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Articoli 02/02/2004

l pedone conducente a mano e l’ebbrezza

Il pedone conducente a mano e l’ebbrezza

di Michele Leoni *

Con la sentenza n. 18794 del 18 aprile 2002, la quarta sezione della Corte di Cassazione ha stabilito che risponde del reato di guida in stato di ebbrezza ai sensi dell’art. 186 secondo comma del codice della strada colui che "in stato di ebbrezza, conduca a mano il ciclomotore per la pubblica via, in quanto la guida di un motoveicolo non postula che il conducente lo inforchi ovvero vi si ponga a cavalcioni".
Solo la guida di un motoveicolo, quindi, implicherebbe che chi lo conduce a mano ne è a tutti gli effetti un conducente. Perché sempre la Suprema Corte, in una precedente pronuncia, (terza sezione, n. 57 del 7 gennaio 1991), aveva affermato che "non può parlarsi di scontro tra veicoli nell’ipotesi in cui nell’incidente sia rimasta coinvolta una bicicletta condotta a mano da un pedone, non potendo quest’ultimo essere considerato conducente del veicolo".
Eppure questa seconda sentenza parla genericamente di "veicolo", ossia di un genus ove le biciclette e i motoveicoli sono accomunati. Inoltre oggi l’art. 377 c. 2 del regolamento di esecuzione del codice della strada prevede che, nel caso di attraversamento di carreggiate a traffico particolarmente intenso, e, in generale, dove le circostanze lo richiedano, i ciclisti sono tenuti ad attraversare tenendo il veicolo a mano. I ciclisti, dice la norma: anche se conducono il veicolo a mano, restano quindi sempre ciclisti. In ogni caso, dovrebbe essere assodato che il concetto di guida di veicolo a due ruote (bicicletta, ciclomotore, motociclo) implichi modalità eguali di conduzione, in quanto tutti i veicoli a due ruote possono essere inforcati (ossia vi si può porre a cavalcioni) come possono essere condotti a mano. Indipendentemente dal fatto che per la loro guida sia prevista o no fattispecie di guida in stato di ebbrezza (per i velocipedi no, per ciclomotori e motocicli sì), le modalità della loro guida, in relazione a tale aspetto, sono le stesse. Ed allora, visto il contrasto giurisprudenziale, resta l’interrogativo: chi conduce a mano un veicolo a due ruote è un pedone o un conducente? Dire "conduce" non è decisivo, in quanto un veicolo, usando una variante sinonimica, lo si può trainare o trascinare o trasportare a mano, ed il concetto è lo stesso. Sicuramente, quando lo si traina, o lo si trascina o lo si trasporta, non lo si guida. Chiaramente, chi trascina sulla pubblica via un motoveicolo in stato di ubriachezza rappresenta un pericolo, ma questo aspetto estrinseco non può condurre a una diversa caratterizzazione della guida in sé, come tale. Costituisce un pericolo anche colui che, senza avere con sé un motoveicolo da trascinare a mano, procede ondeggiando o a zig-zag per la strada (magari trasportando bagaglio a mano o altri oggetti ingombranti e pesanti). A stretto rigore, anche lessicale, chi va a piedi, ossia, procede a piedi, dovrebbe essere un pedone. "Pedone", infatti (come il francese "pietòn"), deriva dal latino barbaro "pedonem", che a sua volta discende da "pes, pedis", piede. Ed è colui che va o viaggia a piedi ("fantaccino", dicevano anche i dizionari della prima metà del Novecento). Senza dimenticare l’antico termine "pedonaglia", gente d’arme a piedi (vale a dire, fanti). Insomma, tutte le volte che ci si muove a piedi, ossia tutte le volte che la forza propulsiva del nostro andare deriva dal movimento dell’avampiede e del calcagno sulla nuda terra o sul nudo asfalto, si dovrebbe essere "pedoni".

* G.I.P. presso il Tribunale di Forlì

di Michele Leoni

Il Centauro, n. 83
Lunedì, 02 Febbraio 2004
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