Il gesto coraggioso di un agente della Polizia Stradale salva un suicida che si getta nel canale. Interventi non isolati per salvare gli altri EROE PER CASO? di Lorenzo Borselli(*) |
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Lo
sappiamo. "Eroe" è un termine grosso, del quale si finisce
spesso, quando la commozione supera l’effettiva accezione del termine,
con l’abusarne. Un tempo per essere definito "eroe" bisognava
sfidare gli dei e pagare con i supplizi eterni quell’ardire. Proprio
in questi giorni siamo passati da Roma, vicini all’Altare della Patria.
Insolita la folla che si attarda davanti alla cancellata, guardati dall’alto
da due militari di guardia al fuoco eterno del Milite Ignoto, ma quel
sacrificio non poteva passare in silenzio e quel silenzio suonato dal
trombettiere e quel silenzio gridato da tutti noi riecheggeranno a lungo.
Non dobbiamo però smettere di riconoscere anche nelle piccole storie
di ogni giorno quell’eroica abnegazione che contraddistingue molti
dei servitori dello Stato: gesti compiuti ogni giorno per la collettività.
Così, terminata la commovente diretta da Roma dei funerali di Stato
dei 19 militari uccisi a Nassiriya, ci è giunta l’eco dell’impresa
di Gianni Pantani Amati, un uomo della Polizia Stradale di 31 anni. Finita
la notte, il collega della Specialità di Riccione decide di trascorrere
qualche ora di relax a pesca nelle acque del portocanale di Rimini. Acque
fredde e profonde, che nel breve volgere di qualche istante diventano
il teatro di una tragedia. Un coetaneo di Gianni realizza che la vita,
per lui, è divenuta insopportabile.
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Qualche
secondo di esitazione, poi la mano spinge la leva del cambio in avanti,
fino ad ingranare la prima; la Y10 parte e cade dalla banchina, in acqua.
Sbuffa l’aria, mentre esce lasciando il posto al mare che abbraccia
gelido il suicida. L’auto galleggia per qualche interminabile secondo,
ma quando il muso della macchina punta ormai verso il fondo, Gianni è
in acqua. Ha visto tutta la scena e con la determinazione che solo un
professionista può avere, chiama il 113 mentre si spoglia, e afferrata
una cima, un attimo dopo è in acqua. Nuota veloce, mentre la piccola
vettura ondeggia inabissandosi. Gianni capisce che l’uomo è
chiuso nell’abitacolo, le mani strette sullo sterzo. Aggira la macchina
e lega la cima al semiasse. Lo chiama, Gianni, ma l’uomo non risponde,
vuole morire e lascia le mani dallo sterzo solo per implorare il suo salvatore
di abbandonarlo al gelido abbraccio del mare. Le portiere chiuse, i finestrini
abbassati, la cintura di sicurezza indossata. Passano i minuti ma la determinazione
di chi in quel momento vuole morire è pari solo alla forza di Gianni;
i suoi pugni non bastano a sfondare i cristalli e allora si fa lanciare
un remo e spacca il cristallo posteriore, l’unico ormai rimasto in
emersione. Intanto la gente si accalca sul pontile e assiste immobile
al lavoro di quella furia: si infila nell’abitacolo, sgancia con
un piede la cintura, afferra per un braccio l’aspirante suicida e
lo estrae senza lasciare per un attimo la corda. Ecco cos’è
a volte un gesto eroico: un miracolo che si compie, un’impresa che
finisce bene, grazie alla determinazione di chi sceglie di salvare una
vita senza garanzie per la propria. Il tutto davanti agli occhi di decine
di persone che non hanno mosso un dito, ma non per vigliaccheria: solo
perché incapaci di compiere un gesto del genere.
Arrivano i colleghi, le ambulanze. Solo pochi minuti dopo i sommozzatori dei Vigili del Fuoco sono in acqua. La Y10 è già a fondo, fortunatamente vuota. Gianni, agente scelto con un passato al Reparto Volanti di Bologna, ha firmato per essere dimesso pochi minuti dopo il ricovero in ospedale, dov’era arrivato paonazzo per il freddo, sfinito dall’impresa durata più di venti minuti. Il mancato suicida gli ha rivolto un sorriso. Forse quel gesto lo ha salvato davvero per sempre; prima di essere ricoverato in psichiatria ha confidato al suo salvatore di aver scelto la morte perché si sentiva l’ultima persona al mondo. Ecco a che serve un eroe. Le pagine della cronaca sono piene di eroi che rischiano la loro vita per strappare alle profondità degli abissi o a quella dei dirupi, persone in difficoltà. Diventano eroi, questi uomini e donne normali, perché all’improvviso una prova li attende e pretende l’estremo sacrificio. A volte riesce a volte no, ma indipendentemente da questo diventano eroi davvero. Passano poche ore e il destino chiama ancora due poliziotti della Stradale a misurarsi con la decisione di morire presa da un ragazzo di 16 anni: la radio di servizio rimbomba sulla statale amalfitana, dove i Centauri ricevono una segnalazione inquietante da due abitanti di Ravello. "Intervenite subito, un ragazzo sta per buttarsi giù". Niente di più vero, niente di più drammatico. Il giovane aveva scavalcato il muro di protezione della strada statale, si era buttato giù e dopo dieci metri era finito su una terrazza sottostante. Scavalcano, i due poliziotti, cancelli e muretti. Poi si aggrappano, improvvisati rocciatori, a quello che le asperità del terreno concedono. Alla fine ce la fanno. Parlano con lui, ferito, deciso comunque a farla finita. Senza i riflettori accesi i pattuglianti lo convincono a risalire, a salvarsi. Sono eroi anche loro e ne siamo fieri. |
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Quelli
che… ti portano Quando la Stradale non è soltanto
quello che si crede! |
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Se
chiedessimo ad un congruo numero di persone che cosa associano naturalmente
alla parola "Polizia Stradale" noteremmo, senza sorpresa, che
la gente istintivamente pensa alle multe, alle pattuglie ferme sulla strada
con il libretto del verbale in mano, al micidiale Autovelox o all’odiato
(dai seguaci del dio Bacco) Etilometro.
Insomma, tutte situazioni di paura, di coercizione, se vogliamo tutti sentimenti poco edificanti. Eppure se salissimo sulla macchina col centauro e facessimo un turno di pattuglia (parliamo per chi non è "appartenente"), ci accorgeremmo che non tutte le situazioni sono rapportabili a queste appena elencate. Non si svegliano la mattina, i nostri poliziotti, con il chiodo fisso "quanti ne becco oggi". Non è nel costume, come non sono nel costume cattiveria e maleducazione. Eppure la gente parla e, spesso, parla in questi termini. Ma se andiamo a scavare (appena un passaggio) nel mondo della psicologia, come facciamo a non notare che lo stesso atteggiamento viene riservato al rapporto con i genitori (soprattutto nel tumultuoso periodo dell’adolescenza), oppure a quello con gli insegnanti, il capufficio o il superiore. Insomma, qualsiasi situazione in cui occorre ascoltare, imparare, ricevere insegnamenti anche attraverso coercizioni, provoca malessere e malumore. E’ stato altresì appurato che poi l’anziano genitore verrà amato anche per aver detto no al momento giusto, l’insegnante verrà ricordato per la sua severità necessaria a far crescere ed educare lo studente; la Polizia Stradale per che cosa verrà amata? Basta leggere i giornali per capire come il lavoro dei poliziotti non sia un mero compito di repressione e autorità, episodi dai contorni umani grandissimi ce lo dimostrano. Non vi abbiamo ancora convinti? Allora leggete di seguito e poi ne riparleremo. 6 gennaio 2003 Benevento: Vuole togliersi la vita, salvata Aveva deciso di togliersi la vita, di farla finita per sempre con un’esistenza ritenuta impossibile da sopportare. Una ventottenne di Benevento, affetta da crisi depressive, è stata salvata dagli agenti della volante che l’hanno strappata ad un terribile destino. Un episodio a lieto fine registrato nella tarda mattinata del 6 gennaio quando un automobilista ha dato l’allarme al 113 dopo aver notato, transitando su un viadotto, una donna che manifestava chiaramente l’intenzione di togliersi la vita. La segnalazione è arrivata alle volanti operative in quel momento e, nel giro di pochi istanti, una pattuglia composta da Michele Bozzo e Corrado Romolo era sul luogo. La donna si era già arrampicata su una inferriata ed era pronta a gettarsi nel vuoto. Immediato l’intervento del capo equipaggio Michele Bozzo, che è riuscito ad abbracciare la ragazza e a tirarla giù, non senza difficoltà e pericolo anche per la propria incolumità. La ragazza è scoppiata in un pianto e ha sussurrato ai suoi soccorritori "volevo uccidermi, sto male". Successivamente la ragazza è stata presa in cura dal reparto psichiatria dell’Ospedale Rummo, dove i medici hanno praticato le cure del caso. Tragedia fortunatamente evitata. 1 marzo 2003 - Messina-Palermo: Tenta di lanciarsi dal viadotto, salvata Una donna di 51 anni è stata salvata da un tentativo di suicidio sulla Messina-Palermo all’altezza del viadotto Salice. Provvidenziale per la casalinga è stato l’intervento di due pattuglie della Stradale, una della Sottosezione A20 (agente Salvatore Refano, assistente Benedetto Ganfi), l’altra della Sezione (sovrintendente Graziano Crupi, assistente Giovanni Lauria) i cui agenti sono riusciti a individuarla e bloccarla nell’immediatezza del tentativo di suicidio. L’allarme era stato dato alla centrale operativa della polizia Stradale dal figlio, avvisato proprio dalla madre delle intenzioni suicide. La stessa aveva indicato il luogo in cui si trovava così, dopo una corsa, le pattuglie si sono trovate all’area di parcheggio "Salice" dove era parcheggiata l’auto della donna. Sul sedile la borsa e il cellulare ma della signora nessuna traccia. Dopo affannose ricerche ecco che gli uomini della Stradale la notano aggrappata a degli arbusti, con il corpo sospeso nel vuoto. Pronto l’intervento del sovrintendente Crupi, che è riuscito a bloccarla e a riportarla sul terreno. Nel frattempo erano giunti sul posto anche il marito e la figlia, in avanzato stato di gravidanza che, per lo spavento, si è sentita male ed è stata trasportata d’urgenza all’ospedale. Stessa procedura per la madre che, in un biglietto, spiegava al figlio le ragioni dell’insano gesto. |
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marzo 2003 Bugnato: Overdose, Polstrada salva giovane. Deve la vita agli agenti della polizia Stradale di Bugnato che, dopo averlo trovato rantolante all’interno dell’auto, lo hanno assistito per quindici interminabili minuti in attesa dell’arrivo dell’automedica del 118. Quando i poliziotti l’hanno trovato a bordo della sua auto ferma su di una piazzola di servizio della corsia nord dell’A12, il 31enne residente alla Spezia, respirava a fatica accasciato sul sedile dell’auto. Sul tappetino la siringa con la quale si era iniettato la droga. Una concitata telefonata per chiedere l’invio di un’ambulanza e poi l’ispettore Gianluigi De Padova si è messo in contatto con la centrale operativa del 118. Per telefono il medico gli ha spiegato come comportarsi e l’ispettore, aiutato dai colleghi Pier Paolo Lepone, Attilio Scaramuccia e Sonia Bonifazi ha prestato assistenza al giovane. Hanno portato il giovane fuori, l’hanno steso su un fianco e hanno eseguito freneticamente le istruzioni del medico per strapparlo alla morte. All’arrivo dell’ambulanza il giovane, seppur gravissimo, era ancora vivo. Nel pomeriggio le sue condizioni sono migliorate, tanto da permettere ai medici di sciogliere la prognosi. Luglio 2003 - Coccolia (RA): La Polizia Stradale salva due anziani dalla loro casa in fiamme. Le fiamme stringono in pugno un uomo e una donna. Due anziani restano imprigionati nella loro casa finita nella morsa delle fiamme. L’uomo ha problemi di salute. Ma in quel momento due poliziotti bucano il fondale spesso e nero: due agenti della Polizia Stradale di Forlì che in pochi istanti accompagnano fuori e salvano la coppia di anziani, terrorizzati ma salvi. Il sovrintendente Valerio Venturi e l’agente scelto Stefano Valmori: loro hanno salvato la vita ai due anziani di Coccolia. " Anche questo è il nostro lavoro. Non facciamo soltanto multe". Ci tiene a sottolinearlo, Stefano Valmori : "La gente deve saperlo, noi siamo al servizio dei cittadini, sempre. Per ogni cosa. E’ questo che rende nobile il nostro lavoro". 11 settembre 2003 - Statale Pontina (Roma): A piedi sulla Pontina: anziano salvato dalla Polstrada. "Lo abbiamo visto camminare sulla corsia di sorpasso e ci siamo precipitati a bloccare il traffico, poi lo abbiamo aiutato a scavalcare il new jersey, lo spartitraffico", l’assistente della Polstrada Tiziana Grolla racconta così l’insolito intervento che ha effettuato sulla Pontina insieme con il collega Massimiliano Nale. Un ingegnere, classe 1928, ha rischiato una fine terribile: travolto dalle auto e dai tir che percorrono la statale 148 diretti verso Roma. Ma la fortuna ha voluto che ci fosse la pattuglia della Stradale di Aprilia. "Un attimo di sbigottimento – raccontano i due agenti di Aprilia – poi ci siamo lanciati in strada per bloccare le auto". L’anziano signore era in stato confusionale per i postumi di un ictus. Ai poliziotti della Stradale che lo prendevano sottobraccio ha sussurrato: "Grazie, ma non c’è bisogno che vi disturbiate, sto andando a casa". 14 settembre - Bologna: Quattro agenti della Stradale evitano una strage. Verso le tre il pericolo è passato, ma è stato davvero un inferno. Sono arrivati appena in tempo per mettere in salvo gli abitanti del palazzo, fra cui anziani e bambini. Quattro agenti della Polizia Stradale passavano per via Saffi a Bologna, cento metri fuori porta San Felice, quando hanno visto salire del fumo denso da una grata. In un parcheggio sotterraneo stava andando a fuoco tutto quanto. L’occhio attento dei quattro agenti probabilmente ha evitato un disastro dalle proporzioni davvero terrificanti. "Veniamo da Reggio Emilia - racconta uno dei poliziotti della Stradale arrivati per primi sull’incendio – in questo periodo siamo di rinforzo a Bologna per la Festa dell’Unità. Mentre tornavamo all’albergo, verso l’una di notte, ci siamo accorti che da quella grata si alzava una colonna di fumo. Abbiamo chiamato i vigili del fuoco. Non c’era la certezza di cosa stesse bruciando. Nei garages c’erano tante auto e magari, anche se è vietato portarle nei sotterranei, qualcuna a gpl. C’era pericolo di esplosione, così abbiamo pensato di evacuare il palazzo. E’ stato difficile perché molte persone non volevano aprire le porte. Intanto il fumo saliva, non si respirava, abbiamo portato giù la gente di corsa e distribuito loro sacchetti di acqua". Questo il racconto accorato di uno degli agenti che sono intervenuti sul luogo dell’incendio. Un altro è già una nostra conoscenza. Stefano Valmori, poliziotto della Stradale di Forlì, già in luglio, a Coccolia, ha avuto a che fare con il fuoco. Ma non desidera essere trattato come un eroe. "E’ la vita che mi preme. Quella di tutti, dall’anziano solo al delinquente. La vita vale sopra ogni cosa. Così quando c’è da buttarsi, mi butto". Così si è buttato, assieme a Andrea Milanesi, pure della Stradale di Forlì, e ad altri due colleghi reggiani, in quell’inferno di fumo e fiamme, salvando dal pericolo di morte parecchie persone, alcune in carrozzella quindi ancora più indifese, senza pensare al pericolo che lui stesso stava correndo. A noi sembra decisamente abbastanza, per chiudere il discorso su come si deve intendere il lavoro degli uomini della polizia Stradale. Non abbiamo, volutamente, parlato dei tanti colleghi che hanno lasciato la vita sull’asfalto, vittime della follia dell’uomo, vittime del dovere e del lavoro che hanno sempre amato. Perché il ricordo di questi uomini non è spendibile per nessun ragionamento o paragone che non sia soltanto ammirazione e dolore nel ricordare la loro grandezza. Comunque, fatti alla mano, ci viene da dire (e da consigliare) che, incontrando una pattuglia della Stradale ferma ai bordi di una strada, sarebbe più edificante guardar loro con ammirazione, moderando la velocità e pensando alla nostra incolumità, piuttosto che abbassare lo sguardo verso la levetta dei fari per lampeggiare a chi ci viene incontro. Anche questa è civiltà! Bologna 1° Premio Difesa e Sicurezza dell’Emilia Romagna. Fra le divise premiate numerosi gli uomini e le donne della Stradale. Fra le 75 onoreficienze consegnate lo scorso dicembre ad appartenenti delle forze armate e dei corpi di polizia, sei sono state assegnate a uomini e donne della Polizia Stradale di cui una, purtroppo, alla memoria. Stiamo parlando del "1° premio Difesa e Sicurezza dell’Emilia-Romagna", che si è celebrato all’interno del rinnovato teatro Arena di Bologna ad opera dell’associazione "Andromeda". L’associazione bolognese, che riunisce volontari impegnati nel sociale, ha così inteso riconoscere il valore solidaristico e l’impegno civile di quanti indossano una divisa e che nel corso dell’anno 2003 si sono distinti per avere compiuto azioni particolarmente meritorie, anche al di fuori del normale servizio d’istituto. "Per questo motivo - è stato detto durante la serata dal presidente dell’associazione Enrico Paolo Raia - si è andati alla ricerca di episodi, anche di non rilevante appariscenza, attraverso i quali è stato comunque confermato il senso del dovere di coloro che servono lo Stato in uniforme, ricordando con l’operato svolto, a loro stessi ed agli altri, la solennità del giuramento di fedeltà prestato alla nazione." Fra le altre cose, è stato inoltre ricordato, l’evento vuole anche essere un impegno morale verso una realtà autonoma, peculiare e non più rappresentabile genericamente col pubblico impiego, quale è appunto quella delle forze armate e di polizia, altrimenti definita "comparto sicurezza". Ecco perché sul palco sono sfilati, uno ad uno, uomini dell’Esercito, semplici fanti, avieri, marinai, carabinieri impegnati in missioni all’estero, persino alcuni dipendenti di istituti privati di vigilanza, ma anche semplici "servitori dello Stato" che, pur nelle retrovie, contribuiscono alla sicurezza di tutta la collettività. Fra questi anche tanti uomini e donne delle forze dell’ordine ed in particolare sei appartenenti alla Polizia Stradale, che nel corso dell’anno appena trascorso si sono distinti per senso del dovere e capacità professionali. I primi premiati sono stati gli agenti scelti Marzia Stacchezzini e Nicola Romaniello della Sezione di Reggio Emilia e gli agenti scelti Stefano Valmori e Andrea Milanesi della Sezione di Forlì: tutti e quattro aggregati nel capoluogo emiliano in occasione di una festa nazionale di partito, di rientro dal servizio notavano lo sprigionarsi di un incendio all’interno di un garage di una vecchia palazzina. Senza esitare davano immediatamente l’allarme e informavano i residenti del pericolo garantendo così di portarsi al salvo al di fuori dello stabile. Analogo episodio anche per il sovrintendente Valerio Venturi, sempre in forza alla Sezione di Forlì, che proprio assieme all’agente scelto Valmori, qualche mese prima, avevano scongiurato l’aggravarsi della situazione legata nuovamente allo svilupparsi di un incendio. Ma il momento più commovente è stato quando sul palco è stata chiamata la vedova del sovrintendente Pierluigi Giovagnoli, il collega quarantenne della sezione forlivese che in motocicletta, durante una scorta ad una gara ciclistica, veniva investito e purtroppo ucciso dal conducente ubriaco di un furgone. Accompagnata dai figli e dal dirigente della Sezione di Forlì, il dottor Giorgio Collura, in rappresentanza del dirigente di Compartimento, il dottor Giampiero Di Benedetto, la vedova di Pierluigi ha mostrato grande coraggio nel ribadire come la sua vita e quella dei due figli, pur nella disgrazia, doveva continuare proprio per onorare la memoria del marito deceduto in servizio. E’ stato a quel punto che tutti i presenti in teatro si sono levati in piedi ed hanno accompagnato quelle parole da un lungo e fragoroso applauso. Ancora una volta, dunque, gli uomini e le donne della nostra Specialità sono stati al centro dell’attenzione, mostrando il volto umano e coraggioso di una Istituzione che merita molto di più di quanto, forse, fino ad oggi viene ad essa riservato. |