a non essere stata effettuata nell’immediatezza delle dichiarazioni da loro rese, risultava manifestamente errata, poiché il punto dell’attraversamento stesso distava metri 125 dalle strisce pedonali in direzione nord e metri 102 da quelle in direzione sud.

All’udienza di discussione, in assenza degli opponenti, il funzionario designato della locale Prefettura concludeva per il rigetto del ricorso.

Il Tribunale di Livorno, in composizione monocratica, frattanto succeduto al giudice adito, con sentenza del 10/12/1999- 8/1/2000, respingeva l’opposizione assumendo: che il momento in cui erano state rilasciate le dichiarazioni degli opponenti non fosse quello al quale poter riferire la contestazione immediata e che la derivazione dei verbali dalla ricostruzione dell’incidente ben giustificasse la loro notifica, peraltro tempestiva, in un momento successivo; che all’esame degli atti trasmessi dalla Polizia Municipale risultasse individuato con certezza il punto d’urto in corrispondenza dell’inizio della traccia di liquido perso sulla carreggiata dall’autovettura investitrice (punto misurato a distanza di circa metri 60 dal più vicino attraversamento pedonale), laddove non era ravvisabile la dedotta conformità non solo tra le dichiarazioni dei medesimi opponenti, ma neppure tra queste e quelle dell’investitore.

Avverso tale sentenza, propone ricorso per cassazione il G., deducendo due motivi di gravame, ai quali resiste con controricorso il Prefetto di Livorno.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va innanzi tutto riconosciuta l’inammissibilità del suddetto controricorso.

Premesso, infatti, che il ricorso del G. risulta essere stato, oltre che tempestivamente (in data cioè 21/3/2000), del tutto ritualmente notificato al Prefetto di Livorno di persona, atteso che quest’ultimo si è costituito in sede di opposizione davanti al giudice di merito avvalendosi di un funzionario delegato (cosÏ come espressamente consente l’art. 23, quarto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689), si osserva quindi che il menzionato controricorso è stato a propria volta notificato solamente in data 3/11/2000, ovvero ben oltre il termine di cui al primo comma dell’art. 370 c.p.c., senza che, del resto, la parte intimata abbia poi neppure partecipato alla discussione orale del 20/3/2002.

Ciò posto, con il primo motivo di impugnazione, lamenta il ricorrente violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, n. 3, c.p.c., in relazione agli artt. 23 della legge n. 689 del 1970 e 2729 c.c.), deducendo: che il giudice di merito ha ritenuto individuato con certezza il punto d’urto in corrispondenza dell’inizio della traccia di liquido perso sulla carreggiata dall’autovettura investitrice (e che a partire da tale traccia sull’asfalto il vigile accertatore ha effettuato la misurazione, laddove detta corrispondenza è frutto soltanto di una presunzione semplice (traccia di liquido = punto d’urto = punto di attraversamento), senza tuttavia assurgere a prova sufficiente della responsabilità, dal momento che siffatta presunzione è stata puntualmente contestata dagli opponenti, con specifico riferimento alle dichiarazioni contenute nei verbali dei vigili e agli atti; che la circostanza secondo cui all’urto con l’auto sia seguita immediatamente la perdita di liquido è una mera supposizione del vigile accertatore e, di conseguenza, del giudice che ha accolto integralmente le deduzioni della Prefettura, laddove una simile presunzione è da dimostrare e da motivare, tanto più se si pensa che, secondo l’id quod plerumque accidit, è vero il contrario.

Il motivo è fondato.

Il giudice del merito, infatti, ha basato la propria decisione sulle seguenti argomentazioni: che dall’esame degli atti trasmessi dalla Polizia Municipale risultasse con certezza individuato il punto d’urto in corrispondenza dell’inizio della traccia di liquido perso sulla carreggiata dall’autovettura investitrice, punto misurato dal vigile accertatore a distanza di circa metri 60 dal più vicino attraversamento pedonale; che il confronto delle dichiarazioni rese con quelle in data 9/6/1998 del conducente dell’auto investitrice (M.F.) non consente di ravvisare la dedotta conformità non solo tra quelle degli opponenti stessi e quelle dell’investitore ma neppure all’interno delle prime.

Sotto il primo profilo, è da notare che detto giudice, chiamato ad individuare, ai fini dell’accertamento della sussistenza della responsabilità dell’odierno opponente in ordine alla violazione contestatagli (ed alla distanza in specie dal più vicino passaggio pedonale), il punto di attraversamento del G. sulla carreggiata, ha preso le mosse dalla plausibile coincidenza tra tale punto d’urto (fatto ignoto) in corrispondenza dell’inizio della traccia di liquido perso sulla carreggiata dall’autovettura investitrice (fatto noto).

In questo modo, è palese che il medesimo giudice ha implicitamente applicato una presunzione semplice, la quale, giova ricordare, ai sensi del primo comma dell’art. 2729 c.c. può essere ammessa solo se grave, precisa e concordante, laddove, però, nella specie, il relativo apprezzamento non va esente da censura, segnatamente sotto il profilo del vizio di motivazione (cosÏ qualificando la reale portata della censura dedotta dal ricorrente), atteso che tale giudice ha ritenuto che, nel punto stesso in cui è avvenuto l’urto tra l’autoveicolo dell’investitore e la persona dell’investito, la detto autoveicolo abbia iniziato a perdere liquido sulla carreggiata, mentre invece è del tutto ragionevole, corrispondendo a criteri di logica se non addirittura alle regole di comune esperienza, che il gocciolamento il quale segua alla rottura di una parte meccanica (radiatore simili di un veicolo in marcia non lasci una traccia immediata sull’asfalto, nel senso esattamente che l’energia cinetica di un mezzo che proceda ad una velocità di 50 Km/ h (supposta nei limiti di legge) e che non lasci altresÏ tracce di frenata dopo l’urto con due persone si palesa idonea a spostare sulla carreggiata l’inizio delle tracce del liquido perso, senza poi considerare l’eventualità che quest’ultimo possa trovare, nello stesso vano motore, ostacoli di natura meccanica alla propria fuoriuscita, si che il raggiungimento dell’asfalto medesimo ne risulti ulteriormente differito in termini temporali e, quindi, in definitiva, anche spaziali.

Ne la sentenza impugnata si sottrae a censura sotto il secondo dei due profili innanzi indicati, ugualmente riconducibile alla denunzia di un vizio di motivazione, dal momento che, in effetti, il giudice a quo, affermando la non conformità vuoi tra le stesse dichiarazioni degli investiti vuoi tra queste ultime e quelle dell’investitore, mostra di aver trascurato di apprezzare il contenuto delle affermazioni sia del G., sia del F., sia del M., analiticamente e specificamente riportate dall’odierno ricorrente (alla pagina 4 del ricorso), le quali, all’opposto, sembrano concordare nel localizzare all’altezza del Bar Sammontana il punto in cui avvenne l’attraversamento del Viale Italia da parte dei due investiti.

Pertanto, il primo motivo del ricorso merita accoglimento, onde, restando assorbiti il secondo, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche ai fini delle spese, al Tribunale di Livorno in persona di altro magistrato.

PQM

La Corte accoglie l primo motivo del ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche ai fini delle spese, al Tribunale di Livorno in persona di altro magistrato.

Roma, 20 marzo 2002.

Depositata in Cancelleria il 1 ottobre 2002.
 
Martedì, 03 Dicembre 2002
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