(ASAPS) BRUXELLES, 29 agosto 2009 – “E-Call”, il progetto di un servizio automatico di richiesta dei soccorsi capace di attivarsi autonomamente dopo un incidente stradale, è nuovamente di attualità. Infatti, le vacanze estive hanno spinto ancora una volta tutta l’Europa a confrontarsi con le moltissime problematiche della circolazione stradale: dopo la sinistrosità, la fattispecie di problemi più sentita a Bruxelles è senz’altro dovuta alla diversità linguistica che caratterizza l’Unione. Al terzo posto ci sono le difficoltà a creare un’armonia amministrativa tra tutti gli stati membri, per fare in modo che un automobilista straniero sia finalmente costretto a pagare una multa durante le sue trasferte “trasgressive”. La certezza di dover corrispondere un prezzo, influisce infatti sulla condotta di guida, che diviene forzatamente prudente. Sul problema di un’attivazione davvero tempestiva dei soccorsi, legata in parte alla questione linguistica, la Commissione Europea dispone da tempo di uno studio che dimostra come 2.500 vite potrebbero essere salvate ogni anno se la catena dei soccorsi funzionasse sempre a dovere. Nel gergo sanitario, infatti, tutte le varie fasi di un soccorso vengono rappresentate come anelli di una catena, che per resistere alla massima tensione devono essere tutti ugualmente forti. Il primo è rappresentato dall’allertamento cosiddetto “precoce” dei soccorsi: tempestività di comunicazione, grazie ad un sistema che sia il più semplice possibile. Si pensa da tempo ad un numero unico per tutti i cittadini europei, che però non c’è ancora. Ma c’è di più: la Commissione, infatti, fin dal 2004 (leggi qui) aveva sottoscritto un protocollo d’intesa con l’ACEA (Associazione Europea dei Costruttori di Automobili) e con ERTICO (Organismo Europeo di Coordinamento della Realizzazione della Telematica Stradale), per la creazione di un sistema armonizzato paneuropeo di chiamata urgente. Secondo quell’accordo, rimasto praticamente lettera morta, le auto nuove avrebbero dovuto essere dotate di un sistema automatico di chiamata urgente in grado di accelerare la risposta dei soccorsi. A distanza di 5 anni la Commissione torna sulla questione, tirando le orecchie a tutti, visto che nessuno ha per ora avviato un progetto vero e proprio, nemmeno a livello sperimentale: ovviamente anche all’Italia, paese che nonostante la sua vocazione turistica non è riuscito ad armonizzare nemmeno il sistema di emergenza territoriale. Eppure, poter contare su un 112 che possa attivare ogni tipo di soccorso, da quello sanitario a quello tecnico, da quello alpino o marittimo alla richiesta di polizia sarebbe davvero un gigantesco passo in avanti. Mettiamoci nei panni di un turista: accade un incidente e solo un britannico vi assiste o vi resta coinvolto. Comporrà il 112, perché l’Europa lo ha già indicato come numero unico dell’emergenza, tanto che ogni telefonino cellulare (da anni) ha attivato tale funzione. Risponde un militare dell’Arma, preparato in genere (come ogni suo pari della Polizia di Stato) a far fronte alle richieste di intervento di ogni tipo, ma non in grado di interagire con il richiedente su come – ad esempio – mettere in sicurezza una persona in stato di incoscienza e spiegare – in inglese – come cominciare la rianimazione in attesa dei soccorsi. Ovviamente, ammesso che sappia parlare almeno in inglese, particolare affatto scontato. Beh, in Gran Bretagna e nei paesi scandinavi le cose funzionano in maniera diametralmente opposta. E-Call però potrebbe, almeno per incidenti stradali, far tagliare corto e permettere agli operatori di una centrale operativa di interagire con le vittime dell’evento fin dai primi istanti dopo il suo accadere. Ma sarà bene che il nostro paese si dia una mossa, visto che – se è vero quanto riportato sul sito 112.eu (questo è link) – tutti i telefonini di ultima generazione prevedono che ogni chiamata diretta al 113, al 115, al 118 o al 117 venga dirottata al 112. Il tutto nella più disarmante disinformazione: i produttori, quasi tutti esteri, non sono abituati alla doppiezza tipica italiana del tipo intanto facciamo le legge, poi si vedrà. Speriamo che almeno i vertici delle forze di polizia vengano avvertiti, perché teniamo conto per esempio che l’emergenza sanitaria di un territorio di medie dimensioni come la provincia di Firenze è coordinata da una centrale operativa 118 che opera su 2.800 chilometri quadrati ed un bacino d’utenza di quasi 800mila persone, residenti in 33 comuni. Ebbene, gli operatori di Firenze Soccorso hanno gestito nel solo 2007 qualcosa come 145.408 schede d’intervento, provvedendo alla risoluzione di 99.020 emergenze. In pratica 398 eventi al giorno, con 271 invii accreditati. E la Polizia di Stato, col suo glorioso 113? Nel 2007 nella sala operativa della Questura erano state smistate qualcosa come 46.592 chiamate, 3.535 delle quali risultate poi necessarie dell’invio di personale sul posto. Se anche un decimo di questa mole di squilli finisse con l’essere dirottata al 112, i Carabinieri collasserebbero. Allarmismo? Ci auguriamo di no, ma non è più il momento di attendere. Ma vediamo come funziona E-Call: il nome completo è “In Car eCall” e si tratta di un sistema in grado di generare una chiamata d’emergenza, al 112, sia attraverso un’interazione manuale da parte degli occupanti di un veicolo, sia mediante l’attivazione di sensori d’urto. Pronto Carabinieri? Abbiamo bisogno di un’ambulanza! Accadrà, è solo una questione di tempo, ma per accelerare ulteriormente l’invio dei soccorsi, il sistema integrato che compone E-Call è in grado di raccogliere una serie di informazioni sull’impatto, come l’esatta localizzazione grazie a sistemi GPS, la velocità alla quale l’urto è avvenuto, il presunto numero di veicoli e degli occupanti, la presenza di eventuali merci pericolose trasportate, il tipo di veicolo (marca, modello e colore), l’indicazione di quali sensori siano stati attivati (urto frontale, laterale, tamponamento o ribaltamento) e via di seguito. Se due veicoli dotati di questo sistema entrano in contemporaneo contatto con il competente 112, l’operatore conosce all’istante il numero dei coinvolti. Secondo gli esperti della Commissione, il servizio potrebbe dimezzare i tempi d’intervento dei soccorsi, contribuendo ad accumulare vantaggio rispetto alla cosiddetta Golden Hour, l’Ora d’Oro: si tratta di un tempo stimato ottimale, entro il quale garantire al politraumatizzato l’accesso nell’ospedale più idoneo alle caratteristiche delle lesioni permanenti. Il soccorso territoriale rappresenta in questo frangente un’incredibile risorsa salvavita: si pensi infatti che se la morte per trauma non avviene nell’immediatezza dell’evento, quella cosiddetta “sul colpo” che interessa il 50% dei decessi, una persona gravemente traumatizzata può essere stabilizzata a patto che la qualità e la rapidità del soccorso siano garantire. Parliamo di coloro che, gravate da lesioni toraciche, ad organi parenchimatosi, al bacino o alle visceri, rappresentano il 30/35% delle morti cosiddette “precoci”. Vi sono poi le morti “tardive”, che sopravvengono nell’arco di una-due settimane, che rappresentano il 15-20% dei decessi e sono legate a sepsi ed insufficienza multipla d’organo, anch’esse spesso conseguenza di un intervento maldestro o tardivo. Ovviamente, serve anche un centro ospedaliero attrezzato e qualificato, per garantire che dopo l’Ora d’Oro tutto vada per il meglio. Un interessante articolo di Antonella Liaci, Medico Capo della Polizia di Stato e collaboratrice de Il Centauro è consultabile qui, mentre un pezzo dello stesso autore di questo elaborato (clicca qui) affronta il tema dal lato tecnico del soccorso. Per il momento la Commissione Europea non ha imposto alcun obbligo agli Stati Membri, alle società costruttrici di veicoli o ai produttori di telefonini, ma secondo fonti ben informate sarebbe allo studio una direttiva che imporrebbe scadenze e risultati: nel 2008, in Europa, sono morte 39.000 persone, un milione e 700mila hanno riportato ferite, mentre si sono registrati un milione e 200mila incidenti stradali con emergenze sanitarie. (ASAPS)
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