Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, sentenza n.36351/2001 (Presidente: R. Calabrese; Relatore: N. Cicchetti)
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
V SEZIONE PENALE
SENTENZA
MOTIVI IN FATTO E DIRITTO
L’impugnata sentenza, riformando quella del Pretore di Rovereto 19/11/1996, condannava M.M . alla pena di mesi 2 di reclusione per il reato p. e p. dell’art. 483 c.p. [1] (falsa dichiarazione di smarrimento patente), ritenendo che il privato ha l’obbligo di dire la verità nella denuncia di smarrimento al fine di costituire la prova utilizzabile per il rilascio del duplicato.
Rigettava la tesi dell’errore quanto al fatto in sé dello smarrimento.
Il ricorrente allegava i seguenti motivi.
Erronea applicazione dell’art. 483 c.p. quanto alla qualificazione dell’atto pubblico.
Violazione degli artt. 43 e 47 c.p. e correlativo vizio di motivazione.
Chiedeva l’annullamento dell’impugnata sentenza.
Il ricorso deve essere disatteso siccome infondato e, quanto al secondo motivo, inammissibile.
Con il primo motivo si contesta che il modulo precostituito firmato dall’imputato possa avere la natura di atto pubblico, ai sensi dell’art. 483 c.p..
Va, invece, osservato come la circostanza che la denunzia consista nella firma di uno stampato già pronto nelle diciture essenziali non esclude, comunque, la natura di dichiarazione orale resa a P.U. e raccolta a verbale.
La sottoscrizione del Commissario sta ad attestare il fatto della ricezione in sua presenza, sicché sussistono tutti i presupposti formali e sostanziali di una declaratoria de veritate destinata a rendere possibile il rilascio di un duplicato del documento smarrito.
L’impugnata sentenza sottolinea efficacemente la differenza tra denunzia di smarrimento di un assegno (oggetto della sentenza SS. UU. N. 6/99) e quella in esame, ai fini della configurabilità del reato ex art. 483 c.p..
Il secondo motivo, attinente all’errore di fatto sul convincimento di smarrimento, non è specifico poiché la sentenza gravata afferma motivatamente la inequivoca consapevolezza, da parte dell’imputato, dell’avvenuto ritiro (e non smarrimento) della patente.
Al rigetto globale del ricorso deve conseguire la condanna del ricorrente alle spese processuali.
PQM
Roma, 26/6/2001.
Depositata in cancelleria il 9 ottobre 2001.
[1] L’articolo 483 del codice penale (Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico) è il seguente: "Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni. Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non può essere inferiore a tre mesi".