Autopubblicitarie:
un modo di eludere il divieto
di pubblicità nei punti vietati
di
Giovanno Fontana(*)
1.
I PUNTI VIETATI DELLA PUBBLICITA’ STRADALE
Giova ricordare che il nuovo codice della strada (c.d.s.) non vieta, in
assoluto, l’esercizio della pubblicità, lungo le strade; piuttosto,
mentre in certi punti la pubblicità è categoricamente vietata
(art. 23, comma 1, c.d.s.) in altri, è assentita, previo rilascio
d’autorizzazione da parte dell’ente proprietario della strada
(art. 23, comma 4, c.d.s.).
Si badi bene: il divieto di pubblicità, comporta una presunzione
di rischio per la sicurezza della circolazione stradale, che deriva dalla
distrazione che l’impianto pubblicitario determina nell’ambito
dei punti vietati, meglio indicati nel regolamento di esecuzione del nuovo
codice della strada (reg.); condizione questa, che, quando è consentito,
può essere superato esclusivamente con la diversa regolamentazione
locale (art. 51, comma 3 ss. reg.).
Dunque, l’esercizio della pubblicità nei punti vietati dal
codice e dal regolamento è vietata e quindi non autorizzabile,
se non dando luogo ad un atto amministrativo annullabile per violazione
di legge. Si badi bene: l’annullabilità dell’atto non
comporta la sua inefficacia, fintanto che questo non è annullato
in sede di autotutela, dalla stessa amministrazione che lo ha emanato,
dal competente giudice amministrativo, per vizio di illegittimità,
o disapplicato dal giudice ordinario.
Ancora, se emanato sulla base di quanto derogato dal regolamento comunale,
palesemente quest’ultimo in contrasto con quanto stabilito dal comma
1, dell’art. 23 del codice, l’annullabilità riguarderà
il regolamento medesimo, con la ulteriore conseguenza, che gli eventuali
danni ingiusti causati o concausati dall’effetto distraente dell’impianto
“abusivo”, possono ricadere sulla stessa pubblica amministrazione
e/o sul dirigente del settore che, con colpa grave, abbia legittimato
l’adozione del provvedimento di regolamentazione locale della pubblicità,
in deroga a quanto stabilito dalla legge.
Insomma, per quante volte lo abbiamo già più volte ribadito
e lo stesso Ministero dei LL.PP. sottolineato, la disposizione del comma
4 dell’art. 23 c.d.s. subordina la collocazione di cartelli ed altri mezzi
pubblicitari lungo o in vista delle strade al rilascio di una autorizzazione
(Dir. Min. LL.PP. 17 marzo 1998, n. 1381 In Gazz. Uff., 8 aprile, n. 82
).
2. VEICOLI E PUBBLICITA’
Il codice, vieta poi di apporre scritte od insegne pubblicitarie luminose
sui veicoli, ma consente l’apposizione di scritte o insegne pubblicitarie
rifrangenti, nei limiti e alle condizioni stabiliti dal regolamento, purché
sia escluso ogni rischio di abbagliamento o di distrazione dell’attenzione
nella guida per i conducenti degli altri veicoli.
Anche in questo caso, il divieto è giustificato dal forte potere
distraente che un’eventuale messaggio pubblicitario luminoso - spesso
rafforzato dalla variabilità del messaggio stesso, che i led luminosi
consentono oggi - può determinare e, non da meno, di ogni ed eventuale
altro disturbo alla sicurezza della circolazione stradale, che può
derivare dalla presenza di un’autopubblicitaria in circolazione:
non da meno, dal potenziale danno che potrebbe essere derivato dal distacco
dei sostegni della pubblicità o comunque delle interferenze che
questi potrebbero causare con le traiettorie degli utenti deboli e dei
conducenti dei veicoli in genere.
Non a caso, l’art. 57 del regolamento, stabilisce le forme di pubblicità
vietata e quelle consentite, mediante prescrizioni di natura tecnica che
riguardano proprio la tipologia degli impianti, le dimensioni, le sporgenze,
punti di installazione, ecc.
Ma certamente, dà luogo anche a delle forti limitazioni all’esercizio
della pubblicità, prevedendo - così come segnalato da alcuni
giudici di pace - l’introduzione nell’ordinamento giuridico
di divieti non previsti dalla fonte primaria. Fatto questo, che di per
sé determina l’illegittimità della norma da ultimo
citata, se non fornendo una diversa interpretazione che non si ponga in
contrasto con l’art. 23 più volte citato, norma, quest’ultima,
che costituisce la disposizione di legge di rango superiore. Da qui l’interessante
argomentazione fornita dal Tribunale di Udine, nella Sent. n° 688/01
del 26 marzo 2001, con la quale si conclude che nel disciplinare le caratteristiche
di natura tecnica che possono far insorgere situazioni pericolose per
la circolazione stradale, proprio al fine di evitare che ogni singolo
veicolo privato possa trasformarsi in strumento di pubblicità con
inevitabile pericolo per la circolazione stradale, l’art. 57 ha posto
il divieto di pubblicità non luminosa su veicoli se svolta per
conto terzi e a titolo oneroso. Conseguendone ulteriormente che l’imprenditore
non rientrerebbe, dunque, nel fenomeno che l’art. 57 intende limitare,
giacché la sua attività sarebbe svolta in forma di impresa
e non anche come privato. Non neghiamo che facciamo fatica a condividere
quest’ultimo assunto; ma certamente, rileggendo bene la disposizione
prevista dall’art. 57, comma 1 del regolamento, ci accorgiamo ben
presto, che se la pubblicità sulle autovetture private è
consentita unicamente per l’apposizione del marchio e della ragione sociale
della ditta cui appartiene il veicolo, l’apposizione della pubblicità
non luminosa, su ogni altro veicolo - eccezion fatta per i veicoli adibiti
al trasporto di linea e non di linea (art. 57, comma 2, reg.) ed i veicoli
adibiti al servizio taxi (art. 57, comma 3, reg.) - è effettivamente
consentita (dunque non necessita di preventiva autorizzazione) unicamente
se non effettuata per conto terzi a titolo oneroso e se realizzata con
sporgenze non superiori a 3 cm rispetto alla superficie del veicolo sulla
quale sono applicate, fermi restando i limiti di cui all’articolo 61 del
codice.
Una sorta di petizione di principio, ci ha portato ad affermare che la
norma che si ricavava dalla lettura del comma 1, testé citato,
comportava necessariamente, di identificare i veicoli oggetto di regolamentazione
pubblicitaria nelle autopubblicitarie e per mostre pubblicitarie di cui
alla lett. g) del comma 2, dell’art. 203 reg. proprio al fine di
evitare che da un esercizio indiscriminato di questi veicoli, da parte
delle imprese pubblicitarie, potesse derivare un aumento della densità
pubblicitaria sulle strade. L’interpretazione non era così
fuorviante, giusta la necessità di limitare il potere distraente
dell’esercizio della pubblicità sulle strade ed anche in ragione
delle precise forme pubblicitarie previste e consentite per gli autobus
ed i taxi. Non a caso, anche lo stesso organo giudicante sollevò
la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 57
Ord. Pretore di Padova, 24 maggio 1998, rispetto alla quale la Corte Cost.
con ord. 8-19 novembre 1999, n. 430 si limitò a dichiarare la propria
incompetenza, trattandosi di norma regolamentare, nella parte in cui non
consentiva, alle medesime condizioni prescritte, la pubblicità
non luminosa per conto terzi su veicoli diversi da quelli adibiti a trasporto
di linea ed a taxi. Probabilmente, anche in quel caso, v’è
stata una perdita d’attenzione (non a caso, si parla di pubblicità)
sul vero e proprio oggetto di regolamentazione dalla norma - la pubblicità
stradale, appunto - a vantaggio (o a svantaggio, dipende dai punti di
vista) del veicolo utilizzato per esercitare la pubblicità.
Ribaltando, oggi, il mio modo di aver letto ieri, la questione qui sollevata,
sarei portato ad affermare, invece, che proprio l’aver previsto una
netta regolamentazione delle forme pubblicitarie previste - quindi, vietate
- per i veicoli indicati al secondo ed al terzo comma dell’art. 57
del regolamento, si è voluto limitare che con l’utilizzazione
di questi innumerevoli veicoli, potesse essere notevolmente aumentata
la densità di pubblicità sulle strade, in modo tale da innalzare
il relativo potere distraente. All’opposto, per ogni altro veicolo,
purché utilizzato nell’ambito di un rapporto di impresa, le
limitazioni restano quelle previste dal comma 1, 4 ss. dell’art.
57 citato. Ciò che più conta, che il veicolo utilizzato
per il trasporto della pubblicità, appartenga, o comunque sia in
uso al medesimo soggetto pubblicizzato. Sottolineo la forte evoluzione
di questo pensiero, rispetto a quanto già esposto in esito a “Il
controllo della pubblicità sui veicoli”, in poliziamunicipale.it,
rispetto al quale richiamo e confermo, per maggior chiarezza, quanto riferito
in ordine alla destinazione d’uso dei veicoli da adibire alla diffusione
dei messaggi pubblicitari.
3. PUBBLICITA’ SUI VEICOLI E PUNTI VIETATI
Due sono gli aspetti che giova adesso sottolineare:
- che la pubblicità è vietata in determinati punti;
- che la sosta, è uno dei momenti della circolazione;
- che i veicoli, sono desinati a circolare.
Rispetto al primo dei tre “dogmi” citati, come già detto,
unico organo derogatore è l’ente proprietario della strada.
Per sosta, si intende la sospensione della marcia del veicolo protratta
nel tempo, con possibilità di allontanamento da parte del conducente
(art. 157, comma 1, lett. c) c.d.s.) ed un veicolo che sosta o staziona
in una determinata area delimitata (parcheggio) della sede stradale, lo
può fare, senza che esista, in concreto, un ben definito discrimine
tra sosta, parcheggio ed occupazione del suolo pubblico.
Ora, laddove è vietata la collocazione di un impianto pubblicitario,
ci domandiamo se è altresì vietata la sosta di un veicolo
che trasporta pubblicità; ritenendo che ciò consentendo,
sarebbe sostanzialmente eluso il divieto imposto dalla norma. Peraltro,
da un’attenta lettura dell’art. 51 del regolamento, in combinato
disposto con l’art. 157 s. del nuovo codice della strada, si è
portati senz’altro a concludere che in questi punti - trattandosi
di sede stradale - è ben difficile ammettere la sosta di ogni veicolo,
ivi compreso quello adibito al trasporto della pubblicità; del
resto, se questo stesso veicolo fosse collocato fuori dalla sede stradale,
non si potrebbe più parlare di sosta, tanto meno di circolazione
stradale: dunque, il veicolo fungerebbe da mero supporto del messaggio
pubblicitario che, in quanto vietato, potrebbe essere sanzionato.
Quindi, a parere di chi scrive, resta difficile vietare ad un veicolo
adibito al trasporto della pubblicità di poter sostare laddove
ogni altro veicolo può sostare. Con specifico riferimento alle
autopubblicitarie, resta ancor più difficile farlo, giacché
a suffragio del nostro atto di accertamento, dovremmo dimostrare che il
veicolo, appositamente costruito per effettuare pubblicità durante
la circolazione, una vola lasciato in sosta, possa trasformarsi in impianto
fisso.
Infatti, come sottolineato dal Giudice di Pace di Pontassieve (Sent. N°
263/02 del 26.09.02), in sede di opposizione a sanzione amministrativa,
l’onere della prova in ordine alla responsabilità dell’autore
della violazione spetta alla pubblica amministrazione ed il giudice, in
mancanza, deve accogliere il ricorso. Come ulteriormente sottolineato
dal Giudice di Pace di Firenze (6 dicembre 2002), tale onere di prova
coincide con la dimostrazione che il protrarsi della sosta del veicolo,
oltre i limiti della ragionevolezza, ciò comportando un costante
ed assiduo controllo della sosta, mediante succedanei atti di accertamento,
anche inequivocabilmente suffragati dalla certezza che il veicolo non
abbia subito spostamenti, tra un atto di accertamento e l’altro.
4. CONCLUSIONI
Se è da idioti non cambiare mai idea, la coerenza dei comportamenti
ci deve portare anche a trovare il giusto equilibrio tra l’apparenza
e la realtà delle cose.
Con questo mio intervento, credo di avere raggiunto questa consapevolezza,
nell’altalena dei momenti che hanno comunque reso dubbioso il mio
percorso e l’evoluzione sul tema del mio pensiero.
Quello che si richiede, dunque, durante un controllo di polizia stradale,
è innanzitutto la coincidenza tra messaggio pubblicitari e soggetto
che fa uso, in concreto, della pubblicità.
Quello che si richiede, per vietare l’esercizio della pubblicità
a chi pubblicizzi se stesso a mezzo di un’autopubblicitaria o comunque,
con un veicolo che abbia le caratteristiche idonee per sostenere il messaggio
pubblicitario, durante la sosta, è di valutare la regolarità
della sosta, in primis e se comunque, il regolamento comunale vieta, in
quella determinata area particolari forme di pubblicità, quali
quelle realizzate a mezzo di veicoli.
Nessuno vieta - se non per manifesta irragionevolezza del provvedimento
adottato - all’ente proprietario della strada o al comune, di limitare
le forme pubblicitarie, ancorché consentite, quando ciò
è giustificato da ragioni di pubblico interesse, non necessariamente
coincidenti con la salvaguardia della sicurezza della circolazione stradale
ma, vieppiù, con qualsivoglia altro valore che si intende tutelare,
mediante lo strumento del regolamento comunale (dd.Lgs. 507/93 e 446/97):
in tal caso, comunque, quoad poenam, saranno comunque applicate le sanzioni
previste dall’art. 23 c.d.s., in concorso con gli artt. 23 e 24 del
d. Lgs. 507/93.
Note a margine:
(*) Ufficiale della Polizia Municipale del Comune di Forte dei Marmi (LU);
docente presso la Scuola Polizia Locale dell’Emilia Romagna (www.scuolapolizialocale.it),
di Modena e presso la Scuola per le Autonomie Locali Civita, di Torre
del Lago (www.civita.net)..