Notifica al procuratore
domiciliatario valida se effettuata al collega di studio
E’ da ritenersi valida la notifica effettuata, al procuratore domiciliatario della parte, mediante consegna di copia dell’atto nelle mani del collega di studio. La Suprema Corte conferma il proprio indirizzo giurisprudenziale consolidato secondo il quale la notificazione presso il procuratore domiciliatario della parte viene validamente eseguita con la consegna di copia dell’atto al collega di studio, “considerato che l’art. 139, secondo comma, c.p.c., nell’includere, fra i possibili consegnatari, l’addetto all’ufficio del destinatario, richiede una situazione di comunanza di rapporti che, quale quella del professionista che ha in comune col destinatario dell’atto lo stesso studio, faccia presumere che il primo porterà a conoscenza del secondo l’atto ricevuto, considerata senza comportare necessariamente un vincolo di dipendenza o subordinazione”. La quaestio era stata oggetto, in tempi non più recenti, di acceso dibattito giurisprudenziale che aveva portato ad un contrasto in senso alle Sezioni semplici della Cassazione; tale contrasto, ciò nonostante, è stato a suo tempo composto avallando l’indirizzo che l’odierna sentenza recepisce integralmente (cfr. le Sezioni Unite 8186/1987; 307/1989; 8478/1990). (Altalex, 28 luglio 2005. Nota di Giuseppe Buffone)
|
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE Sezioni unite civili Sentenza 14 luglio 2005, n. 14792
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza 22 dicembre 1999-19 febbraio 2000 il
tribunale regionale delle acque pubbliche presso la corte d’appello di
Palermo, accogliendo la domanda proposta dall’assessorato ai Lavori
pubblici della Regione siciliana, condannava A.C. al pagamento della somma
di lire 87.917.112, quale indennità dovuta ex art. 2045 per l’abusiva
eduzione di acqua pubblica. La C. proponeva appello, che veniva dichiarato
inammissibile, in quanto tardivo, con sentenza del Tribunale Superiore
delle acque pubbliche del 3 marzo 2003.
Motivi di ricorso
Col primo motivo la ricorrente, denunciando
violazione e falsa applicazione dell’art. 139 c.p.c., censura
l’affermazione della sentenza impugnata, secondo cui sarebbe valida la
notificazione a mani di un collega di studio del procuratore
domiciliatario. Tale soggetto, infatti, non rientra tra quelli elencati
tassativamente nell’art. 139 quando non venga trovato il destinatario, e
cioè una persona di famiglia o un addetto alla casa o all’ufficio. Per
rivestire tale ultima qualità non sarebbe sufficiente il semplice rapporto
di colleganza, ma occorrerebbe un rapporto di collaborazione o dipendenza
che determini, se non un vero e proprio incarico, almeno la comunanza di
intenti nel lavoro e la partecipazione alla medesima struttura
organizzativa, e non la mera condivisione di un recapito. Inoltre, secondo
la giurisprudenza di legittimità, in caso di contestazione, la prova della
sussistenza dei presupposti che fanno ritenere che l’atto sarà portato a
conoscenza del destinatario spetta al notificante e le attestazioni in
proposito non sono assistite da fede privilegiata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo è infondato. Secondo una consolidata
giurisprudenza della Corte, formatasi dopo alcuni contrasti nella meno
recente giurisprudenza, la notificazione presso il procuratore
domiciliatario della parte viene validamente eseguita con la consegna di
copia dell’atto al collega di studio, considerato che l’art. 139, secondo
comma, c.p.c., nell’includere, fra i possibili consegnatari, l’addetto
all’ufficio del destinatario, richiede una situazione di comunanza di
rapporti che, quale quella del professionista che ha in comune col
destinatario dell’atto lo stesso studio, faccia presumere che il primo
porterà a conoscenza del secondo l’atto ricevuto, considerata senza
comportare necessariamente un vincolo di dipendenza o subordinazione (si
vedano, in particolare, le sentenze delle Sezioni unite 8186/1987;
307/1989; 8478/1990). Il Collegio aderisce a tale indirizzo, non essendo
state prospettate nuove e decisive ragioni per seguire l’interpretazione
sostenuta dalla ricorrente.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione a Sezioni unite rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, liquidate in complessivi euro tremilacento/00, di cui euro tremila per onorari, oltre alle spese generali, gli oneri accessori di legge e le spese prenotate a debito. |