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Corte di Cassazione 04/08/2002

Giurisprudenza di legittimità - Autotrasporto – Obbligo di cronotachigrafo – Veicoli adibiti al servizio di nettezza urbana – Sussistenza – Condizioni e limiti.

CASSAZIONE CIVILE Sez. I, 7 settembre 2001, n. 11481

CASSETTO: GIURIDICO // FILE: 2002.02feb-a1// WEB:   0012


CORTE DI CASSAZIONE CIVILE

Sez. I, 7 settembre 2001, n. 11481

 

Autotrasporto – Obbligo di cronotachigrafo – Veicoli adibiti al servizio di nettezza urbana – Sussistenza – Condizioni e limiti.
 


 

In tema di circolazione stradale, la norma di cui all’art. 179 c.d.s. va interpretata nel senso che l’obbligo di circolazione con cronotachigrafo, sancito per i mezzi meccanici adibiti a servizio di nettezza urbana, è escluso nel solo caso in cui il trasporto dei rifiuti debba avvenire sino al più vicino punto di raccolta, e non anche nel caso di trasporto su lunghe tratte stradali o autostradali.

 



CORTE DI CASSAZIONE CIVILE

Sez. I, 7 settembre 2001, n. 11481
 


 


Svolgimento del processo
– Con due distinti ricorsi depositati il 29 agosto 1995, la IGM spa e Primo Barzaghi proponevano davanti al Pretore circondariale di Bergamo, presso la sezione distaccata di Grumello del Monte, opposizione avverso altrettante ordinanze (n. 812/94 del 26 gennaio 1995 e n. 1404/94 del 12 gennaio 1995 rispettivamente) attraverso le quali il locale prefetto della provincia aveva ingiunto, con la prima a entrambi e con la seconda alla sola società, il pagamento della identica somma di lire 2.000.000 a titolo di sanzione amministrativa per avere il Barzaghi, alla guida di un veicolo di proprietà della IGM, trasportato rifiuti dal punto di raccolta alla discarica autorizzata senza inserire il foglio di registrazione nel cronotachigrafo, in un caso, nonché sprovvisto di quest’ultimo e del foglio medesimo nell’altro, così violando il disposto dell’art. 179 del nuovo codice della strada.

Deducevano i ricorrenti che quest’ultima disposizione faceva obbligo ai veicoli di circolare provvisti dell’apparecchiatura in oggetto nei casi previsti dal regolamento CEE n. 3821 del 20 dicembre 1985, il quale, tuttavia, in forza del richiamo all’art. 4 del regolamento CEE n. 3820 in pari data a propria volta contenuto nell’art. 3, escludeva tale obbligo per i mezzi del genere di quello all’origine della contestazione, adibiti ai servizi della nettezza urbana.

Costituendosi in ambedue i procedimenti, la Prefettura di Bergamo chiedeva il rigetto dei ricorsi, che il giudice adito, dispostane la riunione, in effetti respingeva con sentenza in data 11/13 novembre 1998, assumendo che l’esclusione dell’obbligo del cronotachigrafo per i servizi di nettezza urbana fosse ristretta al caso in cui il trasporto dei rifiuti dovesse avvenire sino ad un vicino punto di raccolta e non trovasse invece applicazione nel caso di trasporto su lunghe tratte stradali ed autostradali, come era appunto avvenuto nel cosiddetto periodo di emergenza rifiuti, quando cioè questi ultimi erano stati smaltiti in discariche extraregionali ed, a volte, extracomunitarie.

Avverso tale sentenza, propongono ricorso per cassazione la IGM spa (ora Waste Management Italia spa) e Primo Barzaghi, deducendo un solo, complesso motivo di gravame, illustrato da memoria, al quale resiste la Prefettura di Bergamo con controricorso.

 

Motivi della decisione – Deve innanzi tutto essere riconosciuta l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Interno.

Si osserva al riguardo che, in tema di sanzioni amministrative, il ricorso per cassazione avverso la sentenza pretoriale che decide sull’opposizione all’ordinanza-ingiunzione emessa dal prefetto, va notificato al prefetto stesso e non al Ministero dell’interno , in quanto il primo, pur essendo organo periferico del secondo, agisce nell’ambito di una sua specifica autonomia funzionale, secondo quanto traspare dal fatto che la legittimazione passiva, in detto giudizio di opposizione, compete all’autorità che ha reso il provvedimento opposto (art. 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689), onde tale legittimazione resta ferma anche in sede di impugnazione, difettando una diversa previsione nella disciplina della citata legge (Cass. 26 ottobre 1989, n. 4444; Cass. 21 marzo 1990, n. 2338; Cass. 11 giugno 1998, n. 5827).

Per quanto attiene invece al ricorso proposto nei confronti della Prefettura di Bergamo, il quale appare suscettibile di venire riferito allo stesso prefetto in forza del principio di conservazione degli atti (utile per inutile non viatur), è da notare che il ricorso per cassazione avverso la sentenza pronunciata dal pretore in sede di opposizione contro ordinanza-ingiunzione che abbia irrogato sanzione amministrativa, deve essere notificato, come sopra accennato, al medesimo organo dal quale promani il provvedimento opposto e che sia stato parte di persona, o tramite funzionario designato, nel medesimo giudizio di opposizione (Cass. 18 novembre 1988, n. 6524; Cass. 24 agosto 1999, n. 599), laddove, però, la notificazione eseguita, come nella specie, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, non determina l’inesistenza della notificazione stessa, ma la semplice nullità, che resta sanata dalla costituzione dell’intimato (Cass. 17 giugno 1997, n. 5429), secondo quanto è concretamente accaduto in questa sede.

Ancora preliminarmente, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del controricorso sollevata dai ricorrenti, nella memoria ex art. 378 c.p.c., in relazione al fatto che la Prefettura di Bergamo ha proceduto ad effettuare una sola notifica presso il domicilio eletto malgrado il ricorso fosse stato proposto da due soggetti distinti.

In proposito, basti osservare che il principio secondo cui la notificazione dell’atto di impugnazione deve avvenire mediante consegna di tante copie quante sono le parti contro le quali il gravame viene esperito, ancorché unico sia il procuratore domiciliatario, non può estendersi agli atti, come il controricorso in Cassazione, che mirino a resistere al gravame stesso, onde per questi ultimi, e ai fini della relativa ammissibilità dei medesimi, è sufficiente la notificazione in unica copia, presso il domicilio eletto, nei confronti di più ricorrenti che, come nella specie, abbiano proposto l’impugnazione con un solo atto e con un solo difensore (Cass. 19 dicembre 1991, n. 13704; Cass. 15 luglio 1998, n. 6916).

Tanto premesso, attraverso l’unico motivo di gravame lamentano i predetti ricorrenti violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, n. 3, c.p.c.) in relazione all’art. 179, commi primo, secondo e terzo, codice della strada, all’art. 4 del regolamento CEE n. 3820/85 e all’art. 3 del regolamento CEE n. 3821/85 del 20 dicembre 1985, all’art. 25 della Costituzione per violazione del principio di legalità richiamato dall’art. 1 della legge 24 novembre 1981, n. 689 e all’art. 12 delle preleggi, nonché insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360, n. 5, c.p.c.), deducendo:

a) che la norma del codice della strada che si pretende violata rinvia al regolamento CEE n. 3821/85 per quanto concerne la disciplina delle caratteristiche e delle modalità di impiego del cronotachigrafo, nonché per la previsione dei casi in cui è richiesto l’obbligo di installazione;

b) che in base alla disciplina legislativa tuttora vigente risultano espressamente esclusi dall’obbligo di installazione ed utilizzazione dell’apparecchio i veicoli adibiti al trasporto della nettezza urbana;

c) che non è consentito, pena la violazione del principio di tassatività delle sanzioni amministrative, estendere l’obbligo di installazione a casi non espressamente individuati dalla normativa e, tanto meno, a casi per i quali è dalla legge stessa prevista l’esclusione;

d) che la disciplina sopra descritta non può ritenersi modificata da un atto amministrativo non avente forza di legge, quale la circolare interpretativa dell’art. 4, n. 6, del regolamento CEE n. 3821/85 emanata dal Ministero dell’interno l’11 aprile 1994, non essendo consentito introdurre distinzioni assolutamente non previste dalle disposizioni propriamente legislative e peraltro fonti di molteplici inconvenienti;

e) che il Pretore di Bergamo ha interpretato le suddette disposizioni non tanto sulla base dell’inequivocabile dato letterale, quanto sulla base della pretesa intenzione del legislatore, laddove le norme di riferimento, con limpida formulazione, escludono dall’obbligo di installazione del cronotachigrafo i veicoli adibiti al servizio della nettezza urbana, non consentendo quindi l’utilizzazione dei rimanenti criteri di ricerca previsti in via sussidiaria dall’art. 12 delle preleggi.

Il motivo non è fondato.

L’art. 179, infatti, del nuovo codice, emanato con decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, dispone al primo comma che «i veicoli devono circolare provvisti di cronotachigrafo, con le caratteristiche e le modalità di impiego stabilite nel regolamento CEE n. 3821/85, nei casi previsti dal regolamento stesso», stabilendo, quindi, nei successivi commi secondo e terzo, le corrispondenti sanzioni amministrative in via pecuniaria a carico di «chiunque circola con un autoveicolo non munito di cronotachigrafo, nei casi in cui è previsto, ovvero circola con autoveicolo munito di un cronotachigrafo avente caratteristiche non rispondenti a quelle fissate nel regolamento o non funzionante, oppure non inserisce il foglio di registrazione…» (secondo comma), nonché a carico del «titolare della licenza o dell’autorizzazione al trasporto di cose che mette in circolazione un veicolo sprovvisto di cronotachigrafo e dei relativi fogli di registrazione, ovvero con cronotachigrafo manomesso oppure non funzionante…» (terzo comma).

A sua volta, l’art. 3, primo comma, del regolamento CEE del Consiglio 20 dicembre 1985, n. 3821, richiamato dall’art. 179 sopra citato e relativo all’apparecchio di controllo nel settore dei trasporti su strada, prevede espressamente che siffatto apparecchio deve essere montato e utilizzato sui veicoli adibiti al trasporto su strada di viaggiatori o di merci ed immatricolati in uno Stato membro, ad eccezione dei veicoli elencati all’art. 4 del regolamento CEE del Consiglio 20 dicembre1985, n. 3820, relativo all’armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada.

Tale art. 4, a propria volta, dispone che il regolamento stesso «non si applica ai trasporti effettuati a mezzo di …veicoli adibiti ai servizi (tra l’altro) della nettezza urbana», giusta la disposizione contenuta in particolare sotto il n. 6 dello stesso art. 4.

Al riguardo, la Corte di Giustizia delle Comunità Europee, in due diverse occasioni, è stata investita della domanda di pronuncia pregiudiziale, rispettivamente avanzata a norma dell’art. 177 del Trattato CE dall’Amtsgericht di Recklinghausen (Germania) in sede di ricorso giurisdizionale contro una sanzione pecuniaria dinanzi ad esso proposto da Hans Walter Mrozek e da Bernard Jaeger (funzionari della società tedesca Reuthmann, incaricata dei trasporti riguardanti, da un lato, rifiuti domestici particolari, come pile scariche e prodotti chimici, nonché, dall’altro, rifiuti industriali) e dal Tribunal de police di La Rochelle (Francia) nel procedimento penale dinanzi ad esso pendente contro Pierre Goupil (presidente e direttore generale di una società la cui attività consiste nella pulizia, nell’asporto, nella bonifica e nel trattamento dei rifiuti ed i cui veicoli raccolgono i rifiuti stessi presso le imprese e li trasportano fino ad una discarica speciale o a un inceneritore), vertente in entrambi i casi sull’interpretazione del richiamato art. 4, punto 6, del regolamento CEE n. 3820/85, richiedendosi segnatamente come debba essere definita la nozione di «servizio della nettezza urbana» e se, in particolare, la deroga contenuta all’art. 4, punto 6, del regolamento CEE n. 3820/85 escluda dall’applicazione del regolamento medesimo i veicoli di società private di raccolta e trattamento di rifiuti valendo solo per brevi trasporti nell’ambito di un comune (con speciale riferimento al ritiro dei rifiuti casa per casa) o se essa comprenda anche il caso in cui tali trasporti avvengano su tratti più lunghi, ad esempio fino ad una discarica situata al di fuori del comune stesso.

In ambedue le occasioni, e precismente nella causa C-335/94 (Mrozek e Jaeger) quanto nella causa C-39/95 (Goupil), la Corte Europea, con sentenze parimenti pronunciate in data 21 marzo 1996, ha avuto modo di affermare che l’art. 4, punto 6, del regolamento n. 3820/85, allorché include tra le categorie di trasporti esclusi dal campo di applicazione del regolamento medesimo quelli effettuati per mezzo di «veicoli adibiti al servizio della nettezza urbana», deve essere interpretato nel senso che comprende i veicoli adibiti alla raccolta di rifiuti di tutti i tipi che non costituiscano oggetto di una disciplina più specifica, nonché al loro trasporto ««a breve distanza», nell’ambito di un servizio generale di interesse pubblico effettuato direttamente dalle autorità pubbliche o da imprese private sotto il controllo di queste.

Più in particolare, la medesima Corte ha assunto:

a) che l’art. 4 del regolamento enumera alcune categorie di trasporti esclude dal suo campo di applicazione, laddove tale disposizione, stabilendo una deroga al regime generale, non può essere interpretata in modo da estendere i suoi effetti al di là di quanto è necessario per assicurare la tutela degli interessi che mira a garantire, onde la portata delle deroghe previste deve essere determinata tenendo conto delle finalità del regolamento stesso;

b) che, in relazione agli interessi dei quali l’art. 4, punto 6, del regolamento vuole garantire la tutela, le deroghe previste da questa disposizione si basano sulla natura dei servizi ai quali sono adibiti i veicoli, risultando dal relativo elenco che i servizi ivi considerati costituiscono tutti i servizi generali di interesse pubblico;

c) che il regolamento mira ad armonizzare le condizioni di concorrenza e a migliorare le condizioni di lavoro e la sicurezza stradale;

d) che, tenuto conto di questi obiettivi, e principalmente di quello relativo al miglioramento della sicurezza stradale, si deve interpretare la nozione di «servizio della nettezza urbana» nel senso che essa comprende soltanto la raccolta di rifiuti da un luogo nel quale sono stati collocati, là dove i veicoli adibiti a questa attività effettuano tragitti limitati di breve durata onde il trasporto riveste carattere accessorio rispetto alla raccolta, mentre il trasporto di rifiuti che non presenti queste caratteristiche non può essere ricompresso nella deroga, spettando al giudice nazionale valutare in ogni fattispecie ad esso sottoposta se tale sia il caso;

e) che, essendo i servizi di cui all’art. 4, punto 6, di interesse generale, si devono definire rifiuti ai sensi della presente disposizione i rifiuti di natura tanto domestica quanto commerciale, così come rifiuti speciali, in quanto la loro rimozione risponde ad una esigenza di interesse generale, laddove siffatta interpretazione è del pari conforme all’obiettivo dell’armonizzazione delle condizioni di concorrenza, senza ostacolare, tuttavia, l’applicazione di disposizioni più specifiche relative a taluni tipi di rifiuti;

f) che, nei limiti così definiti, sono ricompresi nell’art. 4, punto 6, del regolamento anche la circolazione a vuoto dei veicoli e il loro spostamento per la preparazione dei trasporti.

Alla stregua, dunque, delle richiamate sentenze della Corte di Giustizia, il cui contenuto si profila idoneo a rimuovere ogni residuo dubbio ermeneutico in ordine alla normativa regolamentare europea applicabile al rapporto di specie, è quindi palese come l’impugnata sentenza risulti immune dai vizi denunziati dagli odierni ricorrenti, atteso che il giudice di merito, sulla base dell’incensurato apprezzamento circa il fatto che il trasporto dei rifiuti in contestazione dal punto di raccolta alla discarica autorizzata si sia svolto «su lunghe tratte stradali ed autostradali», ha offerto (inconsapevolmente è da credere) un’interpretazione della predetta normativa del tutto conforme a quella già accolta dalla Corte medesima e, peraltro, ancora prima di quest’ultima formulata dalla stessa Amministrazione dell’Interno con la nota n. 300/A/23073/111.20.3 dell’11 aprile 1994.

Il ricorso, in conclusione, deve essere rigettato.

La sorte delle spese del giudizio di cassazione segue il combinato disposto degli artt. 385, primo comma e 97, primo comma, ultima parte, c.p.c., liquidandosi dette spese in lire, di cui 700.000 per onorario (omissis) [RV0202]

Domenica, 04 Agosto 2002
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