1) Il
controllo su strada: la necessità di superare vecchie interpretazioni
ed adeguare le verifiche alle moderne norme ambientali - Il ruolo
fondamentale della Polizia Stradale, meritevole di generale incremento
nel settore specifico
In questi ultimi mesi stiamo assistendo ad una praticamente incessante
attività di indagine di polizia giudiziaria che sta evidenziando
e portando alla luce episodi di devastazioni ambientali che confermano
la gravità inaudita del fenomeno del traffico dei rifiuti pericolosi
nel nostro Paese. Un filo logico unitario lega le inchieste, le denunce
e gli arresti che stanno attuando diverse forze di polizia in diverse
regioni. In modo particolare si sta confermando - purtroppo - una teoria
che da tempo abbiamo in diverse sedi sostenuto: il grande affare
del momento per le illegalità nel campo dei rifiuti sono dirottate
dal settore dei rifiuti solidi verso quello dei rifiuti liquidi e fangosi.
Con una espansione fino ad oggi incontrollata e dalle dimensioni e dagli
effetti che al momento non si possono neppure immaginare. E’ realistico
ipotizzare che in questo caso la realtà supera l’immaginazione.
E si tratta sempre di reati a sfondo associativo, per i quali sono scattate
anche le manette. Un dato che dovrebbe far riflettere chi ancora sostiene
l’opportunità di depenalizzare questo tipo di illeciti!
Proviamo ad immaginare un accertamento su tali gravissimi illeciti con
in mano solo il blocchetto dei verbali per sanzioni amministrative...
Dalla clamorosa inchiesta di Priolo in Sicilia, fino alle altrettanto
importantissime inchieste di Spoleto, Bari, Venezia e da ultimo relativamente
alla indagine che in Lombardia ha portato all’arresto di nove persone
per traffico di rifiuti diffusi sui campi agricoli, si nota un incremento
della tendenza allo smaltimento illegale dei rifiuti pericolosi in forma
fangosa o liquida sui terreni sotto diverse coperture di facciata formali.
Gli ultimi avvenimenti riguardano l’arresto appunto di nove persone
per traffico di rifiuti. In questa inchiesta infatti è stato
evidenziato che dall’area milanese partivano carichi di idrocarburi
e metalli pesanti che dovevano essere destinati allo smaltimento regolare
presso un sito in altra regione. Invece, 600 tonnellate di materiale
pericoloso sono finiti nei campi agricoli in provincia di Cuneo. I comunicati
stampa seguiti all’operazione evidenziano che "secondo l’accusa
erano tutti in perfetto accordo: l titolare della ditta (...) che
avrebbe dovuto riciclare, gli autotrasportatori che avrebbero dovuto
consegnare i rifiuti all’azienda toscana, e il titolare di questa che
avrebbe dovuto smaltire. In manette sono finiti il titolare e il braccio
destro della ditta (...), due trasportatori, il titolare di una ditta
di trasporti, l’agricoltore compiacente e due faccendieri (arrestati
in Piemonte e in provincia di Teramo) che si occupavano di fare da intermediari
tra i protagonisti della vicenda." (fonte AGI). Ricordiamo altre
indagini per ipotesi similari, ed in particolare quella precedente nell’asse
Spoleto-Bari, nell’ambito della quale immense quantità di fanghi
e liquami spacciati come utilizzazione agronomica venivano riversati
su terreni di comodo mischiati a pericolosissimi rifiuti liquidi industriali
e così aree vastissime di diverse regioni sono diventate discariche
abusive permeate da tali materiali ivi riversati in modo sistematico.
Ricordiamo ancora che a Priolo l’inchiesta ha dimostrato come rifiuti
liquidi pericolosi venivano mescolati addirittura attraverso un macchinario
creato con tale finalità alle terre da scavo, che poi venivano
riversate in quantitativi industriali in vari siti di destinazione finale.
Da ultimo ancora i comunicati stampa documentano che nel Veneto è
stato scoperto un traffico di fertilizzanti realizzati con i fanghi
inquinati da diossina di Porto Marghera e anche in questo caso tutto
finiva nei campi coltivati. L’ANSA comunica che "60 mila tonnellate
di fanghi di depurazioni di acque reflue e industriali inquinanti da
diossina e policlorobifenili, sostanze altamente tossiche, sono stati
utilizzati dal 2000 al 2003 come fertilizzanti in agricoltura o in attività
florovavaistiche, anziché venire smaltiti in discarica. Lo ha
accertato l’operazione "Diossina" compiuta dal Corpo Forestale
dello Stato di Venezia- Mestre, nell’ambito della quale sono indagate
12 persone." "Considerato l’elevato pericolo per l’uomo e
per gli animali e il rischio di contaminazione della catena alimentare,
i reati contestati agli indagati sono quelli di traffico illecito di
ingenti quantitativi di rifiuti pericolosi, attraverso l’allestimento
di mezzi e attività continuative organizzate; delitti contro
la salute pubblica; violazione dalle norme che regolano lo spandimento
dei fanghi in agricoltura; violazione della normativa speciale per Venezia."
Sono soltanto le inchieste più clamorose, le punte emergenti
che documentano fatti eclatanti che finiscono fino alle cronache nazionali.
Ma va registrato che ogni giorno in tutto il Paese diverse forze di
polizia, anche locale, intercettano e reprimono spandimenti illegali
di fanghi e liquami sui terreni agricoli reali o di comodo che nascondono
in realtà micidiali smaltimenti di rifiuti liquidi pericolosi
sotto il paravento apparentemente innoquo della utilizzazione agronomica
o fertirrigazione. Ecco dunque il nuovo grande affare di ogni illegalità,
piccola o grande, nel campo del traffico dei rifiuti. Era prevedibile
ed anche logico che chi vuole delinquere in questo campo avrebbe individuato
tra le maglie della legge, ma soprattutto nei meandri della prassi di
cattiva ed errata applicazione della legge, da taluni sostenuta, un
terreno fertile (è il caso di dirlo) ove innestare la metastasi
incontrollabile dei nuovi smaltimenti illegali.
L’utilizzazione agronomica di fanghi e liquami e la fertirrigazione
sono sempre stati, e per taluni incredibilmente ancora restano, zone
franche dalla normativa che disciplina lo smaltimento dei rifiuti (Decreto
n. 22/97). Una interpretazione molto diffusa non soltanto tra le aziende
ma incredibilmente anche e soprattutto tra i pubblici amministratori
e perfino tra alcuni organi di vigilanza, ritiene che tali pratiche
siano del tutto esenti dalla disciplina giuridica dei rifiuti. Una sorta
di area di deregulation totale rimessa esclusivamente alle blande e
modestissime norme e regolamenti (magari locali) che vanno a sottodisciplinare
lo spandimento di fanghi e liquami sui terreni agricoli. Questa diffusa
interpretazione - che riteniamo collocarsi veramente ai confini della
realtà nella dottrina giuridica - ha portato di fatto alla creazione
del "paese dei balocchi" per chi vuole delinquere in questo
settore. Le equazioni e gli effetti domino di tali assurdi principi
sono semplici e chiare. Infatti, c’è una catena perversa di eventi
che viene determinata da tali interpretazioni. Vediamo infatti che se
si parte dal presupposto (assurdo) che lo spandimento di fanghi e liquami
zootecnici (e di ogni altro tipo) sui terreni agricoli a fini di utilizzazione
agronomica o fertirrigazione è del tutto esonerato dalla disciplina
della normativa sui rifiuti (decreto n. 22/97) e della normativa sugli
scarichi (decreto n. 152/99), consegue che tali materiali quando vengono
sparsi sui terreni non sono rifiuti (né liquidi né fangosi).
E le relative sanzioni tutt’al più sono limitate alle blande
e irrilevanti previsioni amministrative inerenti tale materia. Consegue
in modo logico ed inevitabile un effetto metastatico coerente: se tali
materiali non sono rifiuti, chi li trasporta non trasporta rifiuti e
dunque da un lato non deve essere iscritto all’Albo del decreto n. 22/97
e dall’altro - soprattutto - non deve far viaggiare tali "materiali
non rifiuti" con il formulario di identificazione previsto dal
medesimo decreto (che presuppone un "rifiuto" in fase di trasporto);
ancora ulteriore effetto domino va ritrovato nel fatto che a questo
punto se quelli che viaggiano non sono rifiuti chi li ha prodotti e
li ha consegnati al trasportatore non ha certamente prodotto rifiuti!
Dunque all’origine tali materiali non vengono né prodotti, né
accumulati né consegnati a terzi come rifiuti, e naturalmente
non va tenuto il registro di carico e scarico, non va compilato il MUD,
non va riempito a monte ed a valle il formulario. Come per magia, dunque,
per tali fanghi e liquami il decreto n. 22/97 non si applica dall’inizio
alla fine! Tutta zona franca dalla regole e dalla disciplina in materia
di rifiuti... Una vera e propria manna giuridica. Come si può
dunque non immaginare che in questo presunto campo di totale deregolamentazione
di tali materiali non si vada ad innestare ogni forma di illegalità
conseguente? Se spandere tali fanghi e liquami sui terreni è,
dall’inizio alla fine, tutta un’attività totalmente resa esente
dai controlli e dagli obblighi in materia di disciplina dei rifiuti,
è chiaro che tale prassi era destinato a diventare il veicolo
propulsore dello smaltimento illegale di ogni tipo di altri liquami
industriali i quali, mischiati ai fanghi e ai liquami zootecnici o di
altra natura ma comunque destinati alla "libera" utilizzazione
agronomica o fertirrigazione, hanno fino ad oggi usufruito di questo
formidabile vettore incontrollato per arrivare indisturbati sui terreni
di comodo finali e finire poi in tutta tranquillità sotto terra
attraverso la naturale permeabilità conseguente.
Tanto, si è sempre ragionato, in caso (raro) di controllo tutt’al
più si rischia una modesta sanzione amministrativa per utilizzazione
agronomica irregolare. Ed il gioco è fatto. Ed infatti il gioco
è durato molto a lungo e purtroppo in alcune zone dura ancora
perché su questi temi c’è ancora chi sostiene che utilizzazione
agronomica e fertirrigazione sono "libere". Proponiamo dunque
di seguito un approfondimento su questo tema, basandoci su precise sentenze
della Cassazione, per dimostrare come la suddetta interpretazione normativa
sia del tutto non condivisibile perché in realtà l’utilizzazione
agronomica e la fertirrigazione, sia per quanto riguarda i liquami sia
per quanto riguarda i fanghi di ogni tipo, è comunque e sempre
soggetta alla rigida disciplina dei rifiuti, sia al momento della produzione,
sia al momento del trasporto, sia, infine, nel momento del riversamento
sui terreni. Con necessità di registri, formulari e quanto altro
la legge prevede per i rifiuti in via ordinaria. La sottodisciplina
specifica (nazionale e locale) sulla fertirrigazione e utilizzazione
agronomica va a normare e sanzionare soltanto gli aspetti tecnici ed
operativi, e non toglie certo a fanghi e liquami di provenienza industriale
la natura di rifiuti liquidi e fangosi. E le sanzioni non sono le norme
di buon galateo amministrativo della disciplina tecnica sulla fertirrigazione
e sulla utilizzazione agronomica, ma sono certamente quelle penalmente
rilevanti sullo smaltimento illegale di rifiuti. E quello che accade
in caso di riversamento di fanghi e liquami industriali anche zootecnici
su terreni agricoli reali o di facciata non è solo "fertirrigazione
abusiva" o "utilizzazione agronomica abusiva", ma anche
e soprattutto traffico di rifiuti, discariche abusive, smaltimento fraudolento
di rifiuti pericolosi. E se i responsabili sono (come quasi sempre accade)
individuabili in più soggetti tutti coinvolti nella filiera produzione/trasporto/smal-timento
finale si aggiunge il reato di associazione per delinquere. Ed è
questa esattamente la costruzione giuridica che ha portato nelle grandi
inchieste Spoleto-Bari, e, recentemente, Milano-Torino, i Carabinieri
ad arrestare numerosissime persone tutte coinvolte nel traffico dei
rifiuti. E sono finiti in manette il produttore, il trasportatore, il
gestore finale dei terreni. Questo con buona pace di coloro che ancora
incredibilmente sostengono che utilizzazione agronomica e fertirrigazione
sono zona franca dalla disciplina dei rifiuti e sogget-te alle "regolette"
amministrative locali depenalizzate. A seguire la loro teoria, in questi
casi in luogo delle manette dovevano scattare solo... verbali di
infrazione amministrativa...
Appare logico che questo terreno (è sempre il caso di dirlo...)
è assolutamente proficuo per chi vuole delinquere nel settore
specifico, perché mentre il traffico dei rifiuti solidi porta
comunque alla creazione di discariche superficiali e dunque visibili
e rilevabili, oppure comporta complesse operazioni di sotterramento
che sono anch’esse evidenti e comunque necessitano di lavori impegnativi,
spandere liquami e fanghi su terreni di comodo è un’attività
veloce, semplice, e soprattutto destinata a non lasciare tracce importanti.
Tutto si assorbe in tempi velocissimi e non si vede più nulla.
Nel rarissimo caso in cui un organo di vigilanza dovesse cogliere in
flagranza il soggetto atto a spandere i fanghi o i liquami, sopravviene
la schermatura della copertura giuridica basata sulla teoria che questa
pratica è estranea alla disciplina dei rifiuti. Dunque, si ritiene
di dover pagare al massimo una sanzione amministrativa e tutto finisce
lì. Come realmente è accaduto in tantissimi casi fino
ad oggi. Laddove si è sostenuto da parte di organi di vigilanza
che il caso di spandimento illegale fortunosamente accertato era soltanto
un banale illecito amministrativo. E tutto è finito lì,
con un verbale di modesta sanzione conseguente di ordine pecuniario.
Adesso, invece, finalmente, questi casi stanno dimostrando che, laddove
un organo di polizia non appiattito su tali teorie di prassi diffusa,
applichi realmente e doverosamente la normativa sulla disciplina dei
rifiuti, consegue che quell’isolato episodio di riversamento illegale
di fanghi o liquami su un terreno non venga sottovalutato e licenziato
con un blando verbale amministrativo ma venga qualificato come smaltimento
illegale di rifiuti in senso stretto. Consegue sequestro del mezzo.
Attivazione delle procedure penali conseguenti, accertamento immediato
nell’azienda che sta effettuando quel singolo trasporto individuato
come penalmente illegale, estensione degli accertamenti all’origine
di quel viaggio specifico, ulteriore estensione dell’indagine verso
tutti gli altri soggetti collegati con quel trasportatore sia in sede
di produzione e conferimento iniziale dei rifiuti liquidi e fangosi,
sia in sede di siti finali di destinazione.
In tempi veloci, da un singolo episodio non sottovalutato e non archiviato
con una frettolosa sanzione amministrativa si può giungere ad
attivare un’indagine vastissima sul traffico dei rifiuti liquidi e fangosi.
Come la polizia giudiziaria ha dimostrato in queste ultime grandi inchieste
e come anche in altre occasioni di più modesta portata si è
giunti ad individuare in quell’unico ed isolato episodio una "maniglia"
da attivare per far emergere alla luce del sole una rete di smaltimenti
illegali diffusa e sopita, che fino ad oggi ha goduto di tranquillità
operativa grazie alla sottovalutazione del fenomeno in questione. Va
ancora citata la importante inchiesta promossa di otto polizie locali,
originata in La Spezia, sempre inerenti un rilevante traffico di rifiuti
tra più regioni e che ha portato anche in questo caso ad evidenziare
attività illegali organizzate in modo sistematico da una pluralità
di soggetti coinvolti nelle varie filiere, dall’inizio alla fine dei
viaggi operati.
Ma il comun denominatore che lega le indagini sul traffico dei rifiuti
e quelle sulle devastazioni territoriali è vasto. Da un lato
il rinnovato impegno di alta professionalità che ha contraddistinto
tutti gli operatori di polizia che stanno attivando queste indagini
non solo in modo proficuo ed approfondito, ma dimostrando una professionalità
elevatissima con ricorso a tecniche di indagine molto sofisticate. Intercettazioni,
GPS, approfondimenti tecnici e documentali complessi sono la base dell’ottimo
risultato investigativo che ha avuto collante nella volontà collettiva
di impegno operativo. La fase del trasporto è punto nodale
per l’accertamento di questi gravissimi reati e dunque i controlli
della Polizia Stradale appaiono essenziali per individuare punti di
"maniglie" da sollevare per accertare reti di illeciti sommerse
di più vasta portata.
Una riflessione meritano i danni ambientali. Non credo che occorrano
tante parole per dimostrare come fanghi e liquami pericolosi assorbiti
dai terreni in superficie giungono nel sottosuolo e nelle falde ad ogni
livello e tornino poi inesorabilmente nei cicli naturali con un effetto
non immediato, non palese e scenografico in via attuale, ma silente
e devastante per il prossimo futuro. Circa i saccheggi delle sabbie,
si registra un danno ambientale irreversibile perpetrato nelle zone
interessate agli scavi che ora soffrono di problemi di subsidenza, depauperamento
idrico e depauperamento delle spiagge limitrofe, oltre ai problemi di
sicurezza idrogeologica. C’è poi un altro dato significativo
che emerge. Il carattere associativo di tali illeciti. Non è
vero che queste illegalità sono isolate, portate avanti in modo
casuale e polverizzato e che si tratta di episodi isolati e monosoggettivi.
In tutte queste inchieste tutta la filiera è coinvolta: dal produttore,
al trasportatore al gestore finale. Lo abbiamo sempre sostenuto. E’
logico ed inevitabile che sia così. Perché un soggetto
non coinvolto per forza di cose spezza la catena della illegalità
in itinere. Nel campo dei saccheggi ambientali e degli scavi abusivi,
chi opera, chi acquista, chi autorizza, chi vede e tace pur avendo il
dovere di denunciare o, peggio, chi è consapevole del fatto e
lo copre, sono tutti corresponsabili. Se uno della catena non risultasse
anello, la catena di spezzerebbe e non potrebbe esistere.
Ancora: un produttore onesto non invia in spedizione i suoi rifiuti
senza formulario, senza indicare i dati sul registro, senza rivolgersi
ad un trasportatore autorizzato. E denuncia la mancata ricezione della
quarta copia del formulario perché il suo rifiuto, spedito verso
un sito regolare di smaltimento o recupero da lui scelto, non è
mai arrivato in loco. Ed un trasportatore onesto non carica rifiuti
senza formulario e senza doppia firma. Ed un gestore finale onesto non
riceve rifiuti da un trasportare irregolare e/o comunque senza il formulario
con ulteriore doppia firma. Insomma, il sistema di trasporto ideato
dal decreto 22/97 (per il quale rinviamo ad altri scritti e quesiti
risolti nel nostro sito) è finalizzato a lasciare una tracciabilità
del viaggio del rifiuto a vantaggio degli operatori corretti ed a danno
dei disonesti. Basta seguire le tracce delle mancate compilazioni dei
formulari e dei registri e buoni investigatori ricollegano la filiera
delle responsabilità e complicità. Con un ulteriore dato:
chi delinque in questo campo, non lo fa in modo isolato nel tempo. L’illegalità
diventa sistema, quasi diritto acquisito. Viene ripetuta nel tempo e
nello spazio e crea perfino un diritto virtuale parallelo che si sovrappone
alle norme scritte, le fa cadere in desuetudine e fa sì che,
incredibilmente, quello che è illegale in modo palese grazie
alla diffusione e ripetizione sistematica nel tempo diventi prassi diffusa
e quindi regola normativa di fatto. Con generale acquiescenza. Poi,
di colpo, i brutti risvegli! E si giunge a riscoprire che spargere fanghi
e liquami sui terreni agricoli senza regole è reato, e se dentro
ci sono pure sostanze tossiche e pericolose è reato ancora più
grave... Ma allora non è tutto fuori dal decreto 22/97? Non
sono sempre e solo sanzioni amministrative? E si tratta di episodi relegati
solo alle grandi inchieste che hanno fatto notizia o il tema è
uguale in tutto il territorio nazionale? O ci sono sparsi altri sistemi
di gestione di fanghi e liquami su aree agricole reali o di facciata
che seppur non giungono a tali dimensioni costituiscono un microcosmo
silente ma diffuso e ripetuto nel tempo che riversa nei sottosuoli sostanze
pericolose in modo incontrollabile? Con un effetto che, sommato nel
tempo e nelle ripetitività sistematiche, raggiunge comunque dimensioni
forti?
Se proviamo a controllare sistematicamente lo spargimento di fanghi
e liquami sui terreni, ma con il decreto 22/97 ed il codice di procedura
penale in mano, e leggendo questi materiali come "rifiuti liquidi
di acque reflue" o "rifiuti fangosi", chissà quali
dati possono emergere da tali accertamenti. La realtà potrà
superare l’immaginazione?
* Magistrato di Cassazione
Direttore sito internet www.dirittoambiente.com
© E’ vietata la riproduzione con qualsiasi mezzo ed in qualsiasi
modo senza la preventiva autorizzazione dell’autore