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Corte di Cassazione 18/04/2001

Giurisprudenza di legittimità - Il privato risponde di falsità ideologica in atto pubblico È reato dichiarare falsamente di aver smarrito la patente (Cassazione penale, sez. V, 9 ottobre 2001, n. 36351)

cassetto: cassazione
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Il privato risponde di falsità ideologica in atto pubblico
È reato dichiarare falsamente di aver smarrito la patente
(Cassazione penale, sez. V, 9 ottobre 2001, n. 36351)

Chi dichiara di avere smarrito la patente rischia la condanna per il reato di falso qualora si accerti che la denuncia non corrisponde al vero. Lo ha stabilito la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, che ha confermato la condanna a due mesi di reclusione per un automobilista che aveva falsamente denunciato lo smarrimento della patente. Secondo la Suprema Corte il fatto rientra nella disciplina dell’articolo 483 del codice penale, che punisce il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico. (30 novembre 2001)


Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, sentenza n.36351/2001 (Presidente: R. Calabrese; Relatore: N. Cicchetti)


 

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

V SEZIONE PENALE

SENTENZA

 

MOTIVI IN FATTO E DIRITTO

L’impugnata sentenza, riformando quella del Pretore di Rovereto 19/11/1996, condannava M.M . alla pena di mesi 2 di reclusione per il reato p. e p. dell’art. 483 c.p. [1] (falsa dichiarazione di smarrimento patente), ritenendo che il privato ha l’obbligo di dire la verità nella denuncia di smarrimento al fine di costituire la prova utilizzabile per il rilascio del duplicato.

Rigettava la tesi dell’errore quanto al fatto in sé dello smarrimento.

Il ricorrente allegava i seguenti motivi.

Erronea applicazione dell’art. 483 c.p. quanto alla qualificazione dell’atto pubblico.

Violazione degli artt. 43 e 47 c.p. e correlativo vizio di motivazione.

Chiedeva l’annullamento dell’impugnata sentenza.

Il ricorso deve essere disatteso siccome infondato e, quanto al secondo motivo, inammissibile.

Con il primo motivo si contesta che il modulo precostituito firmato dall’imputato possa avere la natura di atto pubblico, ai sensi dell’art. 483 c.p..

Va, invece, osservato come la circostanza che la denunzia consista nella firma di uno stampato già pronto nelle diciture essenziali non esclude, comunque, la natura di dichiarazione orale resa a P.U. e raccolta a verbale.

La sottoscrizione del Commissario sta ad attestare il fatto della ricezione in sua presenza, sicché sussistono tutti i presupposti formali e sostanziali di una declaratoria de veritate destinata a rendere possibile il rilascio di un duplicato del documento smarrito.

L’impugnata sentenza sottolinea efficacemente la differenza tra denunzia di smarrimento di un assegno (oggetto della sentenza SS. UU. N. 6/99) e quella in esame, ai fini della configurabilità del reato ex art. 483 c.p..

Il secondo motivo, attinente all’errore di fatto sul convincimento di smarrimento, non è specifico poiché la sentenza gravata afferma motivatamente la inequivoca consapevolezza, da parte dell’imputato, dell’avvenuto ritiro (e non smarrimento) della patente.

Al rigetto globale del ricorso deve conseguire la condanna del ricorrente alle spese processuali.

 

PQM

Roma, 26/6/2001.

Depositata in cancelleria il 9 ottobre 2001.


[1] L’articolo 483 del codice penale (Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico) è il seguente: "Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni. Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non può essere inferiore a tre mesi".

 

Mercoledì, 18 Aprile 2001
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