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Giurisprudenza di legittimità Luglio-Agosto 2003

Nota: I soci Asaps, interessati a ottenere il testo delle massime qui riportate, possono richiederle all’indirizzo sede@asaps.it, indicando il proprio nome e cognome.

CORTE DI CASSAZIONE PENALE
Sez. III, 1 luglio 2002, n. 9554

Assicurazione obbligatoria - Certificato di assicurazione e contrassegno - Rilascio del certificato - Conseguenze - Copertura assicurativa - Sussistenza - Mancato pagamento del premio - Rilevanza - Esclusione - Sospensione nei confronti dell’assicurato - Condizioni

a cura di Franco Corvino

 

 

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, il rilascio del certificato assicurativo, completo di tutte le indicazioni e gli elementi prescritti dalla legge (art. 7 legge 24 dicembre 1969 n. 990, 9 e 12 D.P.R. 24 novembre 1970 n. 973), impegna inderogabilmente l’assicuratore nei confronti del terzo danneggiato, per il periodo di assicurazione riportato nel certificato stesso, indipendentemente dal fatto che per tale periodo sia stato o meno pagato il premio, mentre la sospensione della copertura assicurativa (che è stabilita dall’art. 1901 c.c. se il contraente assicurato non abbia pagato il premio o la rata di premio alla scadenza convenuta) può essere dall’assicuratore invocata nei confronti dell’assicurato che abbia tardivamente pagato il premio. Più in particolare, ad un tal riguardo, la rinunzia agli effetti della sospensione non può essere desunta dall’aver l’assicuratore accettato il tardivo pagamento del premio, ma deve manifestarsi con una specifica espressione di rinunzia da parte dell’assicuratore.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO - Il 10 novembre 1987 la autovettura VW Golf, condotta d D’A. E. B., utilizzatore del mezzo in forza di contratto di leasing, venne a collisione con l’autovettura Fiat Croma condotta dal proprietario L. A. ed assicurata da La Fiduciaria Assicurazioni Spa. In conseguenza dello scontro il D’A. subì lesioni personali con postumi e la sua vettura rimase danneggiata. Il Lazzari resistette alla domanda e la Fiduciaria negò d’essere tenuta al pagamento dell’indennizzo, sostenendo che al momento del sinistro la copertura assicurativa non era operativa, non avendo il L. pagato il relativo premio. In corso di istruttoria venne assunta una prova testimoniale ed il L. produsse un certificato di assicurazione riferito al periodo 16 ottobre 1987-16 aprile 1988. Con sentenza del 28 dicembre 1994 il tribunale rigettò la domanda proposta nei confronti della Fiduciaria e condannò il L. al risarcimento dei danni in favore del D’A. Su appello del L. la Corte di Milano, con sentenza del 23 marzo 1999, ha confermato la decisione del tribunale, osservando:

1) che il sinistro si era verificato per colpa esclusiva del L.;

2) che la Fiduciaria non era obbligata al pagamento dell’indennizzo assicurativo perché il L. aveva pagato il premio soltanto dopo il sinistro, ancorché a fronte del pagamento gli fosse stato rilasciato dalla società assicuratrice un certificato di assicurazione recante una data di decorrenza della copertura assicurativa anteriore al sinistro;

3) che il D’A., quantunque utilizzatore e non proprietario della Golf doveva considerarsi l’effettivo danneggiato dal sinistro, essendo tenuto nei confronti della società di leasing proprietaria del mezzo;

4) che nella determinazione del risarcimento non poteva tenersi conto della somma di lire 2.182.000 erogata al D’A. da una società di assicurazioni che (con polizza Kasko) aveva assicurato contro i danni il veicolo da lui condotto. Ricorre il L. con quattro motivi, illustrati anche da memoria. Resistono il D’A. e la Fiduciaria Assicurazioni con distinti controricorsi.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE - Col terzo motivo della impugnazione, che per antecedenza va previamente esaminato, il ricorrente lamenta che con motivazione contraddittoria o quanto meno insufficiente la corte di merito, confermando la sentenza del tribunale, gli abbia attribuito la responsabilità esclusiva del sinistro in luogo di affermare la colpa concorrente del D’A. La doglianza non ha fondamento. La Corte territoriale ha osservato che le emergenze istruttorie ed, in particolare, i rilievi della polizia stradale e la deposizione di un teste, imponevano di ritenere che lo scontro tra i due veicoli fosse avvenuto nella semicarreggiata di spettanza del D’A. e fosse riferibile al fatto che il L., che proveniva dall’opposto senso di marcia, aveva effettuato ad elevata velocità l’irregolare sorpasso di un altro veicolo che lo precedeva. Ha, pertanto, affermato che nessun addebito poteva esser mosso al D’A. e che, conseguentemente, il sinistro andava addebitato in via esclusiva alla incauta condotta di guida del L. A fronte di questa motivazione, esauriente ed immune da vizi logici e giuridici, il ricorrente L. svolge argomentazioni che non possono assumersi in esame perché sono volte ad ottenere una nuova valutazione delle acquisizioni processuali, non consentita nel giudizio di legittimità. Con una prima censura contenuta nel quarto motivo, che per consequenzialità logica va a questo punto esaminato, il ricorrente lamenta che la legittimazione ad agire per il risarcimento del danno subito dalla vettura condotta dal D’A., utilizzatore in leasing di detta vettura, anziché alla società di leasing che, essendo proprietaria del veicolo, avrebbe - a suo avviso - dovuto considerarsi l’unico soggetto danneggiato e, come tale, legittimato ad agire. La doglianza è priva di fondamento, giacché la corte territoriale ha correttamente affermato che la posizione di danneggiato dal sinistro competeva all’utilizzatore D’A. in quanto obbligato, in forza del contratto di leasing e nonostante il grave danneggiamento alla vettura da lui condotta, al pagamento dei canoni di leasing ed al ripristino del bene in favore della società concedente. Con il primo motivo il ricorrente lamenta che con motivazione contraddittoria o quanto meno insufficiente la corte di merito abbia escluso che egli avesse pagato il premio assicurativo prima del sinistro, sebbene il pagamento del premio prima del sinistro risultasse dal fatto che egli era in possesso di un certificato assicurativo attestante la decorrenza della copertura assicurativa da data anteriore a quella del sinistro. La doglianza è infondata, giacché la corte distrettuale ha esaurientemente motivato il proprio convincimento con la considerazione che al L. la polizia stradale aveva contestato l’infrazione di cui all’art. 32 comma 1 della legge 24 dicembre 1969 n. 990 (mancanza di copertura assicurativa) e con l’ulteriore rilievo che l’assegno utilizzato dal L. per il pagamento del premio recava una data successiva a quella del sinistro. Col secondo motivo il ricorrente denunzia violazione degli artt. 1901 c.c. e 18 legge n. 990 del 1969. Lamenta che la corte territoriale abbia escluso l’obbligo della La Fiduciaria di indennizzare il danneggiato, quantunque a tanto la società si fosse espressamente obbligata, avendo emesso il predetto certificato assicurativo comportante la esistenza della copertura al momento del sinistro. La doglianza non ha fondamento. Vero è, bensì, che per consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, il rilascio del certificato assicurativo, completo di tutte le indicazioni e gli elementi prescritti dalla legge (art. 7, legge 24 dicembre 1969, n. 990 e 12 D.P.R. 24 novembre 1970 n. 973) impegna inderogabilmente l’assicuratore nei confronti del terzo danneggiato, per il periodo di assicurazione riportato nel certificato stesso, indipendentemente dal fatto che per tale periodo sia stato o meno pagato il premio (Cass. 27 ottobre 1992, n. 11694; Cass. 5 maggio 1980, n. 2939). Questo principio, tuttavia, occorre sottolinearlo, vale soltanto nel rapporto tra l’assicuratore e il terzo danneggiato, nei cui confronti, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 990 del 1969, la garanzia assicurativa è comunque operativa se attestata dal certificato di assicurazione, che riveste natura di fatto costitutivo del diritto risarcitorio del danneggiato nei confronti diretti dell’assicuratore (Cass. 1 dicembre 1994, n. 10266). Lo stesso principio non può trovare applicazione, invece, nel rapporto tra l’assicurato e l’assicuratore, che è regolato esclusivamente dal contratto di assicurazione, onde sotto questo diverso profilo, a termini dell’art. 1901 c.c., l’assicurazione resta sospesa se il contraente assicurato non abbia pagato il premio o la rata di premio alla scadenza convenuta. Nella specie il tribunale rigettò la domanda di condanna, proposta nei confronti dell’assicuratore del terzo danneggiato, sul rilievo che l’assicurazione era rimasta sospesa perché l’assicurato non aveva pagato alla scadenza la rata di premio, ancorché l’assicuratore avesse rilasciato il certificato attestante l’esistenza della copertura assicurativa al momento del sinistro. Ma questa pronunzia non è stata impugnata dal terzo danneggiato D’A., che in proprio favore avrebbe potuto invocare il principio di incontestabilità del certificato assicurativo dianzi richiamato, bensì dal danneggiante assicurato, che, non potendo far valere le ragioni del terzo danneggiato, ostandovi il disposto dell’art. 81 c.p.c., e dovendo, conseguentemente, fondare la propria impugnazione esclusivamente sul contratto di assicurazione, si è visto rigettare legittimamente la impugnazione con la esatta considerazione che, non essendo stato pagato il premio assicurativo, l’assicurazione al momento del sinistro non era operativa perché era rimasta sospesa. Senza che l’accettazione del pagamento tardivo, che ha quale unico effetto ex lege di far cessare la sospensione dell’assicurazione, e dalla anteriore decorrenza del periodo assicurativo, risultante dal tagliando possa desumersi una rinuncia dell’assicuratore agli effetti della sospensione, essendo necessaria per questa una specifica espressione di rinuncia, così non riscontrabile (v. Cass. 22 marzo 1990, n. 2383; Cass. 25 ottobre 1982, n. 5572). Con un’ulteriore censura, contenuta nel quarto motivo, il ricorrente lamenta che dalla somma liquidata dal tribunale in favore del D’A. a titolo di risarcimento la corte di merito non abbia detratto l’importo di lire 2.182.000, erogato al D’A. dall’assicuratore che (in forza di polizza Kasko) lo aveva assicurato contro i danni che l’autovettura da lui utilizzata avrebbe potuto subire. La doglianza è priva di fondamento, giacché - come ha correttamente osservato la corte di merito - il pagamento dell’indennizzo in favore del D’A. da parte del suo assicuratore è avvenuto in base ad un titolo che si poneva come del tutto autonomo rispetto a quello vantato dal D’A. nei confronti dell’assicuratore del danneggiante L.e che aveva comportato la corresponsione di un premio da parte dell’assicurato. Il ricorso va, dunque, rigettato. Stimasi di compensare le spese di giudizio di cassazione. [RV0210]
 

Rassegna di Giurisprudenza
Speciale condotta dei pedoni e dei conducenti

(prima parte)

 

In tema di circolazione stradale, il conducente di un autoveicolo, di fronte ad un pedone fermo al centro della carreggiata, in attesa di poter proseguire l’attraversamento della stessa, è tenuto a particolare cautela, che include l’obbligo di moderare la velocità per evitare l’investimento del pedone. (Cass. Pen., Sez. IV, 3 marzo 1993, n. 2055). [RIV0901]

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Ad escludere il carattere repentino ed improvviso dell’attraversamento della carreggiata da parte di pedoni rileva la loro avvistabilità da parte del conducente del veicolo che li ha investiti. (Nella specie, era risultato che i pedoni erano facilmente avvistabili per essersi fermati, superata la prima carreggiata, sul marciapiede spartitraffico). (Cass. Pen., Sez. IV, 13 marzo 1992, n. 2661). [RIV0901]

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Il pedone che attraversi la carreggiata sbucando improvvisamente da dietro un veicolo e procedendo con bavero alzato è corresponsabile dell’investimento prodotto a suo danno da un veicolo sopraggiungente. (Trib. Civ. Perugia, Sez. II, 25 giugno 1991, n. 655). [RIV0901]

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Viola le norme della più elementare prudenza ed è tenuto a risarcire il danno a norma dell’art. 2054 c.c., il conducente che pur avvistando per tempo il pedone in fase di attraversamento continui la marcia con la visuale impedita dall’abbagliamento solare. (Trib. Civ. Livorno, 13 maggio 1991). [RIV0901]

Incorre nella violazione dell’art. 134 c.s. abrogato il pedone che marci sul margine destro della carreggiata e tale condotta può costituire, in caso di investimento, elemento di valutazione di un concorso di colpa da parte del pedone stesso. (Cass. Civ., Sez. III, 30 ottobre 1998, n. 10902). [RIV0901]

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Viola l’art. 134 c.s. il pedone che, percorrendo una strada a doppio senso di circolazione, circoli sul margine destro anziché su quello sinistro della carreggiata. Tale violazione, specie quando si verifica di notte in una strada extraurbana non illuminata, si sostanzia in una notevole imprudenza, rilevante in caso di investimento ai fini della valutazione del concorso di colpa del pedone. (Cass. Pen., Sez. IV, 10 ottobre 1991, n. 10056). [RIV0901]

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Nel caso di investimento di un pedone, perché possa essere affermata la colpa esclusiva di costui per le lesioni subite o per la sua morte, è necessario che il conducente del veicolo investitore si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nell’oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido e inatteso. Occorre, inoltre, che nessuna infrazione alle norme della circolazione stradale ed a quelle di comune prudenza sia riscontrabile nel comportamento del conducente. (Cass. Pen., Sez. IV, 21 dicembre 1990, n. 16842). [RIV0901]

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Anche se in piena ora notturna e su strada in cui non è consentito l’attraversamento pedonale, non è circostanza del tutto imprevedibile che un pedone, violando il divieto, tenti di attraversare la carreggiata, creando una situazione di grave pericolo per la propria ed altrui incolumità. (Fattispecie relativa a ritenuta responsabilità di automobilista investitore). (Cass. Pen., Sez. IV, 9 aprile 1990, n. 5261). [RIV0901]

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L’occupazione della carreggiata stradale alla circolazione dei veicoli da parte del pedone, è illegittima e non giustificata, qualora non esistano ostacoli che impediscano la percorrenza dei marciapiedi ed esista a breve distanza (25 metri) un attraversamento pedonale. (Trib. Civ. Firenze, Sez. II, 29 gennaio 1990). [RIV0901]

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Il conducente di un veicolo che incroci o sorpassi un mezzo di trasporto pubblico fermo, deve usare una particolare prudenza e mettersi in condizione di arrestare prontamente la marcia, essendo prevedibile che qualche passeggero, disceso dal mezzo pubblico di trasporto, attraversi la strada passando dietro o davanti al detto mezzo fermo e quindi nascosto alla vista del conducente che sopraggiunge. (Cass. Pen., Sez. IV, 23 giugno 1989, n. 8861). [RIV0901]

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In tema di circolazione stradale, il conducente di un autoveicolo ha l’obbligo, di fronte a pedone (particolarmente se di tarda età) che, nell’attraversare la sede stradale, tenga comportamento indeciso, di rallentare e, ove occorra, di fermare il mezzo, riprendendo, poi, la marcia, qualora il pedone si sia fermato, con tale cautela e prudenza da essere in grado di convenientemente governare il mezzo nel caso, di ordinaria prevedibilità, il pedone, confuso, riprenda il suo cammino. (Fattispecie di anziano pedone che, dopo essersi fermato al centro della strada, riprendeva la marcia venendo mortalmente investito da un autoveicolo il cui conducente, dopo breve rallentamento della corsa, aveva ripreso la marcia tenendo velocità tale da non potere evitare l’evento). (Cass. Pen., Sez. IV, 9 marzo 1989, n. 3599). [RIV0901]

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In caso di investimento di pedoni, la violazione da parte di costoro di quanto dispone l’art. 134, comma 1, c.s., avendo circolato sul margine destro, anziché sinistro, della carreggiata, il giudice del merito è tenuto ad accertare se tale condotta del pedone abbia avuto, oppure no, rilevanza causale nella produzione del sinistro. (Cass. Pen. Sez. IV, 12 ottobre 1987, n. 10659). [RIV0901]

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In caso di breve interruzione del marciapiede (o della banchina), per lavori in corso o per altre cause, il pedone può legittimamente discendere dal marciapiede stesso e proseguire il cammino fianco di esso, aumentando la propria attenzione. (Cass. Pen., Sez. IV, 29 settembre 1987, n. 10213). [RIV0901]

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Quando la presenza di bambini nella strada può essere facilmente prevista (nella specie, trovavasi nei pressi del luogo dell’investimento un circo), il conducente di autoveicolo è tenuto a moderare la velocità in modo particolare. (Cass. Pen., Sez. IV, 17 febbraio 1987, n. 1977). [RIV0901]

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In caso di investimento di pedone, la violazione da parte di quest’ultimo del disposto dell’art. 134 comma 1, c.s., avendo circolato sul margine destro, anziché sinistro, della carreggiata, non è sufficiente a far ritenere senz’altro una sua colpa esclusiva o concorrente nella verificazione del sinistro, occorrendo la prova del nesso causale tra quella violazione e l’evento. (Cass. Pen., Sez. IV, 21 maggio 1985, n. 5044). [RIV0901]

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I pedoni non sono tenuti ad attraversare solo quando non sopraggiungono veicoli sia dall’uno che dall’altro senso di marcia. Essi possono compiere detto attraversamento anche in due fasi: la prima portandosi a metà della carreggiata momentaneamente libera da veicoli provenienti dalla propria sinistra e la seconda, riprendendo la marcia o fermandosi secondo le circostanze. (Cass. Pen., Sez. IV, 21 maggio 1985, n. 5034). [RIV0901]

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In caso di investimento di pedone in fase di attraversamento della carreggiata, eseguito con imprudenza per essere passato fra due autoveicoli in sosta, sussiste la colpa, sia pure concorrente con quella del pedone, del conducente del veicolo (nella specie: ciclomotore) che non sia riuscito ad evitare l’investimento, sebbene il pedone fosse stato esposto, per un certo tratto, alla piena visibilità dell’imputato. (Cass. Pen., Sez. IV, 10 gennaio 1985, n. 320). [RIV0901]

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L’obbligo del pedone di circolare sul margine sinistro della carreggiata in mancanza di marciapiede, banchine o viali rialzati, così come prescritto dall’art. 134, primo comma, d.p.r. 15 giugno 1959, n. 393 sulla circolazione stradale, non consente eccezioni, salvo che la circolazione su detto margine sia resa impossibile per interruzione o ingombro; pertanto, il pedone, il quale, pur diretto verso località sita lungo il prescritto margine sinistro, è tenuto all’osservanza di detto obbligo sino al punto di attraversamento trasversale della carreggiata in corrispondenza con la località da raggiungere. (Cass. Pen., Sez. IV, 25 maggio 1983, n. 4765). [RIV0901]

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Per margine della carreggiata, agli effetti dell’art. 134, primo comma, c.s., deve intendersi l’estremo limite della parte della strada normalmente destinata alla circolazione dei veicoli e degli animali, ad esso, pertanto, per definizione, è di così ristretta ampiezza da non potere essere occupato da più pedoni affiancati specie da quelli che si trovino in terza posizione od oltre verso l’interno della carreggiata, anche se lo spazio occupato sia minimo. (Cass. Pen., Sez. IV, 7 luglio 1982, n. 6755). [RIV0901]

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La circolazione dei pedoni sul margine destro della carreggiata è consentita, in base al disposto dell’art. 134 c.s., se manchino o siano impraticabili per un tratto non breve marciapiedi, banchine o viali rialzati, solo quando si tratti di carreggiata a senso unico di circolazione o di strada a due carreggiate separate. (Cass. Pen., Sez. IV, 16 marzo 1982, n. 2770). [RIV0901]

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L’obbligo del conducente di cedere il passo al pedone nel caso di attraversamento non vigilato sorge nel momento in cui è in atto l’attraversamento o vi è ragione di prevedere che si attui l’attraversamento, sì che se la circolazione del pedone in senso trasversale alla carreggiata viene iniziata improvvisamente, allorquando il veicolo è a distanza ravvicinata, il pedone non può più fare affidamento sull’osservanza da parte del conducente di una condotta impossibile ad attuarsi. (Cass. Pen., Sez. V, 8 marzo 1982, n. 2527). [RIV0901]

***

Nel caso in cui il repentino e non prevedibile scarto a sinistra operato da ciclista rispetto alla propria direzione di marcia abbia costretto il conducente di autoveicolo ad eseguire una manovra di emergenza con conseguenti danni alle cose, è configurabile il concorso di colpa sia del ciclista (nella specie, ritenuto pari al 70%), sia del conducente dell’autoveicolo, per non aver previsto la possibile condotta di colpa del ciclista (trattandosi nella specie di bambina undicenne). (Corte App. Civ. Milano, Sez. II, 9 maggio 1980, n. 604). [RIV0901]

Sabato, 30 Agosto 2003
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