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Giurisprudenza

da Il Centauro n. 134
 

Importante decisione del GIP di Vicenza
Guida in stato di ebbrezza con tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l.
Convalidato il sequestro della vettura intestata a persona giuridica ai fini della confisca, quando il conducente è il legale rappresentante

(Asaps) -  E’ una importante novità  la decisione del GIP di Vicenza  dell’11 agosto 2008. Il giudice ha convalidato il sequestro ai fini della confisca di una vettura intestata a persona giuridica, ma condotta dal legale rappresentante della stessa, siccome indagato  e nella flagranza di reato di cui all’art 186 CdS con tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l. Il GIP dopo aver evidenziato i gravi indizi di colpevolezza del conducente ha ritenuto che:  pur essendo l’auto intestata a persona giuridica, la qualifica di legale rappresentante della stessa, ricoperta dallo stesso, fa sì che vi sia sostanziale coincidenza tra utilizzatore e titolare, nel senso che è il legale rappresentante che stabilisce chi possa utilizzare l’auto cosicché la designazione di sé medesimo quale conducente rende l’ente, rappresentato, non estraneo al reato. Secondo il GIP: sussistono, perciò le condizioni previste dall’art. 321 c.p.p. essendo il sequestro l’unico mezzo  che può impedire l’alienazione o la distruzione del bene, di rilevante valore, cui l’indagato o proprietario del bene potrebbero essere ben indotti per evitare il danno della perdita, certa per l’obbligatorietà della confisca del veicolo, al termine del processo; ritenuto che il sequestro si è reso necessario ed è necessario per impedire che il prevenuto possa continuare nella condotta illecita e pericolosa, oltre che per garantirlo alla sua futura destinazione, e che sono rispettati i termini di rito; per questi motivi il giudice ha convalidato il sequestro del veicolo. Una decisione importante che solleverà dubbi e polemiche, ma sicuramente condivisibile. La seguiremo con interesse.  Sul sito www.asaps.it  il testo dell’ordinanza. (Asaps)

 


 

Roma
Cassazione: l’ambulanza passò col rosso e investì un motociclista, giusta la condanna inflitta all’autista
Non aveva feriti a bordo e non c’erano motivi d’urgenza.
 I consigli dell’ASAPS

(Asaps) ROMA – Amanti della sirena, attenti: azionarla senza giustificato motivo e provocare un incidente può costare caro. A ricordare che la guida operativa comporta profili di responsabilità elevatissimi, ci ha pensato la Corte di Cassazione (sentenza 32276/2009), chiamata a valutare il caso del conducente di un’ambulanza di Roma che nel 2006 aveva azionato arbitrariamente la bitonale: nessuna chiamata dal 1-1-8, nessun paziente a bordo, nessun organo spiantato o materiale emoderivato da recapitare. Nulla. Solo la fretta – sempre cattiva consigliera – di raggiungere un indeterminato posto. Un semaforo è rosso e il veicolo sanitario lo infila, ma un motociclista non riesce ad evitare l’impatto e lo scontro è devastante: il centauro finisce in rianimazione e guarirà solo dopo una lunghissima convalescenza. A carico del conducente viene aperto un processo per lesioni ed il giudice di pace lo condanna, ma lui – B.C. di Roma – non ci sta e decide di ricorrere nei successivi gradi di giudizio. L’iniziativa serve solo a confermare la decisione del Giudice di Pace di Roma: “…solo eccezionali ragioni di urgenza – dicono i giudici di Piazza Cavour – possono consentire la violazione delle regole di condotta nella circolazione stradale…”. Purtroppo è opinione diffusa che l’essere incaricati di un compito da assolvere, in nome della collettività, al volante di un veicolo sanitario, di soccorso tecnico o di polizia, comporti una sorta di immunità capace di mettere il conducente al sicuro da ogni successiva responsabilità. Ma, come hanno ricordato gli Ermellini, si tratta di un’opinione sbagliata, fondata solo sull’ignoranza della legge, degli orientamenti giurisprudenziali ben consolidati e sulle più comuni regole di buonsenso. In passato, proprio la Cassazione ha infatti sostenuto che “…i conducenti adibiti al servizio di polizia o di soccorso, pur essendo esonerati ai sensi dell’art. 177 del CDS (uso dei dispositivi supplementari di allarme, ndr) dall’osservanza d’obblighi e divieti riguardanti la circolazione stradale, sono tuttavia tenuti al rispetto delle regole di comune prudenza e diligenza, per non porre in pericolo l’incolumità degli altri utenti della strada. In particolare, l’obbligo di prudenza implica il dovere di tenere una velocità che non costituisca pericolo in relazione alle circostanze di tempo e di luogo…”. Ci sono dunque dei limiti, dettati sostanzialmente dal buonsenso, il cui superamento comporta delle conseguenze: in primis, il rischio di incorrere in un incidente autonomo, visto che le ambulanze non sono veicoli da corsa ed i loro autisti non sono certo piloti professionisti (e comunque anche i piloti incorrono in incidenti): in secondo, un sinistro con lesioni o morte di un utente terzo, comporta l’aver violato la regola fondamentale del soccorso (non aumentare il computo delle vittime), oltre a mettere davanti alle proprie precise responsabilità – che, non temete, verranno accertate – chi l’ha provocato. La responsabilità penale è personale, ed una condanna – seppur colposa – pesa moltissimo. In generale, però, l’interruzione del servizio comporta l’aggravamento della condizione di partenza ed il veicolo di soccorso non giungerà mai dove invece sarebbe servito. Diciamo allora che il rispetto delle regole di comune prudenza e diligenza significa, come minimo, regolare opportunamente la velocità di un’ambulanza, di una volante della Polizia o di un’autobotte dei Vigili del Fuoco, in relazione alle circostanze di luogo e di tempo. La casa editrice Sapignoli ha in listino un prezioso testo, realizzato da tre autori dell’ASAPS (La guida sicura nell’emergenza sanitaria) che spiega come interpretare correttamente la norma e come condurre, in sicurezza, un veicolo di soccorso. (ASAPS)

 


 

Nuova “originale” sentenza di un Giudice di Pace
Ricorso accolto perché l’Agente non ha lasciato l’avviso di accertamento
Ma quale norma lo impone?

Ci risiamo. Spulciando le varie sentenze emesse dai Giudici di Pace, ci imbattiamo in questa nuova originale interpretazione.
Il fatto: Tizio lascia la sua vettura in sosta sopra o in prossimità di un passaggio pedonale. Un agente della Polizia Municipale intento a regolare il traffico nei pressi di una scuola, si avvede della cosa e non potendo intervenire, annota il numero di targa del veicolo e, successivamente, compila il relativo verbale che è notificato nei termini previsti al relativo proprietario, non omettendo di indicare nell’atto il motivo per il quale non ha potuto contestare immediatamente la violazione, ossia: “assenza del conducente/proprietario”. Quest’ultimo, ricevuto l’atto di contestazione, ritiene, al contrario, che l’Agente abbia sbagliato a non contestargli la violazione. Non gli interessa nulla del fatto che l’Agente stesso fosse poi impegnato in un altro servizio. Da qui il ricorso al Giudice di pace che, instaurato il dibattimento, accoglie il ricorso perché l’agente: “... non poteva semplicemente limitarsi ad annotare il numero di targa del veicolo parcheggiato lì e riservandosi successivamente di notificarlo (come è avvenuto nella realtà n.d.r.), in quanto doveva almeno lasciare un preavviso di accertamento sul parabrezza del veicolo che lo avrebbe abilitato al successivo verbale...” Per carità, non ci occupiamo di diritto in senso stretto, ma ci piacerebbe almeno sapere da quale norma del Codice della Strada ovvero da altra legge fondamentale dello Stato quel Giudice di Pace ha tratto il convincimento che sia obbligatorio lasciare il “preavviso di accertamento” per poi passare al verbale di contestazione. Noi conosciamo le disposizioni dall’articolo 201 del vigente C.d.S., che indica quale sia la procedura che appunto l’agente deve seguire quando non vi è contestazione immediata, ma che, al pari del Regolamento di esecuzione, non obbliga nessuno a lasciare preavvisi di sorta.


 

Massimario di Legittimità

Guida in stato di ebbrezza - Accertamento - Modalità - Screening veloci con apparecchi portatili - Legittimità.
Ai fini della configurabilità del reato di guida in stato di ebbrezza, gli “accertamenti qualitativi non invasivi”, non danno necessariamente luogo, quando abbiano esito positivo, ad accompagnamento del soggetto al più vicino ufficio o comando, onde effettuare, come previsto dal successivo comma 4 dello stesso art. 186, l’ulteriore accertamento “con strumenti e procedure determinati dal regolamento”, dovendosi invece ritenere consentito che tale ulteriore accertamento sia effettuato anche sul posto, purchè con apparecchi quali l’etilometro previsto e disciplinato dall’art. 379 del Regolamento del C.d.S., fermo restando che lo stato di ebbrezza può essere comunque desunto anche da circostanze sintomatiche. in presenza delle quali ed in mancanza di altri decisivi elementi, deve ritenersi sussistente, per il principio del favor rei, l’ipotesi di minore gravità, prevista dall’art. 186, comma 2, lett. a), C.d.S. (Cass. Pen., Sez. IV, 26 febbraio 2009, n. 8805) [RIV-0905P411]

Guida in stato di ebbrezza - Accertamento - Modalità - Rifiuto di sottoporsi all’accertamento del tasso alcolemico - Concorso apparente fra le fattispecie previste dai commi 2 e 7 dell’art. 186 cs. – Esclusione- Conseguenze.
Non sussiste concorso apparente fra i reati, puniti in due diversi commi del medesimo articolo 186 del codice della strada di guida in stato di ebbrezza (comma 2) e di rifiuto di sottoporsi all’accertamento dei tasso alcolemico (comma 7), trattandosi di fattispecie diverse sia per quanto riguarda il contenuto e la struttura della norma sia per quanto attiene alla tutela dei beni giuridici; ne deriva, sul piano dell’irrogazione delle sanzioni amministrative accessorie, la legittimità dell’applicazione del principio del cumulo materiale o formale, con le sole attenuazioni previste dalla legge (nella specie, la S.C., in applicazione di tale principio, ha ritenuto legittima la decurtazione complessiva di venti punti dalla parente di guida, costituenti la somma della decurtazione di dieci punti per ognuna delle violazioni). (Cass. Civ., Sez. II, 16 febbraio 2009, n. 3745) [RIV-0905P414]

Depenalizzazione - Accertamento delle violazioni amministrative - Ausiliari del traffico - Poteri - Limiti - Fattispecie in tema di posteggio di moto su di un marciapiedi.
Gli ausiliari del traffico sono legittimati ad accertare e contestare violazioni a norme del codice della strada, quando tali violazioni concernano disposizioni in materia strettamente connessa all’attività svolta dall’impresa — in particolare di gestione dei posteggi pubblici o di trasporto pubblico delle persone, secondo quanto previsto rispettivamente dai commi 132 e 133 dell’art. 17 legge n. 127 del 1997— dalla quale dipendono, ove l’ordinato e corretto esercizio di tale attività impediscano o, in qualsiasi modo, ostacolino o limitino. Laddove, invece, le violazioni consistano in condotte diverse, l’accertamento può essere compiuto esclusivamente dagli agenti di cui all’art. 12 del codice della strada. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto illegittimo il verbale di un ausiliario del traffico dipendente da azienda di trasporto pubblico, avente ad oggetto un’infrazione relativa al posteggio di una moto su di un marciapiedi, in quanto la contestazione della violazione non era funzionale al posteggio o alla manovra in un’area in concessione e neppure alla circolazione in corsie riservate ai mezzi pubblici). (Cass. Civ., Sez. II, 13 gennaio 2009, n. 551) [RIV-0905P418]

Depenalizzazione – Ordinanza-ingiunzione - Opposizione - Procedimento - Infrazioni al Codice della strada - Vizi di motivazione dell’ordinanza del Prefetto - Rilevanza - Limiti.
In tema di infrazioni amministrative al codice della strada, il provvedimento con cui il prefetto, disattenendo le deduzioni del trasgressore, irroghi a quest’ultimo una sanzione amministrativa è censurabile, da parte del giudice dell’opposizione, sotto il profilo del vizio motivazionale, nel solo caso in cui l’ordinanza prefettizia risulti del tutto priva di motivazione (ovvero corredata di motivazione soltanto apparente), e non anche nell’ipotesi in cui la stessa risulti insufficiente, atteso che l’eventuale giudizio di inadeguatezza motivazionale si collega ad una valutazione di merito che non compete al giudice ordinario, oggetto dell’opposizione essendo non il provvedimento del Prefetto, ma il rapporto sanzionatorio (tanto che l’esperimento del ricorso è puramente facoltativo, ben potendo il trasgressore adire direttamente l’A.G.O. ).  (Cass. Civ., Sez. II, 22 dicembre 2008, n. 29916) [RIV-0905P420]

Depenalizzazione - Applicazione delle sanzioni - Elemento soggettivo - Errore sulla illiceità del fatto - Configurabilità - Esclusione - Fattispecie in tema di autovettura parcheggiata irregolarmente sul presupposto che altri veicoli parcheggiati in modo analogo non erano stati contravvenzionati.
In tema di sanzioni amministrative, l’errore sulla illiceità del fatto, per essere incolpevole — e quindi per poter escludere l’elemento psicologico — deve trovare causa in un fatto scusabile, situazione questa che se può rinvenirsi in presenza di atti o circostanze positive tali da ingenerare una certa convinzione sul significato della norma, certamente non può ravvisarsi, allorché si sia comunque consapevoli della sua illegittimità, in una presunta tacita tendenza dell’Autorità a non punire quella determinata condotta, dal momento che tale consapevolezza di per sé esclude l’errore, mentre l’eventuale tolleranza dell’Autorità costituisce fenomeno, sotto tale profilo, del tutto irrilevante. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato una sentenza del giudice di pace che, con riferimento ad una contestazione di infrazione all’art, 157, commi 5 e 8, codice della strada, per essere stata parcheggiata un’autovettura in modo irregolare, aveva annullato il relativo verbale, escludendo l’elemento psicologico dell’illecito sul presupposto che altri veicoli parcheggiati in modo analogo non erano stati contravvenzionati e vi era, quindi, una tolleranza tacita dell’Autorità). (Cass. Civ., Sez. II, 18 dicembre 2008, n. 29709) [RIV-0905P423]

Velocità - Limiti fissi - Apparecchi rilevatori - Taratura - Applicabilità dei sistemi di controllo previsti dalla L. n. 273/1991 istitutiva del SIT - Esclusione - Questione manifestamente infondata di legittimità costituzionale.
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, prospettata con riferimento agli artt. 3, 24 e 97 Cost., relativa agli art. 45 comma 6, codice della strada, 4, comma 3, D.L. n. 121 del 2002 (conv. in legge n. 168 del 2002), 142, comma 6, codice della strada e 345 reg. cod. strada nella parte in cui non prevedono per gli strumenti elettronici di misurazione dei limiti di velocità nella circolazione stradale, l’adozione dei sistemi di controllo, preventivi e periodici, previsti dalle relative normative (soprattutto dalla L. n. 273 del 1991), per tutti gli altri sistemi di misurazione (pesi, misure, etc.). Non vi è, infatti, alcuna violazione dell’art. 3 Cost., in quanto l’esistenza di evidenti difformità nei fini e negli oggetti delle discipline prese in considerazione impediscono di istituire un corretto raffronto fra le normative medesime, da cui poter desumere una disparità di trattamento rilevante ai fini della conformità alla norma costituzionale. Inoltre, la previsione, nel sistema normativo, di complessi sistemi di controllo — preventivi, in corso di utilizzazione e successivi — dei misuratori della velocità delle autovetture garantisce pienamente il cittadino, assoggettato all’accertamento, dalle possibili disfunzioni delle apparecchiature medesime ed esclude quindi, ogni possibile lesione al diritto di difesa dei cittadini (art. 24 Cost.) ed alla legittimità dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.), non esistendo norme comunitarie vincolanti in materia di misurazione della velocità dei veicoli e di pertinenti apparecchiature. (Cass. Civ., Sez. II, 15 dicembre 2008, n. 29333) [RIV-0905P428]

Patente - Revoca e sospensione - Sospensione - Applicazione con la sentenza di patteggiamento - Necessità - Omessa applicazione - Conseguenze.
La sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti che non disponga la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida deve essere annullata con rinvio limitatamente all’omessa applicazione della predetta sanzione, a nulla rilevando che nella richiesta di patteggiamento non ve ne sia alcuna menzione, in quanto la stessa consegue di diritto alla pronuncia e non può formare oggetto di accordo tra le parti. (Cass. Pen., Sez. VI, 10 dicembre 2008, n. 45687) [RIV-0905P436]

Guida in stato di ebbrezza - Modifiche introdotte dal D.L. n. 117/2007 -Autonomia delle fattispecie incriminatrici - Sussistenza. Guida in stato di ebbrezza - Accertamento - Modalità - Alcooltest - Necessità - Esclusione.
Le diverse fattispecie introdotte, rispettivamente, alle lettere a), b) e c) del secondo comma dell’art. 186 cod. strada dal D.L. n. 117 del 2007, costituiscono autonome ipotesi incriminatrici, come emerge dalla previsione di pene differenziate in ragione della diversità del tasso alcolimetrico accertato. Ai fini della contestazione del reato di cui all’art. 186 cod. strada, anche dopo le modifiche introdotte dal D.L. 3 agosto 2007, n. 117, lo stato di ebbrezza del conducente del veicolo può essere provato con qualsiasi mezzo e non necessariamente attraverso il test alcolimetrico previsto dal regolamento di attuazione dello stesso codice. (Cass. Pen., Sez. IV, 4 dicembre 2008, n. 45122) [RIV-0905P438]

 


a cura di Franco Corvino

Giovedì, 14 Gennaio 2010
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