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Notizie brevi 25/10/2010

"Andate in K"
...un sabato diverso grazie a Stefano...

di Michele Rinelli

Quando dice “Andate in K” speri sempre non per impiegare la tua volante, immagini magari un furtarello, uno scippo, un decesso per qualche anziano magari troppo solo e abbandonato.
Quando “Vai in K” non sai mai effettivamente dove ti manderanno, ti raccontano sempre qualcosa in “linea di massima” ma sul posto, solitamente, è tutta un’altra storia.
Quando “vai in K” vai anche in sirena e lampeggiante e magari corri, corri, corri mettendo a rischio la tua stessa vita per arrivare quasi sempre in un posto dove i “buoi sono già scappati”.
Quando “vai in K” è un terno al lotto non sai mai come ti capita.
Il suono è squillante, la voce è roca, tiene banco la centrale: “Volante 21, rapina appena consumata in gioielleria, l’autore a bordo di una moto si è lanciato a tutta velocità, abbiamo marca e modello avvicinati immediatamente in zona per le ricerche”.
Fida compagna l’adrenalina che passa, quasi ad essere assuefatto, quante rapine consumate, quante moto in fuga, quante targhe mai trovate ?
Stavolta però non è come le altre, stavolta il destino è un altro!
La sirena ulula, i lampi blu riflettono sulle auto accostate a bordo strada che non sempre, purtroppo, collaborano attivamente a che si possa passare.
La strada è dritta, il traffico è quello del sabato mattina, non poi così caotico, lo sguardo guarda lontano e vicino alla ricerca di quel mezzo in fuga che potrebbe cambiare il corso della tua routinaria giornata.
Tutto và come un fulmine, non hai il tempo di focalizzare e di pensare, quel mezzo è li, viene verso di te, hai strada, è ancora lontano, lo riconosci nei colori, nelle fattezze, negli atteggiamenti.
L’autista non ci pensa un attimo, il capo pattuglia ha già paletta in mano e si sbraccia dal finestrino, la velocità aumenta, quella moto corre, perché non si ferma ?
I metri diminuiscono, l’adrenalina sale, la sirena ulula e il blu evidente non è solo quello del cielo.
Metri su metri, che diventano troppo pochi: l’impatto!
E’ lui, non può essere diversamente, rotola sul cofano, si rialza e comincia a correre ma non ha scampo, è lui il rapinatore della gioielleria “sentita in K”, ci si rotola, si urla, si grida “STAI FERMO!”, le manette scattano…e rapidi ci dirigiamo verso lo sportello posteriore della volante.
E’ lui, targa, modello, atteggiamento ma il suggello è la perquisizione effettuata da cui recuperiamo la refurtiva appena rapinata.
Qualcuno ha probabilmente vissuto una mattinata da film, cosa che si vedono solo nel distretto delle fiction; subito la gente si assiepa nei pressi della volante per godersi sbigottita l’insolito spettacolo… figuriamoci siamo anche vicini a un centro commerciale!?!?
Gli sguardi smarriti della gente, qualcuno persino inquisitorio:”poverino, chissà come sta quel povero motociclista, che delinquenti, vi sembrava il modo di fermare le persone in quella maniera?” avrà pensato qualcuno!
Infatti non è il modo ma se avesse voluto fermarsi avrebbe avuto tutto il tempo per farlo tanto che, durante l’insolito spettacolo, dallo zainetto dell’impavido motociclista, esce fuori una bella pistola del tutto simile a quelle in nostra dotazione.
Gli sguardi della gente, mentre quell’ignobile poliziotto metteva in sicurezza la pericolosa arma, diventavano più benevoli tanto che, come si fa al cinema, naturale è forse venuto un applauso…chissà quanto ipocrita però ?!
Salta e sbraccia ancora il balordo, mica vuole entrare nella volante, realizza che ha perso solo dopo qualche minuto e chiede pietà : “Basta, mi avete preso, sto tranquillo, non preoccupatevi!” .
…ma lui non lo sa che io con certa gente non mi sporco le mani!
Ho davvero un valido collaboratore al mio fianco ai comandi della nave ma anche enorme fortuna ad averlo intercettato e ad averlo fermato in maniera così rocambolesca e solo con qualche graffio.
Bella soddisfazione, si, davvero!
Chi vive la strada solo con queste cose può tornare a casa soddisfatto di aver vinto, almeno una volta, quell’impari battaglia tra il bene e il male.
La soddisfazione però, dura poco, perché se professionalmente ti dai un pacca sulla spalla sull’’altra ti rendi conto quanto la tua vita e quella dei tuoi colleghi non valga veramente nulla….tanto quanto chi quell’applauso l’ha a noi regalato in maniera ipocrita.
Il balordo si chiamava Michele D’Ambrosio, 37 anni, nel 2004 era a bordo della porsche che travolse , uccidendolo, l’Agente Scelto della Polstrada Stefano Biondi di soli 27 anni che a Reggio Emilia aveva intimato l’Alt…. un po’ come abbiamo fatto noi questa volta.
Quella Porsche strava trasportando un carico di due kilogrammi di cocaina e il D’Ambrosio era uno dei corrieri…..ma ad ottobre del 2010 come fa ad essere libero ?
Che soddisfazione puoi avere nell’apprendere tutto ciò ?
Come fai a dirti “domani ne prendo un altro” quando chi ammazza quelli che indossano la tua stessa divisa continuano, in semiliberta, a poter mietere potenzialmente altre vittime ? (aveva anche una pistola!!)
Come possiamo tollerare che questo sistema continui a tutelare, in proporzione, molto di più la vita di questi balordi che quella dei propri poliziotti ?
La soddisfazione lascia spazio quindi all’amarezza, accantona gli entusiasmi e cede il passo allo scoramento.
Voglio però pensare, in linea all’ideale che da qualche tempo abbraccio, che se tutto questo è accaduto è perché Stefano ha vegliato affinché ciò accadesse perché, come scrivevo nel lontano 2006 in occasione dell’anniversario della sua morte:
“Non amo la retorica, odio i luoghi comuni e le frasi fatte, così vuote e prive di reale significato ma voglio solo ricordare che c’è stato un ragazzo che si chiamava Stefano, altruista, generoso che travolto da quella vettura ha visto rotolare sull’asfalto non solo le sue spoglie mortali ma anche e sopratutto la possibilità di poter amare ancora la vita e tutto quello che la stessa ci può regalare nelle sue mille sfaccettature, lasciando a noi che rimaniamo la consapevolezza che ogni giorno dobbiamo fare di tutto per evitare che delinquenti, come quelli, possano privare noi tutti e le nostre famiglie della gioia di vivere.”….stavolta l’ho fatto, non l’ho lasciato fare, gli ho stretto io le manette ai polsi cosa che tu Stefano non sei riuscito a fare.
Sono stato semplicemente più fortunato, io, perché, al posto tuo, Stefano, sarei potuto esserci anch’io!

Ciao Stefano

da poliziotti.it

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Lunedì, 25 Ottobre 2010
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