(ASAPS) Forlì, 4 agosto 2010 – Non abbiamo ancora chiuso il 2010, anno che dal 2001 era divenuto il faro della sicurezza stradale per l’Unione Europea, ed ecco che il prossimo decennio da Bruxelles lanciano un identico appello: dimezzare la mortalità. È infatti questo il senso del 4° Piano d’Azione sulla Sicurezza Stradale redatto dalla Commissione Europea. Ce la possiamo fare? È indubbio che dal 2001 di acqua, sotto i ponti spesso pericolanti della sicurezza stradale, ne è passata tanta: abbiamo assistito a tanti capitomboli, ma anche a tante prodezze, prima tra tutte quella della Francia, che, se non fosse stato per il 2009, avrebbe centrato per prima, tra i grandi stati, un obiettivo che noi dello stivale abbiamo solo saputo sfiorare. Al 2008, ultimi dati disponibili, possiamo vantare un -33%, risultato che potrebbe essere ancora migliorato quando sapremo finalmente cosa abbiamo fatto nel 2009 ma che, secondo una prima occhiata ai dati di Polizia Stradale e Carabinieri di quest’anno (ai quali vanno aggiunti i grandi numeri delle polizie locali), potrebbe subire una battuta d’arresto, se non una vera e propria inversione di tendenza nel 2010. Ma se siamo andati benino sul fronte della mortalità, su quello dei feriti siamo un disastro, almeno secondo il rapporto redatto dall’ETSC (European Transport Safety Council): nel rapporto tra feriti e popolazione siamo primi, insieme alla Bulgaria, di questa triste classifica. Ad oggi, secondo la Commissione, solo Lettonia, Spagna, Estonia e Portogallo sono riusciti a dimezzare il numero annuale di incidenti mortali rispetto al 2001, mentre il numero dei decessi è addirittura aumentato in Romania e a Malta. Il Regno Unito, i Paesi Bassi e la Svezia hanno registrato il minor numero di incidenti mortali nel 2009. La Grecia e la Romania sono invece in testa alla classifica. Da un punto di vista numerico, solo nel 2009 gli incidenti stradali hanno causato 35mila morti e oltre 1milione e 700mila feriti. I paesi in cui si muore di più sono la Grecia e la Romania (130 vittime ogni milione di abitanti), mentre il Regno Unito è, da tempo ormai immemorabile, il luogo più sicuro in cui viaggiare, con soli 38 morti per milione di abitanti. I prossimi dieci anni chiamano in causa tutti: si va dalle case costruttrici alle politiche dei singoli membri in materia di infrastrutture, fino alla difesa dei piccoli passeggeri e alla legislazione stradale. Tutti i 27 membri hanno aderito entusiasticamente, ma tra l’aderire e il ratificare c’è una bella differenza. Proprio in questi giorni andava ratificato un trattato mondiale sull’immediata cessazione della fabbricazione delle bombe a grappolo, quelle che i bombardieri scaricano un po’ qua e un po’ là, nei vari scacchieri bellici del pianeta. Proprio quelle che mozzano gambe e braccia alla povera gente. Tutti hanno aderito ma pochi hanno poi dato seguito alle loro promesse. Tra chi non ha ratificato il trattato, anche il nostro paese, che queste bombe produce in gran quantità. Ma torniamo alla strada indicata dall’Europa: la media della mortalità stradale dell’UE, probabilmente condizionata dall’ingresso dei paesi dell’Est, è scesa del 36% al 2009, mentre le prime proiezioni sul 2010 inducono gli specialisti ad ipotizzare un ulteriore miglioramento attorno al 4%, ma l’obiettivo fissato nel 2001 non sarà comunque centrato. Nel rapporto, una sorta di libro bianco sul tema, è elencata una lunga serie di proposte, come ad esempio lo sviluppo del sistema “e-call”, una chiamata automatica di soccorso che si attiva in caso di incidente stradale e che comunica, grazie al GPS, il luogo esatto del crash. Nel testo si parla anche dell’obbligo dell’ABS e delle luci sempre accese, al quale hanno già pensato i costruttori, ad airbag di nuova generazione e all’obbligo in tutta Europa dell’obbligo di revisione biennale. Registriamo l’impegno dell’Associazione Europea dei Costruttori (ACEM) per bandire le pubblicità che rappresentano moto in condizioni di scarsa sicurezza o in violazione del codice della strada, atteggiamento che non ci sembra ancora aver fatto presa, nonostante i numeri da ground zero che la sinistrosità del segmento ci riserva ogni anno. Secondo un sondaggio realizzato da Eurobarometro e pubblicato lo scorso 20 luglio dalla Commissione europea, i cittadini dell’UE chiedono ai propri governi di potenziare gli sforzi per migliorare la sicurezza stradale. Il 94% di essi considera la guida in stato di ebrezza il principale problema relativo alla sicurezza stradale, mentre il 78% degli intervistati ritiene il principale fattore killer sia la velocità. Come si vede, la percezione è quella su cui gli esperti battono da tempo. Le autorità nazionali sono poi chiamate in causa dal 52% dei cittadini europei, che ritiene il miglioramento delle infrastrutture stradali una delle priorità da mettere in testa alle agende, mentre un 42% del campione vuole un’applicazione più severa delle leggi sul traffico, per arrivare poi al 36% di essi che reclama parità di sanzioni per tutti i cittadini in transito, siano essi residenti o stranieri. Quello che la Commissione Europea propone, dunque, è una combinazione di misure: cooperazione, condivisione delle migliori pratiche, ricerca e studi, campagne di sensibilizzazione e, ove opportuno, misure normative. “Ogni giorno sulle strade europee muoiono un centinaio di persone – ha spiegato Siim Kallas, commissario europeo per i trasporti – e dal 2001 abbiamo fatto dei progressi e siamo riusciti a salvare 78mila vite, ma il numero di morti e di feriti è ancora inaccettabile. Vogliamo dimezzare il numero di vittime entro il 2020 e per farcela ci interesseremo al tipo di auto guidate così come alle condizioni e alle modalità di guida”. Nei prossimi dieci anni, inoltre, l’UE finanzierà solo i progetti stradali conformi alla normativa europea e collaborerà con le autorità nazionali per sviluppare una strategia comune per l’educazione e la formazione degli utenti stradali. Sul fronte dei motociclisti, verranno intensificati gli sforzi comuni per proteggere una categoria che, a fronte della diminuzione che ha interessato tutte le categorie di trasporto, vede ogni anno aumentare il numero di vittime. In Europa, ogni anno, circa il 17% degli incidenti mortali coinvolge motociclisti o ciclomotoristi, sebbene queste due categorie rappresentino solo il 2% degli utenti stradali. Le ripercussioni per la società sono pesanti: 130 miliardi di euro, senza contare il disagio dovuto al dolore dei familiari per le vittime e per l’assistenza agli invalidi. Per ogni cadavere sulla strada, infatti, ci sono 4 invalidi permanenti, 10 feriti gravi e 40 lievi. Clicca qui per vedere lo spot della Commissione Europea. (ASAPS)
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