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Editoriali 13/08/2010

Al funerale dell’Ass.Capo Massimo Calabrese tanta gente e tanto affetto dai colleghi della Stradale e di tutte le divise

Una grande lezione di civiltà e di amore dal padre

 

(Asaps) Se uno non va di persona non può capire quanto sia l’affetto e la stima che circondano un uomo in divisa. Per questo mi sono alzato alle 4 e sono partito da Forlì per Tivoli per essere presente e portare la partecipazione dell’Asaps al funerale di Massimo, che per me era un nome conosciuto solo perché registrato nella banca dati dei nostri associati.Sono stato molto contento di esserci andato (se si può essere contenti mentre si partecipa a un funerale) perché ho capito lì di che stoffa era fatto Massimo.
Grande folla, tantissimi colleghi della Stradale da tutto il Lazio. Ovviamente le autorità col Vice Capo della Polizia Vicario prefetto Nicola Izzo in testa e col direttore della Stradale Roberto Sgalla insieme a tanti alti ufficiali dei Carabinieri della Finanza a funzionari della Polizia Locale e diversi sindaci.
Mi hanno colpito i dignitosissimi colleghi di Massimo, quelli del Distaccamento di Tivoli,  tutti uniti compatti e in 8 a portare in spalla la bara seguiti del loro comandante il Sost. Commissario Raffaele Alessandrini che su un cuscino portava affranto ma marziale   il berretto del nostro Assistente Capo.
Tutti provati, sfiniti perché il reparto in 5 giorni ha subito un doppio dolore. Sabato scorso era deceduto improvvisamente per infarto anche l’Ass.Capo Giuseppe Testa. Al funerale Massimo lo aveva scortato con la moto e il mercoledì successivo ci lasciava anche lui per questo assurdo incidente.
Un periodo tragico difficile di quelli per i quali non trovi le parole per incoraggiare i colleghi.
Poi la famiglia chiusa in un dolore silenzioso e incombente che aleggiava nell’aria fino a quando la giovane moglie Anna Maria (la piccola Isabella non era presente, era rimasta ad aspettare un possibile ritorno del papà) alla fine della cerimonia si è inginocchiata alla testa della bara abbracciando feretro e bandiera italiana  in una stretta senza fine, durata molti minuti senza che nessuno osasse sollecitarla ad alzarsi.
Dopo la bella omelia  del cappellano militare che conosceva Massimo, ha preso la parola proprio alla fine, il papà, un signore distinto che ha iniziato  a parlare a braccio, appena emozionato ma fermo nella voce. Giuseppe Antonio, questo è il suo nome, quasi con un sorriso sul viso, ha dato una lezione di civiltà e amore veramente non comuni.
Ha subito manifestato l’orgoglio di padre per avere avuto un figlio come Massimo dal quale
"abbiamo avuto molto, molto di più di quello che gli abbiamo dato". Il papà ha poi evidenziato quale fosse la cifra del poliziotto Massimo Calabrese che: "viveva nella grande  passione e gioia quando indossava la divisa e prestava la sua opera per aiutare gli altri. Era bello vederlo operare con amore. Ci rimane il compito di seguire il suo esempio".
Padre coraggio ha poi proseguito ricordandoci che "
c’è un’infinità di gente buona al mondo, forse di più di quello che ci appare."  Poi rivolto ai poliziotti: "Vi amavo già prima, ora vi amo ancora di più e sono orgoglioso di essere stato il papà di un agente". Nessuna polemica contro chi l’ha ucciso "Non so bene come sia successo, non mi interessa, forse era scritto nel destino", nessuna richiesta alle autorità.
Il papà ha concluso il suo intervento di ringraziamento per le tante persone e divise presenti dicendo:
"Quante lacrime ho asciugato oggi di gente che non conoscevo."
Anche le nostre papà Giuseppe. Grazie per questa lezione, una vera dottrina per chi porta con orgoglio la divisa.

Giordano Biserni
Venerdì, 13 Agosto 2010
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