Bologna - Sei anni fa aveva travolto e ucciso un poliziotto della Stradale, all’uscita del casello di Reggio Emilia. Condannato a 14 anni, di recente aveva ottenuto la semilibertà, con il permesso di lavoro.Sabato ha rapinato a Bologna, poi è stato arrestato sempre dalla Stradale. Michele D’Ambrosio, 37 anni, di Pieve di Cento, il 20 aprile del 2004 era sull’auto guidata da Fabio Montagnino che forzò un posto di blocco togliendo la vita a Stefano Biondi, 28 anni: assieme al complice, fuggiva su una Porsche in cui aveva nascosto due chili di cocaina. Usufruiva del permesso di lavoro dalle 8 alle 21, mentre nel fine settimana non aveva restrizioni. Sabato si è presentato in una gioielleria di via Riva Reno indossando casco e passamontagna, armato di una Beretta, che però non ha estratto. Si è fatto consegnare bracciali, collane in oro per 300 euro più 1.500 in contanti. La titolare dell’oreficeria ha preso la targa della moto su cui è fuggito, una Honda Transalp rubata, e ha avvertito la polizia. Le volanti l’hanno intercettato poco dopo, gli hanno intimato l’alt. D’Ambrosio come sei anni fa quella Porsche non si è fermato, è andato a sbattere contro l’auto della polizia. È caduto a terra, si è rialzato, ha tentato di fuggire, prima di essere arrestato. Sul blog dell’Asaps, l’associazione amici della polizia stradale, i commenti sono sconcertati, per un delinquente recidivo. L’assistente capo Michele Rinelli, della questura di Bologna, che gli ha messo le manette, si chiede: «Come possiamo tollerare che questo sistema continui a tutelare, in proporzione, molto più la vita di questi balordi che quella dei propri poliziotti?». E poi si rivolge idealmente all’ex collega che era in servizio alla sezione di Modena Nord: «Sono stato più fortunato, perché, al posto tuo, Stefano, sarei potuto esserci io». La tragedia di Biondi, medaglia d’oro al valor civile, resta scolpita nella memoria anche della gente comune. «Ignobiltà tutta italiana - scrive Stefano Di Nino -, chi commette reati anche gravi è libero di far ciò che vuole e chi invece rispetta sempre la legge è deriso e non tutelato». Andrea Pierleoni: «E magari se una divisa “eccede” legittimamente, tutti pronti a scagliarsi contro». Antonio va oltre: «Sicuramente se a morire fosse stato il figlio di un magistrato o di un noto politico, questi maledetti delinquenti si facevano l’ergastolo». E Giordano Biserni, presidente dell’Asaps e direttore de Il Centauro, a Biondi ha indirizzato una toccante lettera aperta: «Caro Stefano, hanno liberato uno dei due delinquenti che ti hanno ammazzato. Lui per gratitudine è andato a fare una rapina. Dai non te la prendere, lo sai che qui va così. Speriamo rimanga ancora per un po’ in galera, però non possiamo promettertelo». Montagnino è stato condannato all’ergastolo, pena definitiva. «Dopo la sentenza - ricorda Biserni -, sua madre nel cortile del tribunale di Reggio, di fronte a Loredana, la madre di Stefano, disse: “Godete, godete, ma vedrete che presto mio figlio sarà fuori e il vostro rimarrà sotto terra”. Oggi quelle parole mi fanno venire i brividi». Anche alla signora Loredana Zavalloni, rimasta senza fiato quando ha saputo che uno dei due banditi era in semilibertà e ha firmato la rapina. «Così il mio Stefano è stato ammazzato un’altra volta - ha raccontato -. Nessuno aveva informato la mia famiglia della sua uscita dalla prigione. Mi chiedo come i responsabili possano dormire sereni sapendo di aver messo a rischio la vita di altre persone: prego perché altre famiglie non subiscano quello che è accaduto alla nostra, ma sabato il rischio è stato altissimo. Sono furibonda».
di Vanni Zignoli
da ilgiornale.it del 28 ottobre 2010
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