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Giurisprudenza di legittimità Gennaio 2003

La polizia municipale ha il potere di accertamento su tutto il territorio comunale
Valide le multe fuori del centro in cui opera il vigile

a cura di Franco Corvino

Nota: I soci Asaps, interessati a ottenere il testo delle massime qui riportate, possono richiederle all’indirizzo sede@asaps.it, indicando il proprio nome e cognome.

I vigili urbani possono elevare contravvenzioni anche fuori dai centri abitati in cui operano, e le multe sono comunque valide. La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione - ribaltando la decisione del Pretore di Lecce con la quale era stata annullata la multa ad un automobilista in quanto il verbale che contestava l’infrazione era stato redatto dai vigili al di fuori della cinta urbana, quindi fuori dall’ambito territoriale di competenza - ha chiarito infatti che la polizia municipale ha il potere di accertare le violazioni in materia di circolazione stradale in tutto il territorio comunale. (6 giugno 2002)

 

 

Suprema Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile,
sentenza n. 3019/ 2002

 

 

 

 

 

LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE I CIVILE
SENTENZA

 


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

 

 

C. C., a seguito di notifica, il 9 maggio 1998, di processo verbale relativo ad una violazione del codice della strada e della successiva emanazione di ordinanza- ingiunzione di pagamento della relativa sanzione pecuniaria, proponeva opposizione dinanzi al Pretore di Lecce con ricorso depositato il giorno 8 settembre 1998. Il Prefetto di Lecce, che aveva emesso l’ordinanza, non si costituiva, ma inviava documentazione. Il Pretore, con sentenza depositata il 27 marzo 1999, notificava al Prefetto il 2 aprile 1999, accoglieva l’opposizione, per essere stato il verbale redatto dalla polizia municipale al di fuori della cinta urbana, e quindi fuori dall’ambito territoriale di competenza. Il Prefetto di Lecce, con atto notificato il 1° giugno 1999, ha proposto ricorso a questa Corte avverso la su detta sentenza, formulando un unico motivo di gravame. La C. resiste con controricorso e ricorso incidentale, notificati il 6 luglio 1999.

 

 

 

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti perché riguardanti la stessa sentenza e debbono essere decisi congiuntamente a norma dell’art. 335 c.p.c. Con il ricorso principale si denuncia innanzitutto la violazione dell’art. 22 della legge n. 689 del 1981 e dell’art., 205 comma 2°, del codice della strada. Si deduce che, secondo le norme suddette, competente a conoscere dell’opposizione a sanzione amministrativa è il Pretore del luogo in cui la violazione è stata accertata.Nel caso di specie l’infrazione è stata commessa ed accertata a Scorrano, dalla polizia municipale di tale Comune, che si trova nel territorio di competenza della sezione distaccata di Maglie della Pretura di Lecce. Si deduce altresì che la sentenza ha erroneamente ritenuto che i vigili urbani non abbiano poteri di accertamento delle infrazioni al codice della strada fuori del centro abitato, attribuendo l’art. 11 del codice della strada [1]e l’art. 5 della legge n. 65 del 1986 [2] tali poteri alla polizia municipale in tutto l’ambito del territorio comunale.Con i controricorso e il ricorso incidentale la parte resistente riformula il motivo di opposizione non esaminato dalla sentenza impugnata perché ritenuto assorbito ed impugna la compensazione delle spese operata dal Pretore, perché ingiusta. 

 

Il ricorso principale è fondato nei sensi appresso indicati.

 

Quanto al profilo attinente alla incompetenza del Pretore di Lecce, appare assorbente, per disattendere il fondamento, la circostanza che i rapporti fra sede principale delle Preture circondariali e le sue sezioni distaccate, così come quelli intercorrenti fra tali sezioni, si ponevano in termini di ripartizioni di affari nell’ambito di un unico ufficio giudiziario e non di competenza, con conseguente irrilevanza, a tali fini, dell’eventuale attribuzione di una controversia alla cognizione del Pretore della sede principale e non di quella distaccata (da ultimo Cass. 4 agosto 2000, n. 10243; 15 settembre 1999, n. 9824; 1 ottobre 1997, n. 9582).Quanto al secondo profilo del motivo questa Corte (sentenza 15 marzo 2001, n. 3761), ha già affermato che l’esercizio delle funzioni di polizia stradale della polizia municipale possono essere legittimamente esercitate nell’intero territorio del Comune di appartenenza, senza distinzione tra centro abitato e residuo territorio comunale. In proposito va osservato quanto segue. A norma dell’art. 13, comma 3, della legge n. 689 del 1981 all’accertamento delle violazioni punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono procedere anche gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria. L’art. 57 c.p.p. indica fra gli agenti e ufficiali di polizia giudiziaria le guardie dei comuni, con competenza nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza.A norma dell’art. 5 della legge n. 65 del 1986 (recante la legge quadro sull’ordinamento della polizia municipale), il personale che svolge servizio di polizia municipale ha funzioni di polizia municipale nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza e, in particolare (comma 1, lett b), funzioni di polizia stradale, in correlazione con quanto stabilito dal codice della strada vigente, dovendosi ritenere rinvio formale e non recettizio quello contenuto in tale norma al codice della strada del 1959.In base al disposto dell’art. 3 della legge n. 65 del 1986, gli addetti al servizio di polizia municipale esercitano le loro funzioni istituzionali nel territorio di competenza.Questo, a norma dell’art. 4, comma 1°, n. 3, deve essere determinato nei regolamenti comunali nel senso che l’ambito ordinario delle attività sia quello del territorio dell’ente di appartenenza.Questa disciplina generale, che identifica l’ambito territoriale di competenza della polizia municipale con il territorio comunale, deve ritenersi richiamata dall’art. 22 del regolamento di esecuzione del codice della strada del 1992, il quale dispone che i servizi di polizia stradale sono espletati dagli appartenenti alle amministrazioni di cui all’art. 12, commi 1 e 2, del codice, in relazione agli ordinamenti ed ai regolamenti interni delle stesse. Quanto alle specifiche disposizioni del codice della strada, l’art. 11, al comma 1, elenca così i servizi di polizia stradale: prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale; rilevazione degli incidenti stradali; predisposizione ed esecuzione dei servizi diretti a regolare il traffico; scorta per la sicurezza della circolazione; tutela e controllo dell’uso della strada. Lo stesso art. 11, al comma 3, dispone che ai servizi di polizia stradale provvede il Ministero dell’interno, salve le attribuzioni dei Comuni per quanto concerne i centri abitati. Al Ministero dell’interno compete, altresì, il coordinamento dei servizi di polizia stradale da chiunque espletati.Il successivo art. 12, al primo comma demanda l’espletamento dei servizi di polizia stradale, fra glia altri, ai corpi ed ai servizi di polizia municipale, nell’ambito del territorio di competenza il quale, come si è detto, ai sensi dell’art. 4 della legge n. 65 del 1986 è costituito dall’intero territorio comunale.Il comma 3 dell’art. 11, sopra riportato, che in materia di servizi di polizia stradale li demanda al Ministro dell’interno, con la sola salvezza delle attribuzioni dei Comuni per quanto riguarda i centri abitati, non attiene alla delimitazione della competenza della polizia municipale in materia di servizi di polizia stradale, ma alla direzione e predisposizione dei relativi servizi, come è fatto palese nell’ultima parte del comma, che riserva in ogni caso al Ministero il coordinamento dei servizi.La norma va infatti interpretata in connessione sistematica con l’art. 1 della legge n. 65 del 1986, che in via generale attribuisce ai Comuni le funzioni di polizia locale ed al sindaco o all’assessore da lui delegato la direzione del servizio, cosicché rivela la sua ratio nel limitare tale funzione direttiva all’espletamento del sevizio nei centri abitati, attribuendola fuori di essi, ancorché nel territorio comunale, al Ministro dell’interno, al quale spetta in ogni caso la funzione di coordinamento dei servizi. Gli agenti ed ufficiali di polizia municipale, pertanto, in conformità della regola generale stabilità dall’art. 13 della legge n. 689 del 1981 in tema di accertamento delle sanzioni amministrative pecuniarie, in quanto organi di polizia giudiziaria con competenza estesa all’intero territorio comunale, hanno il potere di accertare le violazioni in materia di circolazione stradale punite con sanzioni amministrative pecuniarie in tutto tale territorio, senza che tale potere risulti da alcuna norma condizionato a singoli atti di investitura, sia all’interno che fuori dai centri abitati. Ne deriva che, una volta stabilito che gli ufficiali e gli agenti della polizia municipale hanno tale potere nell’ambito dell’intero territorio comunale, gli accertamenti di violazioni del codice della strada da essi compiuti in tale territorio, debbono ritenersi per ciò stesso legittimi sotto il profilo della competenza dell’organo accertatore, restando l’organizzazione, la direzione e il coordinamento del servizio elementi esterni all’accertamento, influenti su detta competenza. La sentenza deve essere pertanto cassata, in accoglimento del ricorso principale nel senso anzi detto, con assorbimento del ricorso incidentale, dovendo il giudice di rinvio pronunciarsi sul motivo non esaminato nella sentenza impugnata perché ritenuto assorbito e nuovamente sulle spese in conseguenza della cassazione di detta sentenza.Il giudice di rinvio, essendo state soppresse le Preture, va designato nel Tribunale di Lecce, che farà applicazione del sopra detto principio di diritto e provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione. 

 

 

 

PQM


La Corte di cassazione, riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale, dichiara assorbito quello incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese al Tribunale di Lecce. Roma, 19 ottobre 2001. Depositata in Cancelleria il 1 marzo 2002. 


 


Depenalizzazione — Ordinanza-ingiunzione — Opposizione — Relata di notifica del provvedimento opposto — Allegazione al ricorso — Omissione — Conseguenze — Inammissibilità del ricorso — Esclusione — Limiti.
In tema di opposizione all’ordinanza-ingiunzione di pagamento di sanzioni amministrative, la mancata allegazione della relata di notifica del provvedimento opposto non costituisce, di per sé, prova della non tempestività dell’opposizione, tale da giustificare, per effetto, una dichiarazione di inammissibilità del ricorso con ordinanza pronunciata in limine itis, ai sensi dell’art. 23, comma primo, della legge 24 novembre 1981 n. 689, perché tale provvedimento postula, pur sempre, l’esistenza di una prova certa ed inconfutabile della tempestività della detta opposizione, e non una mera difficoltà di accertamento della tempestività. Ne consegue che, soltanto ove in prosieguo di giudizio, a causa della mancata acquisizione della copia dell’ordinanza notificata, permanga e diventi definitiva l’impossibilità di controllo (anche di ufficio) della tempestività dell’apposizione, il ricorso andrà dichiarato, con sentenza inammissibile. (
Corte di Cassazione Civile Sez. Un.)

 

 

 

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Depenalizzazione Ordinanza-ingiunzione — Opposizione — Inammissibilità del ricorso — Dichiarazione con ordinanza in limine litis — Prova certa della tardività del ricorso — Necessità.
In tema di opposizione ad ordinanza-ingiunzione di pagamento, di sanzioni amministrative, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso con ordinanza in limine litis presuppone la prova certa della tardività dello stesso, acquisibile mediante il documento che incorpora la relazione di notifica del provvedimento impugnato; in mancanza di detta prova, ogni ulteriore accertamento al riguardo è rimesso allo sviluppo del giudizio di opposizione.
Nell’affermare tale principio, la S.C. ha escluso che potesse essere dichiarato inammissibile con ordinanza il ricorso cui era allegato il solo provvedimento amministrativo impugnato, notificato a mezzo posta, e non anche la busta contenente il plico recante i timbri dell’ufficio postale richiesto della spedizione di quello tenuto alla consegna, con relative date.(
Corte di Cassazione Civile Sez. I.)

 

 

 

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Depenalizzazione — Ordinanza-Ingiunzione — Emissione Termine — Ingiunzione da parte del prefetto — Termine di novanta giorni — Rispetto di detto termine — Condizione di validità della procedura — Configurabilità.
In tema di sanzioni amministrative, il prefetto è tenuto alla decisione sul ricorso (presentato dal privato cui sia stata contestata una violazione del codice della strada) entro il termine massimo di novanta giorni, decorrenti dalla data di presentazione del ricorso, ovvero di spedizione postale dello stesso, dovendosi aggiungere al termine di sessanta giorni assegnato a detto organo per emettere ordinanza-ingiunzione, ovvero ordinanza di archiviazione, l’ulteriore termine di trenta giorni assegnato all’ufficio o comando cui appartiene l’organo accertatore ai fini dell’istruttoria preliminare e della trasmissione degli atti al prefetto. Detto termine, che si sottrae alle qualificazioni di ordinarietà o perentorietà, proprie del procedimento giurisdizionale, deve essere apprezzato, alla stregua dei principi di cui alla legge n. 241 del 1990 e della esigenza di buon andamento dell’amministrazione sancita dall’art. 97 Cost., come elemento di regolarità, e, quindi, di validità della procedura.(
Corte di Cassazione Civile Sez. I.)

 

 

 

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Depenalizzazione — Ordinanza-ingiunzione — Opposizione — Principio di cui all’art. 112 c.p.c. — Applicabilità — Rilevabilità d’ufficio di vizi diversi da quelli fatti valere con l’atto di opposizione — Esclusione.
Nel giudizio di opposizione regolato dagli artt. 22 e 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689, il giudice non può rilevare d’ufficio i vizi dell’atto amministrativo impugnato diversi da quelli fatti valere con l’atto introduttivo, ostandovi il principio di cui all’art. 112 c.p.c., che vieta al giudice di porre a fondamento della decisione fatti estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo (causa pretendi) nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della pretesa. (Nell’affermare il principio di diritto di cui in massima, la S.C. ha escluso che il giudice di merito potesse d’ufficio rilevare la mancanza di prova della responsabilità, addotta dall’opponente soltanto all’udienza di comparizione, e non nel ricorso, con il quale aveva lamentato la sola mancanza della contestazione immediata dell’infrazione).
(Corte di Cassazione Civile Sez. I.)

 


 

Patente — Revoca e sospensione — Sospensione — Provvedimento prefettizio — Opposizione innanzi all’autorità giudiziaria ordinaria — Piena esecuzione del provvedimento prima ancora dell’opposizione o nel corso del processo — Interesse ad agire dell’opponente - Permanenza
Contro il provvedimento di sospensione della patente di guida emesso dal prefetto, ex art. 223 nuovo codice della strada (D.L.vo 30 aprile 1992 n. 285 come novellato dall’art. 120 D.L.vo 10 settembre 1993 n. 360) deve ritenersi ammissibile, anche alla luce delle indicazioni contenute nella sentenza della Corte costituzionale n. 31 del 1996, l’opposizione secondo il rito di cui agli artt. 22 e 23 legge 24 novembre 1981 n. 689 innanzi all’A.G.O., che può annullare il provvedimento con cui la sospensione è stata disposta. In tal caso l’accertamento che il procedimento di applicazione della sospensione della validità della patente si è svolto in modo illegittimo o quello che mancavano i presupposti per disporla non può risultare impedito dal fatto che, prima ancora dell’opposizione o nel corso del processo, il provvedimento sia stato portato ad esecuzione e la sua efficacia si sia nel frattempo esaurita, permanendo comunque l’interesse ad agire dell’opponente, ancorché il suo diritto abbia subito una lesione non reversibile. (Cass. Civ., Sez. III, 9 febbraio 2000, n. 1446). [RV0500]

 

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Inquinamento — Rifiuti — Smaltimento — Senza autorizzazione — Raccolta di autoveicoli dimessi — Ipotesi di reato — Disciplina ex D.L.vo n. 22/1997 — Successione di leggi con il D.P.R. n. 915/1982
La gestione non autorizzata di rifiuti consistenti nella raccolta e nello smaltimento di carcasse di autoveicoli e di parte di essi è ancora prevista come reato, anche dopo l’abrogazione del D.P.R. 915 del 1982, dall’art. 51, comma 1, del D.L.vo 5 febbraio 1997, n. 22. (Cass. Pen., Sez. III, 16 dicembre 1999, n. 3731). [RV0500]

 

 

 

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Patente — Revoca e sospensione — Sospensione ex art. 223 nuovo c.s. — Provvedimento relativo — Termine di emissione — Previsione — Omissione — Conseguenze — Applicabilità dell’art. 218 nuovo c.s. — Sussistenza
Poiché l’art. 223 nuovo c.s. non commina un termine di decadenza per l’esercizio del potere prefettizio di sospensione provvisoria della patente di guida, per tale aspetto non disciplinato espressamente da tale norma deve farsi riferimento a quanto statuito in maniera generale dall’art. 218 nuovo c.s., non potendosi opinare che l’autorità amministrativa sia tenuta al rispetto di un termine molto ristretto in ipotesi quali quelle regolate dall’art. 218 e non lo sia, viceversa, per le fattispecie prese in considerazione dal successivo art. 223, comunque attinenti a sanzione accessoria della medesima portata. (Tribunale di Venezia, Sez. dist. Chioggia, 6 marzo 2000, n. 33). [RV0500]

 

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Depenalizzazione — Sanzioni amministrative accessorie — Sequestro di autoveicolo — Illegittimità per carenza dei relativi presupposti — Riconoscimento da parte della P.A. mediante archiviazione del provvedimento — Danno ingiusto del proprietario del veicolo — Risarcibilità ex art. 2043 c.c. — Sussistenza — Fattispecie in tema di spese di traino e custodia
La P.A. è civilmente responsabile ex art. 2043 c.c. quando l’illegittima irrogazione della sanzione accessoria del sequestro di un’autovettura, a fronte della carenza dei relativi presupposti, poi riconosciuta dalla Prefettura mediante l’archiviazione del provvedimento, abbia provocato un danno ingiusto, sottraendo alla disponibilità del proprietario (nella specie un concessionario) il veicolo (nel caso de quo destinato alla vendita) per un apprezzabile lasso di tempo. (Fattispecie nella quale il giudicante ha riconosciuto tra le voci di danno anche le spese di traino e custodia dell’auto sequestrata, trattandosi di prestazione pecuniaria compiuta in forza di una causa debendi successivamente venuta a meno). (Giudice di Pace di Torino, Sez. IV, 18 febbraio 2000, n. 615). [RV0500]

 

 

 

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Depenalizzazione — Accertamento delle violazioni amministrative — Contestazione — Mancata contestazione di infrazione stradale.
In tema di violazione del codice della strada, la mancata contestazione personale dell’infrazione quando ne sussista la possibilità non costituisce causa di estinzione dell’obbligazione di pagamento delle correlative sanzioni pecuniarie, e non invalida, pertanto, la successiva ordinanza-ingiunzione, ove si sia proceduto, comunque, alla notificazione degli estremi della violazione nel prescritto termine. La previsione di tale contestazione differita manifestamente non viola il diritto di difesa garantito dall’art. 24 della Costituzione, poiché il termine per proporre ricorso al prefetto decorre indifferentemente, ai sensi dell’art. 203, primo comma, del codice della strada, dalla contestazione o dalla notificazione. (Nella specie, con notifica nei termini, era stata applicata la sanzione amministrativa di cui all’art. 142, ottavo comma, del codice della strada, per il superamento dei limiti massimi di velocità, accertato mediante apparecchiatura elettronica. La S.C., in applicazione dell’enunciato principio di diritto, ha confermato la sentenza del giudice di pace, che aveva rigettato l’opposizione avverso l’ordinanza-ingiunzione di pagamento della sanzione, proposta sul rilievo della omissione di immediata contestazione della infrazione). (Cass. Civ., Sez. I, 12 giugno 1999, n. 5809). [RV0500]

 

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Depenalizzazione — Accertamento delle violazioni amministrative — Contestazione - Notificazione
In tema di sanzioni amministrative, la "autorità competente" - cui fa riferimento il terzo comma dell’art. 14 della legge n. 689 del 1981 - non va individuata nell’organo addetto al controllo ed all’accertamento delle violazioni (nella specie, il Corpo dei VV.UU.), bensì nell’autorità amministrativa competente a ricevere il rapporto dall’autorità giudiziaria e ad ammettere l’ordinanza-ingiunzione (nella specie l’Upica). (Cass. Civ., Sez. I, 7 giugno 1999, n. 5548). [RV0500]

 

 

Venerdì, 31 Gennaio 2003
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