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Giurisprudenza di legittimità Gennaio 2005

a cura di Franco Corvino

Nota: I soci Asaps, interessati a ottenere il testo delle massime qui riportate, possono richiederle all’indirizzo sede@asaps.it, indicando il proprio nome e cognome.

Giurisprudenza di Legittimità

Telelaser: legittima la misurazione
effettuata anche in assenza di fotografia
Cass. Civ. , Sez. I, 9 novembre 2004, n. 21360

La Cassazione torna sulla vessata questione dell’utilizzo del telelaser in assenza di fotografia e sembra aver messo una pietra definitiva sul discusso utilizzo di questo tipo di misuratore di velocità a puntamento, stabilendo che ai fini dell’applicazione di sanzioni amministrative per eccesso di velocità è legittima la misurazione effettuata mediante apparecchio telelaser omologato, secondo il disposto dell’art. 142, comma 6, del c.d.s., anche se privo di dispositivi che forniscano una documentazione fotografica dell’accertamento dell’infrazione (ricordiamo per altro che alcuni recenti modelli sono in fase di aggiornamento anche sotto questo aspetto).
Così si è pronunciata la Cassazione, con la sentenza n. 21360 del 9 novembre 2004, che ha ricordato e ribadito il principio in base al quale i risultati di apparecchiature debitamente omologati costituiscono fonti di prova per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità e l’art. 345 secondo cui le apparecchiature elettroniche, ai fini dell’omologazione, devono in via prioritaria essere tali da fissare la velocità del veicolo in un determinato momento in modo chiaro ed accertabile, e che, inoltre, devono essere gestite direttamente dagli organi di polizia stradale di cui all’art. 12 del c.d.s.

Corte di cassazione
Sezione I civile
Sentenza 9 novembre 2004, n. 21360
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Marzio V. proponeva opposizione dinanzi al Giudice di pace di Foligno avverso l’ordinanza-ingiunzione del Prefetto di Perugia in data 5 novembre 2000 con la quale gli era stato intimato il pagamento della sanzione amministrativa di lire 1.221.600 per violazione dei limiti di velocità, come da verbale della polizia stradale di Perugia dell’1 settembre 2000, deducendo l’insussistenza del fatto contestato e l’inadeguatezza dell’apparecchio misuratore telelaser utilizzato.
Con sentenza del 15-19 giugno 2001 il Giudice di pace rigettava l’opposizione, osservando che le deduzioni del ricorrente circa l’inaffidabilità dell’apparecchio misuratore non apparivano sorrette da alcun elemento di riscontro e che il puntamento a mezzo di tale strumento della vettura da lui condotta risultava fino a querela di falso dal verbale di contestazione.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il V. deducendo due motivi. Resiste con controricorso il Prefetto di Perugia.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 142, comma 6, del d.lgs. 285/1992 e dell’art. 345, comma 1, del d.P.R. 495/1992, si deduce che il tipo di apparecchio utilizzato, telelaser Lti 20-20, è assolutamente inadeguato a fornire la prova certa del fatto contestato, in quanto stabilisce la velocità di marcia del veicolo investito dal suo raggio, ma non è in grado di identificare, per l’assenza di rilevatori fotografici, l’autovettura della quale misura la velocità, e pertanto è da ritenere non conforme alla disposizione regolamentare richiamata, che postula che la velocità di un determinato veicolo sia fissata in modo chiaro ed accertabile. Si prospetta quindi l’illegittimità del decreto ministeriale di omologazione di tale strumento e se ne sollecita la disapplicazione. Con il secondo motivo, denunciando omissione, insufficienza e contraddittorietà di motivazione, si deduce che la sentenza impugnata ha omesso di prendere in esame il motivo di opposizione con il quale si era dedotto che la velocità contestata non era compatibile con le capacità tecniche del mezzo condotto dal V. ed ha fornito una motivazione del tutto carente nel disattendere le argomentazioni dirette a dimostrare l’errore commesso nel riferire quella velocità a detto veicolo.
I due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per la loro connessione logica, sono infondati.
Questa Suprema Corte ha già avuto occasione di affermare nella recente sentenza 5873/2004 (in relazione a violazione commessa, come quella di specie, precedentemente all’entrata in vigore della l. 168/2002, di conversione del d.l. 121/2002) che ai fini dell’applicazione di sanzioni amministrative per eccesso di velocità deve ritenersi legittima la misurazione effettuata mediante apparecchio telelaser omologato, secondo il disposto dell’art. 142, comma 6, del c.d.s.
Come si è rilevato in detta decisione, la norma primaria fissa il principio che le risultanze di apparecchiature debitamente omologate costituiscono fonti di prova per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità, mentre la disposizione regolamentare di cui all’art. 345, cui la prima fa rinvio (conformemente alla norma generale di rinvio di cui all’art. 45, n. 6), richiede che le apparecchiature elettroniche di controllo della velocità, per poter essere omologate, siano tali da fissare la velocità del veicolo in un determinato momento in modo chiaro ed accertabile, siano inoltre gestite direttamente dagli organi di polizia stradale di cui all’art. 12 del c.d.s. e siano nella disponibilità di detti organi. Né l’una né l’altra di tali disposizioni richiede pertanto che esse siano munite di dispositivi che forniscano una documentazione fotografica dell’accertamento dell’infrazione, così da identificare in via automatica e senza l’intervento dell’uomo il veicolo cui l’accertamento stesso si riferisce. Il tenore della norma regolamentare, che rapporta direttamente l’esigenza di modalità chiare ed accertabili al dato della velocità, rende invece evidente che i requisiti necessari per l’omologazione dell’apparecchiatura attengono alla sua capacità di rilevazione, in termini di certezza e verificabilità, della velocità del veicolo sottoposto a controllo, mentre resta affidato alla diretta percezione degli agenti, così come generalmente avviene nell’accertamento delle violazioni del c.d.s., il compito di riferire la velocità apparsa sul display e successivamente riprodotta nell’apposito tagliando ad un determinato mezzo.
Né potrebbe in contrario ritenersi che detto art. 345, nel prescrivere che l’accertamento avvenga tutelando la riservatezza dell’utente, postuli l’indispensabilità della documentazione fotografica: ed invero dalla prescrizione posta a garanzia della privacy, certamente riferibile alle situazioni in cui la violazione abbia un riscontro fotografico, non appare consentito desumere, nel quadro normativo di riferimento sopra delineato, che l’unica modalità di rilevazione consentita sia quella fornita dalla documentazione visiva dell’infrazione.
È infine appena il caso di ricordare che nel giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione il verbale di accertamento fa piena prova, fino a querela di falso, dei fatti attestati dal pubblico ufficiale come avvenuti in sua presenza, descritti senza margini di apprezzamento, o da lui compiuti, nonché della provenienza del verbale stesso dal pubblico ufficiale, in forza dell’efficacia probatoria privilegiata dell’atto pubblico, ai sensi dell’art. 2700 c.c., mentre sono prive di efficacia probatoria le valutazioni soggettive del verbalizzante. Ne consegue che l’accertamento della violazione delle norme relative alla velocità deve ritenersi provato sulla base della verbalizzazione dei rilievi delle apparecchiature omologate, facendo peraltro prova il verbale sino a querela di falso dell’effettuazione dei rilievi stessi, mentre le risultanze di questi costituiscono fonti di prova suscettibile di prova contraria, che può essere fornita dall’opponente con la dimostrazione del difetto di funzionamento del dispositivo, sulla base di concrete circostanze di fatto (v. sul punto Cass., 12324/1999; 8469/1998; 7667/1997). In applicazione di tali principi appare evidente l’infondatezza dei motivi di censura sopra sintetizzati, in quanto diretti a prospettare la radicale inidoneità dello strumento utilizzato ovvero, sotto altro profilo, a contrastare l’efficacia probatoria delle attestazioni contenute nel verbale degli agenti operanti. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione, nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte di cassazione rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in euro 400 per onorario, oltre le spese prenotate a debito, nonché le spese generali e gli accessori come per legge.

L’Aquila
Stop all’etilometro se non c’è l’avvocato.
Per il giudice la “prova del palloncino” sugli automobilisti è nulla in assenza di un legale

L’AQUILA - «Scusi, mi chiede se posso avvertire il mio avvocato?».
Questa è la domanda che le forze dell’ordine potranno ricevere durante il controllo con l’etilometro.
Per il giudice monocratico dell’Aquila, infatti, l’alcool-test è nullo se non viene prospettata dalle forze dell’ordine la possibilità per l’automobilista fermato di far intervenire all’esame un suo legale.
Il giudice monocratico, ha infatti annullato nei giorni scorsi il provvedimento di accertamento dell’alcool-test in quanto, si legge nel verbale, «non sono state rispettate le garanzie difensive della persona secondo gli articoli 354 e 356 del codice di procedura penale, comunque trattandosi di atto irripetibile ovvero ispezione corporale». In pratica quando si è alla guida di un mezzo e si è sottoposti alla cosiddetta ”prova del palloncino” per valutare il tasso alcolico, l’accertatore deve chiedere all’automobilista se vuole essere assistito da un legale.
L’avvocato Stefano Rossi, che rappresentava un imputato sotto processo per guida in stato di ebbrezza, ha fatto notare al giudice questa opportunità non usufruita dal suo assistito chiedendo quindi la nullità dell’accertamento. Il pubblico ministero Andrea Marin si è opposto alla richiesta, ma il giudice ha dato ragione all’avvocato Rossi.
Un provvedimento giudiziario sicuramente eclatante che da ora in avanti potrebbe stravolgere il sistema di controllo degli organi deputati alla sicurezza stradale.
«Una richiesta ineccepibile - ha spiegato l’avvocato Rossi - pienamente recepita dal giudice.
La legge è chiara: l’accertatore ha l’obbligo di chiedere all’automobilista la facoltà di farsi assistere da un legale, ma non ha l’obbligo di attendere il difensore. Insomma ci vuole l’avviso per la persona soggetta a controllo in quanto è in pratica il primo passaggio di un’indagine».
IL MESSAGGERO (Abruzzo)

Assicurazione obbligatoria – Risarcimento danni – Azione diretta nei confronti dell’assicuratore – Condizioni di proponibilità dell’azione – Obbligatorietà dell’assicurazione per la r.c. – Sussistenza – Fattispecie relativa a sinistro cagionato da motoveicolo sprovvisto di targa anteriormente all’1 ottobre 1993, data di entrata in vigore dell’obbligo di assicurazione per effetto del D.L.vo n. 285/1992
In tema di assicurazione obbligatoria dei veicoli per la responsabilità civile, il danneggiato ha azione diretta per il risarcimento del danno da sinistro stradale nei confronti dell’assicuratore soltanto se si versi in ipotesi di assicurazione obbligatoria del veicolo (art. 18 della legge 24 dicembre 1969 n. 990). Pertanto, se il sinistro si è verificato prima dell’entrata in vigore dell’art. 237 del D.L.vo 30 aprile 1992 n. 285 (che ha abrogato l’art. 5 della legge 24 dicembre 1969 n. 990 – che esonerava i ciclomotori non muniti di targa di riconoscimento dall’obbligo dell’assicurazione per la r.c. – ed ha stabilito che la soggezione di detti motoveicoli all’assicurazione obbligatoria decorre dall’1 ottobre 1993), non è proponibile dal danneggiato l’azione diretta risarcitoria nei confronti dell’assicurazione del veicolo, potendo egli invece agire soltanto nei confronti dei soggetti indicati dall’art. 2054 c.c., salva la chiamata in garanzia dell’assicurazione da parte di questi; tale improponibilità della domanda, attenendo ad una conduzione dell’azione, è rilevabile d’ufficio anche dalla Cassazione, pur in difetto di una specifica contestazione al riguardo, essendo la relativa questione sottratta alla disponibilità delle parti. (Principio affermato in relazione a sentenza del giudice conciliatore, della quale la Corte ha ritenuto la censurabilità, rilevando che quello suesposto costituisce principio regolatore della materia, che il conciliatore è tenuto ad osservare). (Cass. Civ., Sez. III, 27 novembre 2001, n. 15030). [RV0302]


Circolazione stradale – Responsabilità da sinistri stradali – Caso fortuito – Malore improvviso del conducente – Esclusione – Colpo di sonno – Sussistenza
In tema di omicidio colposo dovuto a perdita di controllo della guida di un autoveicolo, qualora venga addotta dall’imputato, a spiegazione del fatto, la tesi difensiva del malore improvviso – da riguardarsi, in linea di diritto, come riconducibile non al caso fortuito di cui all’art. 45 c.p. ma alla nozione di infermità incidente sulla capacità intellettiva e volitiva del soggetto, quale prevista dall’art. 88 stesso codice – rettamente la tesi suddetta viene disattesa dal giudice di merito in assenza di qualsivoglia elemento che valga a renderla concretamente plausibile (in particolare con riguardo all’età ed alle condizioni psico-fisiche dell’imputato) ed in presenza, per converso, di elementi atti a far riguardare come plausibile l’ipotesi che la perdita di controllo sia stata, invece, dovuta all’intervento di altro, non imprevedibile, fattore quale (nella specie) un improvviso colpo di sonno determinatosi a cagione di uno stato di spossatezza per lunga veglia, che avrebbe dovuto indurre il conducente a non porsi alla guida del veicolo ovvero a non proseguire la marcia se non dopo essersi adeguatamente riposato. (Cass. Pen., Sez. IV, 19 novembre 2001, n. 41097). [RV0302]


Depenalizzazione – Ordinanza-ingiunzione – Opposizione – Principio di cui all’art. 112 c.p.c. – Applicabilità – Rilevabilità d’ufficio di vizi diversi da quelli fatti valere con l’atto di opposizione – Esclusione
Nel giudizio di opposizione regolato dagli artt. 22 e 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689, il giudice non può rilevare d’ufficio vizi dell’atto amministrativo impugnato diversi da quelli fatti valere con l’atto introduttivo, ostandovi il principio di cui all’art. 112 c.p.c., che vieta al giudice di porre a fondamento della decisione fatti estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo (causa petendi) nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della pretesa. (Nell’affermare il principio di dirotti di cui in massima, la S.C. ha escluso che il giudice di merito potesse d’ufficio rilevare la mancanza di prova della responsabilità, addotta dall’opponente soltanto all’udienza di comparizione, e non nel ricorso, con il quale aveva lamentato la sola mancanza della contestazione immediata dell’infrazione). (Cass. Civ., Sez. I, 15 novembre 2001, n. 14320). [RV0302]


Depenalizzazione – Accertamento delle violazioni amministrative – Contestazione – Verbale – Opposizione – Ricorso preventivo al prefetto – Necessità – Esclusione – Conseguenze – Soggetto passivamente legittimato in sede di opposizione guirisdizionale – Autorità da cui dipende l’organo accertatore della violazione – Legittimazione passiva del prefetto – Esclusione
In tema di sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni al codice della strada, il ricorso al prefetto avverso il verbale di accertamento dell’infrazione non costituisce presupposto processuale per poter legittimamente adire l’autorità giudiziaria ordinaria, con la conseguenza che l’interessato, nell’impugnare direttamente il predetto verbale di accertamento dell’infrazione, deve convenire in giudizio non più il prefetto, bensì l’autorità amministrativa da cui dipende l’organo accertatore della violazione. (Nella specie, il Ministero degli interni, essendo l’accertamento stato compiuto da agenti della Polstrada). (Cass. Civ., Sez. I, 15 novembre 2001, n. 14319). [RV0302]


Depenalizzazione – Accertamento delle violazioni amministrative – Contestazione – Immediata – Indicazione della causa di impossibilità della contestazione – Conseguenze – Legittimità della sanzione
In tema di violazioni al codice della strada, in caso di mancata contestazione immediata della violazione è necessario che, nel relativo verbale notificato, siano indicate le ragioni per le quali non sia stato possibile detta contestazione immediata. L’indicazione, da parte dell’ufficiale accertatore, di una delle ragioni tra quelle indicate dall’art. 384 del regolamento di esecuzione del codice della strada, rende, peraltro, ipso facto legittimo il verbale e la conseguente irrogazione della sanzione, senza che, in proposito, sussista alcun margine di apprezzamento, in sede giudiziaria, circa la possibilità concreta di contestazione immediata della violazione. (Cass. Civ., Sez. I, 15 novembre 2001, n. 14313). [RV0302]


Assicurazione obbligatoria – Risarcimento danni – Incidente stradale avvenuto su pubblica via – Divieto di transito posto sulla stessa – Incidenza sul suo carattere pubblico – Esclusione – Conseguenza
In caso di sinistro stradale avvenuto su via pubblica (nella specie, comunale), l’esistenza di un divieto di transito sulla stessa non ne elimina il carattere di strada pubblica, con la conseguenza che dei danni prodotti dalla circolazione di un veicolo, per quanto vietata, rispondono il conducente ed il proprietario ai sensi dell’art. 2054, comma terzo, c.c., nonché l’assicuratore, ove si tratti di un veicolo a motore soggetto al regime di assicurazione obbligatoria, giusta il disposto della legge 24 dicembre 1969, n. 990. (Cass. Civ., Sez. III, 29 ottobre 2001, n. 12293). [RV0302]





Lunedì, 31 Gennaio 2005
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