![]() Armando Dalla Pozza quando indossava la divisa della polizia Vicenza – foto da ilgiornaledivicenza.it (Asaps) A volte la notizia di una persona che non c’è più, e che non senti da tanti anni, ti suscita sentimenti di dolore che addirittura ti sorprendono. Parlo della scomparsa dell’Ispettore Capo in quiescenza Armando Dalla Pozza della Polizia Stradale di Vicenza, un poliziotto schivo che era diventato personaggio suo malgrado. Personaggio perché insignito della Medaglia d’Argento al Valor Militare per avere catturato, da solo, 2 brigatisti omicidi nel 1975, che in un conflitto a fuoco gli avevano ammazzato il collega Appuntato Antonio Niedda. Giordano Biserni Presidente Asaps e Maresciallo in quiescenza Il suo ricordo sul Giornale di Vicenza IL PERSONAGGIO. Oggi le esequie nella parrocchia di S. Stefano con i picchetti d’onore di questura e polstrada. È mancato Armando Dalla Pozza, ispettore capo della polizia in pensione: ricevette la medaglia al valor militare Armando Dalla Pozza quando indossava la divisa della polizia Vicenza. L’ispettore capo della Polizia di Stato Armando Dalla Pozza era un eroe schivo che non amava le luci della ribalta. Eppure è stato l’unico italiano, dopo la seconda guerra mondiale, a ricevere la medaglia d’argento al valor militare in seguito ad un conflitto a fuoco con due brigatisti in una frazione di Padova. Durante la sparatoria morì il suo collega, l’appuntato Antonio Niedda.Dalla Pozza, montecchiano di nascita ma residente a Vicenza, è mancato a 62 anni martedì scorso, dopo una malattia durata pochi mesi. È suo figlio Paolo a ricordare la figura di questo poliziotto che amava in egual misura lavoro e famiglia, ma che non parlava mai dell’agguato accaduto in via delle Ceramiche a Ponte di Brenta: «Raccontava sempre malvolentieri l’accaduto - spiega Paolo - si intristiva, ma rispondeva alle mie domande anche perché l’episodio è avvenuto prima della mia nascita. Ha conservato però gli articoli dell’epoca perché io e mia sorella potessimo leggerli». È il 4 settembre 1975. Sono circa le 22.30, l’allora vicebrigadiere Dalla Pozza e l’appuntato Niedda fanno un controllo del traffico. Da qualche minuto i due agenti tengono d’occhio una Fiat 128 ferma a pochi metri, con a bordo due giovani. Si scoprirà dopo che si tratta di Pietro Despali e Carlo Picchiura, entrambi militanti nelle Brigate Rosse. Vengono chiesti i documenti ai due giovani, ma uno ne è sprovvisto e l’altro presenta una patente che sembra falsa. Gli agenti chiedono a Despali e Picchiura di scendere dall’auto e di seguirli al furgone della polizia stradale. A questo punto Picchiura, per sottrarsi all’arresto, estrae una pistola ed esplode tre proiettili che colpiscono Niedda, uccidendolo sul colpo. Dalla Pozza si salva perché appena vista l’arma riesce a spostarsi verso il furgone, trovando una protezione, e sparando di rimando. «Mio padre mi disse che probabilmente riuscì a salvarsi poichè aveva fatto un addestramento speciale», prosegue Paolo che spiega anche il comportamento del padre in quei minuti concitati. Dalla Pozza infatti dopo un inseguimento cattura entrambi i brigatisti: «Sapeva di poter rispondere al fuoco e colpirli - racconta - ma preferì arrestarli perché subissero un processo e quindi Niedda avesse giustizia». A Dalla Pozza dopo la sparatoria giungono delle minacce, che gli procurano anche l’assegnazione di una scorta. Ma l’ispettore non demorde e continua il suo lavoro a Padova, in seguito a Vicenza, in maniera esemplare e questi gli vale due encomi solenni per operazioni di polizia giudiziaria: «Collaborò spesso anche con Scotland Yard - afferma Paolo - era molto stimato». Questo fino al 1992, anno in cui l’ispettore capo va in pensione. «Era un padre presente e disponibile con me e mia sorella Anna. Mi portava spesso in caserma, era una seconda casa». Stamattina alle 10.45 i funerali verranno celebrati nella parrocchia di Santo Stefano, saranno presenti i picchetti d’onore della questura e della polizia stradale. Armando Dalla Pozza lascia la moglie Grazia ed i figli Paolo ed Anna. di Antonella Fadda Da Il giornale di Vicenza dell’8 ottobre 2010 |
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