Chi è agli arresti domiciliari non può comunicare con Facebook ma solo limitarsi a usare Internet senza entrare in contatto con altre persone, lo ha stabilito con la sentenza n. 37151/2010 la Suprema Corte accogliendo il ricorso di un PM. E’ stata così convertita la misura degli arresti domiciliari con la custodia in carcere, per due soggetti che comunicando via Internet, sul sito “Facebook”, hanno violato la prescrizione imposta di non comunicare e/o interagire con persone diverse dai familiari conviventi. Secondo i giudici della Suprema Corte la prescrizione prevista dall’art. 276 c.p.p., comma 1, di “non comunicare con persone diverse dai familiari conviventi”, deve intendersi come divieto non solo di parlare con persone non della famiglia e non conviventi, ma anche di non entrare in contatto con altri, ritenendo tali anche le comunicazioni vocali e scritte via Internet. Quando l’uso di Internet è attuato, proseguono i giudici, come funzione conoscitiva o di ricerca, senza entrare in contatto via web con altre persone può essere consentito. Lo scambio di informazioni e la comunicazione fornita dalla moderna tecnologia via Web, deve intendersi ricompresa nel generico “divieto di comunicare”, violazione che comunque l’accusa deve provare. In caso di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare, il giudice può disporre la sostituzione o il cumulo con altra più grave, tenuto conto dell’entità, dei motivi e delle circostanze della violazione. Quando si tratta di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura interdittiva, il giudice può disporre la sostituzione o il cumulo anche con una misura coercitiva.
(Altalex, 28 ottobre 2010. Nota di Cesira Cruciani)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE II PENALE Sentenza 29 settembre - 18 ottobre 2010, n. 37151
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