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La tragedia di Lamezia è un 11 settembre dei ciclisti, senza eguali in Italia e in Europa
Sono 295 le vittime  nel 2009, + 2,4%, con 14.804 feriti
Le Statali e le Provinciali le strade dove il rischio mortalità  è quasi triplo

 


“La sciagura di Lamezia Terme, in cui un’auto ha travolto un gruppo di cicloturisti uccidendone otto e ferendone molti altri è una sorta di 11 settembre del ciclismo di cui non si ricorda paragone fra gli incidenti ai velocipedisti in Italia e in Europa.  Quella delle biciclette,  vittime seriali sulla strada, è la categoria più esposta ai rischi della circolazione, assieme ai pedoni”. È quanto afferma Giordano Biserni, presidente dell’ASAPS, il cui staff sta lavorando alla redazione dell’Annuario della Sicurezza Stradale 2011, nel quale ai dati ufficiali dell’ISTAT per il 2009 saranno affiancati quelli dei vari Osservatori della Sinistrosità di cui l’associazione si occupa ormai da molti anni. Nel corso del 2009 i ciclisti che hanno perso a vita sulle strade italiane, secondo il rapporto ISTAT recentemente pubblicato, sono stati in tutto 295 (quasi due gruppi di corridori del Giro d’Italia) di cui 243 uomini e 51 donne fra i conducenti, con 14.804 feriti: gli incidenti ai velocipedi rappresentano il 3,9% del totale, ma le due ruote senza motore  fanno totalizzare l’8,3% dei morti complessivi e il 5,2% dei feriti.

Rispetto al 2008, quando le vittime accertate furono 288, si è registrato un aumento del 2,4%: in quell’anno gli incidenti che hanno visto coinvolte le biciclette erano stati in tutto 15.636. Solo leggermente meno del 2007 quando gli eventi infortunistici furono, per chi pedala, 15.713. 

“Dunque – aggiunge il presidente dell’ASAPS – il netto miglioramento rilevato nel rapporto tra il 2008 e il 2007, quando le vittime erano state 352, non è stato confermato nel dato rilevato nel 2009, segno che la strada da percorrere a tutela delle utenze deboli della strada (pedoni 667 vittime e ciclisti 295), è ancora lunga”. Infatti, l’indice di mortalità medio per categoria di veicolo è pari allo 0,9% mentre risulta più che doppio per le biciclette (1,9%); analogamente, l’indice di lesività per i velocipedi è pari al 93,3%, mentre quello medio è attestato al 71,3%.

“Al modello della circolazione normale – spiega Biserni –  che è quello del aree pianeggianti ed urbane del nostro paese, in cui le piste ciclabili sono ancora limitate agli illuminati esempi nel nord Italia, con eccellenze in Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, si aggiunge il fattore di rischio del cicloturismo sportivo domenicale: questo fenomeno è in forte espansione ormai da anni ed è caratterizzato da proprie peculiarità e caratteristiche, come ad esempio la circolazione in gruppo, e che ha come scenario principale le strade statali e provinciali, che, come è noto, rappresentano il luogo più letale in assoluto”.

Infatti, sulle strade extraurbane si sono registrati nel 2009 ben 1.995 morti: 1.892 sono i decessi in ambito urbano e 350 in quello autostradale. Mentre l’indice di mortalità medio è di 2,0, e sulle strade urbane 1,2, sulle statali e provinciali raggiunge la cima di 5,1.
Non sembri banale, ma ritorna sempre con la consueta drammaticità il tema dei controlli su strada mirati alle condizioni psicofisiche dei conducenti  e a quelle di manutenzione del veicolo.

Forlì, lì 6.12.2010

L’ufficio stampa Asaps

29999



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Martedì, 07 Dicembre 2010
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