L’ingresso delle bare nella basilica- foto da Corriere.it ROMA - Un lungo applauso ha accolto le bare dei quattro alpini uccisi in Afghanistan il 9 ottobre scorso - i primi caporalmaggiore Gianmarco Manca, Francesco Vannozzi, Sebastiano Ville e del caporal maggiore Marco Pedone - appena giunte nella basilica si Santa Maria degli Angeli. I quattro alpini caduti sono stati promossi a un grado superiore prima dell’inizio dei funerali. Un picchetto interforce ha reso gli onori militari in piazza Esedra. La banda dell’esercito ha intonato il canto degli alpini «Signore delle cime». All’interno della chiesa il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, e i massimi vertici delle istituzioni. Commozione tra la folla di romani che si sono uniti al dolore dei parenti per salutare i feretri diretti alla chiesa di Santa Maria degli Angeli per le esequie solenni - diretta su Corriere.Tv. Nella basilica gremita anche i familiari di Luca Cornacchia, l’alpino ferito sabato scorso nello stesso attentato che è costato la vita ai quattro commilitoni. LE AUTORITA’ - Presenti tra gli altri i ministri Ignazio La Russa, Franco Frattini, Roberto Maroni, Altero Matteoli, Stefania Prestigiacomo, Renato Brunetta, Umberto Bossi, Raffaele Fitto, i sottosegretari alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta e Guido Bertolaso, il presidente della Corte Costituzionale Francesco Amirante, e i leader del Pd e dell’Udc Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Bersani, il vicesindaco di Roma Mauro Cutrufo, il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti. Folta anche la rappresentanza dell’opposizione a cominciare dal segretario del Pd Pier Luigi Bersani, al presidente del Copasir Massimo D’Alema, al leader di Sinistra ecologia e libertà Nichi Vendola. L’OMELIA - «Caro presidente e cari familiari, in questa chiesa è raccolta simbolicamente l’Italia che abbraccia come una madre Gianmarco, Sebastiano, Marco, Francesco», ha esordito nella sua omelia monsignor Vincenzo Pelvi, ordinario militare per l’Italia. «Il vero dono non è dono di qualcosa, ma il dono di sè. Il dono ha a che fare con la vita, e perciò anche con la morte. Dare vita è offrirla, qualche volta perderla. Invece chi dona solo il superfluo evita il rischio della morte ma mette a morte la dimensione del dono». Pelvi ha parlato anche del senso dell’impegno dei militari italiani in Afghanistan. «I nostri militari sono coinvolti nel grande compito di dare allo sviluppo e alla pace un senso pienamente umano», e «dinanzi a tale responsabilità nessuno può restare neutrale o affidarsi a giochi di sensibilità variabili, che indeboliscono a mio parere la tenuta di un impegno così delicato per la sicurezza dei popoli». RABBIA E POLEMICHE - I corpi dei quattro alpini periti nell’attentato nella Valle del Gullistan erano giunti lunedì in Italia con un C130 dell’Aeronautica militare, atterrato nell’aeroporto romano di Ciampino. Dalle 16 di lunedì, molte persone si sono alternate nella cappella dell’ospedale militare Celio di Roma, dove era stata aperta la camera ardente, per rendere omaggio alle vittime. Tante le penne nere degli alpini venuti a dare l’ultimo saluto ai commilitoni. BANDIERE TRICOLORE - Le quattro bare, avvolte dalla bandiera tricolore, saranno disposte lungo la navata della basilica. Vicino ai feretri dei primi caporal maggiori Gianmarco Manca, Francesco Vannozzi, Sebastiano Ville e del caporal maggiore Marco Pedone siederanno i familiari commossi. Ci sono anche le sorelle di Pedone, che con i suoi ventitré anni era il più giovane dei caduti, una delle quali lunedì ha pianto abbracciando la bara sulla quale erano stati posati un gattino di peluche e alcune foto. AUTOPSIA: «LESIONI DA SCOPPIO» - Domenica era stata effettuata l’autopsia sui corpi dei giovani alpini: causa della morte, le «lesioni provocate da scoppio», avevano stabilito, presso l’istituto di medicina legale de La Sapienza di Roma dai professori Paolo Albarello e Ozarem Carella Prada. da Corriere.it |
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