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Corte di Cassazione 30/11/2010

Giurisprudenza di legittimità - Alcoltest - accertamento urgente sulla persona - facoltà di farsi assistere da un legale di fiducia

(Cass. Pen., sez.IV, 23 aprile 2010, n. 15638)

(omissis)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 
() ricorre in cassazione avverso la sentenza, in data 10.02.2009, del Tribunale di Brescia di condanna nei suoi confronti in ordine al reato di cui all’articolo 186 del codice  della strada, comma 2, lett. a).
Si denuncia violazione di legge ed, in particolare, la nullità dell’ordinanza dibattimentale in data 16.10.2008 con la quale veniva respinta l’eccezione di inutilizzabilità dell’alcoltest. Si argomenta che la violazione denunciata consiste nella mancata osservanza della disposizione dell’articolo 356 del codice di procedura penale e dell’articolo 114 delle disp. att. del codice di procedura penale, che, rispettivamente prevedono la facoltà del difensore di assistere all’accertamento tramite etilometro ed il dovere per la P.G. procedente di avvertire l’indagato della facoltà di farsi assistere dal difensore. La violazione delle norme in parola integra la nullità ex articolo 178 del codice di procedura penale, lett. c). Si rileva che in sentenza il giudice ha rigettato l’eccezione motivando che "il difensore ha il diritto di assistere ma n on il diritto di essere avvisato"; ma ciò che si è contestato non è il mancato avviso al difensore ma il mancato avvertimento all’imputato di farsi assistere da un difensore.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE


La sentenza va annullata per essere il reato estinto per prescrizione, trovando applicazione, per il principio del favor rei, tenuto conto della data di commissione del reato, la disposizione di cui al combinato disposto dell’articolo 157 del codice  penale, n. 6 e articolo 160 del codice  penale, ultima parte nella loro formulazione antecedente alla novella di cui alla L. n. 251 del 2005.
Quanto ai motivi posti a base del ricorso dell’imputato si evidenzia che in presenza di una declaratoria di improcedibiltà per intervenuta prescrizione del reato è precluso alla Corte di Cassazione un riesame dei fatti finalizzato ad un eventuale annullamento della decisione per vizi attinenti alla sua motivazione.
Il sindacato di legittimità circa la mancata applicazione dell’articolo 129 del codice di procedura penale, comma 2 deve essere circoscritto all’accertamento della ricorrenza delle condizioni per addivenire ad una sua pronuncia di proscioglimento nel merito con una delle formule prescritte: la conclusione può essere favorevole al giudicabile solo se la prova dell’insussistenza del fatto o dell’estraneità ad esso dell’imputato risulti evidente sulla base degli stessi elementi e delle medesime valutazioni posti a fondamento della sentenza impugnata, senza possibilità di nuove indagini ed ulteriori accertamenti che sarebbero incompatibili con il principio secondo cui l’operatività estintiva, determinando il congelamento della situazione processuale esistente nel momento in cui è intervenuta, non può essere ritardata: qualora, dun que, il contenuto complessivo della sentenza non prospetti, nei limiti e con i caratteri richiesti dall’articolo 129 del codice di procedura penale, l’esistenza di una causa di non punibilità più favorevole all’imputato, deve prevalere l’esigenza della definizione immediata del processo. Orbene, il motivo posto a base del gravame di legittimità è infondato.
E’ indubbio che alla categoria di atti compiuti dalla polizia giudiziaria ai quali il difensore ha diritto di assistere appartengano anche gli accertamenti "sulla persona" che gli ufficiali di polizia giudiziaria, quando il pubblico ministero ancora non abbia assunto la direzione delle indagini preliminari, devono, a norma dell’articolo 354 del codice di procedura penale, compiere in caso di urgenza e di indifferibilità, segnatamente se sussiste il pericolo che "le tracce del reato" si alterino, vadano disperse o, comunque, si modifichino.
E’ l’articolo 356 del codice di procedura penale a prevedere che agli accertamenti in questione ha facoltà di assistere il difensore della persona nei cui confronti sono eseguiti, che non però il diritto di essere preventivamente avvisato.
Ciò premesso, non può, tuttavia, trascurarsi che le disposizioni da ultimo menzionate presuppongono che un reato sia stato commesso e che la polizia giudiziaria debba rilevarne con urgenza le tracce.
Se così è, l’accertamento mediante etilometro dello stato di ebbrezza (recte della misura della concentrazione alcoolica nell’aria alveolare espirata), ai sensi del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, articolo 186, comma 4, rientra tra gli anzidetti accertamenti "sulla persona" soltanto nel caso in cui la polizia giudiziaria debba assicurare alle indagini le tracce di un reato che assume commesso.
E ciò di regola accade nella sola ipotesi in cui la polizia giudiziaria ritenga di poter desumere lo stato di alterazione psicofisica, derivante dall’influenza dell’alcool, da qualsiasi elemento sintomatico dell’ebbrezza (poi indicato dai verbalizzanti nella notizia di reato, come imposto dal D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, articolo 379, comma 3).
Ipotesi peraltro - sia detto per inciso - in cui la questione processuale finisce, poi, col perdere ogni rilevanza essendo l’affermazione di responsabilità, ancorata ad altre prove (i citati elementi sintomatici, ricavati dal contenuto dell’acquisita relazione di servizio degli operanti o dalle dichiarazioni rese dai medesimi), resistente all’elisione del dato eventualmente viziato (sulla c.d.
prova di resistenza v. Cass. S.U. 25 febbraio 1998, Gerina). Ma nel caso in cui, come in quello in esame, il c.d. alcooltest venga eseguito (e ciò si verifica con una certa frequenza) in via esplorativa (sia in sostanza espressione di attività di polizia amministrativa), è da escludere che il verbale dell’accertamento rientri negli ambiti delineati dai menzionati artt. 354 e 356 del codice di procedura penale, con conseguente inapplicabilità della disciplina dell’articolo 366 del codice di procedura penale. In casi siffatti, invero, è l’alcooltest, all’esito dell’intera sequenza procedimentale, a portare all’acquisizione di una notizia di reato sulla condotta tenuta dal conducente del veicolo.
3.5. In ogni caso, anche volendo ritenere che il verbale dell’accertamento in questione rientri nell’orbita dei menzionati artt. 354, 356 e 366 del codice di procedura penale, per stabilire se vi siano state omissioni da parte dell’autorità giudiziaria procedente è necessario eseguire verifiche sui concreti accadimenti. Occorre accertare, anzi tutto, se l’indagato abbia nominato difensore di fiducia perchè - è opportuno ricordarlo - a norma dell’articolo 114 disp. att. del codice di procedura penale, la polizia giudiziaria è tenuta, nel procedere al compimento degli atti indicati nell’articolo 356 del codice di procedura penale, ad avvertire la persona sottoposta alle indagini che ha facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia. Beninteso, la polizia giudiziaria non è tenuta ad avvertire il difensore nominato, nè , in caso di mancata nomina, a designarne uno d’ufficio. In ogni caso, atteso che l’articolo 366 del codice di procedura penale prevede la notificazione al difensore "non avvisato del compimento dell’atto" dell’avviso di deposito, per verificare se vi siano state omissioni in proposito va accertato - è di tutta evidenza - se l’indagato abbia nominato un difensore di fiducia al quale appunto curare che sia notificato l’avviso. In caso negativo, infatti, non essendo previsto l’obbligo di designazione di un difensore di ufficio, viene a mancare il soggetto nel cui interesse depositare l’atto (in tal senso si è giustamente espressa Cass. 4A 22 aprile 2004, p.m. in c. Siciliano, RV 228958). E nel caso di specie, come risulta dalla sentenza di primo grado, l’imputato non aveva nominato un difensore di fiducia ma si era espressamente riservato di farlo.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione.
(omissis)

da Polnews

Martedì, 30 Novembre 2010
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