Sentenza
n. 12721 del 30 agosto 2002
ESPULSIONE DI STRANIERI - VALUTAZIONE DELLA PERICOLOSITA’
(Sezione Prima Civile - Presidente G. Losavio - Relatore
G. SalmË)
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Il cittadino marocchino F. B. Ë stato colpito da provvedimento di espulsione
del prefetto di Torino, perchÈ ritenuto persona pericolosa per la sicurezza
o la moralitı pubblica, in quanto indagato per vari reati (contrabbando,
atti osceni, oltraggio) e per alcuni di tali reati anche condannato.
Il tribunale di Torino ha rigettato il ricorso proposto ai sensi dell’art.
13 del d. lg.vo n. 286 del 1998, affermando che il provvedimento di espulsione
dello straniero appartenente a una delle categorie di persone pericolose
di cui alla legge n. 1423 del 1956, risponde a finalitı diverse dal provvedimento
di applicazione delle misure di prevenzione previste da detta legge, non
solo perchÈ quest’ultimo Ë di competenza dell’autoritı giudiziaria mentre
il primo Ë di competenza dell’autoritı amministrativa, ma anche perchÈ
risponde alla esigenza di allontanare dal territorio nazionale persona
non meritevole di continuare a rimanervi. Pertanto non Ë decisiva la valutazione
della condotta complessiva e l’attualitı della pericolositı sociale, essendo
sufficiente che, sulla base di precisi e concordanti indizi, lo straniero
possa essere probabilmente ascritto a una delle categorie di cui all’art.
1 della legge n. 1423 del 1956 e quindi sia immeritevole di rimanere in
Italia. La motivazione adottata dal prefetto nella specie sarebbe congrua
in relazione ai numerosi reati per i quali lo straniero era indiziato,
non essendo sufficiente che, dopo circa 14 anni di permanenza in Italia,
solo nell’ultimo anno si sia dedicato a un lavoro onesto. Permangono,
infatti, i sintomi di pericolositı sociali, derivanti dalle numerose denunce
penali, che fanno emergere la probabilitı che egli possa reiterare i suoi
comportamenti antisociali. Avverso il provvedimento del tribunale di Torino
F. B. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati
con memoria. Resiste con controricorso il prefetto di Torino.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art.
13, 2ƒ comma, lettera c) e 3ƒ comma, in relazione all’art. 3, 1ƒ comma
della legge n. 241 del 1990 e all’art. 1 della legge n. 1423 del 1956,
nonchÈ vizio di motivazione, il ricorrente sostiene che dalla lettera
dell’art. 13, 2ƒ comma lettera c), il quale prevede che (espulsione possa
essere pronunciata solo nei confronti dello straniero che "appartiene"
a una delle categorie di cui alla legge n. 1423/56, deriverebbe che non
Ë legittimo un provvedimento di espulsione basato sulla semplice probabilitı
che lo straniero appartenga alla categoria delle persone pericolose. Anzi
la norma potrebbe interpretarsi nel senso che prima dell’espulsione la
pericolositı sociale debba essere accertata dall’organo competente all’applicazione
delle misure di prevenzione. Ma anche a non condividere tale interpretazione,
non potrebbe negarsi che il prefetto, nel valutare autonomamente la pericolositı
sociale, debba attenersi ai criteri indicati dalla legge nƒ 1423/56 e
quindi debba valutare la condotta complessiva, l’abitualitı e la attualitı
delle condotte contestate. D’altra parte, nelle specie, nei confronti
del ricorrente era giı stata fatta applicazione del procedimento previsto
dalla legge nƒ 1423 perchÈ era stata notificato ravviso a cambiare condotta
di vita e, pertanto, contraddittoriamente si era proceduto all’espulsione,
senza valutare la condotta successiva alla notifica dell’avviso. Se tale
valutazione fosse stata fatta sarebbe emerso che in tale periodo il ricorrente
aveva effettivamente cambiato vita, avendo trovato un lavoro con il quale
riusciva a mantenere onestamente la famiglia.
Infine non potrebbe trascurarsi che l’art. 8 della convenzione europea
sui diritti dell’uomo, resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848,
consente l’ingerenza delle pubbliche autoritı nella vita privata e familiare
nei soli casi previsti dalla legge e solo quando il sacrificio del diritto
costituisce una misura che, in una societı democratica, puÚ ritenersi
necessaria e proporzionata rispetto alla finalitı perseguita.
2. Il ricorso Ë fondato.
L’art. 13, 2ƒ comma lettera c) del d. l.vo n. 286 del 1986 consente al
prefetto di espellere lo straniero che "appartiene a taluna delle categorie
indicate nell’articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito
dall’art. 2 della legge n. 3 agosto 1988, n. 327, o nell’articolo 1 della
legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall’art. 13 della legge
13 settembre 1982, n. 646."
Il tribunale di Torino, sulla premessa della diversitı delle finalitı
della legge n. 1423 rispetto a quelle perseguite dalla norma sopra riportata,
la quale attribuirebbe al prefetto il potere di espellere lo straniero
sulla base di un semplice giudizio di non meritevolezza, sostiene che
(appartenenza a una delle categorie di persone indicate dall’art. 1 della
legge n. 1423 del 1956 dovrebbe essere intesa nel senso che potrebbe essere
ritenuto immeritevole di rimanere in Italia lo straniero che possa essere
probabilmente ascritto ad una delle categorie di cui all’art. 1 della
legge n. 1423.
Questa interpretazione non puÚ essere condivisa. Innanzi tutto, in via
generale, non puÚ negarsi che sia la legge n. 1423 del 1956 che rari 13
del d.l.vo n. 286 del 1998, mirano a perseguire la stessa finalitı di
tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica (in tal senso appare decisivo
l’esplicito richiamo ai "motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello
Stato" nel primo comma dell’art. 13 citato). In entrambe le discipline,
inoltre, vengono in considerazione diritti soggettivi del soggetto colpito
dal provvedimento dell’autoritı amministrativa, come Ë dimostrato dal
fatto che la tutela nei confronti dei provvedimenti stessi Ë esercitata
davanti al giudice ordinario. Quest’ultimo rilievo non consente quindi
di condividere interpretazioni che attribuiscano all’autoritı amministrativa
poteri in cui presupposti siano indeterminati o, comunque, talmente ampi
da sottrarli ad un effettivo controllo in sede giurisdizionale. Ne deriva
che, quando la nonna indica il presupposto dell’espulsione dello straniero
nella sua "appartenenza" alla categoria delle persone pericolose, di cui
alla legge n. 1423 del 1956, non puÚ ammettersi che tale "appartenenza"
possa essere oggetto di un giudizio meramente probabilistico, dovendo
invece richiedersi un accertamento rigoroso dei presupposti sulla base
dei quali la legge n. 1423 consente di ascrivere un soggetto a una delle
categorie di persone pericolose dalla stessa legge indicate. Una lettura
dell’art. 13 del d. l.vo n. 286 conforme alle effettive finalitı e rispettosa
della natura giuridica della situazione soggettiva dello straniero incisa
dal provvedimento amministrativo e delle conseguenti esigenze di tutela
giurisdizionale, impone di ritenere che la nonna, quanto ai presupposti
del giudizio di "appartenenza" alle categorie di persone pericolose, contenga,
sostanzialmente, un rinvio alla disciplina della legge n. 1423. Conseguentemente,
il controllo giurisdizionale conseguente all’impugnazione dei provvedimenti
espulsivi adottati sulla base dell’art. 13, 2ƒ comma lettera c), deve
avere ad oggetto il riscontro della sussistenza dei presupposti dell’inclusione
dello straniero in una delle categorie indicate dall’art. 1 della legge
n. 1423 del 1956 e, pertanto, deve essere condotto utilizzando i criteri
che emergono dagli orientamenti giurisprudenziali elaborati con riferimento
a tale disciplina (in senso conforme v. Cass. n. 8395/2000).
Devono, in particolare, tenersi presenti i criteri: a) della necessitı
di un accertamento oggettivo e non meramente soggettivo degli elementi
che giustificano sospetti e presunzioni; b) del requisito dell’attualitı
della pericolositı; c) della necessitı di esaminare globalmente l’intera
personalitı del soggetto, quale risulta da tutte le manifestazioni sociali
della sua vita (v. tra le pi˜ recenti: cass. 17 marzo 2000, Cannella;
2 marzo 1999, Morabito; 14 dicembre 1998, Musso; 6 aprile 1999, Cirillo;
20 novembre 1998, Iorio; 11 gennaio 1999, Pappacena).
Il provvedimento impugnato non si Ë attenuto a questi criteri e pertanto
deve essere cassato.
Il profilo accolto comporta l’assorbimento di quello con il quale il ricorrente
lamenta la contraddittorietı della motivazione e il mancato esame della
richiesta di riduzione del periodo del divieto di rientro in Italia.
PER QUESTI MOTIVI
la corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo; cassa il provvedimento
impugnato e rinvia al tribunale di Torino, anche per le spese di questo
giudizio.
Ultima modifica: 06/11/2002
|