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LA PUBBLICITA’ DELLE BEVANDE ALCOLICHE



La pubblicità delle bevande alcoliche vede una sua prima regolamentazione con il D.M. 30 novembre 1991, n. 425.
Si tratta di un brevissimo e singolare provvedimento che, nei suoi tre articoli, raccoglie, rispettivamente, norme relative alla pubblicità televisiva dei prodotti del tabacco (art. 1), delle bevande alcoliche (art. 2) e norme a tutela dei minori (art. 3).
Le regole riguardano la sola pubblicità televisiva degli alcolici, che non deve rivolgersi a minori e, in particolare, non deve presentare gli stessi intenti al consumo di tale tipo di bevanda. Il consumo di alcol non deve essere collegato con prestazioni fisiche di particolare rilievo, né creare l’ impressione che esso possa contribuire al successo sociale o sessuale, al fine di evitare che possa diventare un modello di vita o invogliare l’ emulazione. L’ assunzione di tali bevande non deve essere associata alla conduzione di autoveicoli, per evitare condotte di guida pericolose.
La pubblicità televisiva di bevande alcoliche non deve indurre a credere che esse posseggano qualità terapeutiche stimolanti o calmanti o che contribuiscano a risolvere situazioni di conflitto psicologico. Si vuole, insomma, evitare che i soggetti più deboli possano trovare rifugio nel bicchiere, giustificando tale comportamento come restitutivo del proprio equilibrio.
Non deve essere incoraggiato l’ uso eccessivo ed incontrollato degli alcolici o, al contrario, presentata in chiave negativa l’ astinenza e la sobrietà.
In particolare, l’ indicazione del rilevante grado alcolico non deve essere utilizzata come qualità positiva delle bevande.
Viene, successivamente, emanata la legge 30 marzo 2001, n. 125, intitolata “Legge quadro in materia di alcol e di prodotti alcolcorrelati”, che, al suo articolo 13, contiene disposizioni in materia di pubblicità.
La legge del 2001 vieta la diffusione di pubblicità di bevande alcoliche e superalcoliche all’ interno di programmi rivolti ai minori e nei quindici minuti precedenti e successivi alla trasmissione degli stessi, così come vieta la rappresentazione di minori dediti al consumo di alcol o la raffigurazione in senso positivo dell’ assunzione di tali bevande. La pubblicità, inoltre, non deve attribuire efficacia terapeutica agli alcolici, a meno che essa non sia riconosciuta dal Ministero della sanità.
La nuova legge, oltre alle prescrizioni riguardanti i contenuti del messaggio pubblicitario, contiene anche alcuni divieti relativi alla sua diffusione.
Così, la pubblicità di bevande alcoliche o superalcoliche non può essere diffusa nei locali frequentati prevalentemente da minori degli anni 18; la pubblicità radiotelevisiva di tali prodotti è, inoltre, vietata nella fascia oraria dalle 16 alle 19. Sulla stampa giornaliera e periodica rivolta ai minori e nelle sale cinematografiche, in occasione di film la cui proiezione è destinata prevalentemente a minori, è vietata ogni forma di pubblicità di bevande alcoliche.
L’ infrazione alle prescrizioni dell’ art. 13 della L. n. 125/2001 è punita con sanzione amministrativa, che varia da cinque a venti milioni di lire (2.582,28/10.329,14 euro) e può essere raddoppiata per ogni ulteriore violazione.
La norma sopra riportata ha anche previsto l’obbligo, entro sei mesi dall’ entrata in vigore della legge, per le emittenti radiotelevisive, le agenzia pubblicitarie e i rappresentanti della produzione di adottare un codice di autoregolamentazione sulle modalità e sui contenuti dei messaggi pubblicitari relativi alle bevande alcoliche e superalcoliche.
In relazione a tale prescrizione, i contenuti dell’ art. 22 del Codice di Autodisciplina Pubblicitaria, che già disciplinava la pubblicità delle bevande alcoliche, sono stati integrati, in modo da farne la normativa autoregolamentare di riferimento.
L’art. 22 CAP esordisce precisando che la pubblicità dei prodotti alcolici non deve essere in contrasto con l’ esigenza di favorire l’ affermazione di modelli di consumo ispirati a misura, correttezza e responsabilità, a tutela soprattutto dei bambini e degli adolescenti, ma anche delle persone in generale, che hanno diritto ad una vita familiare, sociale e lavorativa protetta dalle conseguenze connesse all’ abuso di bevande alcoliche.
Su tale premessa, il Codice di Autodisciplina precisa che la pubblicità deve astenersi dall’ incoraggiare un uso eccessivo e incontrollato delle sostanze alcoliche, dal rappresentare situazioni di attaccamento morboso al prodotto e di dipendenza, dall’ indurre a ritenere che il ricorso agli alcolici possa contribuire alla soluzione dei problemi personali. Inoltre, la pubblicità non deve rivolgersi, neppure indirettamente, ai minori o rappresentarli intenti al consumo di alcol, non deve associare la guida di autoveicoli con l’ uso di bevande alcoliche, non deve indurre il pubblico a ritenere che il consumo di alcolici possa contribuire alla lucidità mentale e all’ efficienza fisica e sessuale.
La sobrietà e l’ astensione dal consumo di alcolici non devono essere rappresentati come valori negativi, mentre non si deve far ritenere che il mancato consumo comporti una condizione di inferiorità fisica, psicologica o sociale.
Il pubblico non deve essere indotto a trascurare le differenti modalità di consumo in relazione alle caratteristiche dei singoli prodotti e delle condizioni personali del consumatore.
Il tema principale dell’ annuncio non deve vertere sull’ elevato grado alcolico di una bevanda.
Nel Codice di autoregolamentazione TV e minori, per quanto concerne la pubblicità, si precisa che, in genere, non debbano essere rappresentati minori dediti al consumo di alcol, mentre nella fascia di programmazione specifica (dalle 16 alle 19) si deve evitare la pubblicità di bevande alcoliche e superalcoliche.
Il Giurì di autodisciplina in genere condanna le campagne nelle quali vengono contrapposte due categorie di soggetti: l’ una, brillante, bella, attraente, giovane, che coincide con quella dei consumatori del prodotto; l’ altra pedante, malinconica, triste, che corrisponde a quanti non bevono il prodotto (per tutti, si vedano la pronuncia n. 161/94, Comitato di Controllo/Davide Campari, o la pronuncia n. 251/02, Comitato di Controllo/Martini & Rossi, che ha condannato il messaggio nel quale una festa, dapprima spenta e poco vivace, si surriscalda quando arriva il rum pubblicizzato).
La giurisprudenza del Giurì ha sempre affermato il principio secondo il quale deve essere condannato, perché in contrasto con l’ art. 22 CAP, il messaggio nel quale la bevanda alcolica viene configurata come uno strumento per il soddisfacimento di pulsioni e di bisogni irrazionali, quando il consumatore è coinvolto emotivamente da contenuti suggestivi, che finiscono per fargli abbandonare il senso di vigilanza.
Così vengono condannati alcuni comportamenti che manifestano una eccessiva dedizione al consumo: ad esempio, è stata condannato il messaggio di Bacardi Breezer, nel quale un giovane tracanna vogliosamente il prodotto (pronuncia 2/04), perché si ha la sensazione di “un uso un po’ smodato della bibita, quasi a rappresentare un mezzo per darsi la carica”.
Condanna ha anche ricevuto il messaggio Ceres (pronuncia n. 156/03), in cui viene mostrata l’offerta liberale e gratuita di quantità crescenti di birra; prima elargita a fiotti, poi a fontana dal getto corposo ed infine come un’ immensa cascata, proprio perché il messaggio veicolerebbe verso il pubblico dei telespettatori un modello di consumo non ispirato a misura e a responsabilità.
Il Giurì, invece, non ha considerato in contrasto con l’ art. 22 CAP l’ annuncio pubblicitario del mirto Zedda Piras, dove una donna, in compagnia di un uomo più anziano, rievoca il ricordo del giovane amante nell’ atto di versare qualche goccia di liquido nel mare e del mare che, di conseguenza, si ingrossa, risvegliando i sensi sopiti della donna. Nel caso in esame, il Giurì ha rilevato che i personaggi erano assolutamente lucidi e non ebbri, solo una piccola parte del contenuto della bottiglia veniva versato in mare, nulla, nello spot, avrebbe suggerito un consumo smodato o irresponsabile della bevanda alcolica.
Naturalmente, anche la pubblicità dei prodotti alcolici deve rispettare le previsioni del D.Lgs. 25 gennaio 1992, n. 74 sulla pubblicità ingannevole e comparativa.
Il messaggio, quindi, non deve trarre in inganno il consumatore sulle caratteristiche del prodotto, ma non deve essere in contrasto neppure con le altre prescrizioni della legge.
Così il Garante della concorrenza e del mercato ha condannato, lo spot che, ambientato in un night club di lusso, vedeva i due protagonisti, un uomo ed una donna piuttosto attraenti, scambiarsi una serie di sguardi carchi di significato. Al primo sguardo, la donna mostra l’ anello che indossa all’ anulare, per segnalare che è impegnata, al secondo sguardo, la stessa si sfila l’ anello dal dito e lo deglutisce con un sorso del prodotto alcolico pubblicizzato.
Lo spot, trasmesso nelle prime ore della sera e quindi accessibile anche per i bambini, non è stato condannato per le caratteristiche della bevanda, ma per la pericolosità del gesto di ingoiare l’ anello, di forte impatto emotivo e di forti possibilità emulative.
In questo caso, l’ illegittimità del messaggio non è stata determinata dal suo contrasto con le norme, in quanto prodotto alcolico, ma in quanto prodotto in generale.

di Fiammetta Malagoli

da WWW.STUDIOLEGALEMALAGOLI.IT

Lunedì, 04 Ottobre 2010
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