AVVENIRE
Alcol, in Italia oltre tre milioni a rischio
RIMINI. Due novità al 26esimo raduno nazionale di Alcolisti Anonimi (AA) che si è concluso qualche giorno fa a Rimini: la festa per i 75 anni di vita dell’associazione e la presentazione di un’indagine interna, condotta su 1400 alcolisti anonimi di tutta Italia da Enzo Becchetti, ricercatore economista ed esperto di comunicazione di Roma. Spiega Becchetti: «I risultati dell’indagine si riassumono in quattro punti. In primo luogo l’alcolismo si annida nella normalità della vita delle persone: famiglia e lavoro. Si tratta di persone con una cultura medio alta, spesso con grosse responsabilità nella società. «Il secondo punto riguarda come arriva l’alcolista ad AA. Prosegue l’esperto: «Attraverso la famiglia e la rete di amici, che cercano di salvare la persona dall’autodistruzione. Molto meno attraverso i servizi pubblici, i medici, gli ospedali» Dall’alcol si esce con l’autoaiuto (terzo punto), con grandi risultati e poche ricadute. Conclude Becchetti: «Infine, l’alcolista ha bisogno di ricostruire il senso della vita, appoggiandosi alla forza del gruppo, dove non si sente giudicato, ma accettato con amore. Da lì rinasce il progetto di recuperare le relazioni famigliari, sociali e lavorative. La forza del gruppo è quella che dà all’alcolista la spinta per guarire». Da qui l’allarme: in Italia ci sono 3milioni di alcolisti a rischio, Ogni anno muoiono a causa dell’alcol 30mila persone e nessuno ne parla, non solo per vergogna o interessi economici, ma per le grandi difficoltà che s’incontrano a uscirne. L’associazione alcolisti anonimi nacque nel 1935 negli Stati Uniti, con il metodo dell’autoaiuto. In Italia è attiva dal 1972, con 500 gruppi per un totale di 10mila persone. Nel mondo sono 2milioni gli alcolisti in recupero, secondo il programma dei 12 passi (autoaiuto e valori spirituali), in 100mila gruppi sparsi in 170 Paesi. Ma come ci si salva dall’alcolismo? Risponde Alberto T. segretario nazionale: «Smettere di bere dapprima è una stretta necessità. Ma non è sufficiente. Riteniamo che per un alcolista che desideri essere sobrio e non solo astinente sia importante riscoprire il senso spirituale della vita».
L’ADIGE
Un bicchiere di troppo multati due politici
TRENTO - Uniti dalla passione per la politica, il sindaco di Trento Alessandro Andreatta e il coordinatore cittadino dell’Upt, Nicola Ferrante, ieri si sono trovati a condividere anche una piccola grana giudiziaria, per essere stati pizzicati alla guida con un tasso alcolico oltre il limite. Contestazione - diciamo subito - che l’ex sindacalista però respinge. La vicenda del primo cittadino di Trento è nota e riguarda la denuncia per guida in stato di ebbrezza rimediata dopo l’ormai famosa cena a base di canederli, bagnata con tre bicchieri di teroldego ed un caffé corretto. Ieri mattina, il gup Carlo Ancona, ha ratificato il patteggiamento: la pena, concordata già in maggio con il pm, è di 10 giorni di arresto convertiti in 2.500 euro di multa più 500 euro di ammenda. Poco meno la multa inflitta a Nicola Ferrante, che è stato invece condannato in abbreviato dal gup Ancona ad 8 giorni di reclusione, convertiti in 2000 euro, più 800 euro di ammenda, per un totale di 2.800 euro. Una sentenza che, però, è deciso ad impugnare perché - come ha rilevato il suo difensore in aula - l’accertamento condotto sarebbe nullo. L’ex segretario della Cisl, reduce da una riunione, è stato fermato per un accertamento dei carabinieri in città la sera del 18 dicembre 2009. L’alcoltest - secondo quanto riportato nei verbali dei militari - aveva registrato un valore fuori dai limiti, anche se non di molto: tra 0.87 e 0.94, a fronte di un limite pari a 0.50. Scontata, a questo punto, la denuncia per violazione dell’articolo 186 del codice della strada, che punisce la guida in stato di ebbrezza. Ma Ferrante, a differenza del sindaco, non ha voluto scendere a patti, nella convinzione di essere nel giusto.
YAHOO.COM
Alcolismo: Trattamento Residenziale Per Recupero, Successo In 88% Casi
(ASCA) - Roma, 30 set - Maschio, spesso proveniente da situazioni di abuso, con alle spalle molti anni di dipendenza dall’alcol e, non di rado, anche da altre sostanze, portatore di malattie croniche come cirrosi o epatite: e’ l’identikit del degente tipo presso un Servizio residenziale alcologico secondo uno studio dell’Universita’ Bicocca di Milano i cui risultati saranno discussi domani e il 2 ottobre a Senigallia nell’ambito del Convegno ’La Residenzialita’ alcologica: creativita’ nella cura e riabilitazione’, organizzato dall’Associazione Corral (Coordinamento delle riabilitazioni residenziali alcologiche) e dalla Casa di Cura Villa Silvia con il patrocinio di Regione Marche, Provincia di Ancona e Comune di Senigallia. La riabilitazione alcologica in regime di residenzialita’ breve e’ una modalita’ di trattamento ormai discretamente diffusa in Italia ma ancora poco conosciuta e studiata e il convegno vuole essere un momento di confronto tra gli operatori delle residenzialita’, gli esperti, gli altri servizi, le istituzioni, i media e la cittadinanza, volto a far si’ che quest’opportunita’ terapeutica venga riconosciuta, a pieno titolo e con modalita’ di accesso condivise, tra le risorse presenti sul territorio per il percorso riabilitativo alcologico. Circa due terzi del campione analizzato dallo studio (un migliaio di pazienti) sono maschi, a conferma di una prevalenza di genere confermata, con percentuali diverse, da tutte le indagini epidemiologiche. Il 98,34% dei pazienti in trattamento residenziale proviene da una situazione di abuso o dipendenza da alcol, la cui frequenza e’ nel 59,5% dei casi superiore ai 10 anni (24,5% da 5 a 10 anni, 16% fino a 5 anni): per il 30,1% tale problematica si associa ad altri usi, abusi, dipendenze o comportamenti patologici, la meta’ ha una ’doppia diagnosi’ (dipendenza e problematiche psichiche). Due terzi dei soggetti presentano altre patologie conclamate che nel 42,8% dei casi riguardano cirrosi ed epatiti. Il 56,3% dei pazienti e’ al suo primo ricovero e circa il 39% e’ stato inviato alla struttura da un Sert: segue il 16,9% indirizzato da medici, il 15,4 da servizi alcologici e il 6,7 da conoscenti, seguiti da servizi psichiatrici, poi familiari, ospedali, gruppi di auto-aiuto. ’’Quattro gli obiettivi della riabilitazione - spiegano gli esperti -: mantenimento della sobrieta’ del soggetto, focalizzazione dei problemi psico-fisici e relazionali alcol-correlati (impossibile in regime ambulatoriale), supporti farmacologici e psicologici per affrontare la dipendenza, costruzione di un programma post-residenziale concordato con il paziente e con gli altri attori (SER.D, Servizi psichiatrici e sociali, gruppi di auto-aiuto, medici, famiglia cui viene dedicato un programma specifico)’’. Lo standard di successo di queste strutture sfiora l’87,6% di percorsi ultimati, con una minoranza dunque ristretta di auto dimissioni, complicanze o altro.(*) Nel 44,3% dei casi la struttura cui il paziente viene indirizzato per il prosieguo del programma e’ il Sert, seguito da servizi alcologici (18,7%), medico di base o specialista (12,4%) e psichiatri (4,6%).
(*) Nota: qualcuno mi corregga se sbaglio, ma io ho capito che il “successo” di cui al titolo dell’articolo è la percentuale di persone che non scappano da questa “residenzialità breve”. Mi pare ci si accontenti di poco.
IL MATTINO (Benevento)
GIUSTIZIA
Etilometro irregolare condanna annullata
Il Tribunale di Benevento ha assolto D.C. dal reato di guida in stato di ebbrezza con un tasso alcolemico di 0.89 gr.l. perché il fatto non sussiste. L’imputato difeso dall’avv. Italo Palumbo ha dimostrato al giudice che l’etilometro in possesso dei carabinieri la notte tra l’1 e il 2 gennaio 2008, non poteva in alcun modo essere attendibile in quanto il costruttore dell’etilometro ha tarato l’apparecchio per temperature non inferiori a gradi “0” e non superiore a gradi “40”. Quella notte il Se.SI.R.CA Cento Agrometereologico Regionale aveva registrato in San Bartolomeo in Galdo una temperatura oscillante tra -1,4 e -3,2. (*)
(*) Nota: a volto scopro in me un’anima poco garantista, e me ne dispiaccio.
A una persona che fa ricorso perché c’è un grado sotto zero, e l’etilometro è tarato per temperature da zero gradi in su, io raddoppierei la pena. Così, d’ufficio, senza discutere.
Meno male che non faccio il giudice.
CORRIERE DEL VENETO
VICENZA
Seviziata, e non stuprata, perché indisposta
Thiene, la studentessa venne picchiata e bruciata con dei mozziconi. Disposta la perizia psichiatrica su uno dei due aguzzini, Pegoraro. Chiesto risarcimento di 200 mila euro THIENE — Assieme a un trentenne straniero aveva bloccato una studentessa 19enne mentre faceva jogging. Tappandole la bocca, l’avevano trascinata di forza in una zona nascosta del parco pubblico, denudata, determinati a stuprarla. Quando però si sono accorti di non poter portare a termine i loro intenti perché la giovane era nel periodo del ciclo mestruale, l’hanno presa a calci, picchiata brutalmente, e le hanno spento sul petto i mozziconi di sigarette. Il gip Stefano Furlani ha rifiutato l’istanza della difesa che, facendo leva sui trascorsi problemi psichiatrici dell’arrestato, Maurizio Pegoraro, aveva segnalato l’incapacità di stare in giudizio del 50enne thienese. Spetterà invece al dottor Diego Arsiè, a cui verrà affidato venerdì l’incarico peritale, stabilire se l’uomo era in grado di intendere e volere al momento dei fatti e la sua pericolosità sociale. La vittima chiederà un risarcimento di 200mila euro. Già noto alle forze dell’ordine per reati contro la persona, il 50enne viveva con la pensione di invalidità. I fatti risalgono al 9 marzo quando una 19enne era uscita di casa verso le 20.30 per andare a fare jogging come ogni giorno. Era già buio. Aveva appena imboccato via Cà Boldrina, a Thiene, vicino alla zona residenziale Delle Mimose, quando è stata improvvisamente aggredita alle spalle da due sconosciuti. Le avevano tappato la bocca per impedirle di urlare e con la forza l’avevano trascinata in un’area verde dietro ad una cabina dell’Enel. La studentessa aveva tentato in tutti i modi di liberarsi dalla presa dei due uomini, che a giudicare dall’alito vinoso dovevano essere forse alterati dall’alcol, che riescono a spogliare la 19enne. Sfilati i pantaloni alla ragazza però capiscono di non poterla violentare. Scatenano allora sulla ragazza tutta la loro rabbia con pugni e calci all’addome. E, spegnendole i mozziconi di sigaretta sul petto la minacciano. «Se ci denunci diventi cibo per vermi».
La studentessa spaventata e sotto choc riesce a tornare a casa, e, superata la vergogna e l’umiliazione, racconta tutto al suo ragazzo. Dopo le cure al pronto soccorso, dove i medici avevano giudicato le ferite della giovani compatibili con l’aggressione, la studentessa aveva denunciato tutto ai carabinieri di Thiene che avevano avviato subito le indagini. Malgrado la paura e i traumi patiti, la studentessa era stata capace di fornire una descrizione dettagliata di uno dei due aggressori, il più cruento. I carabinieri individuano in Pegoraro, vecchia conoscenza, la persona che potrebbe corrispondere alla descrizione. Il sospetto diventa certezza quando durante la perquisizione domiciliare dell’uomo i militari dell’Arma trovano gli abiti del 50enne, corrispondenti in ogni particolare a quelli descritti dalla ragazza con lucidità. Il cerchio si chiude dopo un confronto all’americana. Da dietro il vetro la vittima riconosce senza esitazioni l’aggressore.
Romina Varotto
IL TIRRENO
Dal 2001 a oggi è triplicato il numero delle persone che chiede aiuto all’Asl per smettere di bere
Sempre più giovani schiavi dell’alcol Decine gli under 40 in cura al Sert, molti hanno meno di trent’anni
EMPOLI.
Sono sempre di più i giovani dipendenti dall’alcol nel territorio coperto dall’Asl 11. Lo scorso anno il centro alcologico dell’unità operativa farmacotossicodipendenze ha accolto trenta persone al di sotto dei 40 anni e dieci al di sotto dei 30. Il dramma è che questa non è che una parte di quelli effettivamente schiavi del bere. «Il problema con l’alcol - spiega la dottoressa Maura Tedici, direttrice dell’unità operativa - è che questa è una dipendenza della quale ci si stacca con molta lentezza. Le famiglie tendono a tollerarlo o a sottovalutarlo per molti anni, a meno che il soggetto non abbandoni tutte le sue attività o diventi violento in ambito domestico». Complessivamente il centro ha avuto in cura 129 pazienti nel 2009 contro i 38 del 2000. Un numero triplicato al quale ogni anno si aggiungono circa quaranta nuovi soggetti e sempre più donne. Nel 2008 queste costituivano il 20 per cento del totale ma nel giro di un anno la percentuale è salita al 30 per cento. La bevanda di cui i pazienti abusano in misura maggiore è il vino. Seguono birra e superalcolici. Quella dall’alcol è una dipendenza particolarmente insidiosa per diverse ragioni. In primo luogo perché è dettata da sostanze che sono reperibili ovunque. Dopodiché, diversamente dal consumo di eroina, bere è un qualcosa di socialmente accettato che non desta preoccupazione finché non degenera a un livello che ha poi tempi di recupero lunghissimi, a volte infiniti. «Chi entra negli alcolisti anonimi - racconta la dottoressa Tedici - tendenzialmente ci va per tutta la vita, anche se non beve da anni perché sa che sarebbe sufficiente riassumerla anche una sola volta per sentirne di nuovo il bisogno».
IL TIRRENO
Sparatoria e botte davanti al bar
Pontremoli, uomo armato semina il panico
Prima i colpi di pistola, poi ferisce a coltellate un vigile urbano che tenta di bloccarlo
PONTREMOLI. Entra nel bar e, con noncuranza, mostra la pistola ad alcuni avventori che, piuttosto spaventati, cercano di svignarsela alla chetichella. L’uomo appare piuttosto alticcio, ma non violento e qualcuno sta al gioco, ammirando la piccola Berretta 7,65 che l’uomo tiene in mano, però mai spianata verso gli altri. Poi l’uomo armato esce dal locale e, all’improvviso, spara due colpi, uno direttamente in aria e l’altro in direzione del vicino ufficio postale.
Scoppia il putiferio. Alcuni dei clienti rimasti nel locale guadagnano l’uscita, mentre qualcuno telefona ai carabinieri. Teatro della scena, il bar Centrale di Pontremoli, attorno alle 21,30 dell’altra sera. <>Luigi Mazzi, 51 anni, già noto alle forze dell’ordine, entra nel locale e poco dopo inizia a esibire la sua Berretta 7,65, arma regolarmente denunciata, ma utilizzabile soltanto all’interno di un poligono di tiro. Dopo un po’ il gestore del bar, Franco Bardini, lo invita a ricomporsi, ma l’uomo non lo ascolta. Anzi, esce dal locale e subito dopo inizia a sparare. <>Nei caotici momenti che seguono, destino vuole che nei pressi ci sia il vigile urbano Antonello Murena, regolarmente in divisa di servizio. L’agente sente i colpi e raggiunge la zona dove si trova Mazzi. Coraggiosamente lo affronta, invitandolo a desistere. Niente da fare. <>Secondo la ricostruzione dei fatti, nasce una colluttazione tra Mazzi e il vigile, durante la quale il primo perde l’arma. A questo punto appare la lama di un coltello a serramanico di tipo proibito e lo scontro prosegue più accanito che mai. Un fendente ferisce a un polso il vigile, che però non desiste. Ma in suo aiuto c’è il provvidenziale arrivo di una pattuglia dei carabinieri, i cui componenti si lanciano contro Mazzi e lo immobilizzano.
Dopo gli accertamenti di rito, Luigi Mazzi è stato arrestato. Ieri processo per direttissima: il magistrato ha convalidato il fermo di Mazzi, rimettendolo in libertà e fissando per il 17 ottobre la prima udienza.
IL GIORNALE
ALLARME ORDINE PUBBLICO
Centri sociali, la festa alcolica minaccia il Duomo
Il gruppo dei Corsari si dà appuntamento per l’8 ottobre: l’ultima volta fu necessario l’intervento della polizia La moda spagnola del «botellon» porta con sé schiamazzi notturni, tonnellate di rifiuti e spaccio di droga
Enrico Silvestri
L’ultima volta, un anno fa, finì con la polizia schierata in Duomo e alcune centinaia di antagonisti costretti e ripiegare alle Basiliche: lì tra canti, balli e cori ad alta gradazione alcolica, tennero svegli tutta la notte i residenti. Per tacere degli operatori dell’Amsa costretti il giorno dopo agli straordinari per ripulire le strade da tonnellate di rifiuti. Sono gli esiti del botellon , moda andalusa arrivata da noi con vent’anni di ritardo, subito diventata sinonimo di trasgressione e libertà. E così adottata dai Centri sociali, che undici mesi fa tentarono di assaltare il centro, senza riuscire a superare il cordone delle forze dell’ordine. Ora ci riprovano. Dal 23 settembre sul sito dei Corsari è iniziato il tam tam per chiamare alla mobilitazione per tre happening notturni in varie parti della città. Il primo il 24 settembre, un secondo il primo ottobre, e il terzo,il più atteso,l’8 ottobre in Duomo. I primi botellon (o «bottellon» chiaramente derivante dallo spagnolo botella , bottiglia) furono organizzati in Andalusia negli anni ’80 per estendersi rapidamente in tutta la Spagna. Nel marzo 2006, si svolse una sfida tra universitari per organizzare il più grande evento della storia, con incidenti a Salamanca e a Barcellona. A Granada il sindaco autorizzò la riunione in una zona periferica, non ci furono incidenti e si toccò il record di 30mila partecipanti. <>Sempre nel 2006 il botellon approdò in Italia, a Torino per la precisione, mentre bisognerà aspettare altri tre anni prima del suo esordio milanese. Sabato 31 ottobre 2009, centinaia di giovani richiamati dal passa parola dei siti antagonisti cercarono di prendersi il Duomo per festeggiare Halloween. Respinti dalle forze dell’ordine,sciamarono al parco delle Basiliche, dove fecero festa fino alle 7 del mattino, tra canti e balli, alcol e droghe, incuranti delle proteste dei residenti. Nel pomeriggio furono necessari due mezzi dell’Amsa per portar via tutti i rifiuti, tra cui non poche siringhe. Il freddo portò a più miti consigli, per cui di botellon non se ne parlò più fino a primavera quando i giovani cercarono di prendersi piazza Leonardo da Vinci nei pressi del Politecnico, venendo però subito bloccati dalla polizia. Altri vennero organizzati senza incidenti nella più decentrata, e scarsamente abitata, piazza Ateneo alla Bicocca.L’ultimo sabato 11 settembre. Ora si parla di nuovi eventi perché «i divieti si moltiplicano a vista d’occhio, attraverso ordinanze sempre più rigide, con l’idea che vivere le piazze e le strade voglia dire disturbare la quiete pubblica, senza voler riconoscere che l’unica città veramente sicura è una città piena di luci e di persone, prima che di telecamere e poliziotti» recita il sito del Centro sociale Corsari. Il primo botellon è già avvenuto e passato sotto silenzio: al Corvetto, poeticamente denominato moonshine , cioé raggio di luna. La polizia si è presentata in forze, ma ha trovato solo una ventina di ragazzi. Secondo happening in via Padova. Due quartieri difficili, scelti appositamente «per protestare contro un coprifuoco assurdo » precisano gli antagonisti. Il gran finale l’8 ottobre quando i Centri sociali cercheranno per la seconda volta di prendersi il Duomo.
IL GAZZETTINO (Padova)
Ubriaco, picchia il padre e aggredisce i carabinieri
Sotto i fumi dell’alcol, martedì sera, Roberto Miotto, 32 anni di Bastia di Rovolon, ha picchiato il padre minacciandolo di morte. Ma la rabbia dell’uomo non si è sfogata solo contro il genitore, perché a botte ha tentato di prendere anche i carabinieri del Norm di Abano Terme, coordinati dal tenente Gianpio Minieri, intervenuti per cercare di placare l’ira del trentaduenne. Arrestato in flagranza di reato, mentre cercava di darle di santa ragione al papà utilizzando anche alcuni attrezzi da giardino, per Roberto Miotto, dopo una notte trascorsa nella caserma di Abano, si sono quindi aperte le porte del carcere di via Due Palazzi. Dove rimarrà, con le accuse di tentate lesioni e resistenza a pubblico ufficiale, fino al 6 ottobre, data in cui si aprirà il processo. Ieri, al termine della direttissima, il giudice ha confermato l’arresto, escludendo però le minacce aggravate come ipotesi di reato. Miotto prima di essere scarcerato dovrà essere inserito in un programma di recupero per alcolisti. L’obiettivo è infatti quello di recuperarlo socialmente per evitare il ripetersi di episodi violenti come quello avvenuto martedì sera. Incensurato, Roberto Miotto avrebbe anche potuto essere rimesso in libertà, ma data la sua propensione al consumo di alcol sarebbe stato troppo elevato il rischio di un’altra aggressione nei confronti dei familiari, già peraltro destinatari delle minacce del giovane. Da qui la decisione del giudice di inserirlo in una struttura di recupero, il Sert, prima di farlo tornare in libertà. Titolare dell’inchiesta aperta per le minacce e l’aggressione di Miotto, difeso dal penalista Leonardo Aranu, nei confronti del padre, è il sostituto procuratore Paola De Franceschi.
IL GAZZETTINO (Belluno)
PIEVE Dopo il caso del giovane in coma etilico sulla panchina
Alcol, baristi convocati
Il sindaco incontra i tre locali frequentati. Proseguono le indagini
Stefania Mattea
Proseguono velocemente le indagini sul gruppo di undici amici che nella notte tra sabato e domenica ha abbandonato il ragazzo auronzano, M.A., in coma etilico su una panchina del centro di Pieve. Sulla vicenda non trapelano altre novità dopo l’identificazione di due giovani della comitiva. La polizia locale, che lavora sull’ipotesi di reato di omissione di soccorso e di somministrazione di bevande alcoliche a persone in stato di manifesta ubriachezza, sta agendo con estrema prudenza. Si fa sempre più probabile il coinvolgimento di giovani di Pieve. Molte le tracce e le informazioni raccolte dalla comandante Ornella Boscarin insieme alla vigilessa Paola De Martin, la prima ad accorrere in aiuto del giovane. Un enorme lavoro di investigazione quello condotto dalla polizia locale di Pieve, che sta dimostrando una particolare attenzione alle problematiche sociali. Il sindaco Maria Antonia Ciotti intanto ha già convocato per oggi gli esercenti coinvolti nel fatto, su precisa indicazione del ventunnenne auronzano. Appena svegliato dal coma etilico, il giovane ha fornito una spiegazione credibile della serata trascorsa. È stato proprio lui ad indicare il numero preciso degli amici in sua compagnia la notte precedente e i nominativi dei locali frequentati.
La prima cittadina ha preso contatti anche con le scuole del paese. Si è deciso di far rientrare la visita con testimonianza del sindaco all’interno di un programma già in atto presso la scuola primaria e la secondaria di Pieve. In corso di valutazione con la giunta invece è la proposta arrivata in Comune da un’associazione antirazzismo. Quest’ultima invita gli amministratori ad iscrivere le scuole ad un progetto contro il razzismo, che punta alla sensibilizzazione delle giovani generazioni.
L’ADIGE
Ragazzi che insegnano ad altri ragazzi i rischi legati all’abuso dell’alcol
LA NAZIONE (La Spezia)
Ubriaco spara e ferisce vigile urbano
IL RESTO EL CARLINO (Ancona)
«Sfida all’alcol con il convegno e con la comunità a Piticchio»
Note alcoliche
IL GIORNO (Brianza)
Automobilista ubriaco cerca di seminare la polizia e si incastra sulla pista ciclabile lungo...
IL MATTINO di Padova)
rissa tra ubriachi in stazione divelti i segnali anti-alcol
in preda all’alcol aggredisce il padre e poi i carabinieri
GAZZETTA DI REGGIO
due serate per uscire dall’alcolismo
IL RESTO DEL CARLINO (Ferrara)
Ubriachi sul treno molestano i passeggeri Poi calci, pugni e sassi contro i militari
«Picchiata» dal marito e ridotta in coma
Incontro alcolisti anonimi
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