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Articoli 17/02/2004

L’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento: il trasporto dei rifiuti liquidi di acque reflue zootecnici e’ disciplinato dal decreto 22/97

Un rilevantissimo problema interpretativo che incide sulla disciplina "su strada" dei liquami zootecnici. Le recenti inchieste con arresti per associazione per delinquere dimostrano che il traffico dei rifiuti liquidi è l’emergente affare della criminalità ambientale; ed il trasporto su strada è il punto nodale

L’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento: il trasporto dei rifiuti liquidi di acque reflue zootecnici e’ disciplinato dal decreto 22/97

Un rilevantissimo problema interpretativo che incide sulla disciplina "su strada" dei liquami zootecnici.
Le recenti inchieste con arresti per associazione per delinquere dimostrano che il traffico dei rifiuti liquidi è l’emergente affare della criminalità ambientale; ed il trasporto su strada è il punto nodale

di Maurizio Santoloci *- 2a parte

2) L’utilizzazione agronomica degli affluenti di allevamento (fertirrigazione) ed il connesso trasporto dei rifiuti liquidi zootecnici: un rilevante problema in sede di controllo su strada
L’utilizzazione agronomica degli affluenti di allevamento, comunemente conosciuta come fertirrigazione, è una pratica che da anni genera equivoci interpretativi e forzature applicative tutte convergenti a ritenere una generalizzata deregulation della pratica in questione.
Con la contestuale tendenza a renderla esente e zona franca dalle normative sull’inquinamento (sia da quella in materia di rifiuti che da quella in materia di scarichi).
Il problema appare rilevantissimo su tutto il territorio nazionale, e non più soltanto - come poteva apparire in passato in alcune regioni, giacché il fenomeno è in rapida diffusione e, soprattutto, è diventato terreno di coltura per devastanti attività ad opera della criminalità organizzata che, ben individuato e percepito il terreno teso alla deregolamentazione gestionale normativa e quindi in pratica reso esente da ogni forma di controllo grazie a distorte interpretazioni applicative, ha riversato anche in questo settore un imponente flusso di attività illecite connesse allo smaltimento illegale dei rifiuti liquidi.
Se ce ne fosse stato bisogno, dopo i vari filoni "classici" di smaltimento illegale e recupero fittizio che maschera gestioni fraudolente in materia dei rifiuti, anche il settore della fertirrigazione ha trovato – come era prevedibile ed inevitabile – facile apertura d’ingresso per coloro che tendono a smaltire illegalmente stavolta rifiuti liquidi mascherandoli giuridicamente dietro il paravento (soltanto apparentemente) innocuo della utilizzazione agronomica degli affluenti di allevamento..
L’inchiesta recentemente conclusa a Spoleto ha confermato, se ce ne fosse stato bisogno, in modo praticamente manualistico come - utilizzando il paravento formale della fertirrigazione, resa praticamente esente da ogni forma di controllo grazie a decennali tendenze alla deregulation applicativa - sotto uno strato di liquami zootecnici, che secondo alcuni può essere sostanzialmente gettato sui terreni in modo praticamente quasi libero, si nascondono in realtà quantitativi inverosimili e devastanti di rifiuti liquidi pericolosi di ogni tipo che finiscono anch’essi per essere "utilizzati agronomi-camente", e cioè riversati su terreni di comodo che diventano gigantesche discariche abusive di liquami.
Discariche abusive che, questa inchiesta lo ha dimostrato, vengono disseminate lungo percorsi di centinaia di chilometri da una regione all’altra (in questo caso si partiva dalla Puglia fino all’Umbria) e dunque con un sistema ormai collaudato che consente di fatto di far scomparire liquami i quali, al contrario dei rifiuti solidi che comportano qualche difficoltà in più perché sono visibili e devono essere almeno sotterrati, si assorbono da soli nel terreno; quindi l’azione è facile e priva di rischi.
Rischi che comunque, va sottolineato, secondo alcuni sarebbero praticamente nulli giacché se si segue la linea interpretativa che la fertirrigazione è resa esente dalla normativa sui rifiuti e dalla normativa sugli scarichi, consegue che in caso di uso distorto non si tratta di illecito penale di smaltimento illegale di rifiuti – fortemente sanzionato - bensì di una modesta e trascurabile infrazione satellite connessa a tale pratica.
Il che significa, in parole povere, che chi utilizza la fertirrigazione di facciata per creare sul territorio ettari di terreni trasformati in discariche abusive di rifiuti liquidi conta sul fatto che male che vada pagherà qualche euro di sanzione (con pena oblazionabile) a fronte di guadagni incalcolabili.
Dunque, con investimento pari a zero e il rischio di qualche euro, si può attivare un meccanismo criminale che porta a guadagni smisurati. Perché dunque chi delinque nel campo ambientale non dovrebbe approfittarne?
Ed infatti l’inchiesta di Spoleto nasce da un episodio apparentemente banale. Un privato cittadino infastidito dalla puzza che genera un’azione di fertirrigazione vicino alla sua abitazione telefona ai carabinieri. In altri casi similari organi di vigilanza meno accorti, e che magari seguono le teorie della deregulation di tale pratica, si recano in loco, constatano una utilizzazione agronomica irregolare, ma ritenendo (totalmente a torto) che la normativa sui rifiuti non è applicabile in questo caso, contesta una blanda utilizzazione agronomica irregolare e tutto finisce lì.
E chi delinque continua a delinquere.
In questo caso invece gli investigatori ritengono che il fenomeno non sia affatto da affrontare in tale versione e procedono ad avviare un indagine per smaltimento illegale di rifiuti liquidi sul terreno. Ne scaturisce un’inchiesta colossale (una delle più importanti degli anni recenti in materia di gestione illegale di rifiuti) ed esce fuori quello che da tempo andiamo sostenendo, restando tuttavia inascoltati: una intera organizzazione criminale veicolava dalla Puglia all’Umbria quantitativi enormi di liquami che viaggiavano sotto il paravento giuridico furbo della fertirrigazione; in realtà insieme ai liquami zootecnici mischiavano, durante il percorso, rifiuti chimici aziendali e poi, sistematicamente, spargevano tutto generosamente su terreni di comodo. Dalla Puglia all’Umbria.
Tanto, ritenevano, in caso di controllo al massimo rischieremo una contestazione di fertirrigazione irregolare e pagheremo la sanzione amministrativa giacché luogo comune vuole che tale pratica resta esente dalla normativa sui rifiuti.
Stavolta , invece, l’inchiesta in questione ha messo in luce abilmente il traffico e sono scattate le manette per diverse persone responsabili. Ma, attenzione: il sistema non è certo limitato a questo caso di cronaca giacché la fertirrigazione è una pratica che si presta in modo fin troppo chiaro a tali forme di illegalità occulta.
Non solo, ma anche quando non si raggiungono situazioni similari con l’invasione metastatica di forme criminali, e anche se non vi sono mischiati rifiuti chimici aziendali, si tratta sempre di una pratica ad elevatissimo impatto ambientale che veicola sulla crosta terrestre quantitativi inverosimili di liquami che - in se stessi e per loro natura - sono potenzialmente devastanti per l’ambiente se il loro spargimento non viene curato in modo parco, disciplinato e, soprattutto, controllato e controllabile.
Esiste, comunque, poi un problema capillare diffuso di una microillegalità connessa allo spargimento dei liquami sui terreni che, pur non essendo organizzata ed associata, pur essendo limitata a livello territoriale ed operata da singoli individui o aziende di fatto, rappresenta nella sua somma generale una rete capillare e fitta di piccoli episodi di riversamenti illegali che - valutati nel loro insieme quotidiano, ripetitivo e sistematico, e soprattutto resi invisibili da coperture giuridiche interpretative - provocano un danno rilevantissimo sul territorio i cui effetti sono decuplicati da anni ed anni di pratica impunità elevata ormai a diritto acquisito.
Il problema trova radice nella antica questione se l’utilizzazione agronomica degli affluenti di allevamento debba rientrare o no nella disciplina sui rifiuti e se quindi debba soggiacere o meno alle regole dettate dal decreto n. 22/97 in speculare sinergia con il decreto n. 152/99 sulle acque di scarico.
3) Ma la fertirrigazione è soggetta al "decreto rifiuti" o al "decreto acque"? – E chi trasporta, veicola "rifiuti liquidi" o no?

Noi sosteniamo da anni una risposta certamente e decisamente affermativa a questa domanda e continuiamo a ritenere senza mezzi termini che questa pratica è necessariamente ed inevitabilmente soggetta alla disciplina bifasica dei due decreti in questione.
E questo in primo luogo per un motivo di logica e di ragionevolezza media che dovrebbe indurci a ritenere che, al di là delle interpretazioni ermeneutiche e dei geroglifici verbali sui quali ormai si esercitano in tanti quando si tratta di sezionare al millimetro e alla virgola i testi di norma ambientali, sarebbe illogico che la normativa europea vigente in Italia nel disciplinare tutto il complesso sistema dello smaltimento dei rifiuti, lasciasse poi un così vistoso buco nero regolamentativo su un fenomeno che , si ribadisce è già in se stesso per il suo carico inquinante potenziale e per il coinvolgimento dei terreni e delle falde freatiche una realtà ad elevatissimo e imprevedibile impatto ambientale.
Sarebbe illogico che la normativa europea, vigente in Italia - con i decreti n. 22/97 e 152/99 - prima si preoccupa di dettare regole severe per ogni aspetto della disciplina di scarichi e rifiuti e poi lascia praticamente quasi libero il sistema di spandimento sui suoli dei liquami zootecnici.
Spargimento che entra direttamente nei cicli degli ecosistemi naturali con un effetto domino sulle acque sotterranee e comunque sugli equilibri del sottosuolo che appare superfluo ricordare.
Si pensi che il decreto n. 152/99 proibisce espressamente, salvo eccezioni, gli scarichi controllati e rituali su suolo, sottosuolo ed acque sotterranee (vedi artt. 29 e 30) con l’evidente e dichiarato fine politico internazionale di ridurre l’impatto sulla crosta terrestre nuda di ogni tipo di liquami (perfino quello delle private abitazioni in campagna) cercando di ricondurre gli scarichi su tali ex corpi ricettori il più possibile in vasca e cioè a trasformarli in rifiuti liquidi di acque reflue da assoggettare alla disciplina del decreto n. 22/97 che li dirigerà poi mediante veicolo a sistemi di trattamenti dedicati e controllati. Il fine chiarissimo è quello di ridurre al minimo il riversamento di liquami sui terreni.
Sarebbe illogico ed insensato che tale normativa, che costituisce già in se stessa regola satellite e dunque secondaria rispetto al decreto portante sui rifiuti n. 22/97 che reca norme ancor più severe in tutto il settore (e punisce penalmente gli smaltimenti illegali), poi deregolamentasse di colpo tutto quel vastissimo settore dei liquami zootecnici (quelli che contengono, per intenderci, anche l’ammoniaca) per i quali andrebbe a prevedere puramente e semplicemente una specie di libertà di azione totalmente resa esente dalle regole ei due decreti in questione e soggetta a una mera "comunicazione " del titolare dello spargimento ad un comune sulla base o di regole antiche che sopravviverebbero in modo giurassico anche dopo l’entrata in vigore delle nuove norme europee o al massimo a regole dettate dalla regioni.
E dunque tutto il ciclo di gestione di questi liquami sarebbe dichiarato come "non rifiuto" e "non scarico" e dunque, conseguenza ancora più paradossale, le sanzioni in caso di illegalità non sarebbero quelle fortemente penali per la gestione illecita di rifiuti liquidi o, secondo i casi, degli scarichi illegali aziendali, ma blande sanzioni per una violazione ad un’attività praticamente autogestita dagli interessati.
Va dunque inquadrato il tema della disciplina della utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento nel contesto sinergico del rapporto tra il decreto sui rifiuti n. 22/97 e il decreto sulle acque n. 152/99.
Va premesso, come costruzione generale sistematica, che gli insediamenti di allevamento sono di regola di carattere industriale entro il contesto del combinato disposto dei due decreti in questione.
E come tali devono per forza soggiacere alle regole dettate per gli scarichi e/o i rifiuti liquidi industriali
.

di Maurizio Santoloci

da "Il Centauro" n.83
Martedì, 17 Febbraio 2004
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