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Corte di Cassazione 08/12/2005

da Altalex - Notifica al procuratore domiciliatario valida se effettuata al collega di studio

Cassazione , SS.UU. civili, sentenza 14.07.2005 n. 14792

Notifica al procuratore domiciliatario valida se effettuata al collega di studio
Cassazione , SS.UU. civili, sentenza 14.07.2005 n. 14792

 


 

 

 

E’ da ritenersi valida la notifica effettuata, al procuratore domiciliatario della parte, mediante consegna di copia dell’atto nelle mani del collega di studio.

 

La Suprema Corte conferma il proprio indirizzo giurisprudenziale consolidato secondo il quale la notificazione presso il procuratore domiciliatario della parte viene validamente eseguita con la consegna di copia dell’atto al collega di studio, “considerato che l’art. 139, secondo comma, c.p.c., nell’includere, fra i possibili consegnatari, l’addetto all’ufficio del destinatario, richiede una situazione di comunanza di rapporti che, quale quella del professionista che ha in comune col destinatario dell’atto lo stesso studio, faccia presumere che il primo porterà a conoscenza del secondo l’atto ricevuto, considerata senza comportare necessariamente un vincolo di dipendenza o subordinazione”.

 

La quaestio era stata oggetto, in tempi non più recenti, di acceso dibattito giurisprudenziale che aveva portato ad un contrasto in senso alle Sezioni semplici della Cassazione; tale contrasto, ciò nonostante, è stato a suo tempo composto avallando l’indirizzo che l’odierna sentenza recepisce integralmente (cfr. le Sezioni Unite 8186/1987; 307/1989; 8478/1990).

 

(Altalex, 28 luglio 2005. Nota di Giuseppe Buffone)

 

 

 

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

 

Sezioni unite civili

 

Sentenza 14 luglio 2005, n. 14792

 

 

 
 

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

 

 

Con sentenza 22 dicembre 1999-19 febbraio 2000 il tribunale regionale delle acque pubbliche presso la corte d’appello di Palermo, accogliendo la domanda proposta dall’assessorato ai Lavori pubblici della Regione siciliana, condannava A.C. al pagamento della somma di lire 87.917.112, quale indennità dovuta ex art. 2045 per l’abusiva eduzione di acqua pubblica. La C. proponeva appello, che veniva dichiarato inammissibile, in quanto tardivo, con sentenza del Tribunale Superiore delle acque pubbliche del 3 marzo 2003.

Riteneva il Tribunale che l’appello, notificato il 22 febbraio 2001, fosse tardivo, in quanto la notifica era avvenuta oltre i trenta giorni da quella del dispositivo della sentenza, effettuata ai sensi dell’art. 139 c.p.c. a mani di collega di studio del procuratore domiciliatario. Osservava, in proposito, il Tribunale Superiore che, quando la notifica viene eseguita ai sensi dell’art. 139 c.p.c., le dichiarazioni rese dai familiari conviventi o dalle persone addette all’ufficio, tra cui rientrano i colleghi di studio del procuratore, sono assistite da una presunzione di veridicità, per cui incombeva all’appellante la prova dell’eccezione svolta, e cioè l’avvenuto trasferimento del procuratore anteriormente alla consegna dell’atto al collega. Tale prova, nella specie era mancata, non potendosi riconoscere alcun valore probatorio alla fattura del traslocatore, proveniente da terzi e priva di data certa, né alla comunicazione fatta all’ufficio Iva di Palermo, trattandosi di atto proveniente dallo stesso dichiarante.

Avverso tale sentenza la C. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di quattro mezzi d’annullamento.

L’assessorato ai Lavori pubblici della Regione siciliana resiste con controricorso.

 

 

 

Motivi di ricorso

 

Col primo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 139 c.p.c., censura l’affermazione della sentenza impugnata, secondo cui sarebbe valida la notificazione a mani di un collega di studio del procuratore domiciliatario. Tale soggetto, infatti, non rientra tra quelli elencati tassativamente nell’art. 139 quando non venga trovato il destinatario, e cioè una persona di famiglia o un addetto alla casa o all’ufficio. Per rivestire tale ultima qualità non sarebbe sufficiente il semplice rapporto di colleganza, ma occorrerebbe un rapporto di collaborazione o dipendenza che determini, se non un vero e proprio incarico, almeno la comunanza di intenti nel lavoro e la partecipazione alla medesima struttura organizzativa, e non la mera condivisione di un recapito. Inoltre, secondo la giurisprudenza di legittimità, in caso di contestazione, la prova della sussistenza dei presupposti che fanno ritenere che l’atto sarà portato a conoscenza del destinatario spetta al notificante e le attestazioni in proposito non sono assistite da fede privilegiata.

Pertanto, secondo la ricorrente, nella specie doveva ritenersi operante il termine lungo.

Col secondo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 141, ultimo comma, c.p.c., 24 Cost. e 101 c.p.c., censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto la regolarità della notifica per mancanza di prova dell’avvenuto trasferimento del procuratore anche in assenza di contestazione da parte dell’amministrazione. Deduce che, in mancanza di contestazioni sul punto e in presenza di documenti attestanti il cambiamento, era del tutto inutile il ricorso alla prova testimoniale. Infatti, la prova emergeva dalla fattura del traslocatore, che è documento fiscale con fede privilegiata, e dalla dichiarazione inviata dal difensore all’ufficio Iva.

Il Tribunale Superiore, secondo la ricorrente, avrebbe errato nel mettere in dubbio la circostanza del trasferimento nonostante la stessa non fosse stata contestata dall’amministrazione, che si era limitata a lamentare la mancata pubblicità dell’avvenuto cambiamento di indirizzo. Il che costituisce, secondo la ricorrente, violazione dell’art. 112 c.p.c.

Sarebbe stato violato, inoltre, l’art. 116 c.p.c., in quanto il Tribunale Superiore non avrebbe tenuto in alcun conto il comportamento delle parti. Il che costituirebbe, altresì, violazione del diritto di difesa e del contraddittorio.

 

 

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

 

 

Il primo motivo è infondato. Secondo una consolidata giurisprudenza della Corte, formatasi dopo alcuni contrasti nella meno recente giurisprudenza, la notificazione presso il procuratore domiciliatario della parte viene validamente eseguita con la consegna di copia dell’atto al collega di studio, considerato che l’art. 139, secondo comma, c.p.c., nell’includere, fra i possibili consegnatari, l’addetto all’ufficio del destinatario, richiede una situazione di comunanza di rapporti che, quale quella del professionista che ha in comune col destinatario dell’atto lo stesso studio, faccia presumere che il primo porterà a conoscenza del secondo l’atto ricevuto, considerata senza comportare necessariamente un vincolo di dipendenza o subordinazione (si vedano, in particolare, le sentenze delle Sezioni unite 8186/1987; 307/1989; 8478/1990). Il Collegio aderisce a tale indirizzo, non essendo state prospettate nuove e decisive ragioni per seguire l’interpretazione sostenuta dalla ricorrente.

Neppure il secondo mezzo può trovare accoglimento, in quanto, con lo stesso, la ricorrente tende ad introdurre un diretto sindacato, inibito in sede di legittimità, sulla valutazione delle prove compiuta dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche circa la non idoneità della documentazione offerta a dimostrare l’avvenuto trasferimento del procuratore domiciliatario dallo studio in cui era stata ricevuta la copia dell’atto da notificare. Tale valutazione, sostenuta da adeguata motivazione, è immune da rilievi di legittimità, soprattutto se si considera che i detti documenti non contengono una attestazione dell’avvenuta interruzione dei rapporti tra il procuratore e il collega di studio che aveva ricevuto la copia, e della data di tale interruzione, essendo mere dichiarazioni di parte.

Il rigetto delle predette censure comporta il rigetto del ricorso, non potendo darsi ingresso alle questioni svolte nei motivi d’appello, perché sulle stesse non vi è stata alcuna pronuncia da parte del giudice a quo, che ha dichiarato inammissibile il gravame.

Il rigetto del ricorso comporta la condanna della ricorrente alle spese, da liquidarsi in complessivi euro tremilacento, di cui euro tremila per onorari, oltre alle spese generali, gli oneri accessori dovuti per legge e le spese prenotate a debito.

 

 

 

P.Q.M.

 

 

 

La Corte di Cassazione a Sezioni unite rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, liquidate in complessivi euro tremilacento/00, di cui euro tremila per onorari, oltre alle spese generali, gli oneri accessori di legge e le spese prenotate a debito.


 

 

 

 
 
 



 

 



 

 


 

Giovedì, 08 Dicembre 2005
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