Fino a primavera inoltrata i conti drammatici degli incidenti e dei morti fra i veicoli a due ruote nei fine settimana erano stati, si fa per dire, abbastanza buoni. Avevamo contato 119 vittime con una calo del 23,2% rispetto alle 155 vittime dello scorso anno. Sapevamo benissimo che il merito era del prolungato inverno che almeno in questo caso si è rivelato umano, facendoci contare meno vittime fra i dueruotisti.
Dopo la punta del primo maggio con un fine settimana con tempo discreto e con 13 vittime fra i motociclisti, in alcuni fine settimana di sole ci siamo ripetuti con altri 17 motociclisti morti e tantissimi gravemente feriti. Nell’ultimo fine settimana di maggio e il ponte del 2 giugno si sono contate 21 vittime fra i dueruotisti (dati osservatorio il Centauro – Asaps). 27 e 21 i morti nei primi 2 week end di giugno.
Il numero complessivo delle vittime sui veicoli a 2 ruote è impressionante. 14.283 morti e 860.000 feriti negli ultimi 10 anni (fino al 2008), sono numeri drammatici. Neppure le truppe americane in Iraq e Afganistan hanno contato in questo decennio tante vittime e feriti.
Ormai è più pericoloso per un motociclista viaggiare lungo i passi del Muraglione, Cisa, Calla, Futa che per un soldato americano girare in divisa per Bagdad.
E’ ora che ci poniamo molte domande sullo stato delle nostre strade ormai veramente ai limiti, con buche, vie d’uscita occupate da segnali, guardrail taglienti come rasoi. Nessun errore, anche minimo è permesso all’appassionato di moto.
Ma dobbiamo parlare anche della produzione di motoveicoli con potenze da pista. Moto che in prima fanno i 130 km/h, da 0 a 100 vanno in meno di 4 secondi, che raggiongono velocità anche di 300 km/h.
Ogni anno i modelli in vendita hanno un CV in più e un kg in meno di peso. Ma alla guida non c’è Valentino Rossi, spesso ci sono dei semplici e comuni signori Rossi, appassionati di moto, ma con l’accettazione di una soglia del rischio troppo elevata. Poi la strada non ha nulla a che vedere con la pista, paradossalmente il posto più sicuro al mondo per i conducenti.
Il problema - lo dice la nostra inchiesta Mal di Moto - è globale e generale. Una generazione intera sta pagando costi incredibili con vite perdute e invalidità permanenti che determinano costi sbalorditivi per la sanità. Che paghiamo poi tutti.
E’ l’ora dei controlli, di un potenziamento della vigilanza con divise sulle strade contro la velocità e l’azzardo. Consola poco il fatto che in alcuni casi i dueruotisti non abbiano la responsabilità del sinistro. Ora anche le famiglie dicano la loro, anche gli amici dei motociclisti “caduti” sulle nostre statali devono, tutti insieme, contribuire ad esigere un modello diverso di educazione stradale e formazione. Con comportamenti maturi.
No, non basta uno schieramento di motociclisti fuori della Chiesa, che salutano un amico deceduto con una accelerazione, un rombo di cordoglio e ricordo. No non può bastare. Il rombo non potrà mai coprire le responsabilità che sono di tanti.
Giordano Biserni
Presidente Asaps
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