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Articoli 21/09/2010

Italia, il paese della pena che non c’è Pregiudicato condannato per omicidio, dopo 9 anni è già fuori in permesso e non rientra in carcere: la chiamano evasione, ma è solo un eufemismo
Per i bambini è bomba libera tutti

 

(ASAPS) AVERSA (CASERTA), 21 settembre 2010 – L’uomo che vedete nella foto si chiama Giuseppe Tomassone, ha 39 anni e dal 2001 era in carcere per omicidio. Il 31 luglio di quell’anno sparò a bruciapelo a un tabaccaio, Giovanni Tonziello, 45 anni, e l’ammazzò.
Lo fece davanti al figlio di 10 anni, proprio mentre stava caricando l’auto di sigarette da portare nella rivendita in via Roma, a Trentola Ducenta.
Tomassone venne arrestato dai Carabinieri tre giorni dopo e condannato, alla fine del processo e dei successivi gradi di giudizio, a 20 anni di carcere.
Però, e questa è la prima anomalia, i giornali scrivono che sarebbe dovuto uscire nel 2017: se la matematica non è un’opinione, 2001 più 20 dovrebbe fare 2021.
Strana analogia con la vicenda Vallazasca: i giornali dicono che ha trascorso quarant’anni in carcere, ma nel ’77 ammazzò due poliziotti a Dalmine venendo arrestato poco dopo. Ci sembra che faccia ancora trentatré.
Tomassone, sempre secondo i giornali, era pregiudicato per scippo, tanto da aver già ottenuto la poco edificante attribuzione della misura di prevenzione della sorveglianza di pubblica sicurezza.
Eppure, questo individuo, stava già reinserendosi nella società partecipando – lo scorso 14 settembre – ad un progetto sociale, cucinando in uno stand della Festareggio. Aveva, dunque, un permesso regolarmente concesso, per stare là: e questa, se ci consentite, è la seconda anomalia.
Il permesso scadeva all’una e trenta di notte, orario entro il quale avrebbe dovuto far rientro al carcere di Reggio Emilia.
Per comprendere meglio la nostra posizione riassumiamo: nel luglio 2001 un rapinatore 30enne, già condannato per reati contro il patrimonio, rapina un tabaccaio e l’ammazza, sparandogli, davanti al figlio. Viene arrestato e condannato a vent’anni per omicidio a scopo di rapina, con fine pena nel 2017 e che, nell’estate 2010, gode già di permessi lavorativi serali per reinserirsi in società.
Ora, non pensiate che chi scrive si faccia prendere la mano da velleità giustizialiste: appena ieri ha scritto di quanto bisognerebbe ricalibrare le sanzioni per le ebbrezze (leggi qui), ma proprio per questo evidente pateracchio che la Giustizia italiana oggi ci propina, dobbiamo farci una domanda: il carcere vale ancora qualcosa?
Cioè: se la pena dovrebbe tendere a rieducare il condannato, perché non esiste una pena certa?
Con Tomassone è scappato anche un altro detenuto, Zouita Adbelgnai, un marocchino di 33 anni, condannato per resistenza a pubblico ufficiale e spaccio di sostanze stupefacenti: perché mettere insieme due criminali di tal risma in una cucina di sagra paesana senza nessuno che li vigilasse? Per testare il loro grado di reinserimento? È un rischio che intendete farci correre ancora?
Per catturare Tomassone ci vollero un centinaio di perquisizioni e svariate settimane di lavoro investigativo, che condusse all’arresto dei suoi due complici.
Giustizia è fatta, avranno pensato all’epoca i tabaccai che minacciarono serrate; il gioco vale la candela, avrà pensato chi aiutò gli investigatori (pochi, perché in una piazza gremita non furono molti coloro che offrirono la testimonianza); almeno chi ha ucciso papà starà dietro le sbarre, avranno pensato
Vincenzo, 10 anni, che sentì crepitare il colpo di pistola e che vide cadere il padre morto ai suoi piedi, o Angela, 17 anni, avvisata a casa dai Carabinieri.
Ad un paese che reclama Giustizia e che pretende la riforma della medesima, si deve dare soprattutto questo: la certezza che chi spara per arraffare, che uccide e che è pronto a ricominciare, tradendo la fiducia che ancora ci ostiniamo a dargli, dovrà sudarsela, la possibilità di reinserirsi, di tornare ad essere un cittadino come gli altri.
Ad un Paese con la “P” maiuscola non si può dare a bere che la giustizia va così e che se un delinquente torna fuori è colpa della valutazione di un magistrato di sorveglianza. “Le leggi son, ma chi pon le mani ad esse?”, scrive Dante nel canto sedicesimo del Purgatorio: cambiamola, questa legge, che forse è venuto il momento di fare i conti veri, distinguendo tra ciò che grida giustizia e ciò che tutela la sicurezza di tutti noi. Francamente, ci pare ingiusto che un assassino condannato a vent’anni di carcere, dopo 9 anni scarsi sia già a cucinare in piazza, in una festa di paese, insieme ad un compagno di cella.
Avete presente quando i bambini un po’ troppo stanchi di essere rincorsi e presi mentre giocano ai ladri, chiedono ai compagni di gioco che fanno le guardie una bella “bomba libera tutti”?
Non vi sembra la stessa cosa?
Per la cronaca, Tomassone è stato arrestato ad Aversa, dagli agenti del Commissariato, dopo un inseguimento, spari in aria e una colluttazione. (ASAPS)

 


Di Lorenzo Borselli

Martedì, 21 Settembre 2010
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