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Altre statistiche 16/09/2005

Incidenti stradali NEL 2004 IN EUROPA SI SONO CONTATE 44.000 VITTIME, I FERITI SONO STATO 1,8 MILIONI. COSTI PARI AL 2% DEL PIL. LA DIMINUZIONE DAL 2001 AL 2004 E’ STATA DEL 14%. MA I "VECCHI" 15 PAESI HANNO FATTO SEGNARE UN -19%. I 10 NUOVI UN +3%

Incidenti stradali
NEL 2004 IN EUROPA SI SONO CONTATE 44.000 VITTIME, I FERITI SONO STATO 1,8 MILIONI. COSTI PARI AL 2% DEL PIL. LA DIMINUZIONE DAL 2001 AL 2004 E’ STATA DEL 14%. MA I "VECCHI" 15 PAESI HANNO FATTO SEGNARE UN -19%. I 10 NUOVI UN +3%

Cifre aggiornate e interessanti anche sulla sinistrosità stradale oltre all’impatto ecologico dei veicoli, sono emerse durante il quinto Distribution Forum organizzato a Bruxelles lo scorso 12 luglio da Iveco, in collaborazione con Accenture, Siemens VDO e ZF.
Secondo i dati forniti da Enrico Grillo Pasquarelli, direttore trasporti terresti presso la DG Energia e Trasporti della Commissione europea, nel 2004 sono morte per incidenti stradali 44.000 persone e 1,8 milioni sono stati i feriti. Con costi equivalenti al 2% del PIL. E’ vero, si parte dalle 50.000 vittime del 2001, ma il Libro Bianco, scritto all’epoca, si poneva l’obiettivo di abbattere questo dato del 50%. Ci sono stati progressi, è innegabile, ma non certo completamente soddisfacenti. "Più precisamente – ha commentato il funzionario comunitario – la riduzione dal 2001 al 2004 è stata del 14%, calcolando la media europea. Poi, però, esistono situazioni differenziate tra Stato e Stato. Se infatti la Francia e il Portogallo hanno raggiunto percentuali di riduzione rispettivamente del 37% e del 25%, altri paesi hanno fatto ben poco". E poi a complicare le cose c’è anche l’ingresso dei nuovi dieci Stati avvenuto nel 2004, che nello stesso lasso di tempo – fatta eccezione per Slovenia ed Estonia – hanno visto crescere la percentuale più che ridursi. Tanto che se la media complessiva è del -14%, quella dei "vecchi" 15 Stati dell’Unione è del –19%, mentre quella dei soli 10 Stati neocomunitari è del +3%. Non è chiaro come sia stato calcolata la situazione della sinistrosità in Italia, visto che i dati degli incidenti del 2004 non sono stati resi ancora pubblici.
Altri dati importanti saranno forniti tra breve dalla Commissione in un rapporto sulla sicurezza stradale, intermedio rispetto al 2010, data di verifica finale degli obiettivi del Libro Bianco, in cui saranno raccolti dati e analisi che potranno fornire indicazioni utili per le operazioni da mettere in campo in futuro. Fin da subito, però – ha concluso Grillo Pasquarelli – bisogna puntare sul miglioramento della guida, sulla formazione continua dei conducenti, che peraltro diverrà obbligatoria entro il 2008. Oggi, soltanto il 10% dei conducenti professionali hanno seguito un corso di guida specifico dopo il conseguimento della patente.
Ci sembra ci sia da fare ancora molto nell’Ue.

La riduzione della mortalità sulle strade Ue 2001/2004
Stati                      percentuale di riduzione
Ue a 15                     - 19%
10 neo entrati nella Ue + 3%
Ue a 25                     - 14%

ALCUNE CONSIDERAZIONI CI SEMBRANO PERO’ DOVUTE:

1) Le percentuali fornite non hanno un senso immediato, e possono essere fuorvianti. In primo luogo deve essere considerato lo stato di "partenza" di ogni paese: ad esempio, chi è partito (es. UK) da un livello di incidentalità ( e di mortalità/morbosità) già molto ridotto, non potrà fare certo quello che potranno fare (ce lo auguriamo) paesi che sono partiti da livelli più elevati. Le diminuzioni andrebbero quindi almeno attentamente "lette" ed interpretate in base ai livelli di partenza. Statistiche utilizzate in questo modo creano confusione ed impediscono un sereno "governo" delle iniziative volte a ridurre le dimensioni del fenomeno.

2) I "nuovi" paesi dell’unione non sono omogenei con i "vecchi", sia per livello di motorizzazione (che è basso, ma che sta velocemente crescendo, il che comporta – come desumibile dal modello di Smeed - situazioni meno favorevoli per la sicurezza); inoltre, i paesi "orientali" hanno problemi molto acuti in relazione alla guida sotto l’influenza di alcol (e anche di sostanze), nonché sistemi viari antiquati e parco veicoli meno moderno. Anche in questo caso, calcolare delle riduzioni medie significa coprire la reale informazione che scaturisce dai dati, da quanto avviene nelle diverse situazioni dei vari paesi, creando artificiosamente una visione scorretta del tutto.

3) E’ quantomeno strano che ancora una volta in sede UE non vengano riconosciuti i passi importanti che l’Italia ha fatto nella sicurezza stradale, fra i primi nell’Unione. A parte problemi che ancora esistono nel confronto tra dati dei diversi Stati, l’Italia dovrebbe comparire accanto alla Francia e al Portogallo, e non essere implicitamente accomunata ad altri paesi "che hanno fatto poco". E questo indipendentemente dal fatto che siano o meno disponibili i dati definitivi del 2004 (che verranno presentati in ottobre a Riva del Garda dall’ACI-ISTAT): l’UE ha già a disposizione i risultati del 2003, che sono molto positivi, come pure, è presumibile (e se non lo fosse, potrebbero richiederli), i dati provvisori del 2004. Al proposito, una puntualizzazione "politica" italiana presso l’UE (per esempio, da parte del MIT), sarebbe quanto mai opportuna. Questo atteggiamento di alcuni ambienti dell’UE nei confronti dell’Italia non è nuovo, e continua a ripetersi: ad esempio, mesi fa ci fu la notizia da parte dell’UE che in Italia l’uso della cintura di sicurezza si attestava su un ridicolo 14% (o giù di lì), fatto smentito dal sistema nazionale italiano di sorveglianza dei dispositivi (sistema Ulisse) e, successivamente, da un’indagine svolta dalla stessa Unione. Insomma l’Italia deve fare certamente ancora degli sforzi, però non si possono disconoscere gli importanti risultati raggiunti.


Venerdì, 16 Settembre 2005
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